Le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato hanno ascoltato il 3 novembre rappresentanti dell’Associazione nazionale per l’industria e il terziario (ANPIT), dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ), dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT), di Anitec-Assinform e di Assoholding.
Sono stati ascoltati:
- Marco Furnari, Responsabile Coesione territoriale e Politiche regionali dell’Associazione nazionale per l’industria e il terziario (ANPIT);
- Luca Bianchi, Direttore generale dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (SVIMEZ);
- Giorgio Metta, Direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia (IIT);
- Letizia Pizzi, Direttrice generale di Anitec-Assinform;
- Gaetano De Vito, Presidente di Assoholding.
Senato Web Tv (link)
Abstract:
Durante l’audizione parlamentare, è stata evidenziata la necessità di un nuovo modello di sviluppo europeo basato sulla domanda interna e sul rafforzamento del welfare aziendale, proponendo misure fiscali mirate a sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori e la parità di genere. È stato sottolineato il rischio che la manovra di bilancio, orientata alla prudenza, possa rallentare la crescita del Mezzogiorno, evidenziando la necessità di monitorare l’attuazione del PNRR e dei Fondi di Coesione, oltre a segnalare criticità nell’introduzione dei LEP. È stata richiamata l’importanza di investire nella ricerca e nell’intelligenza artificiale come leve per la crescita economica, chiedendo una programmazione finanziaria pluriennale più stabile. Infine, è stato proposto di riequilibrare gli incentivi fiscali, riducendo i superammortamenti a favore di un tax credit per ricerca e innovazione, in modo da sostenere l’intera filiera produttiva, incluse le piccole e medie imprese.
Di seguito gli argomenti trattati:
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MARCO FURNARI |
ANDAMENTO MACROECONOMICO E MODELLO DI SVILUPPO
Ha evidenziato un miglioramento del mercato del lavoro e della situazione fiscale, legato all’aumento delle entrate tributarie e contributive, sebbene tale incremento sia stato in parte compensato dall’aumento della spesa primaria. Ha sottolineato la necessità di un nuovo modello di sviluppo europeo, poiché quello basato sulle esportazioni risulta oggi superato. In tale contesto, ha ritenuto prioritario favorire la crescita della domanda interna attraverso misure fiscali e di welfare mirate. Tra le principali proposte avanzate, ha indicato la necessità di rafforzare il welfareaziendale, suggerendo l’innalzamento della soglia di esenzione per i contributi alla sanità integrativa e l’aumento del limite deducibile per i contributi previdenziali e complementari. Ha inoltre proposto di incrementare il valore dei buoni pasto fino a 10 euro giornalieri, integrandoli nel pacchetto di welfare. Ha suggerito anche un esonero contributivo per i datori di lavoro sulla quota di aumento derivante dai rinnovi contrattuali, in sostituzione della tassazione agevolata, e un rafforzamento della contrattazione di secondo livello con imposta sostitutiva ridotta al 5%sui premi di produttività fino a 4.000 euro.
MISURE FISCALI E INCENTIVI ALLA PRODUTTIVITÀ
In ambito fiscale, ha auspicato una riduzione della terza aliquota IRPEF dal 43% al 40% e ha espresso parere favorevole al taglio della seconda aliquota dal 35% al 33%, con estensione dello scaglione fino a 60.000 euro. Ha inoltre proposto la detassazione, anche parziale, della tredicesima e la riduzione della tassazione sugli straordinari, al fine di sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori. Ha inoltre osservato come sia opportuno sostituire i crediti d’imposta con strumenti di deduzione e detrazione, ritenuti più efficaci e accessibili. In materia di incentivi, ha suggerito di ampliare la misura dell’IRAS premiale includendo investimenti ispirati ai principi ESG, oltre a quelli digitali, e di rendere più attrattivo il concordato preventivo elevando la soglia di accesso fino a 90.000 o 100.000 euro.
