Il Cdm vara il nuovo decreto flussi per 500 mila lavoratori stranieri

Dopo i 450 mila del triennio 2023-2025, il governo Meloni autorizza l'ingresso in Italia di altri 500 mila lavoratori stranieri dal 2026 al 2028. Sono i numeri del nuovo decreto flussi approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Si tratta di “manodopera indispensabile al sistema economico e produttivo nazionale e altrimenti non reperibile”: nell'arco del triennio sono assegnate 230.550 quote per lavoro subordinato non stagionale e autonomo e 267mila per lavoro stagionale nei settori agricolo e turistico. Le quantità sono stabilite, viene sottolineato, “tenendo conto dei fabbisogni espressi dalle parti sociali e delle domande di nulla osta al lavoro effettivamente presentate negli anni scorsi, con l'obiettivo di una programmazione che recepisca le esigenze delle imprese e che sia anche realistica”. Per il Governo, inoltre, “con la stabile individuazione di un meccanismo d'immigrazione legale e controllato, si attivano canali di comunicazione fondamentali nel dialogo con i Paesi di origine dei flussi migratori e si costruisce uno strumento per il contrasto a fenomeni d’irregolarità nell'ingresso e permanenza nel nostro Paese, nella lotta contro il lavoro sommerso e allo sfruttamento dei lavoratori”. 

C'è poi la volontà di superare il meccanismo del click day, incentivando gli ingressi fuori quota con “un percorso graduale, che riguardi anzitutto i profili professionali più ricercati dai datori di lavoro e che potenzi la formazione dei lavoratori nei Paesi di origine”. Critico il segretario di Più Europa Riccardo Magi secondo cui il provvedimento “rischia di essere inutile se resta un aumento figurativo scritto nel decreto ma che non si converte in effettivi contratti di lavoro e permessi di soggiorno come accaduto in questi anni”. I dati della campagna Ero straniero indicano infatti che nel 2024 solo il 7,8% delle quote di ingressi stabilite dal Governo si è trasformato in permessi di soggiorno e impieghi stabili e regolari: sono state 9.331 le domande per l'ingresso di lavoratrici e lavoratori finalizzate presso le prefetture italiane su un totale di 119.890 quote assegnate nel corso dell'anno. 

Calenda lancia il patto repubblicano per una piccola costituente

Carlo Calenda lancia “un grande patto repubblicano” per fare le riforme e fa appello a maggioranza e opposizione per eleggere “una piccola assemblea costituente di 100 membri che in un anno riscriva la seconda parte della Costituzione”. Si è capito “con grande chiarezza che, tolta la separazione delle carriere, di altre riforme non se ne vedrà l'ombra e non possiamo permettercelo”, argomenta il leader di Azione. Il punto di partenza è un sondaggio, effettuato da Swg su input del partito, presentato durante l'ultimo congresso di Azione: “Il 36% degli italiani è convinto che ci voglia una dittatura perché la democrazia non funziona più. Tra i ragazzi il 52% vuole la chiusura della democrazia per come la conosciamo”. Quindi questo patto repubblicano “è una cosa da fare urgentemente, tutti insieme”. Il segretario di Azione riferisce, poi, di aver contattato “tutti i leader di partito”, da Giorgia Meloni a Elly Schlein fino a Matteo Salvini

Accanto a lui, durante una conferenza stampa convocata al Senato, c'è il presidente della fondazione Einaudi Giuseppe Benedetto: “Non è più possibile continuare a sbrindellare la Costituzione un pezzo alla volta senza mettere mano a una sua riforma organica. Basta con gli interventi spot. In ogni legislatura c'è sempre qualcuno che propone nuove modifiche, pensiamo al premierato, al monocameralismo o alla modifica del quorum per i referendum, ma il risultato è quasi sempre lo stesso: il Parlamento non è in grado di procedere”. Di qui la presentazione del ddl costituzionale per l'istituzione di un'assemblea costituente, promosso proprio dalla fondazione Einaudi e da Azione. Freddezza da FdI, Pd e M5S

