Scontro su stime deficit tra UE e Governo

Arrivano come un'ondata di gelo le nuove stime della Commissione europea sull'Italia. La crescita economica sarà molto inferiore a quella prevista dal governo dell’1,5%, il debito non scenderà affatto, restando praticamente fisso al 131% del Pil per tre anni, e il deficit non sarà del famigerato 2,4% ma del 2,9% nel 2019, a un passo dal limite del 3%, addirittura scavalcato nel 2020. I numeri sono pesanti, troppo, secondo Palazzo Chigi e il Ministero dell'Economia, tali da lasciare presagire la richiesta di una inevitabile manovra correttiva e, soprattutto, quasi contraddittori rispetto alla volontà di dialogo manifestata finora da Bruxelles.

Di fronte alla prevista escalation del deficit, legata a una crescita poco consistente, Giuseppe Conte ha parlato di “scenari inverosimili”, di una manovra sottovalutata, di riforme il cui impatto non viene considerato a pieno e ha ribadito quindi che l'Italia andrà avanti per la sua strada. Giovanni Tria è in piena sintonia con il presidente del Consiglio e stavolta si spinge forse anche oltre: per il titolare del MEF le previsioni della Commissione sono frutto di una “defaillance tecnica”. A stupire, se non a preoccupare, sono soprattutto quelle sul deficit, che “derivano da un'analisi non attenta e parziale” della legge di bilancio e dell'andamento dei conti pubblici.

L'Italia non si sottrarrà per questo al dialogo, ma il numero in cui il Governo continua a credere è il 2,4%, il tetto massimo di disavanzo autorizzato dal Parlamento. Secondo l’esecutivo, in pratica, nella valutazione della Commissione non si è tenuto sufficientemente conto dei chiarimenti e delle indicazioni supplementari fornite in queste settimane a Bruxelles per spiegare la manovra e la dinamica delle spese e delle coperture: lo slittamento in avanti di quota 100 e del reddito di cittadinanza, l'effetto di retroazione della maggiore crescita economica sulle entrate fiscali, ma non solo.

Nessuno a Via XX Settembre aveva ipotizzato che le previsioni della Commissione sarebbero state allineate a quelle italiane, ma lo scarto sul deficit è apparso decisamente troppo ampio rispetto alle cifre messe sul tavolo. A spiegarne le motivazioni è stato Pierre Moscovici, ancora una volta dialogante nel suo atteggiamento nei confronti di Roma, ma non per questo meno fermo nel difendere l’imparzialità delle stime europee e nel chiedere a tutti il rispetto delle regole.

Il Commissario ha illustrato per filo e per segno le basi dei calcoli di Bruxelles, fondati sulle previsioni di un maggior costo degli interessi sul debito, legato all'aumento dei tassi d’interesse, e alle minori entrate fiscali determinate da una crescita economica inferiore a quella ipotizzata dal Governo gialloverde. Un chiarimento politico potrebbe arrivare oggi nel corso del faccia a faccia nella sede del Ministero tra Tria e il presidente dell'Eurogruppo Mario Centeno.

Mattarella: possiamo crescere ma dobbiamo ispirare fiducia

Nel giorno in cui arrivano i dati delle previsioni autunnali della Commissione Ue, che smorzano gli entusiasmi del Governo sulla crescita nel 2018 e nel 2019-20, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato le potenzialità del nostro Paese ma chiesto alla Ue di prestare maggiore attenzione alla crescita e al governo guidato da Giuseppe Conte di averne maggiore ai necessari segnali di fiducia e al dialogo. Per il capo del Quirinale l'Italia può “fronteggiare le difficoltà che abbiamo davanti” solamente unita e “senza perdere di vista il bene comune”.

Nessun altolà, nessun monito, a maggior ragione mentre la sessione di bilancio è aperta e la trattativa con l'Europa è in corso. L'atteggiamento del Presidente resta quello d’invito al dialogo e ai toni pacati; le sensibilità di politica economica sono quelle di sempre: le politiche sul lavoro devono esserne la bussola e dunque servono sempre più interventi per favorire “investimenti pubblici e privati in ricerca, innovazione, competenze, infrastrutture materiali e infrastrutture digitali”, investimenti che sono un volano di crescita.

