Oggi Draghi andrà al Senato: punterà su riforme e unità per la ripresa

Il presidente del Consiglio Mario Draghi prepara il suo esordio in Senato. Il suo discorso non sarà lungo, una ventina di minuti circa, e sarà in gran parte incentrato sulle emergenze e le priorità del Paese, il Covid, innanzitutto, ma anche il Recovery Plan con la sua forte impronta ambientalista e le tre grandi riforme da mettere in campo: del fisco, quella digitale, della giustizia civile. Il premier passa la vigilia del suo discorso a Palazzo Chigi; in mattinata vede il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini e, nel frattempo, puntella la sua squadra alla presidenza del Consiglio: Paola Ansuini, fino a l’altro ieri al vertice della comunicazione di Bankitalia, nelle prossime ore sarà nominata direttore della Comunicazione e per le relazioni con i media di Palazzo Chigi, un ufficio con una squadra che lavorerà su più livelli. Nel suo intervento Draghi metterà l'accento sul Covid e, di fronte all'arrivo in Italia delle varianti, la linea che potrebbe tenere il presidente del Consiglio è quella della massima prudenza. 

Un'ampia parentesi Draghi la dedicherà alla politica estera. Atlantismo, approccio multilaterale ai dossier internazionali, europeismo saranno alcuni dei pilastri cui Draghi dovrebbe fare riferimento nel suo intervento. Del resto venerdì, per il presidente del Consiglio sarà il giorno dell'esordio in politica estera con il G7 straordinario convocato in videocall dal premier britannico Boris Johnson. Il suo prestigio internazionale dovrebbe essere anche un'arma dell'Italia per chiedere una forte accelerazione nella distribuzione dei vaccini in Europa. Contro il Covid sono necessari l’unità e la coesione non solo del Paese ma anche della politica. È probabile che il premier faccia riferimento anche al tema del lavoro, con la fine del blocco dei licenziamenti che, al momento, è prevista per il 31 marzo. Al centro ci sarà anche l'ambiente: Draghi ha voluto che il Ministro per la Transizione Ecologica presieda il Comitato interministeriale per il Recovery. Da venerdì, poi, la presidenza Draghi entrerà nel vivo. 

Prove di coalizione tra Pd, M5S e Leu: al Senato nasce l’intergruppo

Una maggioranza nella maggioranza: nasce in Parlamento l'intergruppo Pd, M5s e Leu per promuovere iniziative comuni, a partire dal Senato, dove oggi si vota la fiducia al governo Draghi e dove il dissenso nei Cinque Stelle è più forte. L'operazione vuole gettare le basi per un'alleanza più strutturata e per molti rappresenta una anche una sfida anche a Lega e FI, che siedono allo stesso tavolo in Cdm e che in risposta nelle stesse ore riuniscono i loro vertici. Matteo Salvini rivendica l’unità con gli azzurri e con Fratelli d'Italia e continua a mostrare un doppio registro; mentre organizza incontri con tutti i leader, a partire da Nicola Zingaretti, e si mostra collaborativo, riesce anche ad attaccare l'euro: “Solo la morte è irreversibile”, dice il Capitano a chi gli chiede se abbia archiviato le posizioni contro la moneta unica ora che è Gl governo con l'ex presidente della Bce. E ancora, dice di aspettarsi che Draghi “rilanci” il Ponte sullo Stretto. Nicola Zingaretti risponde affermando che l'importanza di una politica monetaria unitaria dovrebbe essere cosa “superflua” da ricordare; il segretario Dem promette però di voler dare seguito alle richieste del nuovo presidente del Consiglio e di non voler ingaggiare “guerriglie quotidiane”, anche se le distanze con la Lega restano tutte, non si stanca di ripetere. Vuole guardare ai contenuti, osserva, e per questo può essere utile anche un'alleanza parlamentare come quella con 5S e Leu. I tre gruppi rivendicano l'esperienza del governo Conte II e si preparano a coordinare l’attività parlamentare per cominciare: s’incontreranno prima di ogni conferenza dei capigruppo per trovare un'intesa sul calendario dei lavori e anche per cercare una sintesi al momento della presentazione degli emendamenti a ogni provvedimento. 

