Dopo la vittoria in Abruzzo Meloni serra i ranghi della maggioranza
Dopo la vittoria in Abruzzo di Marco Marsilio, Giorgia Meloni approfitta dell'esito elettorale, come già successo dopo la Sardegna, per fare il punto con gli alleati a Palazzo Chigi. La partita vera, sono tutti consapevoli nella maggioranza, resta quella delle europee, dove si certificherà se sono cambiati i rapporti di forza nella coalizione. Antonio Tajani ci crede: nel voto abruzzese Forza Italia ha quasi doppiato la Lega e ora sembra più a portata di mano quel risultato sopra il 10% anche a giugno, su cui a inizio anno in pochi, riservatamente, erano davvero disposti a scommettere. Molto dipenderà anche dalla premier, che ancora non ha deciso se candidarsi o meno, anche se tutti lo sperano in Fdi, perché “Meloni” scritto in cima alle liste porterebbe punti in più al partito e consacrerebbe un primato nel centrodestra che i numeri continuano a confermare. A preoccupare in FdI è il risultato della Lega: in Abruzzo il Carroccio è passato dall’8,3 delle scorse politiche al 7,5% (ma aveva avuto il 27,5% alle regionali 2019), anche se Matteo Salvini parla di “buon risultato della Lega che supera i 5 Stelle”. I leghisti sono fiduciosi di ottenere la doppia cifra tra i risultati del Nord e la tenuta al Sud, dove gli sherpa sono al lavoro per reclutare portatori di voti come l'europarlamentare molisano Aldo Patriciello. Sarà il risultato delle europee, insomma, il vero spartiacque.
Dopo la sconfitta Pd e M5S puntano sull’unità
Alla fine, l'effetto Sardegna non c'è stato. Il candidato del centro destra Marco Marsilio vince con il 53,5% e viene confermato governatore dell'Abruzzo, quello del campo largo Luciano D'Amico si ferma a 7 punti percentuali di distanza (46,5%). Dopo una nottata trascorsa ad esaminare i dati, Elly Schlein e Giuseppe Conte ammettono la sconfitta. L'analisi del risultato, però, ha sfumature diverse. Rispetto alle scorse regionali, infatti, il Pd praticamente raddoppia (passando dall'11,1% del 2019 al 20,3% di oggi) e il M5S crolla (dal 19,7% del 2019 al 6,9%); per Schlein, quindi, è più facile vedere il bicchiere mezzo pieno. “Il presidente uscente di FdI partiva con un vantaggio di 20 punti nei sondaggi. E invece unendo le nostre forze attorno a una visione comune abbiamo riaperto la partita”, commenta. Il 20,3% raggiunto dal Pd, poi, è per la segretaria un “ottimo risultato” e la segretaria assicura rilanciando “la sfida” in vista delle elezioni europee. Per i dem, insomma, la certezza è una: “L'unità è condizione necessaria ma non sufficiente per tornare a vincere.” In casa Cinque stelle a seguito dei risultati lo stesso Giuseppe Conte parla di “risultato modesto”, richiama la vittoria di Alessandra Todde, ma non fa alcun accenno all'unità della coalizione. “Il rapporto con il Pd regge” assicurano i pentastellati, i “dubbi” riguardano “i compagni di strada che negli ultimi giorni di campagna elettorale hanno preferito cannoneggiare Conte che attaccare Meloni e Marsilio”. Il riferimento esplicito è a Carlo Calenda e alla sua “incontinenza verbale” contro quelli che dovrebbero essere alleati.
Meloni punta alle riforme prima delle europee
Lunedì Giorgia Meloni ha riunito i leader della maggioranza per rimarcare la necessità di accelerare nel percorso di Governo senza farsi distrarre dalle Regionali con lo scopo di “depotenziare” anche le elezioni in Basilicata. Sul fisco l'orizzonte è molto ampio, ci sono i decreti attuativi e tappe già fissate. L'altro dossier su cui punta il Governo è il pacchetto di riforme costituzionali: il ddl Casellati potrebbe approdare in Aula tra due settimane ma non è escluso che nel caso di ostruzionismo dell'opposizione in Commissione il centrodestra decida di andare in Aula senza mandato al relatore; l'obiettivo è stringere sui punti fondanti del programma entro l'estate. L'appuntamento cerchiato in rosso è quello delle Europee e nel centrodestra c'è il convincimento che sia Meloni che Tajani possano scendere in campo. Matteo Salvini scommette su un cambio totale delle istituzioni a Bruxelles: “Chi sceglie la Lega sceglie meno Europa, meno burocrazia, meno tasse, meno ideologia pseudo green”, ha rimarcato.
