Conte si schiera contro la Tav. È scontro totale tra Lega-M5S

Alla fine, il premier Giuseppe Conte decide di non decidere nulla sulla Tav. Al momento la tensione rimane alle stelle e gli orientamenti dei due alleati di Governo restano fortemente contrapposti anche se il Presidente del Consiglio assicura che la questione non porterà a una crisi di governo. Per Matteo Salvini però le cose non sono così semplici: “Conto di continuare a fare il ministro con questa formazione a meno che i no diventino i troppi” e sulla Tav affonda: “Se qualcuno mi dice che non servono i treni, anch’io vado fino in fondo”. Non tarda ad arrivare la replica di Luigi Di Maio: “Abbiamo solo chiesto la sospensione dei bandi per un'opera vecchia di 20 anni, lo abbiamo chiesto perché previsto dal contratto di Governo siglato tra M5S e Lega. E cosa fa Salvini? Oltre a forzare una violazione del contratto minaccia pure di far cadere il governo? Se ne assuma le responsabilità di fronte a milioni di italiani”.

Dopo settimane di discussione, e un vertice notturno fiume a palazzo Chigi che ha lasciato entrambe le parti sulle proprie posizioni, il premier prende la palla e la spazza via, spiegando che “dobbiamo proseguire alla luce di ciò che è emerso, è l'unica strada e me ne assumo la responsabilità: credo sia d'obbligo procedere a una interlocuzione con i partner, Francia e Ue, per condividere i forti dubbi e le perplessità emerse sulla base dell'analisi costi-benefici”. Nessuna decisione, dunque, ma un piccolo rinvio che basta a far tirare un sospiro di sollievo, fosse anche momentaneo, al M5S, e che però irrita profondamente la Lega di Matteo Salvini che vorrebbe la questione già chiusa perché “è giusto chiedere maggiore impegno alla Francia e maggiore impegno all'Europa. Ma la Lega è per andare avanti”.

Di tempo in verità ce n'è poco; lunedì prossimo si riunirà il Cda di Telt che deve decidere sul via libera ai bandi da 2,3 milioni di euro: se non partiranno, Bruxelles taglierà a marzo 300 milioni sugli 813 di finanziamento. Non è proprio un aspetto da sottovalutare, ma il premier assicura che sì, “siamo in uno stallo, ma entro lunedì scioglieremo la riserva, stiamo sviscerando implicazioni legali, stiamo facendo degli approfondimenti tecnici”, spiega in una conferenza stampa a palazzo Chigi, facendo slittare il Consiglio Supremo di Difesa dove lo aspettava Mattarella.

Il punto, spiega il premier, è che la decisione non può basarsi su “schemi o ragioni di mera tattica ma io stesso ho espresso forti dubbi e perplessità sulla convenienza di quest'opera. Non sono allo stato affatto convinto che questo progetto sia quello di cui l'Italia ha bisogno”. Anzi, lo dice chiaramente: “È un progetto realizzato anni fa, se dovessimo cantierizzarlo oggi mi batterei perché non lo fosse”. Parole che fanno gioire i pentastellati, anche perché Conte riconosce pubblicamente la validità dell'analisi costi-benefici voluta da Toninelli. Il rischio, spiega, è quello di avere nel 2030, data presunta per la consegna della Tav, “un'opera poco funzionale". E rilancia “c'è un’iniqua ripartizione degli oneri finanziari con la Francia. La partita, insomma, è ancora aperta ma la tensione politica è davvero alle stelle.

Zingaretti al lavoro in vista delle europee e amministrative

La Tav complica la vita anche ai tentativi di Nicola Zingaretti di promuovere una lista unica degli europeisti del centrosinistra per le europee. È su questa faglia, infatti, che si scontrano le forze ai due lati del Pd, e cioè +Europa al centro, Verdi, Possibile e Italia in Comune a sinistra. Si va dunque verso tre liste del centrosinistra, anche se il segretario del Pd ha invitato a sdrammatizzare. Zingaretti si sta muovendo anche in vista delle amministrative di primavera mentre la minoranza di Maurizio Martina ha tenuto il suo primo incontro in vista dell'Assemblea nazionale del 17 marzo.