Allo studio anche un documento programmatico: potrebbe essere un testo abbastanza breve, di un paio di pagine, nel quale ribadire le priorità per combattere l'emergenza sanitaria, economica e sociale e per concretizzare la transizione ecologica e l'innovazione digitale. Plaude Giuseppe Conte, che parla di un'iniziativa “giusta e opportuna” per rilanciare “l'esperienza positiva di governo che si è appena conclusa”. Ma lo sguardo più che essere rivolto al passato deve essere proiettato avanti e punta a delineare il perimetro identitario di una futura alleanza, spiega chi ha lavorato all'operazione. Fuori i partiti del centrodestra e anche Italia Viva; il partito di Matteo Renzi non sembra intimorito, al contrario: si tratta di una scelta che “apre una prateria per chi vuole costruire la casa dei riformisti. Italia Viva c’è e ci sarà. Per il riformismo, contro il populismo”, avverte Ettore Rosato. Anche dentro il Pd c’è chi non apprezza la mossa; la minoranza, che spinge per il congresso del partito, mette in guardia da quelle che appaiono come “fughe in avanti”: non è il momento, scrivono in una nota Vincenzo D'Arienzo, Tommaso Nannicini e Francesco Verducci, di fare “forzature”. Il centrodestra sorpreso dall'iniziativa rivendica di avere da tempo dato vita a un coordinamento: l'ipotesi di creare una cabina di regia strutturata fra Lega e Fi, lasciando fuori FdI, complicherebbe la costruzione del puzzle delle alleanze alle amministrative, si rileva nei due partiti.  

È totonomi sui sottosegretari: liste lunghe dei partiti e tante conferme

Fatta la squadra dei ministri, l'attenzione si sposta sul sottogoverno. Nelle intenzioni del premier Mario Draghi, dovrà essere equilibrata, di 40 persone, con una divisione certosina dei posti: 13 al M5S, forza parlamentare numericamente più rilevante, 7 ciascuno a Pd, Lega e Forza Italia, un paio a Italia viva, 1 a Leu, 1 al Maie, 1 al gruppo delle Autonomie, 1 a +Europa e Azione e 1 ai centristi. Alla lista lavorano soprattutto i capigruppo con i leader dei rispettivi partiti. Sui nomi non ci dovrebbero essere grandi sorprese, soprattutto da Pd e M5S, che proveranno a riconfermare buona parte del team che ha lavorato nel Conte II, con innesti di figure femminili in quota dem per equilibrare “l'errore” nelle caselle dei Ministri. I Cinque Stelle premono perché Laura Castelli resti al Mef a vigilare sui conti pubblici, mentre il Nazareno punta su Antonio Misiani e Maria Cecilia Guerra. Per il Viminale il pressing della Lega è spietato con le candidature di Nicola Molteni e Stefano Candiani, ma l'ex maggioranza prova a resistere riproponendo come vice di Luciana Lamorgese Mauro Mauri, Vito Crimi e Carlo Sibilia, facendo leva sulla continuità del lavoro. Per il capo politico del M5S, però, potrebbero aprirsi anche le porte del Ministero della Giustizia, a guardia della riforma della prescrizione, sebbene per Largo Arenula sia competitiva anche la concorrenza di un'altra esponente pentastellata, Federica Dieni; senza dimenticare Francesca Businarolo, presidente della commissione Giustizia della Camera nella prima parte della legislatura. 

