La Lagarde ribadisce che l’area euro non è in recessione

L’eurozona non è in recessione e lo strumento migliore per combattere l'inflazione è l'aumento dei tassi. È quanto ribadito da Christine Lagarde alla riunione annuale dell'Institute of International Finance (Iif) a Washington. Per la Presidente della Bce è importante che la politica di bilancio si focalizzi sugli aiuti ai più poveri. L'aumento dei tassi, ha proseguito, resta lo strumento migliore per ancorare le aspettative di inflazione e alla Bce continueremo fino a quando raggiungeremo l'obiettivo del 2% di inflazione nel medio termine.

In risposta a una domanda sulla percezione negativa che si ha negli Usa della situazione in Europa la Lagarde ha risposto: “In Europa ci sono molte difficoltà, ma ci sono anche delle buone notizie. In primo luogo, l'economia dell'area euro non è in recessione e anche negli ultimi due trimestri ha prodotto numeri positivi di crescita, sebbene in chiaro rallentamento, mentre negli Usa si è avuta una contrazione. Inoltre, il tasso di disoccupazione è ai minimi e il tasso di partecipazione al lavoro è tornato ai livelli pre-covid”. Lagarde ha spiegato che certamente non avere un'unione fiscale, un'unione dei mercati e un'unione bancaria completa non è un aiuto, ma “questo non ci impedisce di fare quello che dobbiamo fare, ovvero impegnarci per rispettare il nostro mandato di stabilità dei prezzi”.

La Bce ha avviato una discussione su quando iniziare il quantitative tightening, ovvero su quando avviare il ritiro del programma lanciato quando la grande sfida da combattere era quella della deflazione “Il programma è stato fermato per quanto riguarda gli acquisti netti e la discussione su quando dovrebbe essere ritirato, a che ritmo e con quale orizzonte temporale è iniziata e continuerà”. Attualmente la Bce prevede di continuare a reinvestire i bond che ha in portafoglio in base al programma Pepp fino a tutto il 2024 e di reinvestire i bond in portafoglio nel programma App “per un prolungato periodo di tempo successivamente alla data in cui ha iniziato a innalzare i tassi di interesse di riferimento e in ogni caso, finché sarà necessario per mantenere condizioni di abbondante liquidità e un orientamento adeguato di politica monetaria”. Alcuni governatori, tuttavia, spingono per avviare l'uscita dai programmi prima in un contesto di inflazione galoppante.

Fanizza del Fmi avverte: il governo stia attento alle spese in deficit

Responsabilità fiscale, non prendere provvedimenti di spesa in contraddizione con le politiche monetarie per il contrasto dell'inflazione, accelerare l'attuazione del Pnrr, indirizzare gli aiuti ai segmenti della popolazione che ne hanno più bisogno. Sono i suggerimenti che vengono da Domenico Fanizza, direttore del Fondo Monetario Internazionale per l'Italia. In una intervista a Repubblica, il direttore spiega “Cosa succederà l'anno prossimo è il grosso problema”. “L'inflazione avrà un effetto avverso sulla domanda, per cui le proiezioni del Fondo sono di una leggera recessione. Bisogna stare attenti, le politiche devono adeguarsi alla situazione che cambia”.

Secondo Fanizza “l'incertezza maggiore viene dalla guerra e l'impatto sulla Germania. A questo si aggiungono le politiche fiscali molto espansive di Berlino, con il recente annuncio di misure per 200 miliardi, che avrà un effetto avverso sull'inflazione perché non è coerente con la politica monetaria europea. Complicherà la vita e può avere risultati sfavorevoli per la competitività delle industrie italiane. Noi dovremo avere una politica fiscale che non va contro quella monetaria, è fondamentale per limitare i danni”. “Se la politica fiscale diventa espansiva, complica il compito di quella monetaria. I tassi andranno molto più in alto di quanto sarebbero dovuti andare, in assenza dell'espansione fiscale”. 

Quanto all'Italia, “deve rimanere negli obiettivi di bilancio e consolidamento fiscale identificati, ma cercando di sostenere le porzioni della popolazione che ne hanno più bisogno. In particolare, sull'energia, dobbiamo muoverci dal sostegno generalizzato a quello mirato”. Al prossimo governo quindi il compito di “continuare politiche fiscali coerenti con quella monetaria. Non possiamo avere una politica monetaria credibile contro l'inflazione, e usare la politica fiscale come leva espansionista. Sarebbe la ricetta per mandare tutto all'aria. Ma questo non vuol dire non sostenere la gente che ne ha bisogno”. Il tetto al prezzo del gas promosso dall'Italia ha senso: “Assolutamente sì. Un conto sono i cap sui prezzi al consumo, un altro quelli ai prezzi dell'energia, dove bisogna contrastare il potere dei venditori. Non è un sussidio, ma una profonda riforma del mercato energetico in Europa”.

