Scossa Draghi-Mattarella, 'Nessun dorma' dentro la Ue
A Coimbra si è tenuta una giornata dal forte impatto politico e simbolico, in cui Mario Draghi e Sergio Mattarella hanno lanciato un appello drammatico e condiviso alla politica europea: l’immobilismo non è più un’opzione, l’Europa deve agire ora o rischia di essere travolta da una trasformazione globale irreversibile. La sede dell’intervento è stata il forum Cotec, tradizionalmente dedicato alle sfide dell’innovazione, ma che questa volta ha assunto i contorni di un grido d’allarme sul presente.
Mario Draghi ha parlato di uno shock politico proveniente dagli Stati Uniti di proporzioni storiche. Ha definito un punto di rottura l’attuale fase segnata da dazi unilaterali, dalla fine del ruolo centrale del Wto e da un ordine multilaterale “minato in modo difficilmente reversibile”. Secondo l’ex presidente della Bce, è illusorio pensare che i rapporti commerciali con gli Stati Uniti tornino alla normalità o che nuovi mercati siano in grado di compensare il vuoto lasciato da Washington. Per questo, ha ammonito, l’Europa dovrà generare da sola la propria crescita.
Ma questa crescita è ostacolata da politiche salariali penalizzanti, su cui Draghi è stato particolarmente critico: l’area euro ha compresso i salari reali per aumentare la competitività esterna, senza ottenere un vero aumento di produttività. Al contrario, negli Stati Uniti i salari reali sono cresciuti di nove punti percentuali in più rispetto a quelli europei nello stesso periodo. A questo si aggiunge il problema strutturale dell’energia: il caro-prezzi e le debolezze infrastrutturali rappresentano una minaccia per la sopravvivenza dell’industria europea e un peso insostenibile per le famiglie.
A fare eco a queste analisi, Sergio Mattarella ha rafforzato il messaggio politico con una lettura più istituzionale, ma altrettanto incisiva. Ha parlato di una vera e propria “sfida epocale” per l’Europa, legata ai mutamenti degli equilibri internazionali, e ha sottolineato i rischi concreti dell’inazione: l’arretramento del benessere materiale dei cittadini europei. Ha rilanciato l’urgenza di una politica europea di difesa comune e di una strategia energetica fondata su accordi stabili con partner affidabili, per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.
Mattarella ha poi elogiato il nuovo piano europeo per attrarre talenti e capitali umani, definendolo cruciale per ridurre la dipendenza da altri continenti e contrastare la fuga dei cervelli. Il suo discorso si è chiuso con una dichiarazione di fiducia e orgoglio nell’identità dell’Unione Europea, basata su un’economia di mercato aperta, una solida cornice giuridica, il rispetto dello Stato di diritto, una tradizione democratica consolidata e politiche redistributive ispirate alla solidarietà. Ha definito questi principi un’“eccezionalità europea” da difendere e rafforzare.
La cornice simbolica è stata completata dall’intonazione della celebre romanza di Puccini “Nessun dorma”. Un invito implicito alla vigilanza e all’azione, raccolto dai leader di Italia, Spagna e Portogallo, che si sono presentati come un fianco sud determinato a stimolare una nuova consapevolezza strategica per l’Europa.
Unicredit al Mef, primo passo sul Golden power
Il confronto tra Unicredit e il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef) è ufficialmente iniziato con un primo incontro tecnico a Roma sulla proposta di OPS su Banco Bpm, nell’ambito della vigilanza prevista dalla normativa sul Golden Power. L’incontro, di carattere preliminare e interlocutorio, ha coinvolto da una parte i funzionari del Dipartimento Economia del Mef e dall’altra i vertici M&A, finanziari e legali di Unicredit: Giacomo Marino, Stefano Porro e Rita Izzo.
L’operazione si presenta fin da subito complessa, a causa delle condizioni imposte dal governo che riducono fortemente i margini di manovra. I due principali ostacoli sono rappresentati dalle richieste su Anima Sgr e dalla cessazione delle attività in Russia. Per quanto riguarda Anima, il governo impone il mantenimento per almeno cinque anni del livello attuale di investimenti in titoli italiani, che ammontano a circa 90 miliardi di euro, in gran parte legati a un mandato con Poste Italiane. Unicredit, dal canto suo, considera questo asset come non strategico e distruttivo di valore, secondo la visione dell’AD Andrea Orcel.
