Lagarde, probabile aumento dei tassi di 50 punti base a marzo 

È molto probabile che la Banca centrale europea aumenterà i tassi di interesse di altri 50 punti base a marzo. Lo ha detto la presidente della Bce, Christine Lagarde, in un'intervista al quotidiano spagnolo "El Correo" e alle altre testate del gruppo editoriale Vocento. “È una decisione che è stata indicata nella nostra ultima riunione di politica monetaria e tutti i numeri confermano che questo aumento è molto, molto probabile", ha dichiarato Lagarde. La presidente della Bce ha segnalato che l'inflazione totale è scesa negli ultimi mesi e continuerà a farlo nei prossimi. Tuttavia, l'inflazione di base, ossia quella che esclude generi alimentari ed energia, "è troppo alta". "La strada da percorrere è chiara: dobbiamo continuare a prendere le misure necessarie a riportare l'inflazione al 2% e lo faremo", ha dichiarato Lagarde. 

Il ritmo del rialzo dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea e la loro portata dipendono dai dati, ha aggiunto Lagarde. "Come presidente della Bce devo concentrarmi sul processo decisionale, che deve tenere conto dei dati. Essi includono le proiezioni macroeconomiche, i numeri più recenti e l'impatto delle nostre misure nel tempo", ha dichiarato. "Sono certa che torneremo all'obiettivo del 2% in un tempo ragionevole e che saremo risoluti e determinati nel farlo", ha aggiunto.

Giorgetti: il rialzo dei tassi pone seri problemi di bilancio

Il rialzo dei tassi "pone problemi seri per chi ha bilanci fortemente indebitati come quello italiano". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, sottolineando che "l'approccio" del governo sui conti pubblici "è stato prudente e responsabile e continueremo in questo senso". "Avere conti in ordine è un esigenza assoluta per il nostro Paese, che deve mantenere la fiducia dei mercati" allo scopo di evitare un aumento dei "costi di finanziamento" ed "evitare ripercussioni" per famiglie e imprese. "Il debito rispetto al pil si attesta al 144,7% nel 2022, sarà il punto di riferimento in relazione anche alla discussa e in discussione revisione della governance economica europea". 

"In questi primi mesi l'azione del governo si è concentrata nel minimizzare il rischio di recessione. Dagli ultimi dati sembra essere scongiurata, incrociamo le dita”, ha aggiunto Giorgetti, affermando anche come il governo sia impegnato a creare “tutte le condizioni per uno sviluppo economico robusto ma che non metta a rischio la sostenibilità dei conti pubblici", in quanto questa "è l'unica strada possibile perché l'Italia possa continuare a sorprendere come ha fatto negli ultimi anni".

Visco: muoversi con prudenza, futuro macroeconomico non prevedibile

"L’accelerazione della crescita dei prezzi ha imposto, dalla fine del 2021, un deciso cambio di orientamento della politica monetaria della Banca centrale europea" e "dal luglio scorso ad oggi, partendo da livelli particolarmente bassi, addirittura negativi per i depositi delle banche presso la banca centrale, i tassi di riferimento sono stati innalzati per complessivi 300 punti base ed è già stata espressa l’intenzione di accrescerli ancora di 50 punti nella riunione che terremo la prossima settimana". Il governatore della Banca d'Italia è intervenuto alla conferenza Maeci-Banca d'Italia e ha avvertito: "anche se la politica monetaria ha finora avuto successo nello stabilizzare le aspettative, la grave situazione geopolitica rende molto difficile prevedere i futuri andamenti macroeconomici.”

“La politica monetaria dovrà quindi continuare a muoversi con prudenza, facendosi guidare dai dati che via via si renderanno disponibili, in modo da riportare l'inflazione all’obiettivo del 2% nel medio periodo, senza mettere a rischio la stabilità finanziaria e minimizzando gli effetti negativi sull’ancora fragile ripresa. Sarà però necessario evitare che lo shock di offerta, che il drammatico conflitto in Ucraina ha reso ben più persistente di quanto inizialmente previsto, dia luogo nel complesso dell’area dell’euro ad aumenti dei costi del lavoro e dei margini di profitto non coerenti con il ritorno in tempi sufficientemente rapidi all’obiettivo di stabilità dei prezzi".

