Bce, gli indizi forniti da Lagarde sui futuri tagli ai tassi

Alla Bce le discussioni sui tagli ai tassi di interesse sono ancora ritenute "premature", ma nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo, la presidente Christine Lagarde, pur mantenendosi abbottonata sulle tempistiche, ha fornito una serie di indizi su come l'istituzione stia ragionando per questa futura inversione di rotta. Nei mesi passati la Bce ha alzato i tassi di 450 punti base complessivi, in risposta ai forti rincari dei prezzi. Ora, "le condizioni monetarie restrittive deprimono la domanda e questo - ha sostenuto - aiuta a far calare l'inflazione". Un primo indizio fornito dalla presidente è stato ribadire che il direttorio vuole sentirsi "maggiormente fiducioso", in base ai dati che giungeranno, sul fatto che il carovita medio dell'area euro sia instradato per tornare al valore obiettivo del 2% con la velocità auspicata, cioè per il 2025. Un secondo indizio, invece, è arrivato in risposta a una domanda sui dati dei salari che la Bce vuole vedere prima di mettersi a discutere di tagli ai tassi. I salari, tuttavia, non sono l’unico indicatore. Difatti, la presidente ha anche aggiunto che i profitti delle imprese sono estremamente importanti; i prezzi dell'energia, che sono volatili con i rischi geopolitici. Si guarderanno anche ai conti pubblici con molta attenzione: ci sono impegni da parte dei governi che rimuoveranno le misure di sostegno per il caro energia. Tra gli analisti, le attese sui tempi del primo taglio, che nei giorni scorsi si erano allungate su inizio estate, ora sembrano riavvicinarsi a tarda primavera. Intanto il tasso sulle principali operazioni di rifinanziamento resta al 4,50%, quello sulle operazioni marginali al 4,75% e quello sui depositi, che le banche commerciali parcheggiano presso la stessa banca centrale, resta al 4%. Per quanto riguarda le banche centrali, ora l'appuntamento più atteso è il direttorio della Federal Reserve, mercoledì 31, mentre il giorno successivo sarà il turno della Banca d'Inghilterra. 

Settore finanziario privato: peggiorano le aspettative di crescita

Peggiorano ulteriormente le aspettative di crescita economica tra economisti ed esperti di banche e del settore finanziario privatonell'area euro, mentre contestualmente si attenuano anche le loro attese sull'inflazione, che ormai risultano perfettamente allineate dal 2025 in poi con gli obiettivi della banca centrale europea. È quanto emerge dai risultati dell'ultima indagine trimestrale condotta dalla stessa istituzione di Francoforte. Sulla crescita economica ormai ci si attende che quest'anno l'espansione si limiti allo 0,6%, per poi mostrare una ripresa all'1,3% nel 2025 e all'1,4% nel 2026. Nella precedente indagine, tre mesi fa, in media era attesa una crescita economica sull'insieme di quest'anno anno dello 0,9% e per il 2025 un più 1,5%. Passando dall'inflazione in media ora gli esperti del settore privato prevedono un 2,4% quest'anno sull'area euro e poi 2% sia nel 2025 sia nel 2026. Tre mesi fa pronosticavano 2,7% quest'anno e 2,1% il prossimo. Riviste al ribasso anche le aspettative sull'inflazione di fondo, cioè la crescita dei prezzi escludendo voci volatili come energia, alimentari e tabacchi: 2,6% quest'anno, 2,1% il prossimo e 2% nel 2025. La Bce ha come obiettivo di inflazione una crescita dei prezzi al consumo al 2% simmetrico per il medio termine. 

Panetta: le banche italiane restano ben posizionate

Le banche italiane restano ben posizionate per affrontare le prospettive di crescita economica debole e le incertezze, in particolare per quanto riguarda la dinamica dei prestiti e dei depositi. Allo stesso tempo il 2024 potrebbe essere l'anno buono per il consolidamento del settore. La redditività degli istituti, spiega Panetta durante il Ten Years of Euro, “si è elevata grazie agli ampi margini di interesse (che probabilmente saranno destinati a ridursi)” e ai "bassi accantonamenti per perdite su crediti”, per cui - sintetizza - sono in grado di “ripetere o addirittura superare quest'anno i risultati del 2023, grazie al perdurare di tassi elevati, a un rimbalzo delle commissioni, all'efficienza dei costi e alle basse perdite su crediti previste”. I fattori di rischio sono dunque “orientati al ribasso”, anche se come già evidenziato, la qualità del credito è da monitorare. Il miglioramento dei parametri principali si sta esaurendo, ma non ci sono ancora chiari segnali di deterioramento. In questo quadro la febbre da possibili fusioni è la spinta per le banche in Borsa. Tra le big è da Unicredit (+7,6% da inizio anno) che il mercato si attende il colpo ad effetto, forte anche di 10 miliardi di capitale in eccesso. Mentre Intesa Sanpaolo (+4,2%) la sua, di acquisizione, l'ha già messa a segno nel 2020 prendendosi Ubi. Una delle migliori sul listino è però una piccola, la Popolare di Sondrio (+8,9). C'è poi Mps (+6,4%) che rimessa in sesto dall'ad, Luigi Lovaglio, aspira a grandi manovre. Non sarà con Banco Bpm (+2,5%), almeno a pesare le ultime dichiarazioni dal ceo, Giuseppe Castagna. Chi si è mosso tanto, infine, è Bper (+9,8%) che, con la Popolare di Sondrio, condivide l'azionista di maggioranza e cioè Unipol (ha circa il 20% di entrambe). Modena vuole crescere, e lo ha fatto tanto (ha già digerito Unipol Banca, gli sportelli Ubi e da ultima Carige), in primavera rinnoverà il cda ma è certo che vorrà essere ancora protagonista.

