Il Consiglio dei Ministri ha varato il DEF

Alla fine, in assenza di un nuovo governo e di un orizzonte certo e a breve termine per la sua formazione, l'esecutivo uscente guidato da Paolo Gentiloni ha varato in Consiglio dei ministri il Documento di Economia e Finanza (DEF) a politiche invariate. Secondo il Presidente del Consiglio “Si tratta di un Def particolare, in sostanza fotografa la situazione tendenziale dell'economia; credo emerga un quadro positivo che riflette il buon lavoro fatto. Ci dice che l'Italia è uscita dalla crisi, la crescita è ripresa e si è andata consolidando e il lavoro è cresciuto recuperando circa un milione di posti di lavoro, che il deficit si è ridotto dal 3 al 2 percento e il debito si è stabilizzato e comincia a scendere”.

Tornando alle cifre, è confermata la crescita del Pil del 1,5% “ma io credo che la crescita potenziale sia superiore e possa andare almeno intorno al 2%”, ha detto il Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. La stima per il 2019 è del 1,4%, e per il 2020 all’1,3%. Una riduzione che avverrebbe principalmente per effetto dell'aumento delle imposte indirette disposto da precedenti provvedimenti legislativi e in ragione di una valutazione prudente dei rischi geopolitici di medio termine. Tra i rischi derivanti dallo scenario internazionale, lo shock protezionistico statunitense che porterebbe nel 2018 il Pil a diminuire dello 0,3 per cento rispetto allo scenario di base e dello 0,7 nel 2019. Nei due anni successivi l'effetto negativo sul prodotto sarebbe più pronunciato e pari allo 0,8 per cento.

Il deficit è previsto al 2,3 per il 2017, “un dato più alto della precedente previsione perché incorpora le cifre che il governo ha messo a disposizione di gravi situazioni bancarie”, ha spiegato Padoan sottolineando che comunque si tratta di misure una tantum che non impattano sul rispetto dei parametri del patto di stabilità.  Il debito scende di un punto percentuale nel 2018: scenderà in rapporto al Pil al 130,8% nel 2018 (dal 131,8% del 2017), al 128% nel 2019 e al 124,7% nel 2020. L’indebitamento netto a legislazione vigente è previsto all'1,6% del Pil nel 2018, allo 0,8% nel 2019, mentre nel 2020 si raggiungerebbe già il pareggio di bilancio e nel 2021 è previsto un surplus (0,2%). Le clausole di salvaguardia sull'aumento dell'Iva e delle accise “sono tenute dentro, nell'aspettativa che, il prossimo governo, presenti misure per rimuoverle”, ha sottolineato il ministro.

La pressione fiscale dovrebbe ridursi di 0,3 punti percentuali nel 2018, collocandosi al 42,2 per cento del Pil. Dopo una lieve ripresa nel 2019, tornerà a scendere al 42,3 per cento alla fine del periodo. Al netto della misura degli 80 euro, la pressione fiscale è prevista scendere al 41,7 per cento nel 2018, aumentare di 3 decimi di punti percentuali nel 2020 e tornare a scendere al 41,8 per cento alla fine del periodo. Scende ancora la disoccupazione, in calo al 10,7 % nel 2018 dall’11,2 del 2017. Nel 2019 la disoccupazione dovrebbe scendere ancora al 10,2, al 9,7 nel 2020 e al 9,1 nel 2021. Inoltre, le stime del Governo “considerano per il periodo 2018-2020 proventi da privatizzazioni e altri proventi finanziari pari allo 0,3 per cento del Pil annuo”, nonostante lo stop del 2017.

Ora il Def passerà al vaglio del Parlamento. In prima bautta sarà esaminato dalle Commissioni speciali per gli atti urgenti del Governo di Camera e Senato, in assenza delle commissioni Bilancio non ancora costituite, per poi passare nelle aule. Qui ogni partito potrà presentare la sua risoluzione. Se per quel momento ancora non ci sarà un Governo, e quindi una maggioranza parlamentare definita, l’approvazione delle risoluzioni potrebbe essere non affatto scontata.



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