Sul fronte russo, il governo ha chiesto un’uscita completa dal mercato entro metà gennaio 2026, una richiesta giudicata problematicamente stringente, nonostante i dati mostrino un disimpegno già molto avanzato: dall’inizio del conflitto in Ucraina,i depositi locali sono scesi dell’82% e i prestiti dell’86%, mentre l’uscita dal retail banking è pianificata entro il primo semestre del 2026. Tuttavia, questi progressi non sembrano sufficienti a soddisfare i criteri fissati dall’esecutivo.
Parallelamente, anche il dossier Commerzbank resta in una fase di stallo. La ceo Bettina Orlopp, in una lettera agli azionisti che ha preceduto l’assemblea del gruppo tedesco, ha riaffermato la distanza strategica da Unicredit, che possiede attualmente il 9,5% del capitale ma non ha partecipato all’incontro.
L’intero scenario mostra quindi una forte complessità politica, regolatoria e industriale, in cui Unicredit si muove tra vincoli stringenti del governo italiano, resistenze esterne e scelte strategiche interne che mettono in dubbio la convenienza e la fattibilità delle sue ambizioni di crescita per linee esterne.
Mes, Tajani: per Fi non è priorità ma non siamo contrari
Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) non rappresenta una priorità nell’agenda del governo, ma Forza Italia non è contraria per principio. A chiarirlo è stato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, intervenuto a margine di un convegno sul futuro dell’Europa organizzato dalla fondazione De Gasperi insieme alla fondazione Schuman.
"Sul Mes abbiamo sempre avuto delle perplessità, diverse da quelle di Lega e Fratelli d’Italia – ha spiegato Tajani. La nostra è una posizione più europeista, ma ciò che ci preoccupa è la mancanza di controllo democratico: mentre la presidente della BCE Christine Lagarde è tenuta a riferire al Parlamento europeo, chi guida il Mes non è chiamato a farlo. Questo è il vero punto critico per Forza Italia".
Il ministro ha ribadito che, in presenza di garanzie su maggiore trasparenza e responsabilità istituzionale, il partito sarebbe anche pronto a sostenere la ratifica del trattato. "Noi saremmo pronti a votare il Mes se ci fosse il controllo democratico", ha affermato, ricordando che Forza Italia ne aveva proposto l’utilizzo in ambito sanitario, proposta poi rimasta inascoltata.
Infine, Tajani ha sottolineato che “la priorità oggi è ricostruire la pace”, e che il dibattito sul Mes, per quanto legittimo, non rientra tra le urgenze politiche attuali. Quanto alla possibilità di recuperare la quota versata dall’Italia, ha concluso: “Tutto si può fare, ma poi bisogna farlo”.
Eurogruppo: Giorgetti di nuovo sotto pressione per mancata ratifica trattato
La riforma del Mes continua a dividere l’Italia dal resto dell’Eurozona. Mentre la Bce e il Single Resolution Board ribadiscono la necessità della ratifica, diversi ministri delle Finanze hanno ricordato all’Eurogruppo che si tratta di un obbligo politico assunto nel 2020, quando anche il governo italiano diede il proprio assenso. Tuttavia, nessun esecutivo – da Conte a Draghi fino a Meloni – ha poi sostenuto l'accordo in Parlamento, complice l’opposizione di 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia.
La posizione italiana ha generato irritazione tra i partner europei, tornata attuale in vista della riunione di giugno tra gli “azionisti” del Mes. Intanto, la Commissione Ue ha evocato un possibile utilizzo del Mes per finanziare la difesa europea, ma avviare il dibattito con la riforma ancora bloccata appare contraddittorio.
La riforma non introduce un meccanismo automatico di ristrutturazione del debito, ma semplifica le procedure nel caso un Paese vi ricorra, rendendole più efficienti e rapide.
Fisco: Salvini e Giorgetti tratteranno con gli alleati su pace fiscale
Il Consiglio federale della Lega si è aperto con un focus dedicato alla pace fiscale, definita dal partito come un traguardo “concreto e irrinunciabile”. A ribadirlo è stato anche il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, intervenuto all’inizio dei lavori per sottolineare la centralità del tema nell’agenda del Carroccio.
Al termine della riunione, l’assemblea ha conferito pieno mandato a Matteo Salvini e allo stesso Giorgetti, in qualità di responsabile di Via XX Settembre, per avviare un confronto con gli alleati di governo. L’obiettivo, ha spiegato il partito in una nota, è tutelare i contribuenti in buona fede che hanno ricevuto cartelle esattoriali, escludendo però ogni forma di tolleranza verso i grandi evasori.
Con questo nuovo impulso, la Lega ribadisce la volontà di portare avanti una riforma fiscale improntata all’equità, distinguendo nettamente tra cittadini in difficoltà e chi ha frodato consapevolmente il fisco.
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