Al G20 Meloni ha incontrato il Presidente cinese Xi Jinping

Giorgia Meloni chiude il G20 di Bali incontrando il presidente della Cina Xi Jinping dopo che il giorno prima aveva visto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. Al termine di un G20 che aveva tutte le premesse per “fallire” e invece è stato un “successo”, soprattutto sul fronte della condanna alla Russia e dell'accordo sul grano, nella delegazione italiana si respira soddisfazione per il numero e la qualità dei bilaterali inanellati nelle 48 ore. Certo, l'atteso chiarimento con Emmanuel Macron dopo lo scontro sui migranti non c'è stato ma “non abbiamo bisogno di arrivare a Bali per questo”, taglia corto la premier in un rapido incontro con la stampa. Della questione Meloni ha investito piuttosto il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, come a dire che la gestione dell'immigrazione irregolare non è questione tra Italia e Francia ma riguarda tutti i Paesi europei; per la premier il G20 in ogni caso non è il luogo adatto a dirimere “querelle” solo europee, meglio quindi concentrarsi sui rapporti con i Paesi meno vicini ma con cui si possono avere rapporti “interessanti”, come l'Australia o il Canada, o ancora la Turchia di Recep Tayyip Erdogan. Nello snocciolare l'elenco degli incontri Meloni sottolinea che l'Italia è stata “protagonista” del vertice, e non solo per la “curiosità” e l'interesse suscitato dal fatto di essere l'unico paese guidato da una donna, ma anche perché il suo governo “solido e stabile” ha un orizzonte “lungo” cui guardare.

L'Italia peraltro è pronta a coltivare non solo i rapporti storici e cruciali come quelli con gli Usa, ma di fatto si propone come un ponte verso quell'Asia che nei prossimi dieci anni farà il 30% del Pil e sarà il 60% del mercato e quindi non può essere ignorata. Una posizione accolta con un certo entusiasmo da Pechino, che dopo il faccia a faccia evidenzia la presenza di una delegazione di “alto livello” all'incontro, il ministro degli Esteri Wang Yi e il governatore della Banca centrale Yi Gang. Da entrambe le parti il colloquio è definito “molto cordiale”. Nel bilaterale non i due non hanno discusso di temi spinosi come la questione di Taiwan o la Nuova via della Seta; entrambi i Governi però si sono detti pronti a “promuovere gli interessi economici reciproci” a partire proprio dalle esportazioni italiane in Cina, come spiega Palazzo Chigi mentre da Pechino si dicono pronti a “importare beni italiani di alta qualità” oltre a dirsi disponibili a “rafforzare la collaborazione” in consessi multilaterali come il G20, anche su un tema che non sempre ha trovato unito est e ovest come quello della guerra in Ucraina. Le basi per la cooperazione, ribatte Pechino sono solide e Roma può avere un ruolo attivo anche per i rapporti tra il Dragone e l'Europa. Per cominciare l'Italia sarà quindi ospite d'onore alla China International Consumer Goods Expo 2023 e lei presto volerà a Pechino dove Xi l'ha ufficialmente invitata.

In Parlamento Piantedosi chiede una svolta europea sui migranti

Ci sono “sfide epocali che non possono essere affrontate dai singoli Stati”. È quindi arrivato il tempo che l'Unione Europea “sviluppi una grande politica per le migrazioni”, perché finora l'Italia è stata penalizzata, con il Canale di Sicilia che è “la principale rotta degli ingressi illegali” nel Continente. Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi nella sua informativa alle Camere rivendica la strategia del Governo “ispirata a umanità e fermezza”, ribadisce che le navi ong costituiscono un “fattore d'attrazione” dei flussi e raffredda la temperatura dello scontro con la Francia, dopo il caso Ocean Viking. Intanto da Bruxelles arrivano aperture: “Siamo pronti a dare sostegno e ad aiutare in questa situazione”, ha assicurato la Commissaria agli Affari interni Ylva Johansson, mentre la premier francese Elisabeth Borne riconosce che le navi ong “fanno un lavoro importante ma una cooperazione più fluida e trasparente con i poteri pubblici è indispensabile”. In Parlamento il Ministro dell'Interno rimarca che “Non abbiamo nessuna intenzione di venir meno ai doveri di accoglienza e solidarietà, ma in Italia non si entra illegalmente e la selezione di ingresso non la fanno i trafficanti di esseri umani”. 