“Da Calenda non ho ricevuto alcuna proposta, ho controllato anche la posta...”, fa sapere il coportavoce dei Verdi Angelo Bonelli di Avs. “Rispettiamo tutte le proposte ma noi andiamo avanti ad approvare le riforme costituzionali che abbiamo promesso agli elettori e sulle quali siamo sempre alla ricerca della massima condivisione possibile”, afferma il portavoce di FI Raffaele Nevi. Dice sì, invece, il segretario nazionale del Psi Enzo Maraio. Contrario il leader di Più Europa Riccardo Magi: “Non serve una Costituente. È così sicuro Calenda che la dittatura possa arrivare solo non facendo le riforme? Per avere una riforma seria bisogna occuparsi di alcune prerogative del Governo e contestualmente recuperare quelle del Parlamento. Basterebbe trovare un accordo: fiducia solo al premier, revoca e non solo nomina dei Ministri, ddl governativi a data certa come alternativa ai decreti-legge”. 

Scossa ai Campi Flegrei. Musumeci: dobbiamo conviverci

La terra trema sempre nei Campi Flegrei, ieri però trema più forte, una scossa di magnitudo 4.6, come non si registrava dal 13 marzo scorso, comunque la più forte degli ultimi 40 anni. Il terremoto, a una profondità di 5 chilometri, si è verificato alle 12.46 nel golfo di Pozzuoli ma è stato avvertito nettamente anche a Napoli. La deformazione del suolo “continua con lo stesso andamento già dall'inizio di aprile di quest'anno”, spiega Mauro Antonio Di Vito direttore dell'osservatorio vesuviano. È quindi prevedibile che accadano nuove scosse. “Purtroppo bisogna convivere con questo fenomeno, fintanto che si mantiene a questi livelli di energia, anche se la scossa di oggi è stata la più forte”, commenta il Ministro della Protezione civile Nello Musumeci entrando in Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi. Qualche crollo, qualche frana e molta paura, ma sembra non ci siano feriti. La ricognizione di tecnici e Vigili del fuoco è in corso. Sullo stato di emergenza, Musumeci torna a ripetere: “La valutazione non la fa la politica ma i tecnici. Rispetto a quello che è accaduto nei mesi passati non vedo una discontinuità, speriamo rientri tutto”. Intanto, i disagi sui trasporti sono tantissimi. 

La circolazione dei treni sul nodo di Napoli è stata sospesa in via precauzionale per verifiche tecniche. I treni Alta Velocità, Intercity e Regionali cumulano ritardi che superano i 100 minuti e i Regionali vengono deviati o cancellati. “Il ministro Matteo Salvini sta seguendo con la massima attenzione le ricadute su infrastrutture e trasporti”, fa sapere il Mit, mentre i tecnici di RFI completano i controlli, che vanno avanti anche sulla rete stradale di competenza Anas. “Il sollevamento del suolo prosegue dalla fine di febbraio con una velocità dell'ordine dei 15 millimetri al mese, conferma Francesca Bianco, direttrice dipartimento vulcani dell'Ingv, “Questo significa che la crosta terrestre accumula lo sforzo e poi lo libera generando dei terremoti”. Al momento, però, il rischio principale per la popolazione, che è quello di un'eruzione imminente, “non c'è”, assicura.

Arriva il ddl sul fine vita, la maggioranza va incontro alle opposizioni 

La legge sul fine vita fa un passo avanti al Senato e, dopo mesi di stop and go e polemiche, diventa un testo scritto, corretto rispetto alla bozza dei giorni scorsi. L'hanno presentato i relatori di maggioranza Pierantonio Zanettin di Forza Italia e Ignazio Zullo di Fratelli d'Italia e questa mattina sarà votato dalle commissioni Giustizia e Sanità del Senato per adottarlo come testo base. Da oltre un anno, erano infatti 5 le proposte di legge presentate (di maggioranza e di opposizione) senza mai trasformarsi in una condivisa, compito affidato a dicembre al Comitato ristretto, ma faticosamente all'opera. Da qui il blitz della maggioranza che, attraverso i relatori, ha messo nero su bianco la sua proposta formata da 4 articoli il cui esame è previsto in Aula il 17 luglio. 

