Giorgetti, dall'Ucraina ai dazi "l'Italia crea ponti"

Dal vertice del G7 delle Finanze in Canada, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti rivendica il ruolo centrale dell’Italia nella gestione dei principali dossier globali. In un contesto diplomatico teso, il nostro Paese si è distinto per la capacità di mediazione e per l’impegno a costruire ponti tra posizioni divergenti, in particolare tra l’Europa e gli Stati Uniti. Al centro del confronto, il tema dell’Ucraina: proprio grazie al contributo italiano si è riusciti a raggiungere una sintesi condivisa con Washington, lavorando in stretto contatto con il segretario al Tesoro americano Scott Bessent. Uno degli snodi chiave è stato l’inserimento nel comunicato finale del principio per cui non potranno partecipare alla ricostruzione dell’Ucraina i soggetti che hanno sostenuto l’economia o la macchina bellica russa. Una posizione su cui Roma ha lavorato per favorire un fronte comune, ottenendo un risultato considerato significativo a livello internazionale. 

Sul delicato tema dei dazi commerciali, Giorgetti chiarisce che la competenza è dell’Unione Europea, ma evidenzia come l’Italia abbia saputo ritagliarsi un ruolo attivo nella costruzione di condizioni negoziali più favorevoli, contribuendo a superare le rigidità iniziali. Le trattative, pur faticose, stanno avanzando e un accordo con gli Stati Uniti appare sempre più vicino. Secondo il ministro, la soluzione finale potrebbe somigliare all’intesa già raggiunta tra Washington e Londra, con una riduzione dei dazi al 10%. Tuttavia, una ritirata totale degli Stati Uniti dalle proprie posizioni iniziali viene giudicata poco probabile. Il clima generale del vertice è stato definito intenso e complesso, soprattutto a causa delle posizioni rigide iniziali degli americani, ma l’Italia ha favorito la nascita di formule di compromesso su diversi tavoli, ribadendo una posizione comune sull’Ucraina e incoraggiando uno spirito collaborativo sui dazi. Giorgetti ha anche colto l’occasione per tornare a criticare l’eccessiva lentezza e rigidità dell’Unione Europea, sottolineando l’inadeguatezza di pianificazioni economiche a lungo termine, che paragona ai piani quinquennali sovietici, considerati inefficaci. Per il ministro, l’Europa deve diventare più reattiva e flessibile, capace di rispondere con prontezza agli scenari in evoluzione.

Infine, riflettori accesi sulla spesa per la Difesa europea. Giorgetti contesta l’approccio attuale che parte dai numeri e invita invece a invertire il processo logico: prima si deve stabilire cosa difenderequali sistemi d’arma interoperabili acquistare, e solo dopo definire quali risorse ogni Paese debba stanziare. Per l’Italia, anche su questo fronte, serve una strategia chiara, coerente con le nuove sfide geopolitiche.

Bce: cambiamenti geopolitici mettono a rischio stabilità finanziaria area euro

La Banca centrale europea lancia un segnale d’allarme: un forte aumento dell’incertezza sulle politiche commercialidi difesa, di cooperazione internazionale e regolamentazione globale potrebbe minare la stabilità finanziaria dell’area euro. È quanto emerge dalla Financial Stability Review di maggio, diffusa oggi dall’istituto di Francoforte. Secondo il vicepresidente della BceLuis de Guindos, le crescenti tensioni commerciali e i rischi al ribasso per la crescita economica stanno già influenzando negativamente le prospettive finanziarie. In particolare, il clima di incertezza ha generato impennate di volatilità sui mercati e ha aumentato il timore di un rallentamento economico.

Tra le realtà più esposte ci sono le aziende dell’area euro con forte vocazione all’export, che potrebbero subire contraccolpi a catena. Le ripercussioni si farebbero sentire anche sul fronte del rischio di credito, con possibili effetti su banche ed enti finanziari non bancari. Tuttavia, sottolinea la Bce, gli istituti di credito restano in grado di affrontare eventuali shock grazie a una buona redditività e a riserve di capitale e liquidità ancora solide.

Un altro nodo critico riguarda i piani di aumento della spesa per la difesa, che potrebbero fungere da leva per la crescita economica solo se orientati verso investimenti produttivi. Ma resta l’incognita dei maggiori fabbisogni di finanziamento pubblico, in un contesto già appesantito da costi di finanziamento in aumento.