La Lega tenta il blitz ma ancora una volta il terzo mandato viene bocciato
Al Senato durante la discussione sul decreto elezioni va in scena una nuova spaccatura della maggioranza, del tutto attesa, sul terzo mandato ma a palazzo Madama la tensione è alta anche sullo stop ai ballottaggi per i sindaci. La tregua, fortemente voluta da Giorgia Meloni, siglata a Palazzo Chigi all'indomani della vittoria in Abruzzo, dimostra immediatamente la sua fragilità. Due sono gli emendamenti della Lega, uno è appunto quello che mira a introdurre la possibilità di un terzo mandato per i presidenti di Regione. In aula si ripete esattamente lo stesso copione già andato in scena in Commissione: il Governo si rimette all'aula, la proposta viene bocciata, la maggioranza si spacca lasciando il partito di Matteo Salvini isolato. Il secondo emendamento è quello che abolisce i ballottaggi per i sindaci se al primo turno si raggiunge il 40%. Gli altri partiti della coalizione sarebbero anche d'accordo nel merito, ma la proposta arriva come una doccia fredda, senza che se ne sia discusso, e suscita immediatamente l'indignazione del Pd e dell'Anci. Per evitare che le votazioni in Senato certifichino un'altra spaccatura nella maggioranza, si stabilisce un invito al ritiro da parte del Governo e la decisione della Lega di trasformarlo in un odg.
Al di là dei tecnicismi parlamentari, ovviamente il nodo resta tutto politico. Per il Matteo Salvini c'è un doppio problema: il rischio che le Europee certifichino il sorpasso su tutto il territorio nazionale di FI e poi il ruolo di Luca Zaia. In FdI si sospetta che l'insistenza della Lega sul terzo mandato, anche di fronte a bocciatura certa dell'emendamento, sia fatta per tenere buono il governatore del Veneto e dimostrare che è stato fatto di tutto per provare ad arrivare al risultato. Intanto, Giorgia Meloni sarebbe diventata più possibilista sull’ipotesi di lasciare al Carroccio la facoltà di indicare il prossimo governatore del Veneto, sebbene le ultime Politiche abbiano certificato che da quelle parti la prima forza è FdI. Sul futuro di Zaia s’ipotizza una candidatura a sindaco di Venezia, mentre è stata esclusa dal diretto interessato una eventuale corsa alle Europee. Certo è che il governatore e il suo partito sembrano non mollare la battaglia sul terzo mandato, almeno allo stato. Il tema, che nel 2025 riguarda le ricandidature anche dei dem Michele Emiliano, Stefano Bonaccini e Vincenzo De Luca, e del centrista Giovanni Toti, potrebbe riemergere più avanti collegato ad altri provvedimenti, come il testo unico sugli Enti locali.
Il Governo rilancia l’azione sul “fisco amico”
La “scommessa” è quella di uno Stato “giusto”, che “non merita di essere raggirato”; anche se le tasse “non sono bellissime” i soldi incassati vanno usati con “responsabilità”, evitando di “sperperarle” sull'orizzonte breve del consenso elettorale. Giorgia Meloni si prende una mattinata per riconoscere l'onore delle armi al suo viceministro dell'economia Maurizio Leo, che, come dice anche il Ministro Giancarlo Giorgetti, ha portato avanti “a tempi di record” quella riforma verso il “fisco amico” che l'Italia “aspettava da 50 anni”. L'occasione è la presentazione del prossimo passo per l'attuazione della delega fiscale, la messa in consultazione da qui al 13 maggio di 9 testi unici che avranno il compito di riordinare, semplificare, sfoltire le duplicazioni e rendere più facilmente fruibile l'enorme mole di norme tributarie che si sono stratificate negli anni. C'è tutto, dalle imposte sui redditi all'Iva fino alle sanzioni e alle agevolazioni tributarie. Il buon proposito, ha spiegato Maurizio Leo, è di arrivare all'approvazione definitiva entro l'estate. L'obiettivo da centrare con la prossima legge di bilancio è quello di dare una mano al ceto medio, perché “chi guadagna 55mila euro non può essere considerato un super ricco” ma oggi “paga oltre il 50% di tasse”. Parte delle risorse necessarie potrebbero arrivare dalla minimum global tax al 15% ma che potrebbe essere depotenziata se dovesse “naufragare” l'altra parte del progetto internazionale per tassare le multinazionali.
