Per la Lagarde la politica fiscale sarà un fattore chiave per l'Eurozona

La Presidente della Bce Christine Lagarde, in un discorso tenuto all'European Banking Congress a Francoforte, dichiara come sia necessario “passare a un nuovo mix di politiche europee, con una serie di elementi chiave”. Primo tra questi risulta essere la politica monetaria della Bce, la quale, sempre secondo la Lagarde, “è stata un fattore chiave della domanda interna durante la ripresa e resterà accomodante, ma un altro elemento chiave qui è la politica fiscale dell'area dell'euro”.

Evidenziando il ruolo degli investimenti, la Legarde continua poi sostenendo come “la politica monetaria potrebbe raggiungere il suo obiettivo più rapidamente e con meno effetti collaterali se altre politiche sostenessero la crescita al suo fianco". Nel suo intervento Lagarde ha sottolineato che rafforzare la domanda interna, come possono fare i paesi con surplus di conto corrente, “può proteggere i posti di lavoro quando si ferma la crescita globale”. Ciò avviene, spiega la neo-presidente della Bce, “perché la domanda interna è più legata ai servizi, che richiedono più lavoro, mentre la domanda esterna è più legata alla produzione, che richiede meno lavoro”. Questo processo oggi “è in atto nell'area dell'euro: la resilienza dei servizi è la ragione principale per cui l'occupazione non è stata ancora influenzata dal rallentamento globale della produzione”. “Siamo di fronte a uno scenario globale caratterizzato dall'incertezza. Ma credo che, se affrontiamo questa sfida nel modo giusto, può anche essere un momento di opportunità”, evidenzia infine la presidente della Bce, invitando a pensare diversamente l'Europa in particolare “investendo nel nostro futuro, rafforzando le istituzioni comuni e dando nuove capacità alla seconda economia mondiale. Non sarà facile”.

Bagarre alla Camera sul Mes: Lega-Fdi accusano Conte e Gualtieri

Il Meccanismo europeo di stabilità, ovvero il fondo salva-Stati che dopo mesi di negoziati è ormai a un passo dal traguardo, infiamma la politica italiana. Ed è bagarre a Montecitorio dopo l'audizione del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, che ha definito comico il rischio paventato dall'opposizione che vedrebbe l'Italia messa a rischio dalla riforma del trattato istitutivo del Mes. L'opposizione usa la mano pesante e insorge alle parole di Gualtieri che, in un'audizione fiume a Palazzo Madama, risponde a deputati e senatori che, no, il testo ormai non si può più rinegoziare, “è stato chiuso”. Il Ministro, che fa muro sul Mes, si attira l'accusa di “alto tradimento” da parte della presidente di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni e di “infedeltà in affari di Stato”, parole di Claudio Borghi della Lega, che invita il Governo a riferire alla Camera o “porteremo Conte in tribunale”. Ma il titolare di via XX Settembre è vittima anche di fuoco amico: il leader di M5S Luigi Di Maio, durante la registrazione di Porta a Porta, chiede infatti una valutazione complessiva del pacchetto ammettendo che “ci sono perplessità, anche per il M5S” e che “un conto è il negoziato, e un conto è se conviene all'Italia”. Nelle ore successive Roberto Gualtieri ha provato a stemperare gli animi, che nel frattempo a Montecitorio hanno sfiorato la rissa in Aula costringendo il presidente Roberto Fico a sospendere la seduta e a convocare una Capigruppo. In una nota spiega che il testo non è chiuso a modifiche di dettaglio anche se da un punto di vista politico, a suo avviso, non esistono spazi di cambiamenti. Durante l'audizione di oltre tre ore con decine di domande, Gualtieri di fatto ha ribadito quanto detto in questi giorni, a partire dal fatto che la versione finale della riforma del Mes fu avallata nel dicembre scorso proprio dal governo giallo-verde. E che quella riforma nella sostanza poco cambia della precedente versione del Mes, salvo la possibilità di fare da backstop al fondo dei salvataggi bancari raddoppiandone la potenza di fuoco, dunque “una vittoria per l'Italia”.