Piantedosi rileva come il sistema di accoglienza sia messo sotto pressione dagli sbarchi, cresciuti del 64% rispetto al 2021 (93mila arrivi) e i Prefetti segnalano difficoltà a reperire ulteriori posti. Inoltre, la maggior parte dei migranti “è spinta da motivazioni di carattere economico e, quindi, non ha titolo a rimanere sul territorio nazionale”. Quanto alle navi ong, l'ex prefetto invoca un “maggior coinvolgimento dello Stato di bandiera dell'imbarcazione: non può essere un soggetto privato a scegliere il Paese dove sbarcare i migranti”. Una frecciata il Ministro la riserva anche agli “Stati che esortano l'Italia ad accollarsi gli oneri dell'accoglienza, ma sono tra i fautori più intransigenti, in sede europea, del contrasto ai movimenti secondari e tra i principali oppositori al mutamento del regime di asilo di Dublino”. Più in generale, serve “una nuova politica europea”, visto che il meccanismo volontario di solidarietà per i ricollocamenti ha dato risultati “del tutto insoddisfacenti”. 

Il Ministro ha ribadito che mentre si portano avanti trattative con Bruxelles e gli altri paesi dell’Ue, il Governo pensa a nuovi provvedimenti in materia di migranti. Piantedosi rileva tuttavia che “le norme le scrive il Parlamento”, sembrando così chiudere la strada all'ipotesi di un decreto legge, dopo le polemiche seguite a quello contro i rave. Si agirà però sul decreto flussi, che riserva quote d'ingresso a una serie di Paesi, rivedendo i meccanismi previsti in modo da premiare gli Stati che garantiscano “concretamente la loro collaborazione nella prevenzione delle partenze e soprattutto nell'attuazione dei rimpatri”. Saranno inoltre rafforzati i corridoi umanitari per i vulnerabili. Tra Camera e Senato pieno sostegno della maggioranza all'informativa del Ministro, critiche dall'opposizione: “Deve decidere se agisce come capo gabinetto di Matteo Salvini o come ministro della Repubblica che fa politica e la fa per la Nazione”, attacca il leader di Azione Carlo Calenda.

Il Governo è al lavoro sulla legge di bilancio che lunedì sarà in Cdm

Dieci anni, anziché quattro, per la cessione dei crediti d'imposta legati al superbonus. La soluzione per tentare di sbloccare lo stallo dei cassetti fiscali può arrivare nel decreto aiuti quater, che il Governo ha già varato una settimana fa ma su cui sta definendo alcuni significativi ritocchi prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ora che il Parlamento ha completato l'esame del dl aiuti ter. Il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ribadisce però che, “salvo il pregresso, lo Stato non può continuare a garantire il ritmo del credito d'imposta attuale. Bisogna capire se da parte del sistema bancario arriva un’opportuna proposta”.

L'obiettivo della maggioranza è anche definire meglio i tempi della stretta sul superbonus dal 110% al 90%, un lavoro intenso che prosegue in parallelo a quello sulla legge di bilancio, attesa per lunedì in Cdm: “Dobbiamo fare presto”, il messaggio di Giorgetti da Bali. Poi andrà gestita una corsa contro il tempo, con prevedibili fibrillazioni nella coalizione lungo l'iter parlamentare. Al Mef stanno completando i calcoli per quantificare le risorse a disposizione: si parte dai 21 miliardi in deficit, cui potrebbero sommarsi i fondi strutturali non usati (5-7 miliardi), quelli derivanti da una stretta al Reddito di cittadinanza (su cui la Lega “proporrà importanti tagli a sprechi, furbetti e truffatori” come annunciato dal vicepremier Matteo Salvini), dall'anticipo del superbonus e dalla tassa sugli extraprofitti. Il piano è aumentare il contributo straordinario dal 25% al 33%, misurando l'extraprofitto sull'utile e si sta riscrivendo la norma del governo Draghi.