Per la Basilicata il centrosinistra ha scelto Lacerenza
Domenico Lacerenza sarà il candidato del centrosinistra per le elezioni regionali in programma in Basilicata il 21 e il 22 aprile. L'accordo è stato raggiunto da Pd, M5S, Avs, +Europa e ha trovato il consenso anche di Angelo Chiorazzo, che era stato indicato come candidato governatore da Basilicata Casa Comune. Sarà quindi un medico (Lacerenza è il direttore della Sic di Oculistica dell'azienda ospedaliera regionale San Carlo di Potenza) a sfidare il governatore uscente Vito Bardi (FI), ricandidato alla guida della coalizione di centrodestra, che dovrebbe allargarsi fino a Italia Viva e ad Azione. Le liste dovranno essere presentate venerdì 22 e fino alle 12.00 del 23 marzo: la sensazione è che entrambi i partiti dell'ex Terzo Polo inseriranno loro esponenti nelle liste a sostegno dell'ex generale della GdF, che fu eletto nel 2019. Anche cinque anni fa, quando Bardi vinse con il 42,2%, il centrosinistra scelse a pochi giorni dalla presentazione delle liste un altro medico, Carlo Trerotola (che si fermò al 33,1%). Il “profilo di alto spessore professionale” è messo in evidenza nella nota congiunta di Pd, M5S, AVS e +Europa che, insieme a Basilicata Casa Comune, hanno chiesto “di comune accordo” a Lacerenza “di offrire la sua disponibilità quale interprete di un solido progetto politico e sociale per imprimere una svolta nell'amministrazione della Regione Basilicata”.
Urso coordina la ministeriale del G7 sull’intelligenza artificiale
Dopo sette anni, torna a riunirsi il G7 Industria, Tecnologia e Digitale. E il primo vertice si è tenuto a Verona dove Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha presieduto la riunione che rappresenta la prima ministeriale legata della presidenza italiana del G7; tre le sessioni di lavoro, ma anche numerosi bilaterali. Urso ha incontrato, nell'ordine, il viceministro giapponese degli Affari Interni e Comunicazione Junji Hasegawa per parlare dell'approccio antropocentrico all’Intelligenza Artificiale. Il Ministro ha poi visto Jean Koh, presidente della Commissione coreana sulle Piattaforme Digitali, per potenziare la cooperazione nei campi della microelettronica e del quantum computing. Con la vicepremier ucraina e ministro dell'industria Yulia Svyrydenko l'esponente del governo italiano ha approfondito i contenuti e i prossimi sviluppi del progetto della piattaforma logistica intermodale di Horonda che mira a sostenere gli scambi commerciali da e verso l'Ucraina. Nel bilaterale con la vicepresidente della Commissione Europea e Commissario Europeo per la Concorrenza Margrethe Vestager il Ministro ha invece evidenziato che l’Europa deve raggiungere l’indipendenza strategica e che in ambito G7 si collaborerà sui semiconduttori con la Commissione. Nella prima sessione è emersa una piena convergenza dei Paesi del G7 sull'idea di allineare le regole fra i Paesi per favorire lo sviluppo dell'intelligenza artificiale, valorizzando i principi del processo di Hiroshima e coinvolgendo di più le PMI anche per l'alfabetizzazione di massa delle nuove tecnologie e la formazione professionale dei nostri lavoratori. Nella seconda sessione è stata sottolineata la necessità di evitare nuove dipendenze, dopo quella energetica, che mettano a rischio le catene del valor. Infine nella terza sessione è stata convenuta la realizzazione di un hub dell’IA per lo sviluppo sostenibile per aiutare i Paesi in via di sviluppo.
Premierato: la maggioranza cambia le regole sul semestre bianco
Cambia il semestre bianco, vale a dire i sei mesi che precedono la scadenza del mandato del Presidente della Repubblica entro i quali non possono sciogliere le Camere. La Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato un emendamento al ddl Casellati sul premierato che prevede lo scioglimento del Parlamento durante il semestre in alcuni casi di caduta del premier eletto. Ma la novità politica è nell'affermazione da parte del presidente della Commissione Alberto Balboni che la maggioranza non vuole fare forzature regolamentari per approvare la riforma prima delle europee. Sul tema interviene l'ex premier Romano Prodi che a un’iniziativa con Giuseppe Conte boccia la riforma perché diminuisce il ruolo del capo dello Stato e del Parlamento. Data la mole di emendamenti di Pd e Avs, finora la Commissione ha approvato solo 2 dei quattro articoli del ddl Casellati. Dalla prossima settimana s’inizia con il cuore del provvedimento, cioè l'elezione diretta del premier (articolo 3) e i casi di scioglimento delle Camere per caduta del premier (articolo 4), su cui incombono oltre mille emendamenti. Il presidente della Commissione e relatore Alberto Balboni, dopo che il Pd Andrea Giorgis ha spiegato che non intende rinunciare all'ostruzionismo nel timore di forzature per approvare la riforma prima delle europee, ha risposto che la maggioranza non ha mai detto questo. Martedì si farà il calendario dei lavori in cui verrà chiarito questo aspetto. La Commissione ha intanto approvato un emendamento del Governo sul cosiddetto semestre bianco, il quale vieta al presidente della Repubblica di sciogliere le Camere negli ultimi sei mesi del proprio mandato. L'emendamento prevede che esse vengano sciolte in questi sei mesi nei casi in cui lo stesso ddl Casellati (all'articolo 4) stabilisce l'obbligo di elezioni anticipate: dimissioni volontarie del premier o sua caduta per una mozione motivata di sfiducia.
