Le dichiarazioni di Salvini sul voto in Russia agitano la maggioranza

Le elezioni in Russia dividono la maggioranza. La settimana è partita con le dichiarazioni dei due vice-premier: da una parte, Matteo Salvini commenta che “Quando un popolo vota ha sempre ragione, le elezioni fanno sempre bene sia quando uno le vince sia quando uno le perde”, dall’altra Antonio Tajani ha ribadito che il plebiscito per Vladimir Putin è stato caratterizzato “da pressioni forti e anche violente”. Silenzio dalle massime istituzioni e gelo dal Quirinale: dopo la scontata vittoria non è partita alcuna lettera da presidente a presidente. La posizione di Palazzo Chigi è più vicina a quella della Farnesina, anche se Giorgia Meloni, ad Agorà, sottolinea come “quello che noi abbiamo fatto in questo anno e mezzo con la velocità con cui lo abbiamo fatto, e la chiarezza che abbiamo dimostrato in politica estera, tutto questo racconta di una maggioranza coesa”. Dal Pd a Iv, passando per AvS e +Europa (nessun commento dal M5S), le opposizioni criticano duramente le parole di Salvini, cui è seguita una nota della Lega, che parzialmente corregge il tiro: “In Russia hanno votato, non diamo un giudizio positivo o negativo del risultato, ne prendiamo atto e lavoriamo (spero tutti insieme) per la fine della guerra e il ritorno alla pace”. 

A Bergamo Mattarella ricorda le vittime del Covid 

“Lo sforzo sinergico e solidale delle istituzioni a ogni livello ha consentito di arginare un nemico intangibile all'insegna di una rinascita globale”. È stato un forte richiamo al valore della collaborazione di tutti per vincere la sfida della pandemia il cuore del messaggio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della Giornata nazionale in ricordo delle vittime del Covid. L'occasione è particolare soprattutto per Bergamo, che fu l'epicentro della prima ondata della pandemia, e che ha ricordato quei giorni con una cerimonia al cimitero monumentale. La premier Giorgia Meloni ha sottolineato che “la pandemia ha sconvolto le nostre vite, ma il popolo italiano ha trovato la forza di reagire. E lo ha fatto con umanità, solidarietà, unità e abnegazione. Questa è l'eredità più preziosa di quella crisi, che dobbiamo saper ricordare e che ci può insegnare ancora molto. Il dolore per le tantissime vite perse è una ferita ancora aperta”. L'Ue era rappresentata a Bergamo dal Commissario all'economia Paolo Gentiloni che ha fatto riferimento al corteo dei camion militari che portavano in varie città d'Italia centinaia di bare perché il crematorio di Bergamo non era più sufficiente. 

Il Piano Mattei muove i primi passi dal Cairo

I primi atti ufficiali del Piano Mattei partono dall'Egitto. Giorgia Meloni domenica scorsa è volata al Cairo con la presidentessa della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente della Repubblica di Cipro Nikos Christodoulidis, e i primi ministri di Belgio Alexander De Croo, Grecia Kyriakos Mitsotakis e Austria Karl Nehammer, con l'obiettivo (europeo) di rafforzare il partenariato strategico Ue-Egitto ma anche per raggiungere altri obiettivi, stavolta però solo italiani. È un primo passo propedeutico alla firma di una serie di accordi bilaterali che riguardano il Piano Mattei, con cui il governo vuole trasformare l'Italia nell'hub europeo dell'energia, con progetti di cooperazione in Africa che dovrebbero portare sviluppo e benessere, ponendo anche un freno ai flussi migratori irregolari. I protocolli riguardano diverse materie: dal supporto tecnico ai distretti industriali di pelle, marmo e mobile alla promozione dei diritti e dell’inclusione sociale, alla convenzione finanziaria tra Cdp e la Banca centrale egiziana per un credito agevolato di 45 milioni di euro alle pmi locali e all’intesa, ancora di Cdp, con Afreximbank da 100 milioni per progetti di sviluppo sostenibile nel campo della sicurezza alimentare per le piccole e medie imprese africane. Per rafforzare i rapporti tra i due Paesi, la visita al Cairo è stata anche l'occasione per inaugurare gli uffici del Sistema Italia, che comprendono l’Ambasciata d’Italia e le sedi di Ita/IceCdpSace e Simest 