PARITÀ DI GENERE E SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA
Un’attenzione particolare è stata dedicata alla promozione della parità di genere. Ha proposto una riduzione contributiva dell’1% per le lavoratrici a tempo indeterminato, un superammortamento del 130% per gli investimenti dedicati alla conciliazione vita-lavoro e una maggiorazione del 10% nei punteggi tecnici per appalti pubblici relativi a servizi alla persona e innovazione sociale. In conclusione, ha segnalato che la piena efficacia delle misure economiche richiede una profonda semplificazione amministrativa, proponendo l’introduzione di uno sportello digitale unico per le imprese, procedure automatizzate per i crediti d’imposta e meccanismi di fast trackper le imprese virtuose, così da agevolare soprattutto l’accesso delle piccole e medie imprese ai benefici previsti dalla normativa.
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LUCA BIANCHI |
ANDAMENTO ECONOMICO DEL MEZZOGIORNO E IMPATTO DEL DDL DI BILANCIO
Ha concentrato il proprio intervento sull’impatto potenziale del Ddl Bilancio 2026 rispetto alle dinamiche di crescita del Mezzogiorno. Ha ricordato come, tra il 2021 e il 2024, il Sud abbia registrato una crescita superiore a quella del Centro-Nord (8,5% contro 5,8%), trainata principalmente da politiche pubbliche espansive e dagli investimenti legati al PNRR, che hanno inciso per circa tre quarti sulla crescita complessiva. Ha tuttavia osservato che il nuovo quadro di finanza pubblica delineato dal ddl risulta più prudente e sostanzialmente neutrale rispetto alla crescita, con il rischio di rallentare la dinamica positiva del Sud, area più dipendente dalle scelte di investimento pubblico.
INVESTIMENTI, PNRR E FONDO SVILUPPO E COESIONE
Ha segnalato che le coperture della legge di bilancio derivano in gran parte da una riduzione della spesa in conto capitale, inclusa la rimodulazione del PNRR per circa 4,7 miliardi di euro. Ciò rende ancora più cruciale un monitoraggio puntuale della clausola del 40% destinata al Mezzogiorno, al fine di garantire che gli investimenti PNRR mantengano un ruolo trainante per la crescita. Ha inoltre espresso preoccupazione per la riduzione complessiva di circa 2,4 miliardi del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC), derivante dai tagli previsti dagli articoli 119 e 129 del disegno di legge. Ha ribadito l’esigenza di vigilare sull’applicazione dell’art. 11 del decreto Coesione 2024, che vincola il 40% delle risorse ordinarie per investimenti al Sud, sottolineando come i nuovi limiti di cassa imposti al FSC, 7 miliardi per il 2026 e 8,6 miliardi per il 2027, rappresentino obiettivi estremamente sfidanti, a fronte di una spesa che nei primi sei mesi del 2025 non ha superato i 2 miliardi.
POLITICHE INDUSTRIALI E ZES UNICA
Tra gli aspetti positivi, ha valutato favorevolmente l’estensione triennale del credito d’imposta ZES Unica, che prevede stanziamenti per 2,3 miliardi nel 2026, 1 miliardo nel 2027 e 750 milioni nel 2028. Tale stabilità pluriennale, pur non sufficiente a coprire interamente il fabbisogno, è stata considerata un passo avanti rispetto alla gestione annuale. Ha tuttavia evidenziato la necessità di accompagnare le misure orizzontali, come i crediti d’imposta, a interventi selettivi di politica industriale, aggiornando il piano strategico della ZES alla luce dell’estensione a Umbria e Marche e del rafforzamento delle filiere strategiche europee nel Mezzogiorno. Ha inoltre richiamato il ritardo nell’attuazione dei Contributi Sud per le grandi imprese, ancora in fase di negoziato con la Commissione europea, per i quali auspica un’accelerazione delle procedure.
FEDERALISMO FISCALE, WELFARE TERRITORIALE E LEP
Un’area di particolare preoccupazione è stata individuata nell’inserimento, all’interno della manovra, di disposizioni sui Livelli Essenziali delle Prestazioni e sul federalismo fiscale. Ha segnalato che l’attuazione della legge appare disorganica e non coerente con il dettato costituzionale, nonostante rappresenti una milestone del PNRR da completare entro aprile 2026. Il ddl prevede infatti l’introduzione di nuovi LEP sociali, relativi alla presenza di équipemultidisciplinari territoriali e ai servizi domiciliari e socioassistenziali, ma solo i primi risultano finanziati (0,2 miliardi). L’assenza di copertura per gli altri livelli comporta il rischio di ampliare i divari territoriali, poiché il finanziamento dei servizi resterebbe affidato alla capacità fiscale locale, riproducendo il criterio della spesa storica e penalizzando le regioni con minori risorse. Tale disallineamento tra identificazione e finanziamento dei LEP è stato ritenuto un fattore di forte criticità per la tenuta del welfare territoriale e per la coesione sociale del Paese.