Istat: vendite al dettaglio aumentano +1,7% a gennaio, +6,2% su anno

A gennaio si stima un aumento congiunturale per le vendite al dettaglio (+1,7 % in valore e +1,2 % in volume). Sono in crescita sia le vendite dei beni alimentari, sia quelle dei beni non alimentari. Nel trimestre novembre 2022-gennaio 2023, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio crescono in valore (+1,5 %) e calano in volume (-0,5 %). Le vendite dei beni alimentari sono in aumento in valore (+1,7 %) e diminuiscono in volume (-0,8 %) così come quelle dei beni non alimentari (+1,2 % in valore e -0,2% in volume). "A gennaio 2023, rispetto al mese precedente - spiega l'Istat - le vendite al dettaglio risultano in aumento sia in valore sia in volume per entrambi i settori merceologici. A livello tendenziale, invece, continua l'andamento già evidenziato negli ultimi mesi del 2022; ad un aumento delle vendite in valore si contrappone, infatti, un calo di quelle in volume. La crescita tendenziale in valore caratterizza tutte le forme distributive, in particolare la grande distribuzione". 

Secondo quanto rileva l'Istat, su base tendenziale, a gennaio, le vendite al dettaglio aumentano del 6,2 % in valore e registrano un calo in volume del 2,4 %. Si registra un andamento analogo sia per le vendite dei beni alimentari (+7,5 % in valore e -4,4 % in volume), sia per quelle dei beni non alimentari (+5,2 % in valore e -0,9 % in volume). Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali positive per tutti i gruppi di prodotti ad eccezione dei Prodotti farmaceutici (-1,4 %). L'aumento maggiore riguarda Prodotti di profumeria, cura della persona (+10,7 %) e Abbigliamento e pellicceria (+9,4 %). Rispetto a gennaio 2022, il valore delle vendite al dettaglio è in crescita per tutte le forme di vendita: la grande distribuzione (+8,2 %), le imprese operanti su piccole superfici (+4,3 %), le vendite al di fuori dei negozi (+6,1 %) e il commercio elettronico (+3,0 %). 

Istat: industria, prezzi produzione a gennaio -7,5%

A gennaio 2023 i prezzi alla produzione dell'industria registrano una flessione congiunturale del 7,5% e una crescita tendenziale dell'11,1%, in netto rallentamento rispetto al mese precedente (+31,7%). Sul mercato interno i prezzi diminuiscono del 9,9% su base mensile e crescono dell'11,6% su base annua (era +39,2% a dicembre 2022). Al netto del comparto energetico, invece, i prezzi mostrano una dinamica congiunturale positiva (+0,5%), per quanto contenuta, e crescono del 9,8% in termini tendenziali, spiega l'Istituto di statistica.

Sul mercato estero si rileva un lieve incremento congiunturale (+0,6%), sintesi di moderati aumenti in entrambe le aree, euro (+0,5%) e non euro (+0,6%). Su base annua, i prezzi crescono dell'8,4% (+7,8% area euro, +8,8% area non euro). Nel trimestre novembre 2022-gennaio 2023, rispetto ai tre mesi precedenti, i prezzi alla produzione dell'industria crescono dello 0,4%. A gennaio 2023 si rilevano incrementi tendenziali per tutti i settori manifatturieri, a esclusione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-5,1% area euro). Sempre a gennaio i prezzi alla produzione delle costruzioni per "Edifici residenziali e non residenziali" crescono dello 0,4% su base mensile e del 5,3% su base annua. Anche i prezzi di "Strade e Ferrovie" crescono dello 0,4% su base mensile e registrano un incremento tendenziale del 6,0%. Nel quarto trimestre 2022 i prezzi alla produzione dei servizi aumentano dello 0,7% sul trimestre precedente e del 3,6% su base annua. L'incremento tendenziale più elevato riguarda i servizi di trasporto aereo (+20,0%); le uniche flessioni tendenziali interessano i servizi di telecomunicazione (-3,4%) e le altre attività dei servizi di informazione (-3,0%) "La flessione congiunturale di eccezionale entità e la netta decelerazione della crescita tendenziale dei prezzi alla produzione dell'industria - che si riporta sui livelli dell'estate 2021 - sono soprattutto dovute ai forti ribassi sul mercato interno dei prezzi di fornitura di energia elettrica e gas, favorevolmente condizionati dal crollo del prezzo del gas naturale", spiega l'Istat. 



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