Pil: Confindustria, buoni segnali a fine 2023 ma 2024 partito con nuovi rischi

L’inflazione italiana è scesa ancora a dicembre (+0,6% annuo, da +0,7%)» mentre è balzata in Germania (+3,8% da +2,3%) e Francia (+4,1% da +3,9%), tanto che nella media Eurozona è risalita al +2,9% (da +2,4%). Il divario è spiegato soprattutto dalle diverse traiettorie dei prezzi energetici, che ora calano molto di più in Italia (-24,7%) che in Europa (-6,7%), a causa di un “effetto base” avverso in Germania (dove il Governo li aveva frenati molto a dicembre 2022). Contano anche i prezzi core di beni e servizi, che proseguono ovunque la frenata, ma in Italia sono già tornati appena sotto il +3,0%, mentre nell’Area mantengono un maggior ritmo (+3,4%).

Parlando di tassi, Confindustria indica che “i tassi sovrani non hanno risentito delle riforme riguardanti l’Europa (accordo sul Patto di Stabilità, mancata ratifica del Mes)” e ciò riflette le attese al ribasso sui tassi delle banche centrali: i mercati si aspettano il tasso Fed ancora fermo a fine gennaio (5,50%) e il primo taglio a marzo; anche nell’Eurozona si attendono tassi Bce fermi questo mese (4,50%) e un taglio a marzo-aprile. Il recente aumento dell’inflazione non ha quindi intaccato l’ottimismo dei mercati, ma può frenare le mosse Bce. In questo quadro, a novembre si è registrato l'ennesimo aumento del costo del credito per le imprese italiane (5,59% in media). Viceversa, per il secondo mese si attenua la caduta dei prestiti (-4,8% annuo, da un minimo di -6,7% a settembre), sebbene il credito rimanga un fattore di freno per investimenti e consumi.

Migliora il quadro degli investimenti: i dati qualitativi segnalano una dinamica meno sfavorevole nel quarto trimestre, dopo il calo nel terzo. Migliorano, invece, le condizioni per investire che rimangono però negative (-20,9% da -31,0%) e la previsione sulla spesa in beni di capitale (16,0%, da 11,1%). Infine, sul fronte del lavoro, si conferma la dinamica positiva del mercato: +450mila occupati a novembre da fine 2022

Sono in arrivo 551 milioni dall’anticipo del RepowerUe

L'Italia incassa da Bruxelles 551,2 milioni di prefinanziamento per il RepowerEu, il nuovo capitolo del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per contribuire alla strategia europea di indipendenza dai combustibili fossili. Con l'anticipo del 20% delle sovvenzioni del Repower salgono a circa 102,5 miliardi i versamenti totali già arrivati all'Italia con il Recovery. È “un'altra buona notizia sul fronte Pnrr”, ha sottolineato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, spiegando: “Lo consideriamo un ulteriore ed importante passo avanti nell'attuazione del Piano che il Governo sta portando avanti con efficacia e determinazione”. È “l'inizio di un nuovo percorso legato all'attuazione delle fondamentali misure inserite nella settima missione, principalmente destinata al risparmio energetico e alla produzione di energia pulita”, ha rimarcato il ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr Raffaele Fitto che ricorda: “Tra le misure più rilevanti della nuova missione RepowerEu figurano 6,3 miliardi di euro per sostenere gli investimenti nella transizione verde delle imprese, circa 1,4 miliardi di euro per interventi di efficientamento energetico dei grandi condomini di edilizia residenziale pubblica e per le famiglie a basso reddito. Inoltre, il capitolo RepowerEu include oltre 1 miliardo di euro per la messa in servizio di nuovi treni passeggeri a emissioni zero, oltre a tutta una serie di riforme e di ulteriori investimenti per accelerare la transizione ecologica dell'Italia”. Nel frattempo, l'Italia è in attesa del via libera di Bruxelles alla quinta rata del Next generation Ue, chiesta alla fine dell'anno scorso e che, secondo quanto stimato pochi giorni fa dallo stesso Fitto, potrebbe arrivare entro febbraio o marzo. In totale il Recovery dell'Italia vale 194,4 miliardi, di cui 71,8 in sovvenzioni. Con le misure inserite nel RepowerEu, ricorda l'Esecutivo comunitario, il piano dell'Italia comprende ora cinque riforme, cinque investimenti “su scala” basati su misure esistenti e dodici investimenti per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, in linea con uno degli obiettivi europei. Per finanziare questa maggiore ambizione, lo stanziamento di sovvenzioni RepowerEu per l'Italia ammonta a 2,75 miliardi di euro. 



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social