Beatrice Lorenzin (PD) – ha espresso scetticismo rispetto all’inserimento dei LEP nella legge di bilancio, osservando che tale scelta non rispetterebbe l’iter previsto e concordato con la Corte costituzionale. Ha chiesto se siano già stati quantificati gli effetti economici per comuni e regioni derivanti da una possibile mancata adesione ai servizi sociali, in particolare in relazione agli oneri di spesa e alla capacità di garantire i livelli essenziali delle prestazioni. Ha inoltre domandato in che modo la riduzione delle risorse destinate al Mezzogiorno possa incidere sulla crescita dell’industria meridionale, con particolare riferimento ai comparti ad alta tecnologia, che negli ultimi anni avevano mostrato un andamento positivo. Ha infine richiesto una valutazione quantitativa degli effetti delle misure mancantinel disegno di legge di bilancio, al fine di comprendere le possibili ripercussioni sullo sviluppo industriale e territoriale.
Replica Bianchi – in risposta alla domanda sui LEP, ha chiarito che risulta complesso quantificarne l’impatto, ma che il principale rischio non è quello di creare nuovi divari, bensì di cristallizzare le disuguaglianze già esistenti tra Nord e Sud. Ha richiamato i dati più recenti dell’Istat, secondo cui la spesa sociale dei comuni varia mediamente da 78 euro nel Mezzogiorno a 207 euro nel Nord-Est, con punte minime in regioni come la Calabria, dove la spesa pro capite è di appena 38 euro. In tale quadro, ha espresso forte preoccupazione per il fatto che una attuazione impropria dei LEP possa consolidare definitivamente tali squilibri territoriali, limitando la capacità di intervento delle amministrazioni locali più deboli. Con riguardo all’impatto della riduzione della spesa in conto capitale sulla crescita economica, ha spiegato che gli effetti nel 2026 sarebbero relativamente contenuti, grazie al temporaneo effetto sostitutivo delle risorse del PNRR. Tuttavia, ha espresso profonda preoccupazione per la fase successiva al 2026, quando terminerà il piano straordinario e verrà meno il principale sostegno agli investimenti pubblici. In tale prospettiva, ha ritenuto indispensabile predisporre un piano di programmazione degli investimenti ordinari dello Stato, in grado di proseguire il percorso di sviluppo avviato dal PNRR e di garantire continuità alla crescita e all’occupazione nel Mezzogiorno, che negli ultimi anni hanno rappresentato un’esperienza virtuosa da consolidare e non da indebolire.
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GIORGIO METTA |
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE COME NUOVO MOTORE DEL PROGRESSO
Ha sottolineato come, nell’epoca attuale, l’intelligenza artificiale rappresenti un elemento potenzialmente analogo al motore della rivoluzione industriale, in grado di favorire il collegamento tra ricerca scientifica e trasferimento tecnologico. In questo contesto, l’Italia dispone di istituzioni in grado di svolgere un ruolo determinante, come l’Istituto Italiano di Tecnologia, la cui missione consiste nel promuovere l’eccellenza nella ricerca di base e applicata, sviluppare la formazione nelle discipline scientifiche e tecnologiche e trasferire le conoscenze verso l’industria, contribuendo così al progresso economico e sociale.
IL RUOLO DELLE FONDAZIONI E LE CRITICITÀ DEI FINANZIAMENTI
Ha ricordato che lo Stato italiano ha creato altre fondazioni di ricerca analoghe all’IIT, impegnate in settori strategici come la robotica industriale, la scienza dei materiali e le biotecnologie applicate alla salute, con progetti dedicati a malattie complesse come l’autismo e la sindrome di down. Tuttavia, ha segnalato che nel 2025 tali istituzioni hanno subito una riduzione dei finanziamenti compresa tra il 10% e il 15%, dopo un periodo caratterizzato da una crescita legata al PNRR e alla gestione dell’emergenza Covid-19. Secondo le stime dell’Istituto, mantenendo l’attuale livello di risorse, si assisterebbe a una progressiva contrazione dell’attività di ricerca, con effetti negativi sui risultati ottenuti e sulle ricadute per l’economia nazionale.