Il Governo al lavoro per dimezzare la Plastic tax ed eliminare la stretta sulle auto aziendali

La manovra economica e il decreto fiscale procedono molto lentamente, con un andamento che fa già annunciare nuovi slittamenti e potrebbe portare nelle prossime settimane a una revisione dell'esame, con modifiche approvate da un solo ramo del Parlamento e ratificate dall'altro. Nel fine settimana potrebbero arrivare gli emendamenti del governo alla manovra, a partire da plastic tax e  dalla tassa sulle auto aziendali: il Ministro dell’economia Roberto Gualtieri ha annunciato che è allo studio l'ipotesi, nell'ambito del taglio del cuneo fiscale, di “estendere gli 80 euro alla fascia di redditi fino 35.000 euro e facendoli diventare di 120 euro per tutti gli altri”. Il Ministro ha spiegato anche che sulle auto aziendali la misura sarà a gettito quasi zero con un “sussidio aumentato per le auto meno inquinanti e un parallelo e limitato aumento solo per quelle superinquinanti”. Lancia anche, con gli operatori del settore, un piano nazionale per la plastica, mentre si lavora a un dimezzamento della tassa, che dovrebbe passare da 1 euro a 50 centesimi al chilogrammo. La misura dovrebbe slittare di almeno sei mesi, secondo quanto ha spiegato il ministro Stefano Patuanelli: “La rimoduliamo per allungarla nel tempo e limitarne l'introduzione nel primo periodo ad alcuni specifici prodotti che sono fortemente impattanti sull'ambiente come le plastiche non riciclabili”. Il Pd preme anche per un ammorbidimento della tassa sulle bibite gassate, fortemente voluta dai Cinque Stelle, e per una nuova pace fiscale con la rottamazione degli avvisi bonari. La direzione definitiva si capirà probabilmente solo dopo una riunione prevista oggi pomeriggio al MEF: il nodo resta quello delle coperture necessarie a ridurre l'impatto delle nuove imposte, anche perché gli spazi di bilancio sono limitati e, sebbene in ambienti parlamentari s’ipotizzi la richiesta di un supplemento di flessibilità a Bruxelles, dal Governo lo esclude.

Istat: produttività lavoro -0,3% in 2018

Nel 2018 la produttività del lavoro (calcolata come valore aggiunto per ora lavorata) è diminuita dello 0,3%, quella del capitale (misurata come rapporto tra valore aggiunto e input di capitale) è aumentata dello 0,1%, mentre la produttività totale dei fattori, che misura la crescita del valore aggiunto attribuibile al progresso tecnico e ai miglioramenti nella conoscenza e nell'efficienza dei processi produttivi, è diminuita dello 0,2%, rispetto al 2017. Lo rileva l'Istat nel report sulle misure di produttività, indicando che il valore aggiunto dei beni e servizi market è cresciuto, in volume, dell'1%. L'Italia resta così sotto la media europea: nel periodo 2014-2018 la produttività del lavoro è infatti aumentata in misura modesta registrando un tasso medio annuo pari a +0,3% ed un ampliamento del divario rispetto all'Ue28 (+1,4%) e all'area euro (+1%). Il ritmo risulta contenuto anche se confrontato con quello registrato in Francia (+1,3%), Germania (+1,1%), Spagna e Regno Unito (rispettivamente +0,7%).

Istat: a novembre cala la fiducia dei consumatori

A novembre il clima di fiducia dei consumatori segna un deciso calo, con l'indice che scende al 108,5 dal 111,5 di ottobre. Lo rileva l'Istat, spiegando che si tratta del livello più basso dal luglio del 2017. La dinamica negativa è determinata dal peggioramento di giudizi e attese sulla situazione economica italiana nonché dall'aumento delle aspettative sulla disoccupazione, vista in crescita. Dopo il calo di ottobre ne arriva un altro e più deciso che cancella l'ottimismo emerso a settembre scorso. L'Istat chiarisce come la diminuzione dell'indice di fiducia dei consumatori sia la sintesi di andamenti negativi di tutte le sue componenti: il clima economico diminuisce da 127,2 a 116,3, il clima corrente cala da 107,9 a 106,8 e il clima futuro flette da 116,1 a 110,2, ad eccezione di quella personale, dove l'indice aumenta leggermente da 105,4 a 105,8. Dunque quel che preoccupa gli italiani è soprattutto la situazione in cui versa l'intero Paese più che la singola famiglia.

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Settimana Economica 23 -29 novembre 2019



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