Sempre restando in ambito Cinque Stelle, Stefano Buffagni è un nome caldo sia per Mise che per la Transizione ecologica, così come Pierpaolo Sileri resta in pista per la Salute. Salgono le quotazioni di Maria Soave Alemanno per gli Affari regionali e di uno tra i giovanissimi Luigi Iovino (Politiche giovanili o Sud) e Marco Carabetta (Transizione ecologica). Corsa a due in Azione e +Europa per un posto da sottosegretario: a contenderselo sono Matteo Richetti (Mise) e Riccardo Magi (Cultura). Stesso discorso per Leu, che spera ancora di spuntare due posti: Francesco Laforgia ai Rapporti con il Parlamento e Rossella Muroni alla Transizione ecologica; questo significherebbe sottrarne uno a Italia viva, che deve scegliere tra Ettore Rosato (Difesa) e Maria Elena Boschi (Esteri), con l'attuale vice presidente della Camera in leggero vantaggio sulla collega, ma nel partito renziano resiste anche la candidatura di Gennaro Migliore per Largo Arenula. Nel centrodestra, invece, Forza Italia spera nella nomina di Valentino Valentini alla Farnesina e Francesco Paolo Sisto alla Giustizia. La Lega prova a far rientrare Edoardo Rixi al Mit e Massimo Bitonci al Mise. Restano poi da definire la Difesa, dove Angelo Tofalo (M5S) potrebbe ricomporre l'asse con il ministro Guerini, la Salute dove potrebbe approdare Gian Marco Centinaio (Lega) e le Infrastrutture e trasporti, dove potrebbe rimanere il pentastellato Gian Carlo Cancelleri. Per l'Editoria, invece, ha buone chance di ottenere la conferma il dem Andrea Martella. Infine, per la squadra del Pd restano valide le candidature di Marina Sereni (Esteri), Anna Ascani (Istruzione), Simona Malpezzi (Rapporti con il Parlamento). Ovviamente l'ultima parola spetta al premier Draghi. 

È tensione nel Pd su rappresentanza femminile. Zingaretti apre a vicesegretaria

La questione della rappresentanza femminile continua ad agitare il Pd. Dopo le polemiche legate alla mancanza di donne nella componente Dem del governo Draghi, 30 dirigenti Democratiche chiedono la convocazione urgente della Direzione del partito. Il segretario Nicola Zingaretti apre alla possibilità che il ruolo di numero due del Nazareno, lasciato libero da Andrea Orlando neo ministro del Lavoro, venga assegnato a una donna: “Sono a favore”, dice Zingaretti che chiede “una discussione coraggiosa per far fare a tutti un passo in avanti. Parlo agli uomini del Pd: è accaduto, è grave e non deve più accadere”. “La presenza delle donne nelle istituzioni, nella politica, nei vertici delle aziende, nel mercato del lavoro, è uno dei test della qualità della democrazia di un paese”, scrivono le donne del Pd; “L'assenza di ministre del Partito democratico nel governo Draghi ha sollevato una forte reazione negativa nelle nostre iscritte e nostri iscritti e tra le nostre militanti e i nostri militanti. Ha determinato una caduta di autorevolezza nei rapporti con le associazioni e l'intera società”, continuano le donne Pd che chiedono un “confronto negli organismi dirigenti sulla necessità della costruzione di un partito di donne e uomini”. L'appello delle donne Dem è firmato da Titti Di Salvo, Margherita Ambrogetti Damiani, Franca Anzani, Caterina Biti, Laura Boldrini, Enza Bruno Bossio, Luisa Ciambella, Lucia Ciampi, Chiara Gribaudo, Barbara Gualtieri, Valeria Fedeli, Claudia Giuliani, Cristina Lodi, Mary Longano, Monica Lotto, Giulia Mazzarelli, Simona Malpezzi, Alessandra Moretti, Alessia Morani, Isabella Murtas, Martina Nardi, Stefania Pezzopane, Marilena Rizzo, Alessia Rotta, Daniela Spinaci, Assunta Tartaglione, Roberta Vallacchi Maria Rosa Vitiello e Giulia Zangrando. 