Ue: Draghi, "puntare su innovazione per aumentare produttività"

Da Torino arriva un messaggio chiaro e potente sull’avvenire dell’Europa. A lanciarlo è Mario Draghi, che ha ricevuto il premio internazionale "PoliTo Foresight and Innovation" conferito dal Politecnico di Torino. Un’occasione che l’ex premier ha colto per rilanciare il cuore del Rapporto sulla competitività europea da lui curato per la Commissione UE. Secondo Draghi, l’Europa può rimanere fedele ai suoi valori fondanti solo se affronta con decisione il nodo della produttività. E l’unico strumento davvero efficace per farlo è puntare sull’innovazione. Non si tratta, ha spiegato, di mettere in discussione il modello sociale europeo, ma di rinnovarlo nella capacità di produrre crescita.

Analizzando la genesi del rapporto, Draghi ha smontato molte delle critiche che da anni circolano oltreoceano: l’idea che gli europei siano meno competitivi per una presunta mancanza di spirito imprenditoriale o per l’eccessiva rigidità delle norme sociali. I dati dicono altro. Se si esclude il settore dell’high tech, la produttività statunitense risulta in linea con quella europea. E proprio i Paesi europei con i sistemi di welfare più robusti sono quelli che ottengono i risultati migliori in termini di efficienza. Alla base del successo del rapporto – ha lasciato intendere Draghi – c’è una strategia precisa: rivendicare con orgoglio l’identità europea, ma riconoscere che la difesa dei suoi valori passa attraverso la capacità di trasformarsi. E questa trasformazione ha un nome preciso: innovazione. Solo da lì può arrivare l’energia necessaria per rafforzare la competitività e garantire un futuro solido al progetto europeo.

Lagarde, Ue prepari reazioni forte a dazi e sia unita

L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca può rivelarsi una spinta utile per un’Europa più unita, indipendente e forte, secondo la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde, che lancia un appello ai leader europei: è il momento di liberarsi dalle dipendenze energetiche, finanziarie e militari maturate negli anni.

Al centro delle tensioni, la questione dei dazi e l’incertezza generata dalla politica statunitense, che rischia di rallentare la ripresa economica. Lagarde invita l’UE a preparare risposte pronte e incisive in caso di mancato accordo, rafforzando al tempo stesso le proprie infrastrutture strategiche, come un sistema autonomo di pagamenti e l’euro digitale, atteso al vaglio del Parlamento europeo. L’Europa, ha sottolineato, resta un punto di equilibrio globale, ma deve accelerare verso una difesa comune e strumenti condivisi, sull’esempio del Next Generation EU, per affrontare in modo coordinato le minacce del nuovo ordine mondiale.

Mps e Mediobanca sotto osservazione, attesi ok a Ops da parte di Bce e Consob

Banca Mps resta sotto i riflettori a Piazza Affari (titolo fermo a 7,43 euro), mentre cresce l’attesa per capire se l’istituto senese riuscirà davvero a portare a termine l’ambiziosa scalata a Mediobanca (in rialzo dello 0,99% a 20,5 euro). L’operazione, tuttavia, resta appesa a un nodo cruciale: il concambio di Borsa, ancora distante da quello proposto da Rocca Salimbeni. Dopo lo stacco del dividendo, l’offerta è stata ritoccata a 2,533 azioni Mps per ogni azione Mediobanca, contro il precedente 2,3. Ma il mercato quota il rapporto a 2,75, rendendo l’operazione meno appetibile agli occhi degli investitori. A complicare ulteriormente il quadro è la posizione del CEO Luigi Lovaglio, che ha più volte ribadito l’assenza di intenzioni per un rilancio dell’offerta. In mancanza di una mossa decisa, però, l’andamento dei titoli rischia di ostacolare il buon esito dell’operazione.

Rimane inoltre il dubbio sull’adesione dei soci all’OPS. A pesare è soprattutto il voto contrario espresso da Blackrock, il più grande fondo d’investimento al mondo, durante l’ultima assemblea sull’aumento di capitale necessario per sostenere l’operazione. Il colosso statunitense possiede anche il 3,5% del capitale di Mediobanca, e non è l’unico ad aver espresso riserve: anche altri fondi istituzionali si sono opposti. Nel frattempo, Mps ha ottenuto il via libera da IVASS per l’acquisizione di una partecipazione indiretta in Generali (in calo dello 0,39% a 33,3 euro) attraverso Mediobanca. Ora si attende l’autorizzazione della BCE e l’approvazione del prospetto da parte di Consob. Secondo le stime della banca senese, l’operazione dovrebbe prendere il via a giugno e concludersi, salvo proroghe, entro luglio.

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