Per l’Istat nel terzo trimestre è possibile un aumento congiunturale del Pil

Le recenti previsioni dell'Ocse segnalano come il perdurare della crisi energetica associata al cambio di intonazione della politica monetaria potrebbe causare una decelerazione dell'economia mondiale. In Italia, al deciso miglioramento del Pil nel secondo trimestre si è accompagnato ad agosto il rimbalzo congiunturale della produzione industriale. Qualora l'indice a settembre assumesse lo stesso valore di agosto, nel terzo trimestre si registrerebbe un modesto aumento congiunturale. Lo dice l'Istat, nella sua nota sull'andamento mensile dell'economia italiana. La ripresa dei consumi si è associata nel secondo trimestre a una marcata riduzione della propensione al risparmio ancora su livelli superiori a quelli pre-crisi. Ad agosto, il mercato del lavoro ha evidenziato un'ulteriore flessione degli occupati, una riduzione dei disoccupati e un aumento degli inattivi. Le attese delle imprese sull'occupazione sono in calo sia nella manifattura sia nei servizi di mercato. 

L'inflazione, a settembre, ha continuato ad accelerare, mostrando ulteriori segnali di diffusione del fenomeno. Il differenziale per l'indice armonizzato dei prezzi al consumo tra l'Italia e l'area euro ancora negativo si è ampliato rispetto al mese precedente. A settembre, le imprese esportatrici della manifattura hanno evidenziano un aumento della quota di coloro che segnalano costi e prezzi più elevati come un ostacolo alla produzione. Una simulazione realizzata utilizzando i microdati relativi al sistema produttivo italiano del 2019 mostra che l'aumento dei costi dell'energia potrebbe, con effetti differenziati nei settori, rendere negativi i margini operativi dell'8,2 per cento delle imprese attive che impiega circa il 20 per cento egli addetti.

Per l’Istat l’Italia fa progressi sulla sostenibilità ma il tasso di povertà cresce 

Progressi sullo sviluppo sostenibile dell'Italia, con “un quadro” che risulta “complessivamente positivo”, ma sul fronte della dignità della persona ci sono ancora oltre 5 milioni e mezzo di individui in condizioni di povertà assoluta, e un importante gap tra il Nord e il Sud del Paese. È questo il dato contrapposto che emerge dall'analisi contenuta nel rapporto dell'Istat sui Sustainable development goals (Sdgs) che aggiorna i dati dell'andamento verso i goals (17 obiettivi su grandi temi, dalla povertà alla fame, dall'istruzione all'ambiente) dell'Agenda 2030 per il nostro Paese. Quindi se da un lato il nostro Paese fa passi in avanti sui target al 2030 fissati dall'Onu, dall'altro abbiamo a che fare con un divario ancora ampio di disuguaglianze economiche, sociali e territoriali con il gap evidente tra Nord e Sud, anche sui temi in cui riusciamo ad andar meglio. E, se sul fronte energia, clima e acqua l'Italia ottiene qualche risultato, deve però fare i conti con i 5,6 milioni di persone (9,4%) in condizioni di povertà assoluta, cui bisogna aggiungere il 25,4% a rischio povertà o esclusione sociale, insieme con l'8,1% della popolazione che nel 2021 ha avuto problemi a riscaldare la propria casa. 

Mentre per la parità di genere, alla fine del 2021 l'Italia occupa la seconda posizione (38,8%) dopo la Francia (45,3%) per presenza femminile nei consigli di amministrazione e nei ruoli di alta dirigenza delle grandi società quotate in borsa. Secondo quanto riportato dall'Istituto di statistica il 50% delle misure è in miglioramento, il 23% è stazionario, il 27% segnala un peggioramento. Una delle novità è il legame del sistema degli obiettivi Onu con il monitoraggio del Pnrr; ma anche l'ampliamento dell'analisi delle disuguaglianze territoriali e di genere. L'Agenda 2030 coniuga il raggiungimento degli Sdgs al principio di non lasciare indietro nessuno; il Pnrr individua le pari opportunità intergenerazionali, di genere e territoriali come priorità trasversali. In base a questi due elementi le sinergie tra il Pnrr e l'Agenda 2030 definiscono un terreno comune per gli obiettivi di contrasto alle disuguaglianze! e per misurarne i progressi. 



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social