Le comunicazioni di Meloni al Senato e alla Camera in difesa della coalizione

La Premier Giorgia Meloni si è presentata martedì in Senato per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Ogni parola è studiata e pesata perché il voto in Russia ha messo in evidenza distinzioni tra i partner a livello internazionale e perché potrebbe innescare tensioni nella maggioranza. Nel suo intervento non ha preso le distanze dall'uscita del leader della Lega così da non alimentare divisioni nette e anzi ribadisce l’unità della sua coalizione; ha confermato il sostegno all’Ucraina nella ricerca di una “pace giusta”, ha osservato che Mosca ha “sistematicamente violato gli accordi sottoscritti e il diritto internazionale” da anni e difeso la scelta di sottoscrivere un patto “pluriennale di sicurezza” con l'Ucraina. E poi ha sottolineato che il “sacrificio di Navalny in nome della libertà non sarà dimenticato” e che il Governo “condanna” le elezioni “farsa” ma “in territorio ucraino”, occupato da Mosca. Boccia l'idea francese di un intervento diretto in Ucraina perché rischierebbe di innescare “un’escalation pericolosa, da evitare a ogni costo” e chiede il sostegno su Kiev e sul Medio Oriente.

La premier ha usato le successive comunicazioni alla Camera per assicurare che le prese di posizione di Matteo Salvini sulle elezioni russe non intaccano la coesione della coalizione, mentre sostiene che nel campo largo ci sono “ambiguità”. Non mancano gli attacchi dalle opposizioni, in particolare quando Elly Schlein la definisce “incoerente su tutto” e le chiede di pretendere dal Cairo gli indirizzi degli 007 imputati per l'omicidio di Giulio Regeni, o quando Giuseppe Conte la accusa di “portare l'Italia alla terza guerra mondiale”. L'unico momento di applausi condivisi in Aula è quando Meloni prende la parola per la sua replica e ricorda l'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin 30 anni fa a Mogadiscio. L'istantanea simbolo della giornata resta quella di Salvini e Meloni che si abbracciano sorridenti. È l'immagine di un centrodestra che “è una love story di 30 anni, che non va mai in frantumi”, sostiene Tajani. Meloni si rivolge poi al Pd per respingere l'equazione fra il presidente egiziano e quello russo. “Fermo restando che, secondo me, si deve parlare con tutti, c'è differenza fra Abdel Fattah al-Sisi e Vladimir Putin: Putin ha invaso una nazione vicina”, afferma la premier, prima di affrontare il capitolo Medio Oriente. Per la presidente del Consiglio c'è “il timore di un crescente isolamento di Israele”, cui ribadisce la “contrarietà a un'operazione militare di terra a Rafah che potrebbe avere effetti catastrofici”. Su quelli già evidenti a Gaza rivendica l'intervento umanitario del Governo. 

Mattarella: fermare i venti di guerra intorno all’Unione Europea

I “venti di guerra” che spirano ai confini dell'Europa, da nord a sud, vanno fermati e va spesa ogni energia per trovare la pace: “Fino a due anni fa l'Europa viveva non in una belle époque ma in una époque de paix. Che cerchiamo e speriamo di riuscire a difendere, a preservare e ripristinare a pieno eliminando, rimuovendo, estinguendo venti e fuochi di guerra che dentro l'Europa e accanto l'Europa si stanno manifestando da qualche tempo”, spiega Mattarella inaugurando la nuova sede della stampa estera ora ristrutturata. Il Capo dello Stato Sergio Mattarella spinge l'acceleratore sulla parola “pace” pur non cambiando linea sulla necessità dell'impegno italiano a sostegno dell'Ucraina, smettendo di ricordare come la responsabilità dell'inizio della guerra a Gaza sia da attribuire ad Hamas. Che l'attenzione del Quirinale sia massima in queste ore è chiaro e risulta evidente quanto la linea dell'esecutivo sia concordata tra Chigi e Colle. 

Non mancano le critiche a Von der Leyen per l’apertura alle destre

È il penultimo Consiglio Ue prima delle Europee, è il primo summit in cui, a margine del tavolo principale, si comincerà già a parlare delle nomine comunitarie. Il dato non è marginale, perché rischia di rendere ancora più spigolosa una riunione già delicata e quasi tutta incentrata sulle due guerre. E la discesa in campo di Ursula von der Leyen come Spitzenkandidaten del Ppe non ha rasserenato l'atmosfera, con i liberali e i socialisti che stanno cominciando ad aumentare la pressione sulla presidente della Commissione Ue e sulla sua strategia del dialogo con le destre. A pochi chilometri di distanza i liberali di Renew hanno lanciato la campagna per le Europee e i loro tre candidati leader, la macroniana Valerie Hayer, il segretario generale del Pde Sandro Gozi e la tedesca Marie-Agnes Strack-Zimmermann e la chiusura all'ultradestra, anche in questo caso è massima. All'Eurocamera la candidatura di von der Leyen al momento sembra avere delle criticità: se Ppe, socialisti e liberali reggessero all'onda d'urto delle destre, le chance della ex ministra della Difesa potrebbe scendere nettamente  e a quel punto i giochi si riaprirebbero con diverse strade alternative, da quella sempre interna ai popolari a un tecnico alla Mario Draghi