Al Senato

Dopo che sabato mattina il primo Governo Draghi ha giurato al Quirinale, l’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi oggi alle 10.00 per le Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi e conseguente dibattito e voto di fiducia. Per quanto riguarda le Commissioni, la Lavori pubblici proseguirà il ciclo di audizioni sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione degli interventi infrastrutturali. 

Alla Camera

L’Aula della Camera tornerà a riunirsi oggi alle 11.30 per ricevere le Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi e domani per il voto di fiducia. Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali, in sede riunita con la Bilancio, entrerà nel vivo delle votazioni del cosiddetto decreto proroga termini. 

Sul Milleproroghe si lavora a poche modifiche. Certa la fiducia

Le poche modifiche mirate andranno individuate entro venerdì, giorno in cui s’inizierà probabilmente a votare; nel caso la nuova maggioranza non raggiunga un accordo, si procederà senza ritocchi al testo, o meglio saranno posti ai voti e approvati i soli emendamenti presentati dal Governo per travasare il decreto Riscossione e la manovra correttiva; non è escluso che in aula il Governo Draghi ponga la sua prima fiducia. È questa l'ipotesi che si fa largo alla Camera riguardo all'esame del decreto Milleproroghe, fermo per settimane nelle Commissioni Affari costituzionali e Bilancio alla Camera in attesa della nascita dell'Esecutivo Draghi. Gli assetti politici sono cambiati, sia nel Governo sia nella maggioranza parlamentare, il tempo a disposizione è poco (il decreto scade a inizio marzo e deve passare ancora al Senato), dunque per chiudere l'esame nelle Commissioni serve un accordo incentrato su modifiche precise, “Poche e mirate”, dicono alcuni parlamentari che hanno in mano il dossier. A gennaio erano stati depositati oltre 2.500 emendamenti, poi ridotti a 900 tra inammissibilità e segnalazioni da parte dei partiti. Giuseppe Brescia del M5S e Fabio Melilli del Pd, presidenti delle due Commissioni, hanno assunto l'incarico di relatori al posto dei colleghi Valentina Corneli (M5s) e Pietro Navarra (Pd), come richiesto di alcuni gruppi che contestualmente al cambio di maggioranza avevano evidenziato l'opportunità che fossero i presidenti ad assumere il ruolo. I due nuovi relatori dunque hanno chiesto un'ulteriore riduzione delle proposte di modifica da votare, ma i deputati di Fratelli d'Italia si sono detti contrari e hanno chiesto di mantenere gli emendamenti della prima scrematura. Il numero è comunque sceso a poco più di 220 proposte di modifica. 

I super segnalati sono la base di partenza delle riunioni che si susseguiranno nelle prossime ore. Sono previsti, infatti, dei tavoli di confronto con i capigruppo di maggioranza delle varie Commissioni per chiarire su cosa puntare. L'intento è quello di porre in votazione sono le modifiche che hanno davvero chance di passare, le altre rimarranno agli atti e non verranno votate, come è il caso dei tre emendamenti sulla prescrizione. Se tutto procedesse secondo i piani, l'esame in Commissione potrebbe chiudersi molto velocemente, addirittura entro venerdì sera. Non è escluso, però, che Fratelli d'Italia non accetti il patto sugli emendamenti e che si proceda illustrandone uno a uno: in quest'ultimo caso i tempi saranno più lunghi. Non è neppure detto che la maggioranza appena formatasi riesca a raggiungere un accordo sulle modifiche mirate: nel caso di no deal si procederà approvando solo i due emendamenti del Governo, che introducono il dl Riscossione e la manovra correttiva, e che non possono non essere approvati. La maggioranza punta a portare il provvedimento in aula entro la prossima settimana. Il Senato dovrà letteralmente correre per poter chiudere l'esame in tempo prima della scadenza, il 1° marzo. 

 



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