Draghi, Italia è determinata ad aiutare Libia

L’Italia “rimane al fianco della Libia e conferma il suo convinto impegno per il consolidamento della pace e della sicurezza”, è “determinata” ad aiutare Tripoli insieme ai partner internazionali nella “ricostruzione pacifica del paese” e chiede al governo di unità libico di “assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti”. Questo il messaggio che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, consegna al primo ministro del governo di unità nazionale libico Abdul Hamid Dbeibah, in visita in Italia con una imponente delegazione di ministri. A due mesi di distanza dalla sua prima uscita internazionale proprio in Libia, Draghi parla di “rapporto speciale tra i nostri Paesi” e ribadisce la “determinazione” dell’Italia a “collaborare con l’autorità esecutiva unificata ad interim e a sostenerla nelle prossime decisive fasi della transizione istituzionale”. Il premier chiedete a tutti gli attori in campo di agire e fare la loro parte nel difficile processo di ricostruzione del Paese nord-africano, a cominciare dall’attuazione del cessate il fuoco e dal ritiro dei mercenari, passando per la riunificazione delle istituzioni politiche, economiche e di sicurezza, fino all’approdo delle elezioni previste per fine anno. “L’Italia è determinata a continuare ad aiutare la Libia insieme ai partner internazionali. Sosteniamo l’esigenza di incrementare e strutturare il contributo dell’UE e contiamo naturalmente sul senso di responsabilità degli amici libici”, aggiunge Draghi. 

Il premier rilancia la collaborazione sui progetti infrastrutturali e aggiunge che “insieme al primo ministro, abbiamo concordato sull’opportunità di ampliare la già intensa collaborazione in ambito energetico” e quella sugli investimenti. Quanto al tema più controverso, quello legato alla gestione dei flussi migratori, Draghi premette che “i temi migratori e umanitari rappresentano una priorità per la Libia e per l’Italia” e aggiunge che il governo “intende continuare a finanziare i rimpatri volontari assistiti e le evacuazioni umanitarie dalla Libia”. Tuttavia, continua il premier “e” un dovere morale e anche interesse libico assicurare il pieno rispetto dei diritti di rifugiati e migranti”. “L’Italia - conclude Draghi - continuerà a fare la sua parte in termini di risorse e capacità formative, ma serve un’azione dell’UE determinata e rapida. Al Consiglio Europeo di giugno, su proposta italiana, la migrazione tornerà al centro dell’attenzione politica in tutte le sue dimensioni - interna ed esterna”. 

Scambio a distanza tra Letta e Salvini sul lavoro. Bonomi non cede

È il lavoro la nuova emergenza del Paese. A più di 10 giorni dall’approvazione del DL Sostegni bis e dallo scontro nato intorno alla norma, poi cassata, sulla proroga del blocco dei licenziamenti, la polemica non si placa, in attesa che nel passaggio parlamentare del decreto qualcosa in un senso o nell’altro possa ancora cambiare. Gli animi sono tornati ancora a scaldarsi soprattutto perché” stavolta l’assist è arrivato da Ignazio Visco che all’occupazione ha dedicato un passaggio tutt’altro che marginale della sua relazione annuale. Visco ha avvertito che sussidi e stimoli governativi cesseranno e ci si dovrà abituare, ma ha anche chiesto di continuare a mantenere il sostegno a chi perde il lavoro. Politica e parti sociali ci hanno girato intorno, leggendo ognuno la sua versione dell’intervento del governatore, super partes per definizione. Ad aprire la giornata è stato il leader della Lega, Matteo Salvini, che ha affidato a un’intervista al Corriere della Sera la sua apertura al Pd sulla possibilità di allungare il periodo di blocco dei licenziamenti. “Se la finiamo con Ius soli e felpe pro-sbarchi - dice - potremo dedicarci, anziché” al litigio, al grande problema di questo momento: il lavoro. Per esempio, sulla possibilità di prorogare il blocco dei licenziamenti. Noi siamo convinti che si possa fare”. Una posizione che appare diversa da quella espressa da alcuni esponenti della Lega, ad esempio dalla sottosegretaria al Lavoro Tiziana Nisini. Tanto da generate una certa diffidenza. La proposta non è stata infatti accolta con piena fiducia da Letta, palesemente interdetto dai “cambiamenti repentini, giravolte e voltafaccia” ai quali il leader leghista li ha abituati. Dal segretario Pd arriva quindi un appello: Salvini sia “serio” per evitare di alzare aspettative che rischiano poi di venir frustrate soprattutto quando in momenti chiave hanno preso posizioni opposte lasciando i lavoratori privi di certe protezioni. 