INVESTIRE NELLA RICERCA PER LA CRESCITA ECONOMICA E SOCIALE
Ha ribadito che esiste una correlazione diretta tra investimenti in ricerca e sviluppo e aumento del PIL, a dimostrazione del fatto che l’innovazione è un fattore strutturale di crescita. Da ciò deriva la necessità di rafforzare la programmazione pluriennale dei fondi per la ricerca, superando l’orizzonte triennale della legge di bilancio e garantendo certezza e continuità finanziaria, elementi essenziali per attrarre talenti e consolidare collaborazioni internazionali. Ha quindi concluso che l’Italia dovrebbe sviluppare una rete istituzionale stabile di ricerca applicata, capace di connettere mondo scientifico, industria e pubblica amministrazione.
Beatrice Lorenzin (PD) – ha chiesto quali conseguenze abbia avuto la riduzione del 15% dei finanziamenti sul piano occupazionale e in particolare sul numero dei ricercatori attivi presso l’IIT. Ha domandato quanti professionisti siano stati attratti dall’estero negli ultimi anni e quanti, invece, potrebbero essere costretti a lasciare l’istituto a seguito dei tagli, ipotizzando una possibile contrazione del personale. Ha inoltre chiesto chiarimenti sull’impatto della riduzione delle risorse sul trasferimento tecnologico, con riferimento specifico alle start-up e agli spin-offattualmente collegati all’Istituto, e su come tale contrazione di fondi possa influire negativamente sullo sviluppo e sulla sostenibilità di queste iniziative innovative nei prossimi anni.
Replica Metta – ha chiarito che, a fronte di un finanziamento pari a 101 milioni di euro nel 2024 e di 85 milioni nel 2025, si registra una riduzione complessiva del 15-16% delle risorse, al netto degli effetti della spending review. Ha spiegato che, con un organico di circa 2.000 persone, tale contrazione comporterebbe inevitabilmente una riduzione della capacità operativa dell’Istituto, rendendo necessario un ridimensionamento delle attività di ricerca e la chiusura di alcuni progetti e laboratori, oltre alla possibile riduzione degli spazi operativi. Ha aggiunto che l’Istituto dispone di un piano dettagliato di gestione delle risorse, ma la sua efficacia dipenderà dalla stabilità dei finanziamenti nei prossimi anni. Una maggiore certezza sulle risorse disponibili tra il 2026 e il 2028 consentirebbe, ha spiegato, di intervenire in modo più strutturato e di limitare gli effetti negativi del taglio. In merito al trasferimento tecnologico, ha evidenziato che, pur non essendoci un impatto diretto immediato, la correlazione con l’attività di ricerca è inevitabile. Meno ricerca significa minori opportunità di innovazione, con una conseguente riduzione del numero di brevetti, invenzioni e occasioni di trasferimento tecnologico verso il sistema produttivo.
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LETIZIA PIZZI |
IL RUOLO DEL DIGITALE NELL’ECONOMIA NAZIONALE
Ha sottolineato come il settore digitale rappresenti ormai una componente strutturale dell’economia nazionale. Ha inoltre evidenziato che il comparto contribuisce al 3,73% del PIL, un dato che conferma il crescente peso del digitale nella competitività del Paese e il riconoscimento del suo ruolo strategico da parte del mercato. Ha tuttavia segnalato la persistenza di un divario di produttività rispetto ai principali partner europei e internazionali, imputabile al volume ancora insufficiente di investimenti digitali e industriali. In tale contesto, la legge di bilancio per il 2026 è stata definita cruciale per garantire continuità, solidità e stabilità agli investimenti, al fine di sostenere l’innovazione tecnologica, la crescita economica e, in prospettiva, il rafforzamento del benessere e della competitività nazionale.
