Il Consiglio dei Ministri vara il Recovery Plan 

Il Piano che sarà inviato alla Camera e al Senato per acquisirne le valutazioni dovrà dare attuazione al programma Next Generation EU, varato dall'Unione europea per integrare il Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 alla luce delle conseguenze economiche e sociali della pandemia da COVID-19. L'azione di rilancio del Paese delineata dal Piano, si legge nella nota di Palazzo Chigi, è guidata da “obiettivi di policy e interventi connessi ai tre assi strategici condivisi a livello europeo: digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica, inclusione sociale”. Il Piano consente di affrontare in modo radicale “le profonde trasformazioni imposte dalla duplice transizione, ecologica e digitale, una sfida che richiede una forte collaborazione fra pubblico e privato”. Inoltre, attraverso un approccio integrato e orizzontale, si mira al “rafforzamento del ruolo della donna e al contrasto alle discriminazioni di genere, all'accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, al riequilibrio territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno. Tali priorità non sono affidate a singoli interventi circoscritti in specifiche componenti, ma perseguite in modo trasversale”. 

Il Piano si articola in sei missioni, che rappresentano aree tematiche strutturali di intervento: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Nell'insieme, le missioni raggruppano sedici componenti, funzionali a realizzare gli obiettivi economico-sociali definiti nella strategia del Governo, che a loro volta si articolano in 47 linee di intervento per progetti omogenei e coerenti. Le risorse complessivamente allocate nelle sei missioni del PNRR sono pari a circa 210 miliardi di euro. Di questi, 144,2 finanziano nuovi progetti mentre i restanti 65,7 miliardi sono destinati a progetti in essere che riceveranno, grazie alla loro collocazione all'interno del PNRR, una significativa accelerazione dei profili temporali di realizzazione e quindi di spesa. Con il Piano, il Governo intende “massimizzare le risorse destinate agli investimenti pubblici, la cui quota supera il 70%. 

Gli incentivi a investimenti privati sono pari a circa il 21%. Impiegando le risorse nazionali del Fondo di sviluppo e coesione 2021-2027 non ancora programmate, è stato possibile incrementare gli investimenti di circa 20 miliardi per nuovi progetti in settori importanti, che comprendono la rete ferroviaria veloce, la portualità integrata, il trasporto locale sostenibile, la banda larga e il 5G, il ciclo integrale dei rifiuti, l'infrastrutturazione sociale e sanitaria del Mezzogiorno”. I singoli progetti d’investimento sono stati selezionati secondo criteri volti a concentrare gli interventi su quelli trasformativi a maggiore impatto sull'economia e sul lavoro. Per ogni missione sono indicate, inoltre, le riforme necessarie a realizzarla nel modo più efficace.  Il primo 70% delle sovvenzioni verrà impegnato entro la fine del 2022 e speso entro la fine del 2023. Il piano prevede inoltre che il restante 30% delle sovvenzioni sarà speso tra il 2023 e il 2025. Nei primi tre anni, la maggior parte degli investimenti e dei "nuovi progetti" (e quindi dello stimolo macroeconomico rispetto allo scenario di base) sarà sostenuta da sovvenzioni. Nel periodo 2024-2026, viceversa, la quota maggiore dei finanziamenti per progetti aggiuntivi arriverà dai prestiti.

Dal Cdm arriva il via libera allo scostamento da 32 miliardi

Via libera dal Consiglio dei ministri allo scostamento di bilancio, che sale a 32 miliardi. L'extra deficit servirà per finanziare il nuovo decreto Ristori con gli interventi a sostegno dell'economia, a partire dagli indennizzi alle attività colpite dall'emergenza pandemica. La dote del piano di aiuti è quindi superiore ai 24-25 miliardi previsti inizialmente. Lo scostamento passerà poi al Parlamento che dovrebbe votarlo entro il 20 gennaio. Ma in Cdm, il terzo in tre giorni, arriva anche una proroga-ponte per la ripresa dell'invio delle cartelle esattoriali: il decreto legge approvato prevede l'ulteriore differimento, dal 31 dicembre 2020 al 31 gennaio 2021, dei termini previsti per la notifica degli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti d’imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione. 