Al Senato Crosetto riaccende l’attenzione sul caso dossier
Evitare che l'indagine sui dossieraggi finisca nel vuoto: a tenere accesi i riflettori sul caso è il ministro Guido Crosetto, che nella sua risposta in un'interrogazione al Senato invoca l'intervento legislativo del Parlamento. Il numero uno della Difesa aveva caldeggiato l'istituzione di un'apposita inchiesta parlamentare, richiesta che è stata frenata da gran parte della maggioranza e dalla stessa premier Giorgia Meloni, per la quale per ora sulla vicenda bisogna lasciar lavorare la Commissione Antimafia. Proprio in queste ore l'ufficio della presidente Chiara Colosimo ha annunciato nuove audizioni, dopo quelle dei procuratori Melillo e Cantone nei giorni scorsi: venerdì 22 marzo sarà sentito Andrea De Gennaro, comandante generale della Guardia di finanza, il Corpo cui appartiene uno degli indagati chiave dell'inchiesta, il tenente Pasquale Striano. In queste ore Crosetto sottolinea: “il Parlamento deve interrogarsi sulle regole in atto, sulle persone che di queste cose possono abusare, su quelle che su queste cose possano avere interessi, su come queste cose possano influenzare la vita democratica e politica indipendentemente dalle parti. Questa è una cosa che deve fare il Parlamento. Mi auguro che questo percorso venga fatto dal Copasir, dalla Commissione Antimafia, dalla Commissione speciale”, dice il titolare di via XX Settembre, il quale è anche autore dell'esposto da cui sono partite le indagini. Palazzo Chigi, al di là del lavoro della Commissione Antimafia, non è comunque indifferente alla questione: il sottosegretario Alfredo Mantovano ha annunciato una stretta con “sanzioni più adeguate per chi compie accessi illeciti alle banche dati” contenuta nel nuovo provvedimento del Governo sul cyber.
La Basilicata agita le minoranze del Pd
La partita sul candidato di centrosinistra in Basilicata è formalmente chiusa, ma il confronto e lo scontro tra le forze politiche protagoniste della lunga trattativa è destinato ad andare avanti e ad allargarsi anche alle elezioni europee. La scelta di Domenico Lacerenza come candidato di Pd, M5S, Avs e +Europa è letta dallo stato maggiore di Azione come un diktat di Giuseppe Conte alla coalizione. “Il fatto politico nazionale è il veto dei Cinque Stelle sulle forze riformiste recepito dal Pd”, sottolinea Carlo Calenda. “Lo “strappo” con Calenda, tuttavia, provoca tensioni anche in quel pezzo di Partito Democratico meno convinto dell’alleanza con i pentastellati. “Dobbiamo fare tutti gli sforzi fino all'ultimo secondo utile per costruire la coalizione più competitiva possibile.”, dice il senatore dem Alessandro Alfieri, che guarda all'area di Stefano Bonaccini. Certo, dal Pd ricordano anche che il comportamento di Calenda nelle ore precedenti l'accordo non ha facilitato il dialogo: prima ha tagliato la strada, assieme al M5S, alla candidatura di Angelo Chiorazzo, poi ha proposto Marcello Pittella e, davanti alla risposta negativa della segretaria, ha fatto sapere che avrebbe reso pubblica la candidatura senza più attendere, aprendo contemporaneamente alla possibilità di sostenere il candidato del centrodestra Vito Bardi; infine, è tornato su Chiorazzo. Troppo anche per chi, come Elly Schlein, ha fatto dell'unità la propria parola d'ordine.
I sondaggi della settimana
Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 4 marzo, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 27,1%, davanti al PD (20,2%). Più di 13 punti percentuali in meno per il Movimento 5 Stelle al 15,4%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 6,9 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 4,1%, mentre Unione Popolare all’1,4%. Nell’area centrista, Azione è data al 4,5%, mentre Italia Viva al 3,1%. Nella coalizione del centrodestra, Lega scende all’8,1%, Forza Italia sale a 7,6%. Per l’Italia rimane invariato all’1,5%
La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) rimane invariato al 42,8%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, scende al 27,0%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, scende al 7,6%; fuori da ogni alleanza, il M5S sale al 15,4%.
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