Nel primo articolo si riconosce il diritto alla vita come “presupposto di tutti i diritti dell'ordinamento” e la tutela della vita di ogni persona “senza distinzioni” di età, salute e condizioni sociali: è sparita quindi l'espressione “dal concepimento alla morte naturale” che aveva fatto inferocire le opposizioni, convinte che fosse un attentato all'aborto. Il trattamento non sarà a carico del Servizio sanitario nazionale: né medici né strumenti né famaci del pubblico potranno essere usati per questo scopo. Viene confermato che chi aiuta una persona nel trattamento di fine vita non commette reato e non è punibile. Sarà il Comitato nazionale di valutazione, e non più il Comitato etico, a valutare se i malati hanno i requisiti richiesti. Ma rispetto alla bozza si accorciano i tempi: in tutto 90 giorni e non più 120. Cala sensibilmente pure il tempo per ripresentare la domanda se la prima è stata bocciata: da 4 anni sei mesi. Resta la nomina governativa del Comitato (con decreti del presidente del Consiglio), aspetto che la sinistra considera “troppo politicizzato”. Infine, le cure palliative non saranno obbligatorie ma rese disponibili e l'articolo 3 disciplina come garantirne l'accesso, per cercare di evitare disparità tra Regioni. 

Meloni rilancia la vicinanza agli Usa alla festa per il 4 luglio

“Sono qui anche per ribadire la forza e la solidità dei rapporti tra Italia e Stati Uniti, nazioni sorelle unite da una relazione privilegiata”. Dal palco allestito nel giardino di Villa Taverna, residenza romana dell’ambasciatore degli Stati Uniti, Giorgia Meloni sottolinea lo stretto legame tra Roma e Washington. La premier per la prima volta dal suo arrivo a Palazzo Chigi partecipa alla celebrazione del Giorno dell’Indipendenza americana, che cade il 4 luglio. Assieme alla presidente del Consiglio ci sono i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini e praticamente tutti i Ministri, il presidente del Senato Ignazio La Russa e una nutrita rappresentanza di parlamentari di centrodestra.

L’opposizione, viceversa, si vede poco: c’è il presidente del M5S Giuseppe Conte, l’ex presidente della Camera Roberto Fico, la capogruppo di Iv Maria Elena Boschi, il presidente del Copasir il dem Lorenzo Guerini e Luigi Marattin, fresco neo-segretario del Partito Liberaldemocratico. Meloni arriva intorno alle 20.00, orario di inizio del ricevimento; con lei anche la sorella Arianna e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Dopo un breve scambio di saluti col padrone di casa, il nuovo ambasciatore Usa Tilman J. Fertitta, la premier ha raggiunto il palco. Il primo a prendere la parola è Fertitta: “L'Italia può sempre contare sugli Stati Uniti e gli Stati Uniti possono sempre contare sull'Italia. Nell'ultimo anno ho avuto il piacere di incontrare la Meloni a Mar a Lago con il presidente Trump e il segretario Rubio e ho capito quanto l'Italia sia fortunata ad averla come leader”. 

“Apprezzo profondamente il suo impegno nella partnership con l'America e la leadership che ha assunto nell'Ue. Tutti gli americani la rispettano per la grande leader che è diventata”, sottolinea ancora l’ambasciatore prima di cedere il palco alla premier. “Non intendo tediarvi sulla mole degli ambiti nei quali abbiamo lavorato, lavoriamo, e lavoreremo ancora meglio con l'amministrazione americana, ma ci tengo a ribadire una cosa che io considero importante: oggi Italia e Stati Uniti su tanti dossier, su molte questioni, parlano la stessa lingua. Ed è un elemento molto positivo soprattutto nel complesso quadro internazionale che stiamo affrontando. È un bene certo per i nostri rapporti, che possono crescere e prosperare ancora, ma è un bene anche per la forza, l'unità e la compattezza dell'Occidente”. 

