Istat e l’Ocse rivedono a ribasso le stime della crescita dell’Italia

Secondo l'Ocse, l'economia perde slancio e l'Italia rappresenta un rischio per l'Europa. E anche l'Istat rivede al ribasso le previsioni di crescita del prodotto interno lordo, di tre decimi di punto percentuale. Il Pil si fermerà così al +1,1% quest'anno, in rallentamento rispetto al +1,6% del 2017. E nel 2019 risalirà all'1,3%, non abbastanza da centrare le stime del governo di +1,5%. Ancora più lontana dai calcoli del Tesoro è la stima dell'Ocse Economic Outlook, che vede il Pil nel prossimo anno inchiodato allo 0,9%, un ritmo dimezzato rispetto alla media dei paesi dell'euro (1,8%). La bassa crescita, secondo l'organizzazione dei Paesi industrializzati, arresterà il debito intorno al 130% del Pil sia nel 2019 sia nel 2020 (quando l'esecutivo stima un calo al 128,1%).

“La politica fiscale - spiega il rapporto - sarà espansiva nel 2019 ampliando il deficit al 2,5% del Pil e al 2,8% nel 2020”, ben oltre i numeri indicati da Roma (2,4% e 2,1%). Da Parigi arriva poi una bocciatura delle misure chiave della legge di bilancio. Il “pensionamento anticipato a quota cento aggraverà le diseguaglianze tra generazioni", aumenterà la spesa e ridurrà la popolazione attiva e il reddito di cittadinanza darà benefici sulla crescita probabilmente modesti”. Un giudizio meno severo sullo strumento di lotta alla povertà arriva dall'Istat. Nei primi anni, infatti, un sostegno alle famiglie indigenti pari a mezzo punto di Pil porterebbe un incremento della crescita fino a 0,3 punti percentuali, agendo come uno shock positivo sui consumi. Nel medio periodo, però, anche l'analisi dell'istituto di statistica prevedono che il reddito di cittadinanza causerebbe un aumento dell'inflazione che annullerebbe progressivamente gli effetti della misura sull'economia reale. E queste valutazioni si basano sull'ipotesi di una politica monetaria accomodante, in grado di neutralizzare possibili tensioni sul mercato del credito. Questa è una nota dolente perché, sempre per le stime dell'Istat, un peggioramento delle condizioni del credito, con un aumento dei tassi di interesse di 100 punti base, porterebbe un rallentamento del Pil di 0,7 punti.

Sarebbe una delle conseguenze se lo spread tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi andasse fuori controllo. Così come le difficoltà delle banche che, per l'Ocse, sono “vulnerabili a ulteriori rialzi dei rendimenti dei titoli sovrani”, anche se sono "ben capitalizzate" e lo stock di crediti deteriorati npl sta diminuendo. L'Istat segnala un altro fattore di rischio sul fronte delle esportazioni, in frenata quest'anno al +1,6%. Un'escalation dei dazi potrebbe portare a una riduzione del commercio mondiale dello 0,8%, che costerebbe all'Italia, secondo una simulazione, un decimo di punto di crescita del Pil.  Complessivamente l'Istat vede “uno scenario di progressivo rallentamento” dell’attività economica nel Paese con la stabilizzazione dei ritmi di produzione su livelli inferiori a quelli degli scorsi anni e una decelerazione degli investimenti dal +3,9% del 2018 al +3,2% del 2019. In questo quadro, il tasso di disoccupazione è previsto in miglioramento dall'11,2% del 2017 al 10,5% nel 2018 e al 10,2% del 2019, rimanendo comunque significativamente superiore a quello dell'eurozona.

