Accordo ITA Airways e Lufthansa: via libera della Commissione Europea

Dopo mesi di discussioni accese e la produzione di migliaia di documenti, l'Antitrust dell'Unione Europea è quasi pronta a dare il via libera all'investimento di Lufthansa in Ita Airways. Questo investimento, che segna un'importante svolta per la compagnia italiana nata dalle ceneri di Alitalia nell'ottobre 2021, verrà comunicato al Ministero dell'Economia italiano e alla stessa Lufthansa. Il Corriere ha appreso da fonti comunitarie che, sebbene manchino ancora alcuni dettagli tecnici e chiarimenti finali, il clima è decisamente più ottimista rispetto a due settimane fa. Le recenti concessioni di Lufthansa hanno risolto la maggior parte delle controversie, in particolare quella riguardante i voli tra l'Italia e il Nord America, che era uno degli ultimi ostacoli significativi.

Le trattative tra Bruxelles, Francoforte e Roma sono state intense e riservate. Tra martedì e mercoledì di questa settimana, sia il Ministero del Tesoro italiano che Lufthansa hanno continuato a rispondere alle richieste di chiarimento dell'Antitrust europeo sulla proposta di acquisizione, che prevede inizialmente l'ingresso di Lufthansa con una quota del 41% per 325 milioni di euro, per poi aumentare progressivamente fino al 90-100% con un aumento di capitale riservato complessivo di 729 milioni di euro più 100 milioni al raggiungimento di determinati obiettivi intermedi. Dopo aver affrontato problematiche relative all'aeroporto di Milano Linate e ai voli di breve raggio tra l'Italia e i Paesi hub del gruppo tedesco, l'ultima sfida riguardava i voli transatlantici Italia-USA. Recentemente, le trattative hanno rischiato di fallire a causa delle rigide richieste dell'UE, tra cui l'esclusione permanente di Ita dalla joint venture transatlantica che Lufthansa ha con United Airlines e Air Canada, una condizione inaccettabile per entrambe le parti coinvolte.

La produzione industriale cala

I dati provenienti dalla produzione industriale di aprile sono motivo di preoccupazione. Secondo le stime dell'Istat, l'indice destagionalizzato della produzione industriale ha subito una diminuzione dell'1,0% rispetto a marzo. Nella media del periodo febbraio-aprile, si è registrato un calo del livello di produzione dell'1,3% rispetto ai tre mesi precedenti. L'indice destagionalizzato mensile mostra una diminuzione congiunturale per i beni strumentali (-0,1%), i beni intermedi (-1,2%) e l'energia (-2,1%), mentre i beni di consumo sono rimasti stabili. Secondo Intesa Sanpaolo, parte di questa debolezza potrebbe essere attribuita ai ritardi nella pubblicazione del decreto Transizione 5.0, che mira a incentivare gli investimenti. La banca ha osservato che, nonostante l'attuale rallentamento, ci si aspetta una ripresa dell'economia nella seconda metà del 2024.

La produzione industriale italiana non ha mostrato segni di crescita da quattro mesi, con variazioni tendenziali negative da 15 mesi consecutivi, come evidenziato da Intesa Sanpaolo. Il livello di produzione attuale è inferiore dell'8,8% rispetto al picco di aprile 2022. Il calo mensile è stato generalizzato, con l'energia che ha registrato una diminuzione del 2,1% mensile e del 3,6% annuo, mentre la produzione di beni intermedi è scesa dell'1,2% mensile e del 2,1% annuo. I beni strumentali hanno subito una flessione dello 0,1% mensile e del 3,1% annuo, mentre la produzione di beni di consumo è rimasta invariata dopo tre mesi consecutivi di calo. I beni durevoli hanno continuato a diminuire (-1,6% mensile e -8,5% annuo), mentre i beni non durevoli hanno mostrato un leggero rimbalzo (0,3% mensile e -2,9% annuo). Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING, ha sottolineato che la fase di debolezza del manifatturiero non è ancora terminata, con una contrazione particolarmente marcata per settori come il coke e i prodotti petroliferi raffinati, e i prodotti chimici. Anche i settori legati all'edilizia hanno subito una contrazione, forse a causa dell'eliminazione anticipata del superbonus. Tuttavia, la crescita nella produzione di apparecchiature elettroniche ed elettriche suggerisce che le catene di approvvigionamento stanno funzionando abbastanza bene. Carlo Rienzi, presidente del Codacons, ha espresso preoccupazione per il quindicesimo calo consecutivo della produzione industriale su base tendenziale, con una riduzione ad aprile del 2,9% annuo, e ha sottolineato la necessità di interventi più efficaci sui prezzi per sostenere la capacità di acquisto delle famiglie e aiutare l'industria e l'economia.