Per Mattarella occorre un supplemento di attenzione per garantire la capacità delle aziende e la tutela del risparmio degli italiani. Ma tutto questo, richiama ancora una volta il Capo dello Stato, va fatto in sintonia con l'Europa e i mercati: sarebbe infatti “un errore pensare di determinare i nostri equilibri economici e sociali come se questi rispondessero soltanto a un orizzonte interno”. Ecco allora che è necessario “coordinare investimenti pubblici, sostegno e incentivi agli investimenti privati, capacità di utilizzo delle risorse europee”. Per il Capo dello Stato “non c’è calcolo di breve periodo che possa giustificare il rischio di comprimere un potenziale di sviluppo per l'intera comunità”.

Inizia l’esame della legge di bilancio

Alla fine della settimana scorsa il testo della legge di bilancio è stato inviato alle Camere e oggi con l’inizio del breve ciclo di audizioni inizia ufficialmente l’esame del provvedimento. Alle 10 le Commissioni Bilancio di Camera e Senato ascolteranno il Ministro dell’economia e delle finanze Giovanni Tria. A seguire audiranno i rappresentanti della Banca d'Italia (ore 12), del CNEL (ore 14) di CGIL, CISL, UIL, UGL (ore 15), di ANIA (ore 16.30), di SVIMEZ (ore 17) e dell’Associazione nazionale piccoli comuni d'Italia (ore 17.45). 

Le audizioni riprenderanno lunedì mattina alle 10 con l’audizione dei rappresentanti dell’ISTAT (ore 10), della Corte dei conti (ore 11), dell’Ufficio parlamentare di bilancio (ore 12), dell’ANCI, di UPI, Conferenza Regioni e Province autonome (ore 14), di Confindustria (ore 15), di Rete imprese Italia (ore 16), di ABI (ore 16.45), di ANCE e Confedilizia (ore 17.30), di Confapi, Confimi, Confprofessioni (ore 18.15) e dell’Alleanza delle Cooperative (ore 19).

Prescrizione: M5S e Lega hanno trovato l’accordo

Do una settimana di fortissima tensione Lega e M5S hanno raggiunto un compromesso sulla prescrizione che si è subito tradotta in alcuni passaggi parlamentari, che faranno sì che il testo approderà in Aula alla Camera il 19 novembre per essere approvato entro il 21. I pentastellati incassano l'inserimento della riforma della prescrizione nel ddl anticorruzione, mentre la Lega porta a casa modifiche al provvedimento sulla base di alcuni suoi emendamenti presentati nei giorni scorsi. A tenere alta la tensione nella maggioranza rimane però il metodo per arrivare all'applicazione della prescrizione: secondo il M5S scatta automaticamente tra un anno, a partire dal 2020, per la Lega è subordinata all'approvazione della riforma Bonafede sul processo penale.

Ieri mattina il dossier prescrizione era all'ordine del giorno in due riunioni dei due palazzi adiacenti, Montecitorio e Palazzo Chigi. Nel primo si è svolto il dibattito delle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia sulla richiesta di M5S di allargare il perimetro del ddl anticorruzione alla prescrizione; nella sede del Governo si è invece tenuto il vertice di maggioranza, con Luigi Di Maio, Matteo Salvini e il ministro Alfonso Bonafede, per trovare un’intesa di merito sulla prescrizione.

Nelle Commissioni tutte le opposizioni, dal Pd a Leu, da Fi a Fdi, sono intervenute contro l'allargamento, con una serie di interventi ostruzionistici tesi a evitare il voto, visto che alle 10,30 sarebbe iniziata l'Aula, che blocca le sedute delle Commissioni. M5S e Lega hanno taciuto fino alle 10,25, momento in cui è scattato il blitz: i due gruppi si sono dichiarati a favore dell'allargamento dell'anticorruzione alla prescrizione e la presidente della Commissione giustizia Giulia Sarti ha repentinamente indetto la votazione; la cosa ha scatenato l'ira delle opposizioni. Nella successiva Conferenza dei presidenti dei gruppi è stato deciso che le Commissioni avranno un'altra settimana per esaminare il ddl anticorruzione compresa la parte sulla prescrizione, che andrà in Aula il 19.



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