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GAETANO DE VITO |
TASSAZIONE DEI DIVIDENDI E IRAP PER LE HOLDING
Ha espresso forte contrarietà alla proposta di tassare i dividendi per partecipazioni inferiori al 10%, evidenziando che tale misura violerebbe i principi di divieto di doppia imposizione e potrebbe risultare di dubbia costituzionalità. Inoltre, ha segnalato che una simile disposizione rischierebbe di favorire il trasferimento all’estero di operatori finanziari, compromettendo la competitività del sistema italiano. Ha quindi proposto lo stralcio completo della norma. In merito alla maggiorazione dell’IRAP di due punti percentuali per gli enti creditizi e assicurativi, ha chiarito che, secondo l’attuale formulazione, nel perimetro della norma rientrerebbero anche le holding e le imprese finanziarie, in virtù del rinvio all’articolo 6 della legge IRAP. Ha quindi chiesto di escludere espressamente tali soggetti, in quanto già contribuenti dell’IRAP bancaria con un gettito stimato in circa 800 milioni annui, sottolineando che ulteriori aggravi risulterebbero ingiustificati e di scarso valore fiscale rispetto ai costi di compliance sostenuti.
RIPARTIZIONE DEGLI INCENTIVI E SOSTEGNO ALL’INNOVAZIONE
Con riferimento a superammortamenti, ha osservato che lo stanziamento di 8 miliardi di euro risulta distribuito in modo asimmetrico, a vantaggio delle grandi imprese. Ha ricordato che una quota rilevante del gettito non si rifletterebbe positivamente sulla filiera delle piccole e medie imprese, che affrontano maggiori rischi e dispongono di minori margini operativi. Ha proposto di destinare almeno il 20-30% delle risorse a un incremento del credito d’imposta per ricerca e innovazione, portandolo dal 10% al 30%. Tale misura favorirebbe un riequilibrio del sistema degli incentivi e garantirebbe un impatto più diffuso sul tessuto produttivo nazionale.
RICERCA, UNIVERSITÀ E REDISTRIBUZIONE DELLE RISORSE
Ha richiamato l’importanza di rafforzare la collaborazione con università e istituti di ricerca, evidenziando come le procedure di certificazione delle spese e l’allineamento al Manuale di Frascati assicurino oggi un’elevata conformità delle attività di ricerca e sviluppo. Ha proposto, in conclusione, di ridurre i superammortamenti di 6 miliardi e destinare i restanti 2 miliardi al sostegno della ricerca, valutando di utilizzare parte di tali risorse anche per compensare l’eliminazione dell’imposta sui dividendi, il cui costo stimato è pari a 300-400 milioni di euro. Ha ribadito che un simile intervento consentirebbe di stimolare innovazione e competitività, rafforzando al contempo il sistema produttivo nazionale in una prospettiva di sostenibilità economica e sociale.
Beatrice Lorenzin (PD) – ha chiesto chiarimenti sull’impatto della riduzione delle risorse sul trasferimento tecnologico, con riferimento specifico alle start-up e agli spin-off attualmente collegati all’Istituto, e su come tale contrazione di fondi possa influire negativamente sullo sviluppo e sulla sostenibilità di queste iniziative innovative nei prossimi anni.
Replica De Vito - ha osservato che la ricerca scientifica e tecnologica deve necessariamente avere un impatto trasversale su tutto il tessuto economico nazionale, sottolineando come gli otto miliardi stanziati per i superammortamenti comportino un rischio di concentrazione eccessivo a vantaggio esclusivo delle grandi imprese. Ha spiegato che le piccole e medie imprese, così come quelle del settore dei servizi, dispongono di minori possibilità di investimento in beni strumentali, ma rappresentano al contempo un potenziale significativo in termini di ricerca e innovazione. Ha aggiunto che un riequilibrio in questa direzione non solo favorirebbe una maggiore equità economica, ma ridurrebbe anche il rischio d’impresa per i piccoli operatori, i quali oltre all’incertezza del mercato devono sostenere il rischio di insuccesso delle attività di ricerca, perdendo spesso potere contrattuale nei confronti delle grandi aziende. In tale contesto, ha richiamato l’importanza della supply chain e della futura Corporate Sustainability Reporting Directive, evidenziando la necessità di politiche che sostengano la ricerca come fattore sistemico. Ha infine ribadito che il credito d’imposta per ricerca e innovazione rappresenta oggi uno strumento più sicuro e trasparente, anche grazie all’introduzione di certificazioni basate sul Manuale di Frascati per la ricerca e sul Manuale di Oslo per l’innovazione, che consentono di premiare non solo le start-up, ma anche le piccole e medie imprese integrate nelle filiere produttive.