Sul Dl sicurezza Nordio parla di sgarbo a Mattarella da parte della Cassazione

“La Cassazione, come supremo organo giurisdizionale, non ha detto proprio nulla, e se lo avesse detto, senza esser investita di un ricorso, avrebbe commesso un sacrilegio. Si è pronunciato l'Ufficio del Massimario con un intervento che ritengo irriverente, improprio e imprudente. È irriverente verso il Capo dello Stato, perché contiene critiche radicali sul decreto sicurezza, sia sulla sua necessità e urgenza, sia sui suoi contenuti, ritenuti manifestamente incostituzionali. Se così fosse, il Presidente sarebbe stato il primo a rilevarli, e invece non l'ha fatto”. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, in un'intervista al Messaggero torna ad attaccare i contenuti della relazione dell'Ufficio della Cassazione sul decreto Sicurezza e tira in ballo la valutazione preventiva di costituzionalità effettuata dal Colle. L’uscita attira subito le critiche delle opposizioni, che accusano il Guardasigilli di “tirare per la giacca” il capo dello Stato e parlano di “sgrammaticatura” istituzionale. 

Dal Quirinale arriva un no comment su tutta la linea, dopo giorni di polemiche in cui Ministri e parlamentari della maggioranza hanno accusato la presunta interferenza della Cassazione; la premier Giorgia Meloni ha fatto filtrare di non aver gradito tali attacchi e ora Nordio parla di un intervento “improprio, perché l'Ufficio del Massimario della Cassazione ha competenza soltanto nel raccogliere le massime di giurisprudenza, in modo da fornire anche ai giudici di merito un'adeguata informazione e un indirizzo possibilmente omogeneo. Se redige delle relazioni sulle novità normative può farle solo sotto un profilo di tecnica redazionale, perché non ha nessuna legittimazione a pronunciarsi in via preventiva sulla costituzionalità delle leggi, e tantomeno sul loro contenuto politico. Questo è un vero oltraggio al Parlamento sia pur espresso nel linguaggio aulico del giuridichese”. Il Ministro definisce impropri “'praticamente tutti” i passaggi della relazione del Massimario, “ma principalmente quelli irriverenti verso il Capo dello Stato sulla decretazione di urgenza e il sospetto di incostituzionalità”. 

Nuovi problemi sulle pensioni ma parte il cantiere sulle integrative

All’orizzonte ci sono nuovi possibili problemi per il Governo sul fronte dell'adeguamento delle pensioni, mentre nella prossima legge di Bilancio uno dei capitoli di rilievo potrebbe puntare a incentivare le pensioni integrative, tema che già aveva scaldato il confronto dell'ultima manovra. Sono due fronti che si aprono con una coincidenza temporale: da una parte c'è il tribunale di Trento che ha sollevato una questione di legittimità costituzionale di fronte alla Consulta per il meccanismo di perequazione all'inflazione scelto sulle pensioni dal Governo Meloni; dall'altra, invece, il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti parlando all'assemblea dell'Ania ha detto chiaramente che sarà necessario adeguare le norme sulla previdenza assicurativa, ferme al 2005, e non ha risparmiato una sollecitazione al mondo assicurativo, che su questo chiede una riforma e propone un “patto per un'Italia più forte e più giusta” al quale il ministro ha opposto l'esigenza di “prestazioni più generose”.

