L’UE chiede all’Italia una correzione significativa della manovra

Entro martedì prossimo il Governo deve inviare a Bruxelles una correzione della manovra: se non lo fa, sa già di andare incontro a una procedura d'infrazione. È il messaggio che la Commissione Ue e i Ministri dell'economia europei, unanimi, hanno consegnato a Giovanni Tria. Ma l'immagine di Tria che, come già un mese fa, ha lasciato in anticipo la riunione Ecofin, senza parlare con la stampa, sembra ritrarre la difficoltà dei pontieri che proveranno fino all'ultimo a scalfire il muro del “non si cambia” innalzato da Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Il fatto che Pierre Moscovici e Valdis Dombrovskis chiedano a Roma una risposta “forte e precisa, con una correzione considerevole del deficit”, sembra bocciare lo sforzo che il Governo rivendica di aver fatto definendo il 2,4% di deficit come tetto massimo. Serve di più, dice l'Europa, ma la conferma del reddito di cittadinanza e di quota 100 dimostrano chiaramente che i margini di manovra per una riduzione del deficit siano molto limitati. Al momento sembra difficile che l'Ue cambi idea grazie alle riforme strutturali annunciate dal premier e i tagli di spesa in caso di crescita bassa.

La Commissione Europea rivede al rialzo le stime del deficit: 2,9% nel 2019

Giovedì pomeriggio sono arrivate le nuove stime della Commissione europea sull'Italia. La crescita economica sarà molto inferiore a quella prevista dal governo dell’1,5%, il debito non scenderà affatto, restando praticamente fisso al 131% del Pil per tre anni, e il deficit non sarà del famigerato 2,4% ma del 2,9% nel 2019, a un passo dal limite del 3%, addirittura scavalcato nel 2020. I numeri sono pesanti, troppo, secondo Palazzo Chigi e il Ministero dell'Economia, tali da lasciare presagire la richiesta di una inevitabile manovra correttiva.

A spiegarne le motivazioni è stato Pierre Moscovici, ancora una volta dialogante nel suo atteggiamento nei confronti di Roma, ma non per questo meno fermo nel difendere l’imparzialità delle stime europee e nel chiedere a tutti il rispetto delle regole. Il Commissario ha illustrato per filo e per segno le basi dei calcoli di Bruxelles, fondati sulle previsioni di un maggior costo degli interessi sul debito, legato all'aumento dei tassi d’interesse, e alle minori entrate fiscali determinate da una crescita economica inferiore a quella ipotizzata dal Governo gialloverde.

Italia ultima per la crescita

L'Italia si conferma ultima per crescita in tutta Europa sia per il 2018 sia per il 2019 e il 2020. Con l'1,1% quest'anno, persino il Regno Unito, nonostante le difficoltà legate alla Brexit, fa meglio con l'1,3%. Nel 2019, allo stesso livello di Pil dell'1,2% dell'Italia ci sarà solo Londra ma ormai sarà già fuori dall'Ue. La peggiore crescita dopo l'Italia sarà l'1,5% del Belgio, secondo con l'1,4% anche nel 2020 dietro l'1,3% italiano.

Scontro su stime deficit tra UE e Governo

Di fronte alla prevista escalation del deficit, legata a una crescita poco consistente, Giuseppe Conte ha parlato di “scenari inverosimili”, di una manovra sottovalutata, di riforme il cui impatto non viene considerato a pieno e ha ribadito quindi che l'Italia andrà avanti per la sua strada. Giovanni Tria è in piena sintonia con il presidente del Consiglio e stavolta si spinge forse anche oltre: per il titolare del MEF le previsioni della Commissione sono frutto di una “defaillance tecnica”. A stupire, se non a preoccupare, sono soprattutto quelle sul deficit, che “derivano da un'analisi non attenta e parziale” della legge di bilancio e dell'andamento dei conti pubblici.

L'Italia non si sottrarrà per questo al dialogo, ma il numero in cui il Governo continua a credere è il 2,4%, il tetto massimo di disavanzo autorizzato dal Parlamento. Secondo l’esecutivo, in pratica, nella valutazione della Commissione non si è tenuto sufficientemente conto dei chiarimenti e delle indicazioni supplementari fornite in queste settimane a Bruxelles per spiegare la manovra e la dinamica delle spese e delle coperture: lo slittamento in avanti di quota 100 e del reddito di cittadinanza, l'effetto di retroazione della maggiore crescita economica sulle entrate fiscali, ma non solo.

Il Fondo Monetario mette in guardia: “Da Italia forte rischio contagio”

Allarme Italia. A lanciarlo il Fondo monetario internazionale che fa notare come il nostro Paese si mantenga in “una consistente incertezza” al punto tale che l'effetto “contagio potrebbe essere notevole” in Europa. Per ora, fanno notare dall'Fmi, l'Italia ha registrato un aumento dei rendimenti ai massimi degli ultimi quattro anni, ma “le ricadute sugli altri mercati sono state piuttosto contenute”. Sul fonte comunitario, nella prima metà del 2018 in Europa la crescita è proseguita anche se a un ritmo più basso del previsto e il Pil dovrebbe rallentare la corsa dal +2,8% dello scorso anno al +2,3% nel 2018 e a +1,9% il prossimo anno. I rischi sono aumentati, spiega l'Fmi, con tensioni nel breve periodo legate all'aumento delle politiche protezionistiche. Nel medio termine, invece, a pesare sull'economia europea sono i pericoli legati ai ritardi sugli aggiustamenti di bilancio e sulle riforme strutturali.

Istat, nuovi segnali negativi dall'economia italiana

Nella nota mensile sull'andamento dell'economia italiana, l’Istat ha rilevato “la persistenza di una fase di debolezza del ciclo economico e sottolineato “l'ulteriore flessione registrata dall'indicatore anticipatore”. La frenata dell'indicatore è un nuovo campanello d'allarme perché segnala il protrarsi della stagnazione economica. Un dato che rafforza le stime sull’andamento del Pil del terzo trimestre pubblicate la settimana scorsa dall’istituto. Numeri che si sono sommati a quelli deludenti degli indicatori Pmi, che anticipano il ciclo economico e che hanno registrato una serie di record negativi che non si vedevano da anni. I dati complicano la strada della manovra economica. Il percorso per l’approvazione della legge di bilancio, già fortemente criticato dell’Unione Europea, appare così ancora più in salita specie sul fronte della previsione della crescita.

Istat: a settembre vendite al dettaglio -0,8%

L'Istat stima che le vendite al dettaglio nel mese di settembre siano diminuite, rispetto al mese precedente, dello 0,8% in valore e dello 0,7% in volume. Nel trimestre luglio-settembre 2018, rispetto al trimestre precedente, le vendite al dettaglio sono aumentate in valore dello 0,3% e in volume dello 0,2%. Su base annua, le vendite al dettaglio diminuiscono del 2,5% in valore e del 2,8% in volume. Pur in presenza di una forte volatilità nei singoli mesi il terzo trimestre del 2018 presenta nel complesso una crescita congiunturale delle vendite al dettaglio. Rispetto a un anno prima, tuttavia, i risultati del terzo trimestre sono negativi (-0,4%), e sintetizzano dinamiche notevolmente differenziate tra le varie tipologie distributive. A una sostanziale tenuta della grande distribuzione (+0,4%) e a una crescita sostenuta del commercio elettronico (+8,4%), si contrappone una diminuzione delle vendite realizzate dalle piccole superfici (-1,5%).

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Settimana Economica 3 - 9 novembre 2018



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