Dal G20 di Osaka Conte si dice fiducioso sulla procedura d’infrazione

La trattativa con l'Ue per evitare la procedura di infrazione “è oggettivamente complicata”, ma c'è un dialogo “costruttivo tra tutte le parti e sono fiducioso che si possa arrivare ad una soluzione”. Giuseppe Conte è appena arrivato ad Osaka per partecipare al G20 e già mette in chiaro che sarà un summit ricco di diplomazia e negoziati. La linea italiana non cambia: i conti di Roma sono in ordine e le stime fatte dal Governo sono migliori di quelle fatte dall'Unione europea. Le cifre verranno messe nero su bianco nel Consiglio dei ministri che dovrebbe tenersi lunedì sera alle 18 e che dovrebbe varare l'assestamento di bilancio. È lo stesso presidente del Consiglio a confermarlo: “Abbiamo convenuto che fosse meglio così. Noi lo facciamo per conto nostro, punto. Però è bene chiuderlo dopo aver fatto questo passaggio”, confrontandosi con i partner europei a margine del G20 e anche al Consiglio europeo convocato da Tusk domenica per continuare a discutere delle nomine Ue. 

“Mi piacerebbe chiudere il negoziato e definire poi tutto sul piano interno”, è l'auspicio. A Roma, intanto, anche i vicepremier continuano a dirsi fiduciosi. Sono “ottimista - dice Luigi Di Maio - perché grazie a Guardia di Finanza e magistrati è stata fatta una grossa lotta all'evasione. Lo stato incassa 1,4 miliardi di euro quest'anno e grazie a questi soldi potremmo evitare la procedura di infrazione”. Anche sul fronte leghista nessuno crede che alla fine per l'Italia arriverà una bocciatura da Bruxelles. Matteo Salvini riunisce al Viminale gli eurodeputati del Carroccio e nelle loro ricostruzioni la partita potrebbe chiudersi con una “ramanzina” e l'invito a non attingere ulteriormente a risorse in deficit.

Tensione tra Di Maio e Salvini su Alitalia e Autonomia

Ma non è solamente l’Europa a preoccupare. Anche tra le mura di casa sono ancora tanti i dossier che agitano la maggioranza. Lo scontro più acceso si consuma su Atlantia. Luigi Di Maio insiste nella volontà di togliere le concessioni ad Autostrade e attacca il potere forte Benetton: “Se abbiamo detto ai funerali delle vittime del crollo del Ponte Morandi che revocavamo le concessioni ad Autostrade l'azienda dei Benetton avrà un calo in borsa e avrà difficoltà e se entrerà in Alitalia non aiuterà la compagnia. Mi sorprende che qualcuno sia dalla parte dei Benetton. Io non dico che ho tutte le soluzioni, ma mi lascino lavorare. Mettere dentro un'azienda decotta” fa perdere valore ad Alitalia, dice. Per Matteo Salvini “Chi ha dei morti sulla coscienza paga e pagherà, io non faccio il giudice. Poi ci sono aziende che danno migliaia di posti di lavoro e prima di dire sono decotte bisogna pensare che ci sono in ballo migliaia di posti di lavoro”.

Anche sull'Autonomia i toni sono molto duri: “Ci sarà un altro tavolo mercoledì e credo che una soluzione si troverà, ma se l'autonomia danneggia il sud passeranno sul mio cadavere”, avverte il leader pentastellato. “L'autonomia non danneggia nessuno. I ministri della Lega hanno le idee chiare. Se i ministri dei 5Stelle hanno bisogno di chiarirsele quella sarà l'occasione”, replica Salvini. È comunque fiducioso il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte: “Ci siamo aggiornati a mercoledì: ho convocato tutti i ministri e gli staff tecnici per completare il lavoro. Direi che siamo ormai in dirittura di arrivo, mi sono reso garante della realizzazione di questo percorso dell'autonomia differenziata, garante di una buona autonomia perché la vogliamo fare ma bisogna farla bene”. 

Toti desidera una vera rivoluzione in FI e attacca Berlusconi

Mantenere i nervi saldi e soprattutto non bruciare l'occasione di riconsegnare a Forza Italia l'importanza che merita. L'ultimatum di Giovanni Toti dopo la riunione con Silvio Berlusconi a palazzo Grazioli ha destabilizzato la base azzurra. La minaccia di far saltare tutto non è stata infatti presa bene e secondo alcune fonti autorevoli non farebbe altro che dare l'assist al Cav per rimettere tutto in discussione e lasciare il partito nello status quo. I punti su cui l'ex premier e il governatore della Liguria non si sono proprio trovati sono tanti, a partire dai tempi dilatati che vorrebbe Berlusconi e quelli invece rapidi di Toti, fino alla richiesta avanzata dal leader azzurro di annullare l'evento del 6 luglio al teatro Brancaccio, che Toti ha trasformato in un appuntamento a celebrazione di una nuova Fi.