Va favorita, ha spiegato anche la Ministra del Lavoro Marina Calderone, l'adesione a queste forme integrative. Nella passata manovra si era ragionato su un sistema di silenzio assenso per il passaggio, dopo sei mesi, del Tfr ai fondi previdenziali, per rafforzare le pensioni del futuro. Il Governo per Giancarlo Giorgetti potrebbe intervenire su tre direttive: “Miglioramenti dei meccanismi di adesione; incentivi all'incremento della contribuzione, che non necessariamente comportino maggiori oneri a carico dello Stato; stimoli alla competizione e a soluzioni di investimento più efficienti”. Ma ciascuno dovrà fare la propria parte: “Risponderebbe all'interesse dei singoli e a quello generale un sistema di previdenza complementare maggiormente sviluppato che, da un lato riduca il pension gap garantendo prestazioni più generose e dall'altro concorra al finanziamento e allo sviluppo del sistema Paese”. 

Il nodo sul tavolo della Consulta, se accolto dall'alta Corte, aprirebbe un buco nei conti pubblici. All'attenzione dei giudici costituzionali sono i provvedimenti del 2022 e 2023 che hanno previsto il taglio della rivalutazione rispetto all'inflazione delle pensioni che eccedono quattro volte il minimo. Ma nel mirino è soprattutto il meccanismo di adeguamento a blocchi, con taglio ad aliquota fissa per tutto il reddito a secondo della soglia raggiunta. La richiesta di esame parte dal ricorso di un pensionato che chiedeva l'applicazione di un sistema a scaglioni, progressivo come quello in vigore per l'Irpef, con riduzioni sulle diverse fasce anche all'interno di un singolo reddito. 

Il Papa ha ricevuto Meloni in Vaticano 

Ieri mattina Papa Leone XIV ha ricevuto la premier italiana Giorgia Meloni, un appuntamento che il Papa ha tenuto a fare prima del suo trasferimento, la prossima settimana, a Castel Gandolfo. La pace in primo piano nel faccia a faccia tra Meloni e il Pontefice con un occhio particolare alle sofferenze dell'Ucraina e di Gaza. Ma, nel successivo confronto in Segreteria di Stato, sono stati affrontati anche temi più inerenti ai rapporti tra lo Stato italiano e la Chiesa. Secondo quanto trapela si è parlato di fine vita, dell'8 per mille, ma anche dei lavori per il futuro trasferimento dell'ospedale pediatrico Bambin Gesù alla sede dell'ex Forlanini. La premier è arrivata nel Cortile di San Damaso intorno alle 11.15; nella delegazione italiana c'erano anche i due vicepresidenti del Consiglio Antonio Tajani e Matteo Salvini e il sottosegretario a Palazzo Chigi Alfredo Mantovano. Alla fine del lungo incontro c'è stato anche lo scambio dei doni. 

All'incontro con il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e il Segretario per i Rapporti con gli Stati mons. Paul Richard Gallagher hanno partecipato anche i vicepremier. Nell'incontro Meloni “ha ribadito l'apprezzamento per l'impegno della Sede Apostolica per la pace in Ucraina, a Gaza e in tutte le aree di crisi”. La premier si è inoltre soffermata “sull'importanza della libertà religiosa e sulla tutela delle comunità cristiane in Medio Oriente, che hanno sofferto le conseguenze delle crisi e dell'instabilità dell'area. È stata infine condivisa l'ottima collaborazione con le organizzazioni cattoliche religiose per la cooperazione in Africa, nell'ambito del Piano Mattei”. E, a proposito dell'Africa, la Meloni ha parlato al Papa del prossimo summit sulla sicurezza alimentare che si terrà a fine luglio in Etiopia e al quale la stessa premier ha già annunciato la sua presenza. La Santa Sede, dal canto suo, ha parlato di “cordiali colloqui” e di “buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e l'Italia”. 

