La Bce è pronta a ricaricare il bazooka

Dal “Whatever it takes” di Mario Draghi al “Whatever is needed” di Christine Lagarde. Cambiano i presidenti della BCE e si adattano le parole d'ordine. Solo il senso non cambia: il banchiere italiano annunciava che l'istituto avrebbe fatto ogni cosa per garantire la stabilità dell'euro. L'economista francese rilancia comunicando che farà “tutto quello che serve” per superare la crisi della pandemia. Si muove su binari già segnati senza lasciare spazio alle sorprese. E infatti la Banca Centrale Europea, nell'ultima riunione dell'anno, ha lasciato i tassi d'interesse invariati (zero il tasso principale, -0,5% quello sui depositi e 0,25% quello sui prestiti marginali) e ha ricaricato il bazooka monetario di altri 500 miliardi, portandolo a 1.850 miliardi.  

Il programma, che avrebbe dovuto concludersi nel giugno prossimo, sarà allungato fino a marzo 2022. Varati anche nuovi maxi-prestiti Tltro. Si tratta dei prestiti con cui la Bce finanzia le banche premiandole con un tasso d'interesse negativo purché queste forniscano liquidità a famiglie e imprese. Tre operazioni aggiuntive saranno condotte fra giugno e dicembre 2021; i termini più favorevoli alle aste Tltro attuali saranno estesi fino a giugno 2022. Nel corso della conferenza stampa finale Christine Lagarde non ha escluso che i tassi d'interesse possano scendere ancora considerando che l'inflazione è ancora lontana dal target del 2% e il bazooka monetario potrà essere ancora ricaricato con una nuova cassetta di munizioni. Già adeso l'arsenale della Bce è immenso: da sola copre più della metà dei 5.600 miliardi di interventi messi in campo dalle principali banche centrali del mondo (Fed, Bank of Japan, Bank of England, People's Bank cinese).

Ue trova intesa su Recovery fund e bilancio: superato veto di Polonia e Ungheria

I leader dell'Unione europea hanno raggiunto l'accordo sul bilancio pluriennale e sul Recovery fund superando il veto posto da Polonia e Ungheria sul vincolo dei finanziamenti europei al rispetto dello stato di diritto. A dare l'annuncio è stato il presidente del Consiglio europeo Charles Michel al termine della prima giornata di lavori del vertice che, oltre al piano di ripresa, sta affrontando temi delicati come i rapporti commerciali post-Brexit con Londra e le relazioni con la Turchia. C'è “l'accordo sul bilancio pluriennale (2021-2027) e sul Next Generation EU”, ha scritto Michel su Twitter, “Ora possiamo iniziare con l'attuazione e la ricostruzione delle nostre economie. Il nostro importante pacchetto di ripresa porterà avanti la transizione verde e digitale”. L'intesa è stata confermata anche dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen: “L'Europa va avanti!”, ha commentato la politica tedesca, sottolineando che l'accordo consente l'impiego di “1,8 miliardi di euro per alimentare la ripresa” dopo la crisi generata dalla pandemia di Covid-19 e costruire un'Ue “più resiliente, verde e digitale”. Von der Leyen si è poi congratulata con la presidenza tedesca del Consiglio dell'Ue. È stata proprio l'abilità politica della cancelliera Angela Merkel a far arrivare a un compromesso i leader di Budapest e Varsavia che si erano fermamente opposti alle condizionalità sullo stato di diritto poste da Bruxelles, accusando l'Europa di voler interferire nei loro affari interni.  

Il primo spiraglio di un possibile accordo si era avuto già alla vigilia del vertice quando il vicepremier polacco Jaroslaw Gowin aveva annunciato il raggiungimento di un'intesa con l'Ungheria e la Germania che avrebbe mantenuto “la Polonia sovrana e l'Ue unita”. Il vincolo al rispetto dello stato di diritto è rimasto, ma l'accordo promosso da Berlino prevede di fatto un allungamento dei tempi di applicazione delle eventuali sanzioni, coinvolgendo nel procedimento la Corte di Giustizia Ue. Lo stesso premier ungherese Viktor Orban arrivando al vertice aveva sottolineato che i leader erano a un passo dal raggiungere un accordo: “È ovvio che quando i nostri Paesi e così tanti milioni di persone hanno reale necessità a causa della pandemia e delle sue conseguenze economiche, dobbiamo comportarci in modo ragionevole”, ha sottolineato il primo ministro, usando toni più concilianti rispetto a quelli adottati in precedenza. L'invito a raggiungere l'intesa sul pacchetto europeo che consentirà la ripartenza economica dell'Unione dopo la pesante crisi del Covid-19 è arrivato in giornata anche dal presidente dell'Europarlamento: David Sassoli rivolgendosi ai capi di Stato e di governo ha rimarcato che era “tempo di concludere” le discussioni per il bene dei cittadini europei. L'accordo, ha sottolineato il portavoce di Merkel Steffen Seibert, è stato raggiunto all'unanimità; “L'Europa sta andando avanti, unita” e “sta mantenendo i suoi valori”, ha commentato il presidente francese Emmanuel Macron, “lo storico piano europeo di ripresa deciso a luglio si sta ora concretizzando”.