Non ultime le primarie, un nervo scoperto per l'uomo di Arcore, un tema su cui la sua contrarietà non ha mai dato segni di cedimento. È noto che il Cav non abbia mai apprezzato questo strumento, tanto da contestare a chiare lettere quelle del PD, perché non previste e strutturate secondo una legge dello Stato. Per questo sarà difficile far entrare questo tema in casa azzurra. Toti insiste: “Non si può pensare di fare un passo avanti e tre indietro, congelando tutto fino alla fine dell'anno. Bisogna modificare tutti gli organismi interni nei prossimi giorni, l'apertura delle commissioni congressuali, il tavolo delle regole che deve essere allargato a tutti coloro che vogliono partecipare, l'indizione delle primarie, congressi aperti nell'autunno, così come è stato detto”. 

Insomma alla rivoluzione di ottobre il coordinatore nazionale proprio non vuole rinunciare. In una situazione incandescente è stata Mara Carfagna a fare da mediatrice: l'altra coordinatrice, sicuramente più ponderata, ha infatti scelto la strada del colloquio a due nel suo ufficio di Montecitorio per cercare di riportare il governatore e collega di partito su dei binari più aperti al confronto che allo scontro. Per la vicepresidente della Camera bisogna partire dai temi distintivi e il partito va rivoluzionato certo, ma non procedendo con azioni di pancia. Il ticket quindi resiste e si proietta al 13 luglio quando si svolgerà il Consiglio nazionale: sarà lì la prova tangibile che Forza Italia è intenzionata a cambiare. E su questo percorso si inserisce anche Matteo Salvini che annuncia: “Incontrerò sia Toti che la Carfagna, governiamo insieme molte regioni italiane”. 

Per Sala il PD non basta più, serve nuovo partito

Il sindaco di Milano Beppe Sala rompe gli indugi. Il Pd “non basta più” dice in un'intervista esclusiva sull'Espresso e lancia l'idea di un nuovo partito. “Il Pd può crescere ancora, ma non più di tanto. Solo un nuovo soggetto può riportare al voto qualcuno che normalmente non va a votare, qualcuno che ha votato per i 5 Stelle e perfino qualche elettore della Lega che fa fatica ad accettare l’estremismo e la cattiveria salviniana”. Di qui la necessità di un nuovo soggetto politico che vada oltre i confini dem. Quello che Sala ha in mente, però, non è un nuovo partitino moderato e centrista, magari insieme a Carlo Calenda. “Questo continuo parlare di stare alla sinistra del Pd, o alla destra, è tutto sbagliato. I moderati sono la parte che mi interessa meno. Io mi considero, al limite, un moderato radicale. Dobbiamo evitare le etichette e parlare dei temi. Giustizia sociale e ambientale: in tutto il mondo la sinistra progressista discute di questo”. Quindi o il Pd riuscirà “a cambiare rapidamente pelle e a presentarsi come un partito più moderno che affronta seriamente i temi più sensibili” e non più un partito “vecchio e litigioso”, o altrimenti “ci penserà qualcun altro”.

Quanto alla possibilità di fare il leader, il sindaco di Milano, non si tira indietro. “Voglio essere sincero: mi piacerebbe ma oggi non posso, me lo devo inibire, tanto più che c’è questa nuova responsabilità”, dice riferendosi alla vittoria della candidatura di Milano-Cortina come sede delle Olimpiadi invernali del 2016. “Chi ha capacità, proposte, deve farsi avanti. Basta dire che non interpretiamo il disagio: facciamolo”, è il messaggio. Ecco perché, allora, meglio non sperare in nuove elezioni a breve, magari a settembre: “Se si andasse a votare oggi non capisco quale sarebbe l’utilità di vedere eletto un Parlamento di centrodestra a guida leghista che nel 2022 elegge il nuovo presidente della Repubblica, il successore di Sergio Mattarella. Io non auspico il voto. Spero che si voti più avanti".

Al sindaco di Milano replica direttamente Carlo Calenda: “Al mio amico Sala ribadisco quanto detto 1000 volte, il moderatismo in Italia non serve. Bisogna lavorare su contenuti e programmi radicali. Condivido anche la visione di un Pd che non basta”. Per il leader di Siamo europei Sala sarebbe “un pilastro fondamentale” per una nuova aggregazione “capace di battere i nazionalisti. Dunque iniziamo a lavorarci possibilmente insieme. Perché il tempo è poco e le divisioni già troppe”. Un invito a collaborare, insomma, almeno secondo alcuni. Per altri un avvertimento: quasi a dire ‘occhio che quel campo lo sto presidiando io’. 



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