Il tema licenziamenti resta acceso anche nel confronto tra le parti sociali. Da un lato il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi ribadisce il suo no alla proroga del blocco, spiegando che si tratta di una misura, in vigore dal febbraio 2020, “che stiamo adottando solo noi a livello planetario”. Dall’altro il segretario Cgil Maurizio Landini si fa forte delle parole del Governatore, con il quale dice di condividere la posizione sul tema del lavoro. “Chiediamo che vi sia una proroga del blocco dei licenziamenti ma non per sempre, ma per realizzare una riforma entro agosto”. Una richiesta che viene portata direttamente in Parlamento dalla Cgil tramite la vicesegretaria Gianna Fracassi che rimette in discussione il Dl Sostegni bis tornando a chiedere la proroga del blocco dei licenziamenti almeno riallineando tutti i settori fino al 31 ottobre. Confindustria, con un’audizione in parlamento della direttrice generale Francesca Mariotti, insiste sul tema. “Non ci sarà alcuna emorragia di lavoratori”. E anzi torna all’attacco con altre richieste, dicendo che l’esenzione dalle addizionali per chi ricorre alla Cig non basta. Ad esempio, bisogna ridurre i paletti sui contratti a tempo. 

Sentenza ex Ilva, condannati i Riva e l’ex governatore Vendola

La Corte d’Assise di Taranto ha condannato a 22 e 20 anni di reclusione Fabio e Nicola Riva, ex proprietari e amministratori dell’Ilva, tra i 47 imputati (44 persone e tre società) nel processo chiamato Ambiente Svenduto sull’inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento siderurgico. Rispondono di concorso in associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale, all’avvelenamento di sostanze alimentari, alla omissione dolosa di cautele sui luoghi di lavoro. Tre anni e mezzo di reclusione sono stati inflitti dalla Corte d’Assise di Taranto all’ex presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sempre nell’ambito dello stesso processo per concussione aggravata in concorso, in quanto, secondo la tesi degli inquirenti, avrebbe esercitato pressioni sull’allora direttore generale di Arpa Puglia, Giorgio Assennato (condannato a 2 anni), per far “ammorbidire” la posizione della stessa Agenzia nei confronti delle emissioni nocive prodotte dall’Ilva. È stata inoltre disposta la confisca degli impianti dell’area a caldo che furono sottoposti a sequestro il 26 luglio 2012 e delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva Forni Elettrici. 

Assennato, che ha sempre negato di aver ricevuto pressioni da Vendola, aveva rinunciato alla prescrizione. Non si è fatta attendere la reazione dell’ex governatore della Puglia: “Mi ribello ad una giustizia che calpesta la verità - ha detto Nichi Vendola dopo la sentenza -. È come vivere in un mondo capovolto, dove chi ha operato per il bene di Taranto viene condannato senza l’ombra di una prova. Una mostruosità giuridica avallata da una giuria popolare colpisce noi, quelli che dai Riva non hanno preso mai un soldo, che hanno scoperchiato la fabbrica, che hanno imposto leggi all’avanguardia contro i veleni industriali. Appelleremo questa sentenza, anche perché essa rappresenta l’ennesima prova di una giustizia profondamente malata”

Salvini, necessaria federazione del centrodestra. Oggi nuova riunione in vista delle Comunali

“Nessuno vuole togliere Forza Italia dal partito popolare europeo. Io semplicemente ho proposto e sto lavorando a una unione, a una federazione, semplificazione, sia in Italia che in Europa. Riunire i diversi centrodestra che sono divisi, sia in Italia che in Europa, per essere più efficaci, più veloci, più concreti - ha proposto Salvini -. Altrimenti, c”è la sinistra che, in Italia e in Europa, perde le elezioni ma poi controlla il Parlamento e non ha senso. Io propongo a tutti di mettere in comune le idee comuni, senza cancellare le identità di nessuno. C’è solo da guadagnarci”. Ma sul fronte europeo, il “no” degli alleati a Salvini è netto. Meloni non ha alcuna intenzione di lasciare la presidenza dell'Ecr, né Antonio Tajani la vice presidenza del Ppe. Per FI poi è soprattutto una questione di “parentele indigeribili”, come sarebbero quelle con gli alleati di Salvini in Id, ovvero i tedeschi di AfD e, anche se in misura minore, i francesi del Rassemblement national di Marine Le Pen. Per la verità, l’operazione annunciata dal capo della Lega al congresso di Chega in Portogallo, solleva perplessità anche all’interno del suo partito. Una parte dei leghisti non la considera pragmaticamente realizzabile, oltre al fatto che in diversi vorrebbero allontanarsi da AfD e da Le Pen. 