Al consiglio Ue si parla di Ucraina e MO. Resta il nodo difesa comune

Non è un Consiglio di guerra, come tiene a sottolineare il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma l'eco dei conflitti che infiammano lo scacchiere internazionale, dall'Ucraina al Medio Oriente, riecheggia eccome nell'Europa Building di Bruxelles, dove sono riuniti i 27 Capi di Stato e di governo della Ue. Nel suo intervento durante la sessione di lavoro cui partecipa anche il Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, la premier Giorgia Meloni non nasconde la preoccupazione per le prospettive di un'operazione di terra di Israele a Rafah, città palestinese nel sud della striscia di Gaza. E nell'auspicare un'immediata pausa umanitariapropedeutica a un cessate il fuoco sostenibile, evidenzia come la Ue possa e debba giocare un ruolo di primo piano nella soluzione della crisi. Centrale nel discorso della presidente del Consiglio è anche la questione dei migranti, uno dei temi che saranno in cima all'agenda della presidenza italiana del G7: i trafficanti di esseri umani sono “nemici nostri e dello sviluppo delle Nazioni più povere” scandisce la Meloni davanti ai leader della Ue, ponendo l'accento sul Piano Mattei caro al Governo italiano e invoca un ruolo incisivo dell'Onu nel contrasto all'immigrazione illegale. 

Ma è ancora una volta il conflitto russo-ucraino a occupare una larga fetta del dibattito in seno al Consiglio europeo. In particolare, i leader discutono della possibilità di utilizzare gli extraprofitti derivanti dal congelamento degli asset della Banca Centrale Russa per l'acquisto di ulteriori armi e munizioni da destinare all'Ucraina, un’ipotesi che vede d'accordo il cancelliere tedesco Olaf Scholz e che viene caldeggiata dallo stesso presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo video-collegamento con il summit Ue. Il tema delle munizioni rappresenta una questione “vitale” per Kiev, dice Zelensky, che esorta la Ue a incrementare il proprio sostegno: “Purtroppo l'uso dell'artiglieria in prima linea da parte dei nostri soldati è umiliante per l'Europa, nel senso che l'Europa può dare di più. Ed è fondamentale dimostrarlo adesso”. Anche il premier ungherese Viktor Orban fa trapelare che Budapest è disposta a negoziare sulla proposta della Commissione Ue di utilizzare i sopraprofitti degli asset russi bloccati.

Orban si congratula con Putin per la rielezione. Imbarazzo in Ue

Nel giorno in cui Volodymyr Zelensky si rivolge al Consiglio europeo per chiedere maggiori aiuti militari ma anche economici, Viktor Orban si prende la scena a Bruxelles, questa volta non per le sue posizioni all'interno del summit, ma per le sue congratulazioni a Vladimir Putin per la rielezione. Proprio mentre il leader ucraino interveniva in videoconferenza al Consiglio, infatti, il portavoce Zoltan Kovacs comunicava che Orban si era “congratulato con Vladimir Putin per la sua rielezione”, sottolineando che “la cooperazione tra Ungheria e Russia, basata sul rispetto reciproco, consente discussioni importanti anche in contesti geopolitici difficili”. Orban ha inoltre “affermato l'impegno dell'Ungheria per la pace e la disponibilità a intensificare la cooperazione in settori non limitati dal diritto internazionale, sottolineando l'importanza del dialogo nella promozione delle relazioni pacifiche”. Sono parole che mettono in imbarazzo l'Europa, compresa Giorgia Meloni che con l'ungherese ha buonissime relazioni tanto che dopo le europee potrebbe entrare nel gruppo Ecr presieduto proprio dalla presidente del Consiglio. “Non condivido le congratulazioni di Viktor Orban al presidente Putin. Un Paese il cui leader non si è fermato nel 2008, non si è fermato nel 2014 e che non mostra alcun segno di volersi fermare adesso”, ha commentato Roberta Metsola presidente del Parlamento europeo. Orban agita le acque a Bruxelles anche per i rapporti economici dell'Ue con Kiev. 

