Draghi prudente con il Governo italiano, aspettiamo i fatti

Aspettiamo i fatti”. Mario Draghi, il presidente della Bce lunedì in audizione al Parlamento Europeo, ha ostentato prudenza di fronte all'annuncio che l'Italia intende chiedere alla Ue deroghe sostanziali in sfida alle regole sui conti pubblici. E ha gettato acqua sul fuoco anche sui timori che la fine del quantitative easing possa avere un impatto pesante su un Paese ad alto debito come l'Italia. “Dobbiamo vedere i fatti prima di esprimere un giudizio, i test saranno i fatti, finora ci sono state le parole e le parole sono cambiate”, è la risposta di Draghi a una domanda posta dall'europarlamentare Fulvio Martusciello (Ppe), che ha ravvivato una lunga audizione, nella quale Draghi ha spiegato i dettagli della graduale riduzione degli acquisti di debito e spiegato perché la Bce è fiduciosa che l'inflazione risalirà, nonostante i rischi posti essenzialmente dal protezionismo.

Martusciello si riferiva ai piani relativi alle pensioni, i cui costi secondo alcuni tecnici sarebbero insostenibili, e il debito pubblico che rischia di gonfiarsi ulteriormente se il governo trierà dritto su flat tax e sostegno ai redditi senza adeguati tagli di spesa. Ma Draghi non è caduto nella tentazione di dare un giudizio prima di vedere, nero su bianco, cosa davvero intende fare il governo. Si è limitato a prendere atto che “finora ci sono stati annunci, e che le parole sono cambiate”.

Poi Draghi ha liquidato l'idea che il quantitative easing sia servito per aiutare Paesi come l'Italia: il mandato, la missione e la funzione della Bce sono la stabilità dei prezzi. E dunque l'addio agli acquisti di debito non dovrebbe dare troppi problemi all'Italia nell'analisi della Bce: la risposta dei mercati alla tabella di marcia dell'uscita dal Qe, annunciata un mese fa a Riga dalla Bce, “è stata tutt'altro che drammatica”. E a Francoforte "siamo fiduciosi - risponde sempre sull'Italia - che l'economia si stia rafforzando. Anche se il belpaese dovrà “restare nelle regole del gioco, proseguire nelle riforme e insistere nel processo d'integrazione europeo”.

Ue taglia la crescita italiana

Come ormai ampiamente atteso l'economia europea rallenta e così quella italiana, confermandosi ultima in classifica anche nelle nuove previsioni della Commissione Ue. Bruxelles ha tagliato da 1,5% a 1,3% il Pil 2018 e da 1,2% a 1,1% quello del 2019, spiegando che “i rischi al ribasso sulle prospettive di crescita sono diventati più prominenti di fronte a una riaccesa incertezza di politiche a livello globale e domestico”.

Il “riemergere di timori o incertezze sulle politiche economiche” e le possibili conseguenze dello spread sui costi di finanziamento delle imprese, “possono peggiorare le condizioni del credito e zittire la domanda interna”, finora principale traino della ripresa. Rischi elevati, insomma, che si aggiungono a un quadro già difficile perché, ricorda Moscovici, il rallentamento della crescita italiana è dovuto a “problemi strutturali di ieri, e non di oggi”.

Il Ministro dell’Economia Giovanni Tria ha assicurato che con l'Ue non c’è alcun dissenso e che il dialogo è avviato. Si tratterà quindi di vedere come farà la Commissione a concedere nuova flessibilità, visto che le clausole sono state tutte esaurite dal precedente Governo. E il richiamo che arriva oggi dalla Corte dei Conti Ue non aiuta la trattativa: i margini concessi erano “eccessivi” e l'hanno allontanata dagli obiettivi di risanamento. Per La Corte dei Conti servirebbero “norme più rigide per i Paesi fortemente indebitati” perché tutte le concessioni non hanno fatto calare il debito.

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Settimana economica 7 - 13 luglio 2018



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