L’Unione Europea mette i dazi sulle auto elettriche cinesi

La Commissione Europea ha annunciato l'introduzione di nuovi dazi sull'importazione di auto elettriche dalla Cina, a partire da luglio, che potranno raggiungere complessivamente il 48,1% del valore del bene. I nuovi dazi varieranno tra il 17 e il 38,1%, a seconda dell'azienda coinvolta, e si aggiungeranno al dazio esistente del 10%. Questa decisione, anticipata dal Financial Times, segue una misura simile presa dagli Stati Uniti il mese scorso, che ha aumentato i dazi al 100%. L'obiettivo di tali dazi è contrastare la concorrenza sleale delle aziende cinesi, che grazie ai sussidi governativi riescono a vendere auto a prezzi estremamente bassi, mettendo fuori mercato i produttori occidentali. Nel 2023, le imprese cinesi hanno esportato auto elettriche in Europa per un valore di circa 10 miliardi di euro, raddoppiando la loro quota di mercato all'8%.

Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, aveva annunciato l'inizio di un'inchiesta sui sussidi cinesi nel suo ultimo discorso sullo stato dell'Unione. Secondo un comunicato della Commissione, l'inchiesta ha confermato l'esistenza di un grave danno per le imprese europee a causa della concorrenza sleale. Nonostante le trattative con il governo cinese, i nuovi dazi saranno applicati dal 4 luglio se non verrà trovata una soluzione. I dazi varieranno a seconda del produttore: 17,4% per BYD, 20% per Geely, e 38,1% per SAIC. Altre aziende che hanno collaborato all'inchiesta subiranno un dazio del 21%, mentre quelle che non hanno collaborato affronteranno un dazio del 38,1%. L'intento è riequilibrare il mercato, ma alcuni analisti ritengono che questi dazi potrebbero non essere sufficienti a compensare gli ingenti sussidi di cui beneficiano le aziende cinesi. La decisione dell'UE è stata più moderata rispetto a quella degli Stati Uniti, cercando un equilibrio tra le diverse posizioni degli stati membri. Tuttavia, c'è il rischio che la Cina possa rispondere limitando l'esportazione di tecnologia e componenti cruciali, come le batterie, causando problemi nelle catene produttive globali, soprattutto europee.

Le prospettive economiche di Bankitalia 

La Banca d'Italia ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell'economia italiana nel suo ultimo rapporto "L'Economia in breve", che presenta le proiezioni macroeconomiche per il periodo 2024-2026. Secondo le nuove previsioni, il PIL italiano aumenterà dello 0,6% nel 2024, dello 0,9% nel 2025 e dell'1,1% nel 2026. Queste proiezioni per il 2024 (+0,6%) sono leggermente inferiori rispetto alle stime dello 0,7% dell'OCSE e del FMI, e dello 0,9% della Commissione europea. Nello stesso periodo, si prevede che il PIL della Zona Euro crescerà a un ritmo più rapido: +0,9% nel 2024, +1,4% nel 2025 e +1,6% nel 2026. Secondo Bankitalia, l'attività economica beneficerà dell'aumento della domanda estera e della ripresa del reddito disponibile, ma sarà frenata dalle condizioni di finanziamento ancora restrittive e dalla riduzione degli incentivi per l'edilizia residenziale, che influenzeranno negativamente gli investimenti. Per quanto riguarda l'inflazione, la Banca d'Italia prevede una crescita dei prezzi dell'1,1% quest'anno, dell'1,5% nel 2025 e dell'1,6% nel 2026, cifre più basse rispetto a quelle indicate dagli organismi internazionali e rispetto alle previsioni per l'Eurozona: +2,5% nel 2024, +2,2% nel 2025 e +1,9% nel 2026. La moderazione dell'inflazione, secondo la Banca d'Italia, sarà favorita dal calo dei prezzi dell'energia e dei beni intermedi. Inoltre, l'accelerazione dei salari sarà compensata dai margini di profitto e dal moderato aumento dei prezzi delle importazioni.

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