Giorgetti intende portare la manovra in Cdm il 16 ottobre

La prossima legge di bilancio sarà “seria e prudente” e anche le agenzie di rating, che si esprimeranno di qui a qualche settimana, capiranno che il Governo sta facendo del suo meglio per gestire un debito sempre altissimo, come i mercati che scommettono sull’Italia con “fiducia”. Giancarlo Giorgetti si prepara a portare in Cdm, il 16 ottobre, la seconda legge di Bilancio del Governo di centrodestra. Il lavoro non è semplice, perché le risorse sono poche, come ripete la premier Giorgia Meloni, che ha confermato l’intenzione di avviare con la manovra l’attuazione della delega fiscale. La ministra Elvira Calderone, al netto della conferma del taglio del cuneo contributivo anche per il 2024, sta lavorando al pacchetto sulle pensioni. Il ministro Paolo Zangrillo aspetta di capire “quante risorse ci saranno” per proseguire la stagione dei rinnovi contrattuali per la Pa, consapevole che una corsia preferenziale andrà lasciata al comparto sanità. 

“Io di preoccupazione non ne ho, nella misura in cui la politica italiana capisce il momento e sostiene il Governo”, sottolinea Giorgetti mentre tiene tutti sul filo perché ancora nessuno sa quali delle misure troveranno effettivamente posto in manovra. Nemmeno il ministro Eugenia Roccella, nonostante la famiglia sia tra le priorità, ancora non sa quali margini avrà, e nemmeno Matteo Salvini, che si aspetta di trovare i finanziamenti per l’inizio dei lavori del Ponte sullo Stretto di Messina. Ma i 15,7 miliardi di extradeficit sono già quasi tutti impegnati tra rinnovo del cuneo e spese indifferibili; il resto delle coperture è ancora un rebus: si guarda alla tax compliance ma anche alla revisione degli sconti fiscali. Anche il fondo da destinare alle modifiche parlamentari ancora non si sa di quanto possa essere: l’idea è quella di contenerle al minimo, tanto che Fdi starebbe meditando di non presentare emendamenti.

Fitto a Strasburgo rilancia l’azione del Governo sul Pnrr

All’indomani dell’incontro con le Regioni sul Pnrr, il ministro Raffaele Fitto torna nella cornice del Parlamento europeo per scandire un messaggio di “fiducia” sulle risorse della terza e quarta rata da incassare rispettivamente nei prossimi giorni ed entro la fine dell’anno, e sugli obiettivi della quinta tranche da centrare. Per il Ministro tutto sta andando avanti “d’intesa” con Bruxelles, e “i risultati stanno arrivando”, cui si affianca la “complessa” trattativa sulla riforma del Patto di stabilità per riuscire a scorporare gli investimenti chiave su green, digitale e spese militari. Atteso dalle delegazioni degli europarlamentari italiani per una riunione a porte chiuse durata circa un’ora e mezza, Fitto ha fatto il punto sui dossier più caldi per l’Italia, dalla migrazione alla governance economica, soffermandosi sull’interlocuzione costante con la Commissione Ue sul piano di revisione del Pnrr italiano. 

I rappresentanti di Pd e M5S hanno chiesto un maggiore coinvolgimento delle opposizioni nell’implementazione del Pnrr e nelle trattative in corso sul nuovo Patto di stabilità. Fitto non si è sottratto alle riserve dell’opposizione, rassicurando sui piani del Governo, le cui e posizioni “sono chiare”: da qui alla fine dell’anno Roma dovrà assicurarsi i 16,5 miliardi della quarta rata e centrare i target e milestone necessari a sbloccare la quinta tranche, capitalizzando così, nel 2024, altri 18 miliardi di euro. E se nei prossimi giorni è atteso il versamento da 18,5 miliardi di euro della terza rata, il tavolo di dialogo resterà aperto per ricevere la validazione dell’Ue alla profonda revisione del piano che è andata a toccare 144 tra progetti e riforme sui circa 350 del documento. 

I tassi faranno perdere il 2% del Pil all’eurozona e calare l’inflazione del 2%

Fino allo scoppio della guerra in Ucraina la Bce continuava a ripetere “l’inflazione è transitoria”, poi ha iniziato ad alzare i tassi per combattere “un’inflazione energetica”. Quando a inizio 2023 i prezzi hanno iniziato a scendere, a Francoforte hanno deciso di non guardare più al dato complessivo del carovita, bensì di concentrarsi solo sull’inflazione meno volatile, quella di fondo, che esclude alimentari ed energia. Anche quella ha iniziato a calare, così i responsabili della politica monetaria hanno sostenuto che avrebbero “preso decisioni in base ai dati”. Ora, l’ultima tendenza è dire che “l’inflazione è prevista troppo alta per troppo tempo”, per cui “sulla base della nostra valutazione attuale, riteniamo che i tassi di interesse abbiano raggiunto livelli che, se mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, daranno un contributo sostanziale al tempestivo ritorno dell’inflazione al nostro obiettivo di medio termine”, ha detto stamattina Christine Lagarde, presidente della Bce, durante il suo discorso di benvenuto alla Conferenza della Bce sulla politica monetaria in corso a Francoforte.