Tajani e Crosetto ribadiscono: il 5% pil in spese militari è compatibile 

“L'Europa deve assumersi le proprie responsabilità e compiere un salto di qualità per realizzare il pilastro europeo della Nato e, in prospettiva, una Difesa europea integrata, che era il sogno di De Gasperi e Berlusconi. Per questo all'Aja è stato assunto un nuovo impegno in materia di spesa, più ambizioso rispetto al 2%. Il nuovo obiettivo del 5% del Pil è un passo coraggioso e necessario per proteggere la nostra libertà e i nostri valori, e per garantire maggiore sicurezza ai nostri cittadini”. Il Ministro degli Esteri Antonio Tajani, in audizione alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato insieme al ministro della Difesa Guido Crosetto, parla degli esiti del vertice Nato dell'Aja rimarcando che il raggiungimento dell'obiettivo del 5%” del Pil per la difesa “sarà comunque graduale e compatibile con i vincoli di bilancio. Nessun euro verrà sottratto alla sanità, all'istruzione o alla spesa sociale. E nessun euro verrà tolto ai Fondi di coesione”. 

“Abbiamo voluto che l'orizzonte temporale fosse esteso al 2035, perché sarebbe stato irrealistico fissare una scadenza anticipata. Così potremo aumentare la spesa gradualmente, senza compromettere la sostenibilità dei conti pubblici e senza mettere in moto dinamiche inflattive”, ha rilanciato a sua volta il Ministro della difesa.

FI rilancia sullo ius scholae. No categorico di Lega e FdI. Le opposizioni aprono

Forza Italia sfida gli alleati di Governo e rilancia sullo “ius Italiae”, annunciando di voler mettere ai voti la riforma della cittadinanza, nonostante la contrarietà di Lega e FdI. “Siamo pronti a discuterla con tutti” dice il vicepremier Antonio Tajani, “Il Parlamento è sovrano. Chiunque vuole votare la nostra proposta la voti”. Dunque, numeri permettendo, gli azzurri sarebbero pronti a far passare lo ius Italiae anche sganciandosi dal resto della maggioranza. Leghisti e meloniani, infatti, non tardano a ribadire la loro contrarietà: “Una proposta tecnicamente sbagliata”, “irricevibile” anche “dal punto di vista politico”, afferma il salviniano Rossano Sasso. La responsabile immigrazione di FdI Sara Kelany sottolinea: “La legge sulla cittadinanza per noi va bene così e, visto l'esito dei referendum, va bene così anche per i cittadini”. Sul fronte opposizione, il Pd apre con cautela chiedendo agli azzurri di calendarizzare il testo e iniziare a lavorare sui contenuti, mentre il M5S, per voce di Giuseppe Conte, sprona a fare presto: “Lo ius scholae è una nostra battaglia di anni, facciamolo subito”. Il timore principale è che si tratti di una “boutade”, una “chiacchiera estiva” ma, ciò nonostante, i parlamentari che si fanno avanti per accettare e rilanciare la sfida dei numeri in Aula non mancano. 

“Se FI porterà al voto una legge sullo ius scholae Azione la sosterrà convintamente”, fa sapere Carlo CalendaMatteo Renzi incalza Tajani: “Ha così tanta paura della premier da non portare in Aula quello che dice, quello che ha detto, un anno fa, al meeting di Rimini. Un po' di coraggio, abbia la forza di difendere le sue idee!”. Per Riccardo Magi di Più Europa “ci confronteremo nel merito, anche se temiamo che ancora una volta FI non faccia sul serio”. Stesso dubbio insinuato da Avs. Nel Pd a spingere per l'apertura a Forza Italia sono i riformisti, ma poi è tutto il partito a dirsi pronto al dialogo: “FI calendarizzi subito il provvedimento e iniziamo a lavorare nelle Commissioni sui testi”, esorta la prima firmataria della proposta di legge del partito sulla cittadinanza, la deputata Ouidad Bakkali

Ma c'è un primo ostacolo sulla strada della convergenza: Tajani si dice non intenzionato a trattare. “Quella sui dieci anni” di formazione scolastica per ottenere la cittadinanza “è una regola severa ma giusta”, la proposta del Pd è “di cinque anni e non va bene”, sottolinea. Se tutto il centrosinistra votasse con FI a favore dello ius Italiae la legge potrebbe passare, si ragiona in ambienti azzurri, dove qualcuno ipotizza anche una sorta di libertà di coscienza trasversale agli schieramenti per tirare la volata al provvedimento. Vedremo nelle prossime settimane quali saranno le iniziative di Fi e quali passaggi politici e parlamentari verranno avviati, nella consapevolezza che difficilmente la questione potrà condurre a una crisi nella maggioranza.