Per l’Istat ad ottobre cresce la produzione industriale +1,3% 

A ottobre l'Istat stima che l'indice destagionalizzato della produzione industriale aumenti dell'1,3% rispetto a settembre. Nella media del trimestre agosto-ottobre il livello della produzione cresce dell'11,7% rispetto al trimestre precedente. L'indice destagionalizzato mensile mostra un aumento congiunturale apprezzabile per i beni strumentali (+2,6%), un incremento più contenuto per i beni intermedi (+1,3%) e ancora più ridotto per i beni di consumo (+0,7%); viceversa, diminuisce nel comparto dell'energia (-3,0%). Corretto per gli effetti di calendario, a ottobre l'indice complessivo diminuisce in termini tendenziali del 2,1% (i giorni lavorativi di calendario sono stati 22 contro i 23 di ottobre 2019). Flessioni tendenziali caratterizzano tutti i comparti; la riduzione è meno pronunciata per i beni intermedi (-1,0%) e i beni strumentali (-1,2%), mentre risulta più rilevante per i beni di consumo (-4,1%) e l'energia (-2,7%). I settori di attività economica che registrano i maggiori incrementi tendenziali sono la fabbricazione di mezzi di trasporto (+5,6%), la fabbricazione di apparecchiature elettriche (+4,0%) e le altre industrie (+3,5%). Le flessioni più ampie si registrano nelle industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori e nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-17,4% per entrambi i settori).

Crescono le esportazioni delle Regioni nel terzo trimestre ma il trend annuale è in flessione

L’Istat stima che nel terzo trimestre 2020, ci è stata una forte crescita congiunturale delle esportazioni per tutte le ripartizioni territoriali: +34,3 percento per il Centro, +33,4 per il Nord-est, +30,3 per il Nord-ovest e +27,0 per il Sud. Lo ha annunciato l'Istat nel report sulle esportazioni commerciali delle Regioni. Nel periodo gennaio-settembre 2020, l'export ha registrato una diminuzione su base annua marcata e diffusa a livello territoriale: rispetto alla media nazionale, è più ampia per le Isole (-28,2) e, in misura minore, per il Nord-ovest (-14,0), più contenuta per il Centro (-11,8%), il Nord-est (-10,4) e il Sud (-10,1). Nei primi nove mesi dell'anno, la flessione tendenziale dell'export interessa quasi tutte le regioni ed è più accentuata per Sardegna (-39,9), Valle d'Aosta (-24,5), Sicilia (-21,4) e Basilicata (-21,3). Le performance negative sono anche di quattro regioni del nord - Piemonte (-17,6), Lombardia (-13,4), Veneto (-11,0) ed Emilia-Romagna (-10,6).

Solo Molise (+31,4) e Liguria (+1,1) registrano, nel confronto con i primi nove mesi del 2019, un aumento delle esportazioni. Ma non è tutto, perché nello stesso periodo, la riduzione delle vendite di macchinari e apparecchi da Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte, di metalli di base e prodotti in metallo dalla Lombardia e di articoli in pelle, escluso abbigliamento e simili, dalla Toscana contribuisce per 3 punti percentuali al calo tendenziale dell'export nazionale. Per contro, l'aumento delle esportazioni di metalli di base e prodotti in metallo da Toscana e Lazio e di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici da Toscana, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Marche contrasta per 1,4 punti la flessione dell'export. Nei primi nove mesi del 2020, i contributi maggiori alla diminuzione su base annua delle esportazioni nazionali derivano dal calo delle vendite di Piemonte (-16,2) e Lombardia (-14,3) verso la Germania, di Piemonte (-17,8), Lombardia (-15,3) ed Emilia-Romagna (-12,5) verso la Francia e di Lazio (-34,0), Piemonte (-22,6) ed Emilia-Romagna (-13,5) verso gli Stati Uniti.

 



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