Da Cipro ha ribadito il concetto del “tassi alti per un periodo sufficientemente lungo”, anche il vice di Lagarde, Luis de Guindos, che ha evidenziato: “grande incertezza”. Infatti, ha spiegato che “la velocità e la portata della trasmissione rimangono incerte”. E “ciò rafforza la necessità di un approccio dipendente dai dati per determinare il livello e la durata appropriati di un orientamento di politica monetaria restrittiva”. D’altronde, ha sottolineato, “anche se l’inflazione continua a diminuire, si prevede che rimarrà troppo elevata per troppo tempo”. Per questo “la Bce è determinata a garantire che l’inflazione ritorni al nostro obiettivo di medio termine del 2% in modo tempestivo”. In questa “incertezza” continua ci sono però delle certezze: una è che nell’eurozona “l’attività economica ha sostanzialmente ristagnato nella prima metà dell’anno ed è probabile che rimanga modesta nei prossimi mesi. La debole domanda estera e le rigide condizioni finanziarie stanno frenando la crescita. Seconda certezza, o meglio, seconda stima è che “l’impatto al ribasso del nostro inasprimento finora sul Pil e sull’inflazione sarà in media di circa 2 punti percentuali nel periodo 2023-25, con l’effetto più forte previsto sulla crescita del Pil quest’anno sull’inflazione nei prossimi due anni”.

L’Istat certifica l’aumento dell’occupazione 

Aumentano gli occupati in Italia, con un balzo di oltre 500mila unità in più rispetto a un anno fa. I dati dell’Istat sul lavoro mostrano tra l’altro come tra agosto 2023 e agosto 2022 ci sia stato un incremento di 523mila persone (+2,3%). Rispetto al mese precedente i nuovi occupati sono stati 59mila in più. Allo stesso tempo sono diminuiti i disoccupati (al minimo da 14 anni), mentre restano stabili gli inattivi. Il tasso di occupazione ad agosto è salito al 61,5% (+0,1 punti), quello di disoccupazione in calo al 7,3%. “Una spinta per il nostro Paese”, è la riflessione della premier Giorgia Meloni: “Favorire le condizioni per chi crea lavoro è il faro della nostra azione di Governo; sono felice della fiducia che le imprese stanno riponendo in noi; i nuovi dati sull’occupazione ci incoraggiano a fare ancora di più. Avanti così per far correre l’Italia”.

La diminuzione del numero di persone in cerca di lavoro (-3,2%, 62mila unità) coinvolge sia uomini che donne e riguarda tutte le classi d’età. Il tasso di disoccupazione giovanile è al 22% (-0,1 punti). Il numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni è sostanzialmente stabile: 33,5%. Per il Ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso sono “Quasi 60 mila occupati in più ad agosto, +523 mila in un anno: con il Governo Meloni si raggiunge il record storico di occupazione nel nostro Paese, il 61,5%, e crescono soprattutto i contratti a tempo indeterminato. Siamo sulla strada giusta: ora premiamo chi lavora con il taglio strutturale al cuneo fiscale”. Anche nell’Eurozona, come riferisce l’Eurostat, il tasso di disoccupazione è sceso al 6,4%, in calo rispetto al 6,5% di luglio 2023 e al 6,7% di agosto 2022. 

La Cassazione difende il salario minimo. Le opposizioni incalzano il Governo

La Corte di Cassazione riaccende lo scontro sul salario minimo. Con una sentenza, già definita dalle opposizioni di “portata storica”, ammette l’esistenza del “lavoro povero” e fissa il principio secondo il quale il Magistrato può individuare un “salario minimo costituzionale” che “deve essere proiettato” ad assicurare “una vita libera e dignitosa” del lavoratore, superando così i paletti della contrattazione collettiva e avendo come punto di riferimento la Costituzione. La bussola, infatti, sostiene la Suprema Corte, deve essere l’articolo 36, quello che parla di “retribuzione adeguata” e “sufficiente ad assicurare” anche “alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. La segretaria del Pd Elly Schlein esulta e dice che si tratta di “un’indicazione che conferma la necessità e l’urgenza di stabilire un salario minimo secondo i principi stabiliti dalla Costituzione”. 

Dal M5S definiscono la sentenza “una pronuncia” decisiva “perché dice a chiare lettere che da sola la contrattazione collettiva non può bastare”. Per Carlo Calenda “Con la sentenza che conferma la necessità di un salario minimo legale, la Cassazione è arrivata dove finora il Governo ha temporeggiato”, ora “basta ritardi, dimostriamo che anche la politica sa riconoscere che il diritto a uno stipendio dignitoso è garantito dalla Costituzione”. A questo punto, è l’invito delle opposizioni, che hanno depositato in Parlamento una pdl unitaria per un minimo di 9 euro lordi l’ora, è il momento che Governo e maggioranza inizino una riflessione seria sul tema e aprano a un confronto parlamentare.



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