Nel decreto legge sulle misure fiscali, il Consiglio dei ministri ha deciso inoltre per il rinvio del termine per i versamenti relativi all'imposta sui servizi digitali per il 2020 dal 16 febbraio al 16 marzo 2021, nonché il rinvio del termine per la presentazione della relativa dichiarazione dal 31 marzo 2021 al 30 aprile 2021. Soddisfatto il ministro per i Rapporti col Parlamento Federico D'Incà che sottolinea come con i 32 miliardi di euro approvati il Governo ha il dovere “di dare sostegno immediato alle attività produttive, ai lavoratori, alle famiglie colpite. Sosteniamo l'economia e programmiamo il rilancio”; per il ministro del Lavoro e delle politiche sociali Nunzia Catalfo “serviranno per finanziare la proroga della Cassa integrazione Covid e le altre misure di sostegno a lavoratori e imprese del prossimo Decreto Ristori”. 

Il Cnel lancia l’allarme: la crisi Covid ha colpito 12 milioni lavoratori

Il mercato del lavoro “all'inizio del 2021 presenta più ombre che luci e la situazione è destinata molto probabilmente ad accentuarsi e diventare esplosiva con l'interruzione della cassa integrazione e la fine del blocco dei licenziamenti”. È la fotografia allarmante che emerge dal Rapporto sul Mercato del lavoro e la contrattazione 2020 del Cnel che è stato presentato dal presidente Tiziano Treu. Si teme, sottolinea il Cnel, che “una parte degli esuberi verrà sicuramente assorbita dall'economia sommersa non riuscendo a trovare un'occupazione in regola andando ad aumentare la quota già aumentata negli ultimi anni di lavoro nero”. Secondo il Cnel la crisi conseguente alla pandemia ha colpito circa 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi, per i quali l’attività lavorativa è stata sospesa o ridotta, in seguito al lockdown deciso dal Governo per limitare l'aumento esponenziale dei contagi. Giovani e donnepagano il prezzo più alto della crisi innescata dalla pandemia di Covid. 

“Lo scarso investimento pubblico sulle nuove generazioni (in particolare la parte che va efficacemente a rafforzare la loro formazione e l'inserimento solido nel mondo del lavoro) è il principale nodo che vincola al ribasso le possibilità di crescita italiane, da sciogliere prima ancora che sul piano del rapporto tra giovani e lavoro, su quello più alto del ruolo delle nuove generazioni nel modello di sviluppo del Paese. Se non si inverte questa tendenza non solo si pregiudicano le prospettive economiche del Paese, ma si rischia di alterare in profondità il patto fra le generazioni che è un elemento costitutivo dell'assetto sociale, della sua equità e stabilità”, si legge nel rapporto. Con la chiusura delle scuole e l'adozione della didattica a distanza inoltre non è stata bloccata "la frequenza delle lezioni” ma ne è stata ridotta "complessivamente la qualità e ha esposto ad una forte crescita del rischio di dispersione scolastica. Con la conseguenza di inasprire non solo le diseguaglianze generazionali ma anche quelle sociali", dice ancora il Cnel. Quanto invece alle donne, per il Cnel hanno pagato il prezzo più alto della crisi “in quanto impegnate a ricoprire ruoli e a svolgere lavori più precari, soprattutto nei servizi”. 

Istat, industria al palo, prospettive economia incerte

La produzione industriale, che in Europa sta dando segnali di ripresa, in Italia resta al palo e anche le prospettive dell'economia, per quanto a fine anno la fiducia di famiglie e imprese si sia leggermente risollevata, restano offuscate da un clima di forte incertezza. I dati di Eurostat e Istat mostrano un panorama europeo in cui la ripresa dell'industria prosegue, mentre l'Italia continua a marciare in senso contrario. A novembre infatti la produzione è aumentata in termini congiunturali del 2,5% nella zona euro e del 2,3% nell'Ue-27, mentre da noi cala dell'1,4%. E l'Italia si confronta con fenomeni come ad esempio l'Irlanda, la Grecia e la Danimarca dove si registrano incrementi rispettivamente del 5,8%, del 6,3% e del 5,3%. 

Ma secondo l'Istat, la produzione industriale italiana è diminuita anche rispetto a un anno prima, con un calo del 4,2%. I numeri di novembre misurano del resto il consistente impatto della pandemia durante tutto l'anno: l'istituto di statistica spiega infatti che a questo punto l'indice destagionalizzato risulta del 3,5% inferiore a quello di febbraio 2020 prima che scoppiasse il covid. Ad accusare il colpo sono tutti i comparti, con il calo più accentuato per i beni di consumo (-9,8% su base annua). Nonostante i timidi segnali di ripresa nell'economia internazionale e l'arrivo dei vaccini, gli economisti si mostrano ancora dubbiosi sul futuro, in particolare su quello italiano. Le aspettative per i prossimi mesi per la nostra economia, dice infatti l'Istat, “mantengono un elevato grado di incertezza” anche se “a dicembre la fiducia di famiglie e imprese ha registrato un miglioramento”. 



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