Salvini chiama Di Maio per la presidenza di Camera e Senato

A dieci giorni esatti dalle elezioni del 4 marzo, sono iniziati i primi contatti tra le forze politiche. Dopo aver ricevuto il mandato dagli alleati Berlusconi e Meloni al vertice di palazzo Grazioli, nel tardo pomeriggio di ieri il leader della Lega Matteo Salvini ha telefonato al capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, oltre che al segretario reggente del Partito Democratico Maurizio Martina e al leader di Liberi e Uguali Pietro Grasso.

Ma politicamente è la telefonata con l'altro vincitore delle elezioni ad avere un ruolo di primo piano: Di Maio, come ha raccontato subito dopo su Facebook, ha messo in chiaro con Salvini che dal momento che “il Movimento 5 Stelle è la prima forza politica del paese con il 32% dei voti” i pentastellati vogliono che sia loro assegnata Presidenza della Camera dei Deputati.

Una richiesta precisa in riferimento alla quale Salvini, invece, non ha detto nulla nella nota ufficiale che la Lega ha diramato subito dopo la telefonata. Il leader del Carroccio si è limitato a dire che quello con Di Maio è stato “un primo contatto, franco e cordiale, durante il quale i due hanno concordato sulla necessità di confrontarsi sulle presidenze delle due Camere nel rispetto del voto degli italiani”.

La conseguenza di questo primo colloquio potrebbe essere quella di avere un presidente leghista al Senato, e il nome in pole sarebbe quello di Roberto Calderoli. Per la Camera, per il M5S, oltre al nome di Roberto Fico indiscrezioni indicano quello di Riccardo Fraccaro.

Un punto di contatto tra Movimento 5 Stelle e Lega è relativo alla battaglia sui vitalizi e sugli sprechi della politica. Di Maio ha spiegato a Salvini che dallo scranno più alto della Camera i 5 stelle potranno “portare avanti, a partire dall'Ufficio di presidenza, la nostra battaglia per l'abolizione dei vitalizi e tanto altro”. E dal canto suo, anche Salvini ha sottolineato l'esigenza di “rendere più veloci e trasparenti i regolamenti; tagliare vitalizi e spese inutili sarà una nostra priorità”.

Salvini, come leader del centrodestra e secondo il mandato ricevuto dagli alleati, ha poi sentito Maurizio Martina e Piero Grasso ai quali ha espresso la volontà di rendere operativo quanto prima il Parlamento, come precisa ancora la nota. Il segretario reggente del Partito Democratico sarebbe rimasto fermo sulla posizione espressa dalla Direzione Nazionale del partito e quindi netta contrarietà al sostegno a un Governo di centrodestra o targato M5S: Pd all’opposizione ma disponibile a un ragionamento sulle presidenze dei due rami del Parlamento.

Sia Salvini che Di Maio hanno poi smentito l'ipotesi di un incontro in programma per la prossima settimana: al momento, tutto via telefono. Di Maio ha infine spiegato che oggi i capigruppo in pectore di Camera e Senato, Giulia Grillo e Danilo Toninelli, si confronteranno anche con le altre forze politiche ribadendo che “l'interlocuzione sulle presidenze delle Camere è slegata da ciò che riguarderà la formazione del governo”.

Di Maio lancia la sua squadra alla Camera e al Senato

Alla partita delle presidenze di Palazzo Madama e Montecitorio i grillini si presentano con i ranghi già composti, compatti e pronti a fare "gioco di squadra". Nessuna new entry in questa fase iniziale: per i primi 18 mesi di legislatura Di Maio ha scelto la vecchia guardia, che viene dall'esperienza degli ultimi cinque anni in Parlamento e conosce il funzionamento della macchina istituzionale.

Danilo Toninelli, che lascia la Camera, sarà capogruppo al Senato e avrà come vicario Vito Crimi; gli altri vice capigruppo sono Vilma Moronese, Stefano Patuanelli, Gianluca Perilli e Daniele Pesco, tesoriere Nunzia Catalfo e segretari Gianluca Castaldi, Vincenzo Santangelo e Sergio Puglia.

Come capogruppo alla Camera è stata scelta Giulia Grillo, che sarà coadiuvata da Laura Castelli e un team di vice composto da Giuseppe Brescia, Francesco Silvestri, Maria Edera Spadoni e Alberto Zolezzi; i segretari saranno Azzurra Cancelleri, Daniele Del Grosso e Francesco D'Uva, tesoriere Sergio Battelli.

Nel Pd Franceschini rilancia le riforme e la legge elettorale. Battaglia per i capigruppo.

Nonostante le prime mosse di Lega e M5S, nel Partito Democratico fa capolino l'ipotesi di un governo di tutti per una nuova legislatura costituente. È l'idea espressa da Dario Franceschini in vista di un possibile appello del Colle alla responsabilità. Secondo il ministro dei Beni culturali uscente “è il momento di scrivere le regole tutti insieme. Le riforme a maggioranza non funzionano, ma siccome oggi nessuno ha la maggioranza, il quadro è perfetto per fare le riforme perché nessuno le può imporre agli altri”.

Franceschini pensa al monocameralismo e alla legge elettorale, due riforme che sono prerogativa parlamentare, indipendenti dal Governo, e l'ipotesi che il Parlamento cominci a funzionare anche senza un nuovo esecutivo non sembra così remota. Rispetto alla strada indicata da Franceschini frena Lorenzo Guerini: “Sulle regole abbiamo speso già molte energie nell'ultima legislatura, se ci sono le condizioni noi ci siamo. Ma il tema del governo è un'altra questione”.

Comunque sia, la linea che si afferma nel partito è quella di un'opposizione responsabile tanto al centrodestra quanto ai Cinquestelle. Resta aperta la questione capigruppo. Il presidente del Pd, in linea con il segretario reggente, garantisce che ci sarà “collegialità nella scelta”, ma avverte che il “tasso di vicinanza a Renzi” non può essere il criterio per decidere.

I primi nomi che circolano vedono In pole position Lorenzo Guerini alla Camera, non sgradito agli orlandiani, e Andrea Marcucci al Senato. A palazzo Madama però ci sarebbe anche Teresa Bellanova, figura più di mediazione fra tutte le componenti interne. Si saprà qualcosa di certo soltanto intorno al 22-23 marzo.



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