Salvini lancia il raduno sovranista e punta ai congressi dopo le europee

Tutti i congressi regionali della Lega si terranno dopo le europee e poi quello federale in autunno: è la linea dettata da Matteo Salvini al consiglio federale del partito che si è riunito ieri per tre ore e mezza per definire la strategia in vista delle amministrative ma soprattutto delle elezioni europee. Per quest'ultimo appuntamento il leader vuole “liste forti e aperte per un risultato a doppia cifra”, ma non è ancora chiaro se sarà incluso Roberto Vannacci. Nella Lega c'è chi si attende una decisione entro il fine settimana, ma Salvini lascia intendere che c'è tempo fino alla chiusura delle liste, il 30 aprile. Il leader punta l'obiettivo alla “doppia cifra”, ma nel partito c'è chi, meno ottimista, prevede risultati “non scoppiettanti” ed è pronto a chiedere un cambio di strategia della Lega di governo dopo le europee: fare meno cose e comunicarle meglio, la sintesi. È impensabile che la Lega sostenga la presidente della commissione europea uscente, ha chiarito il vicepremier, che considera importanti non solo le elezioni europee ma anche le presidenziali americane. Nei giorni scorsi Salvini ha lanciato una suggestione per Luca Zaia, un ruolo da “difensore del Veneto in terra d'Europa”. Nel partito circola anche l'ipotesi sindaco di Venezia per il governatore, se non verrà sbloccato il terzo mandato. Guardando al futuro molto prossimo, la certezza è che Zaia e gli atri presidenti di regione, Massimiliano Fedriga e Donatella Tesei, non parteciperanno sabato a “winds of change”. 

Al via il congresso romano di FdI: Perissa in pole su Milani

È tutto pronto per il congresso romano di Fratelli d'Italia: le urne per gli iscritti saranno aperte sabato 23 e domenica 24 marzo al Palazzo dei Congressi all'Eur, rispettivamente dalle 14.00 alle 20.00 e dalle 9.00 alle 20.00. In lizza Massimo Milani, già coordinatore romano dal 2016 fino al commissariamento del partito a gennaio scorso: classe 1967, Milani è attualmente deputato, è stato assessore ai Lavori pubblici di Roma nel 2013 e ha iniziato la militanza politica da giovane partendo dal Msi e passando poi in An; è considerato il riferimento dell'area rampelliana all'interno del partito che al momento, in Aula Giulio Cesare, esprime soltanto una consigliera sui sei eletti. Dall'altro lato in corsa c'è Marco Perissa, anche lui attualmente deputato, romano classe 1982; è stato eletto alla Camera nella circoscrizione del Piemonte. Allo stesso modo di Milani, ha militato in gioventù in An ma successivamente ha aderito al Pdl. A Roma è stato consigliere municipale nel 2008, responsabile di Azione studentesca dal 2003 e dopo altri incarichi nel 2014 ha fondato Gioventù nazionale, l'organizzazione giovanile di Fratelli d'Italia, di cui è stato presidente fino al 2017. È stato consigliere nazionale del Coni, fino al 2022 è stato presidente della Opes, Organizzazione per l'educazione allo sport del Coni. Perissa, è il riferimento dei meloniani nel partito e sembrerebbe essere il favorito alle urne. Per la due giorni all'Eur si attende soltanto il programma degli interventi: nella mattina di sabato è previsto il saluto delle istituzioni locali e nazionali ed entro le 13.00 la relazione dei candidati. Dalle 14.00 urne aperte e dibattiti fino alle 20.00 di domenica. La proclamazione del nuovo coordinatore del partito romano di Fratelli d'Italia è attesa per la tarda serata di domenica.

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG l’11 marzo, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 26,8%, davanti al PD (19,8%). Più di 13 punti percentuali in meno per il Movimento 5 Stelle al 15,3%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 4,2%, mentre Unione Popolare all’1,1%. Nell’area centrista, Azione è data al 4,2%, mentre Italia Viva al 3,2%. Nella coalizione del centrodestra, Lega scende all’8,0%, Forza Italia sale a 7,8%. Per l’Italia sale all’1,7% 

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La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) scende al 42,6%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, scende al 26,9%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, scende al 7,4%; fuori da ogni alleanza, il M5S scende al 15,3%.

 

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