La Commissione Europea boccia la manovra

Non è più solo una guerra di cifre: quello tra la Commissione Europea e il Governo italiano è ormai uno scontro su due visioni opposte dell'economia. Per l’esecutivo, la manovra del popolo spingerà la crescita all'1,5% l'anno prossimo, mettendo fine all'austerity. Per la Ue avrà invece un impatto addirittura negativo sul Pil, e porterà il Paese verso nuova austerità. Vista la distanza e visto che la manovra rivista lascia i target invariati, Bruxelles ha deciso di fare il primo passo ufficiale verso l'apertura della procedura d’infrazione per debito eccesivo. Ma c’è ancora margine di manovra per evitarla. Il ministro dell'economia Giovanni Tria, complice forse il leggero calo dello spread, ha parlato di “divergenza contenuta sul deficit, di decimali” e ha assicurato che i piani del Governo mantengono “il totale controllo dei conti pubblici, nei limiti della moderata politica espansiva” necessaria per contrastare il rallentamento dell'economia. È poi tornato a ribadire l'impegno sul calo del debito. L'Italia in concreto, per il momento, non ha intenzione di fare concessioni alle richieste europee ma è disponibile al confronto. Il dialogo, comunque, potrebbe servire anche a gestire i tempi della procedura d’infrazione, che Dombrovskis ritiene si possa avviare anche entro dicembre. Entro 15 giorni gli sherpa dell'Ecofin devono dare l'ok all'opinione di Bruxelles, e solo dopo la Commissione Europea potrà raccomandare l'apertura della procedura chiedendo allo stesso tempo una correzione dei conti da effettuare entro 3-6 mesi. Le sanzioni pecuniarie e lo stop dei fondi Ue sarebbe solo l'ultimo passaggio di un percorso che non potrà concludersi prima di fine aprile. Molto, forse troppo, a ridosso delle europee.

Conte apre alla rimodulazione di alcune misure della manovra

Da una parte la strategia del dialogo, con i quotidiani tentativi di mediazione di Giuseppe Conte e del ministro dell'Economia Giovanni Tria e con l'obiettivo di ottenere tempi lunghi nell'interlocuzione sulla procedura di infrazione. Dall'altra i vicepremier Salvini e DI Maio che fanno sentire la loro voce con toni decisamente forti. Nell'informativa a Montecitorio il premier lo ha detto chiaramente: “spiegheremo che non abbiamo raccolto le raccomandazioni sulla riduzione del deficit perché non compatibili con lo stato congiunturale della nostra economia e con il nostro disegno di politica economica, più orientato alla crescita che non all’austerità”. “Nel caso in cui l'Ecofin dovesse decidere di aderire alla decisione della commissione Ue, chiederemo tempi di attuazione molto distesi”. Guadagnare tempo: “Ci tornerà utile a consentire alla manovra economica di produrre i suoi effetti sulla crescita e grazie a questo ridurre il debito pubblico”. Una richiesta che potrebbe trovare d'accordo anche l'Europa, bloccata in questa querelle con il governo italiano in un momento di grande disaffezione e con una campagna elettorale alle porte. Nelle controdeduzioni che il governo invierà all'Ecofin, Conte illustrerà ancora gli effetti sulla crescita della manovra, puntando tutto sulla valenza del piano per gli investimenti, sono in arrivo 36 miliardi, le dismissioni, pari all'1% del Pil nel 2019, la semplificazione, su cui è in arrivo un decreto dedicato a lavoro, imprese e salute, la riforma dell'insolvenza e l'inserimento in manovra di un attento monitoraggio sugli effetti della manovra.

Serve ancora tempo per l’inizio delle votazioni sulla manovra

Intanto i tempi per l’esame della legge di bilancio si allungano. Le votazioni, in Commissione Bilancio della Camera, sarebbero dovuti iniziare ieri, ma la nuova bocciatura della Commissione Europa e l’ipotesi ormai concreta dell’avvio di una procedura di infrazione per debito eccessivo hanno rallentato i tempi. Dunque le votazioni inizieranno solamente martedì prossimo. L’obiettivo, forse un po’ ambizioso, della maggioranza è quello di licenziare il testo dalla commissione entro sabato 1 dicembre. La manovra dovrebbe pertanto arrivare all'esame dell'Assemblea di Montecitorio lunedì 3 dicembre. A questo punto sembra certo che il Governo porrà la questione di fiducia così da guadagnare un po’ di tempo. Tempo che sarà davvero poco visto che il Senato avrà meno di due settimane per esaminare il testo prima delle festività natalizie e tutto questo, escludendo l'introduzione di possibili modifiche che renderebbero necessaria una terza lettura del testo alla Camera. 

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Settimana Economica 17 - 23 novembre 2018



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