Fmi: in Italia deficit 2020 al 2,4%. Il debito resterà vicino al 135%

Secondo la missione del Fondo Monetario Internazionale che, come ogni anno, è andata a Roma per la consueta “visita di controllo”, le condizioni di salute dell'economia italiana sono molto anemiche anche se la situazione è migliore di quanto si potesse temere dopo i conflitti dello scorso anno fra Palazzo Chigi e la Commissione Ue. Il nuovo Governo, dicono gli analisti di Washington, ha il merito di aver abbassato i toni e questo è servito a contenere lo spread. Il miglioramento della congiuntura internazionale (al netto dei virus cinesi) ha fatto il resto: il 2020 dell'Italia, infatti, si apre con una previsione di deficit al 2,4%, debito pubblico al 135% e Pil +0,5%. Non sono numeri entusiasmanti ma il ministro dell’economia Roberto Gualtieri non protesta. Tanto più che il deficit, secondo i tecnici del MEF, potrebbe alla fine fermarsi al 2,2% e anche il debito potrebbe scendere visto che i tassi sui Btp sono calati all'1% circa. Rimane il fatto che l'Italia presenta, secondo il FMI, “le previsioni più basse nell'Ue, in cui si riflette il basso potenziale di crescita”, i redditi reali inferiori del 7% rispetto alla punta registrata nel 2007 e la partecipazione femminile al mondo del lavoro più bassa in Europa. Eppure il peggio potrebbe essere alle spalle: i tecnici FMI riconoscono che “nel 2019 l'attuazione delle politiche fiscali è stata migliore del previsto, contribuendo a migliorare l'opinione dei mercati”. Lodano “l'impegno costruttivo” con la Commissione Ue per evitare la procedura d’infrazione per deficit eccessivo. Al giudizio cautamente positivo contribuiscono anche entrate fiscali più alte del previsto e “un’attuazione di bilancio prudente nonostante il lancio di nuovi programmi sociali”, vale a dire Quota 100 e Reddito di Cittadinanza sui quali il giudizio non è affatto positivo: il RdC comporta il rischio che i poveri e i disoccupati, a fronte di paghe troppo basse, preferiscano rifiutare il lavoro vivendo di semplice welfare. Per quanto riguarda Quota 100, il giudizio del FMI è molto duro. Dice che l'Italia con la riforma Fornero aveva fatto molto meglio di altri Paesi, ora, però, rischia di perdere questo vantaggio con riflessi gravi sui conti pubblici.

Per l’Istat tornano a calare gli occupati a dicembre

L’Istat certifica che è stato un dicembre negativo per il mercato del lavoro. Dopo due mesi di crescita, nell’ultimo mese dell'anno, gli occupati sono scesi di 75 mila unità, mettendo a segno la flessione più marcata da febbraio 2016. I numeri, diffusi dall'istituto di ricerca, segnalano un forte calo dei dipendenti permanenti (-75 mila), a fronte di un meno marcato aumento di quelli a termine (+17 mila) che toccano così il record di 3 milioni e 123 mila. In calo, invece, i cosiddetti indipendenti cioè imprenditori, lavoratori autonomi e liberi professionisti (-16 mila) che registrano il dato più basso dal 1977 (5 milioni e 255 mila). Rimane invece stabile, al 9,8%, il tasso di disoccupazione, cioè il numero di persone che cercano un impiego e non lo trovano, sul totale della forza lavoro. Invariato anche il dato sulla disoccupazione giovanile nella fascia 15-24 anni che si attesta al 28,9%. Analizzando i dati per fasce di età, gli occupati sono in aumento soltanto in quella tra i 15 e i 24 anni, mentre calano in quella 25-34 (-28mila), in maniera più ampia in quella 35-49 (-51mila) e solo in lieve flessione nella fascia over 50 (-2mila). Osservando, invece, i dati rispetto al genere, gli occupati calano in modo più marcato tra gli uomini (-54mila) rispetto alle donne (-21mila) mentre tra i disoccupati si osserva un andamento esattamente opposto: sono in crescita tra gli uomini (+28 mila) e in diminuzione tra le donne (-27mila).

Cala il Pil nel quarto trimestre dell’anno

Nel quarto trimestre del 2019 si stima che il prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e sia rimasto invariato in termini tendenziali. È quanto comunica l’Istat diffondendo i dati della “Stima preliminare del Pil” per il IV trimestre 2019. Nel quarto trimestre del 2019, secondo la stima preliminare, la dinamica del Pil ha subito una battuta di arresto che ha interrotto la debole tendenza positiva prevalsa nell’arco dei quattro trimestri precedenti. Tale risultato negativo determina un abbassamento del tasso di crescita tendenziale del Pil, che scende a zero dallo 0,5% del trimestre precedente. La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, sia in quello dell’industria, mentre il comparto dei servizi ha registrato una variazione pressoché nulla. Dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale e un apporto positivo della componente estera netta. Nel 2019, il Pil corretto per gli effetti di calendario è aumentato dello 0,2% così come il Pil stimato sui dati trimestrali grezzi.

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Settimana Economica 25 - 31 gennaio 2020



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