Il Governo propone un patto per la sicurezza sul lavoro. Troppi 100 morti al mese

Il Governo punta a un patto nazionale per la sicurezza che possa ridurre in modo significativo gli incidenti sul lavoro: la ministra Marina Calderone, intervenendo alla presentazione della Relazione annuale dell'Inail alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Mattarella, ha sottolineato che il dato sugli infortuni sul lavoro nel 2024 anche se sostanzialmente stabile rispetto al 2023 è “moralmente inaccettabile”. Nell'anno sono arrivate 593mila denunce di infortunio con 1.202 casi mortali, circa 100 al mese, dati definiti una “sconfitta collettiva”. E su questo ha insistito anche la presidente del Consigli, Giorgia Meloni che ha sottolineato come la sicurezza del lavoro sia “una delle priorità di questo Governo” e come voro non debba mai essere considerata un costo da tagliare ma invece “un diritto di ogni lavoratore”. 

Prosegue quindi il confronto con le parti sociali con l'obiettivo, ha spiegato Calderone, di una “alleanza permanente fra tutti gli attori del mondo del lavoro” per arrivare a un patto che sia fondato “su quattro pilastri: trasparenza, formazione, prevenzione e innovazione”. Nel 2024 gli infortuni denunciati all'Inail sono stati 593mila con una crescita dello 0,4% sul 2023 legata alla crescita delle denunce degli studenti, che sono salite a 78mila (+10,5%), di cui 2.100 per infortuni occorsi nei Percorsi per le competenze trasversali e l'orientamento (Pcto). Le denunce di casi mortali sono state 1.202, una in più rispetto al 2023. Per i lavoratori si registrano quattro decessi in meno, da 1.193 a 1.189, mentre i 13 casi mortali rilevati tra gli studenti sono cinque in più rispetto agli otto dell'anno precedente. 

Le Europee costano care, conti in rosso per Lega, FdI e Iv

Le Europee sono costate care alle casse di alcuni partiti, ad esempio a LegaFdI e Italia viva, che hanno chiuso in rosso i conti del 2024. In attesa delle pubblicazioni di quelli di PdM5SForza Italia e Noi moderati, i bilanci già noti di alcuni partiti evidenziano anche un forte impatto dei contributi dal 2xmille, in particolare per Sinistra italiana, Europa verde e +Europa. Il disavanzo più significativo è quello di Iv e Lega: 1,4 milioni di euro ciascuno. La campagna per le Europee, finita senza eletti all'Europarlamento, ha “impegnato una parte più che rilevante delle risorse del partito” di Matteo Renzi, si legge nella relazione al rendiconto, che nel 2024 ha sostenuto oneri per quasi 3,5 milioni, inclusi quasi 1,7 milioni per “pubblicità e propaganda”. Troppo, a fronte di 2 milioni di euro di proventi. 

E il leader nella relazione annuncia che “è stato predisposto un piano di riequilibrio economico-patrimoniale e finanziario”. Il disavanzo della Lega è peggiorato rispetto a quello del 2023 (85mila euro), e anche le contribuzioni sono calate, da 4,5 milioni a 3,82 milioni di euro. Sono aumentate le quote associative annuali, da 58.624 euro a 63.227, ma anche gli oneri di gestione, da 5,6 a 6,1 milioni di euro. Soffrono anche i conti della Lega Nord per l'indipendenza della Padania: il partito fondato da Umberto Bossi ha un disavanzo di 72.908 euro, nonostante i 481mila euro di contributi, di cui 230mila dalla Lega guidata da Matteo Salvini, 36mila da Giancarlo Giorgetti e altrettanti da Igor Iezzi