Intanto, oggi pomeriggio alle 18.00 i leader tornano a vedersi nel secondo vertice per decidere i nomi dei candidati alle amministrative nei sei capoluoghi di Regione che andranno al voto in autunno. Dopo le tensioni con FI della settimana scorsa, negli uffici dei gruppi di Montecitorio, parteciperà alla riunione anche Giovanni Toti di Coraggio Italia, con Salvini, Meloni, Tajani, oltre a Noi con l’Italia e l’Udc. Ancora incognite sui candidati di Milano e Roma. Nella capitale, FdI vorrebbe candidare l’amministrativista Enrico Michetti, considerate le migliori performance nei sondaggi rispetto alla giudice Simonetta Matone, che potrebbe piacere più a FI e Lega. Stallo anche nel capoluogo lombardo: tra i nomi che circolano vi sono Annarosa Racca, 69 anni, presidente di Federfarma Lombardia, i manager Riccardo Ruggieri e Fabio Minoli, il professore della Bocconi Maurizio Dallocchio e Maurizio Lupi.

Bonaccini cerca di placare lo scontro tra Lepore e Conti a Bologna. In Calabria Irto (PD) si ritira

Con Matteo Lepore e Isabella Conti, sfidanti alle primarie del centrosinistra per la candidatura a sindaco di Bologna, “noi abbiamo in campo due figure molto forti e robuste che credo debbano cercare il confronto e, se posso permettermi un consiglio, un po’ meno lo scontro”. Così, a margine della presentazione di Mug-Magazzini generativi a Bologna il presidente dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. “L’unico invito che faccio - ha aggiunto - è quello di confrontarsi nel merito, sui problemi, indicare i programmi ma anche tendersi la mano perché” il giorno dopo chi non prevale dovrà stare assieme a chi ha avrà prevalso”. Andando alle primarie, in programma il 20 giugno, ha proseguito, “si utilizza un esercizio di democrazia molto bello perché permettiamo agli elettori che vogliono partecipare da un lato di scegliere chi sarà il candidato o la candidata e dall’altro di sceglierlo con il loro consenso. In un momento in cui vedo la destra che arranca e non sa chi candidare che è un segnale di forte debolezza a pochi mesi dal voto”, a maggior ragione “avendo noi due figure delle quali ho grande stima”.

Se a Bologna la tensione sale, in Calabria la situazione è ancora più intricata. Alla luce di un Partito democratico diviso in “piccoli feudi” ed una “volontà di mettere in discussione le decisioni prese da molto tempo dal Pd calabrese e dagli alleati di centrosinistra” si è perso tempo lasciando “terreno alla destra e a De Magistris”. Una situazione non più tollerabile per Nicola Irto che ha deciso di alzare bandiera bianca e lasciare l’incarico, conferitogli dai dem a febbraio, di candidarsi alla presidenza della Calabria per il centrosinistra. La sua candidatura non è sembrata accendere gli entusiasmi degli alleati. I Verdi, così come le Sardine, avevano invitato il Pd a non fare nomi e cercare un accordo ampio. Anche dopo l’annuncio della pentastellata Dalila Nesci di candidarsi alle primarie di coalizione - accettate da Irto - la freddezza è stata la reazione più diffusa. Tanto che i coordinatori M5S della campagna calabrese, Alessandro Melicchio e Giuseppe Giorno, avevano ribadito come fosse “prioritaria la strada di una coalizione unitaria fra le forze civiche e del centrosinistra al di là dei singoli nomi”, prospettando un interessamento diretto di Giuseppe Conte. In questi mesi, indiscrezioni hanno parlato anche di tentativi di esponenti Pd di avvicinare de Magistris. Al di là delle ricostruzioni, Irto si è sentito solo nonostante la fiducia di Zingaretti prima e di Letta poi. 



Seguici sui Social


2

Nomos Centro Studi Parlamentari è una delle principali realtà italiane nel settore delle Relazioni IstituzionaliPublic Affairs, Lobbying e Monitoraggio Legislativo e Parlamentare 

Vuoi ricevere tutti i nostri aggiornamenti in tempo reale? Seguici sui nostri canali social