Che dar vita a un listone degli europeisti del centrosinistra non fosse possibile era chiaro sin dall'inizio. Zingaretti l’ha lasciato capire nel pomeriggio, dopo aver incontrato lo spitzenkandidat dei socialisti alle europee Frans Timmermans, venuto a congratularsi col segretario Dem per “il miracolo” delle primarie e il milione e mezzo di elettori. “Il Pd è l'unico partito che ha aderito al Manifesto di Calenda, ha ricordato Zingaretti, e continueremo a lavorare per fare liste più aperte, ricche e inclusive possibile, pescando non solo nella società ma anche negli attori politici disponibili” come Giuliano Pisapia.

In queste ore, Verdi, Italia in Comune e Possibile hanno dato notizia della volontà di dar vita a una propria lista per le europee. A questo punto diventa più complicata una lista tra i soli Pd e +Europa, anche se Zingaretti e Benedetto Della Vedova si incontreranno comunque agli inizi della prossima settimana. Il meccanismo delle preferenze, che penalizza i candidati di +Europa, spinge questo partito a evitare l'abbraccio con i Dem.

Ma non meno importante delle europee sono le amministrative. Il 28 aprile si voterà in Sicilia a Caltanissetta e in altre città non capoluogo (per es. Bagheria, Mazzara, Monreale, ecc) e il 26 maggio, nell'election day con le europee, in 4.000 comuni e in Piemonte. Sondaggi incoraggianti per la Basilicata (dove si andrà alle urne il 24 marzo) hanno spinto il segretario Pd a concentrarsi sulle amministrative di primavera. Prima mossa, la pace in Sicilia con il segretario Davide Faraone, di area Martina, dopo le tensioni recenti: è stato concordato il rinvio dei Congressi provinciali e una segreteria unitaria. Per i Comuni in cui si voterà a maggio, si stanno stringendo i legami proprio con le forze con cui non è andata in porto la lista unica alle europee, oltre che con Leu e altre liste civiche locali.

Sul fronte interno mercoledì sera Maurizio Martina ha riunito i parlamentari che lo hanno sostenuto per ringraziarli. Parola d'ordine “lealtà a Zingaretti” in attesa delle sue possibili apertura sulla gestione unitaria. Martina ha chiesto ai suoi di non chiudere i battenti per mantenere vivo il pluralismo nel Pd, innanzi tutto a livello di proposta, per esempio insistendo sul salario minimo. Zingaretti ha incassato una nuova dichiarazione di lealtà da parte di Matteo Renzi.

Bce lancia allarme crescita e blocca i tassi nel 2019

La Bce rivede al ribasso le stime di crescita nell'Eurozona e decide di tenere fermi gli attuali tassi di interesse, compreso quello negativo sui depositi bancari fino alla fine del 2019. Tra le misure prese dall'istituto di Francoforte ci sono anche nuovi stimoli all'economia, sotto forma di un terzo round di Tltro, le maxi aste di liquidità destinate alle banche, per favorire i prestiti alle famiglie e alle imprese. I mercati hanno reagito tiepidamente alle mosse della Bce, preoccupati per il rallentamento dell'economia, ma il presidente della Bce ha spiegato che le nuove misure sono state prese all’unanimità, temendo che la “crescita economica dell'Eurozona sarà più lenta nel 2019, con rischi orientati al ribasso, anche se riteniamo molto basse le probabilità di recessione”.

La Bce ha rivisto al ribasso le stime di crescita per l'Eurozona portando il Pil 2019 a +1,1% dal +1,7% stimato a dicembre. Ridotta a +1,6% da +1,7% la stima per il 2020, mentre per il 2021 la Bce conferma una crescita dell'1,5%. Tagliate anche le stime sull'inflazione: per il 2019 all'1,2% dall'1,6% atteso in precedenza, per il 2020 a 1,5% (dall'1,7%) e per il 2021 a 1,6% (da 1,8%).

Draghi ha poi rilevato che l'Italia è sicuramente tra i fattori che pesano sul rallentamento dell'economia dell'Eurozona, sostenendo che “c'è un calo della fiducia che si riflette nei vari settori e nei vari Paesi”. Tra i fattori interni ha fatto l'esempio della crisi che ha colpito il comparto automobilistico in Germania. Tra i fattori esterni che contribuiscono al rallentamento dell'Europa, Draghi ha citato la minaccia del protezionismo, la Brexit, la situazione in Cina e le vulnerabilità dei mercati emergenti. Inoltre ha precisato che se ci fosse una schiarita nei rapporti commerciali Usa-Cina ci potrebbe essere un impatto positivo sulla velocità di espansione dell'economia dell'Eurozona.



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