FdI passa da un avanzo di 4,9 milioni nel 2023 a un disavanzo di 681mila euro, una flessione “attribuibile principalmente alle spese sostenute per le diverse campagne elettorali” che non rappresenta “alcuna criticità nel proseguo della gestione ordinaria dell'associazione”, si assicura nella nota integrativa al rendiconto. Gli oneri superano gli 11 milioni. Dal 2xmille sono arrivati al partito della premier Giorgia Meloni contributi per 5,65 milioni di euro, e 2,7 milioni di euro sono quelli venuti da persone fisiche e giuridiche. FdI ha versato 200mila euro a Gioventù nazionale, la formazione giovanile del partito, e 110mila euro a Ecr, la famiglia dei conservatori europei a cui appartiene. Dal 2xmille è arrivata una spinta alle casse delle due forze di Avs: i contributi sono passati da 816mila euro nel 2023 a 1,4 milioni nel 2024 (oltre 40mila contribuenti) per Sinistra italiana, che vanta un avanzo di 552mila euro, nonostante un aumento dei costi di circa mezzo milione di euro, metà dei quali per le Europee. Anche a Europa verde quei contributi sono serviti per avere un bilancio in positivo per 386mila euro. Il 2xmille rappresenta oltre metà delle entrate di +Europa (in avanzo di 191.841 euro e proventi complessivi per 1,45 milioni), che nel 2024 ha avuto 6.160 iscritti, di cui un terzo under 25.

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 30 giugno, tra i partiti del centrodestra scende Fratelli d’Italia che perde 0,3 punti e arriva al 30,3%. In seconda battuta il Partito Democratico mantiene saldo il suo 23,0%. Terza forza nazionale il Movimento 5 Stelle che lascia 0,1 punti e si attesta al 12,3%. Tra le altre forze del centrodestra, Forza Italia guadagna 0,2 punti (8,3%) e scavalca nuovamente la Lega che invece si mantiene stabile (8,2%). Nella galassia delle opposizioni, AVS riprende la propria crescita, guadagnando 0,1 punti e si attesta al 6.6%. I centristi vengono rilevati singolarmente con Azione (3,8%), IV (2,0%) e +Europa (1,7%). Noi Moderati scende sotto l’1% e quindi esce dalle rilevazioni settimanali e confluisce in Altri.

sondaggi-partiti-4-7-25.jpeg

La stima di voto per la coalizione di centrodestra (FdI, Lega, FI) segna -0,1% rispetto alla scorsa settimana, scendendo al 46,9%, senza le percentuali di Noi Moderati. Il centrosinistra (Pd, All. Verdi Sinistra) registra il 29,6% delle preferenze crescendo di 0,1 punti; fuori da ogni alleanza, il M5S, perde 0,1 punti e si attesta all’12,3%. A chiudere il Centro che registra un risultato con segno positivo trainato da Azione, salendo al 7,5%.

sondaggi-coalizioni-4-7-25.jpeg

  1. Il Cdm vara il nuovo decreto flussi per 500 mila lavoratori stranieri
  2. Calenda lancia il patto repubblicano per una piccola costituente
  3. Scossa ai Campi Flegrei. Musumeci: dobbiamo conviverci
  4. Arriva il ddl sul fine vita, la maggioranza va incontro alle opposizioni 
  5. Meloni rilancia la vicinanza agli Usa alla festa per il 4 luglio
  6. Sul Dl sicurezza Nordio parla di sgarbo a Mattarella da parte della Cassazione
  7. Nuovi problemi sulle pensioni ma parte il cantiere sulle integrative
  8. Il Papa ha ricevuto Meloni in Vaticano 
  9. Tajani e Crosetto ribadiscono: il 5% pil in spese militari è compatibile 
  10. FI rilancia sullo ius scholae. No categorico di Lega e FdI. Le opposizioni aprono
  11. Il Governo propone un patto per la sicurezza sul lavoro. Troppi 100 morti al mese
  12. Le Europee costano care, conti in rosso per Lega, FdI e Iv
  13. I sondaggi della settimana