La gran parte delle risorse sarà destinata alla lotta al caro energia. Il resto servirà anche a misure bandiera: incentivi alla natalità, attraverso modifiche all'assegno unico; conferma del forfettario per gli autonomi con aumento della soglia a 85.000 euro, mentre difficilmente ci sarà spazio per la flat tax incrementale per i dipendenti; tregua fiscale sulle cartelle fra mille e 3mila euro; riattivazione della società Stretto di Messina spastop a plastic e sugar tax chiesto da Forza Italia. Sul cuneo fiscale l'obiettivo è trovare risorse per confermare il taglio di due punti, mentre sulle pensioni si pensa a una soluzione, 41 anni di contributi e 61 o 62 di età. Intanto, impegnato in una ricognizione sugli obiettivi del Pnrr con gli altri Ministri, Raffaele Fitto ha chiesto conto a loro e ai presidenti delle Regione di quanto sia stato speso dei fondi strutturali Ue 2014-2020 e del fondo di sviluppo e coesione. Su quei calcoli, attesi nelle prossime settimane, il Governo conta di costruire un tesoretto. 

Al Senato parte l’esame del decreto rave. Primo test per la maggioranza

Il primo provvedimento del governo Meloni, il cosiddetto decreto rave e sul reintegro dei medici no vax, ha iniziato il suo iter parlamentare che metterà alla prova la compattezza della maggioranza su due temi sensibili, il garantismo e la gestione del Covid, e che metterà alla prova anche l'efficacia dell'opposizione. Una cosa è certa: il decreto cambierà nella parte riguardante i rave, perché su questo è d'accordo l'intero centrodestra, ma quanto si allontanerà dal testo originale dipenderà dal braccio di ferro tra FI e FdI-Lega. In Commissione Giustizia del Senato la presidente e relatrice Giulia Bongiorno (Lega) ha svolto la relazione illustrativa del decreto ed ha chiesto ai gruppi di indicare i soggetti da ascoltare in audizione: è arrivato un numero elevatissimo di richieste, oltre 40, che saranno sforbiciate, ma che indica la volontà di Pd e Verdi-Si di non mollare la presa, e di FI di mettere i puntini sulle i sulla questione del garantismo nella parte riguardante i rave. È quest'ultima la parte più delicata, che lo stesso Governo ha detto che si può migliorare. 

Il decreto introduce un nuovo reato che punisce con il carcere da 3 a 6 anni “l'invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l'ordine pubblico o l'incolumità pubblica o la salute pubblica”, una definizione troppo ampia che non riguarda solo i rave ma potenzialmente anche l'occupazione di scuole o facoltà da parte di studenti. Di qui la pregiudiziale di incostituzionalità presentata da Verdi-Si e l'emendamento soppressivo annunciato dal capogruppo Pd Alfredo Bazoli. Nel centrodestra c’è d'accordo sulla necessità di “tipizzare” il reato, vale a dire circoscriverlo in maniera stringente per evitare di far incappare raduni che non siano rave. FI chiede anche di abbassare le pene perché sono “sproporzionate”. Tutto il centrodestra è invece d'accordo su un terzo punto, vale a dire la confisca dei beni necessari a realizzare il raduno. Su questi sottili distinguo si giocherà l'accordo e la rottura tra FdI-Lega e FI. Altro tema sensibile è l'articolo che permette il rientro in servizio dei medici no-vax, dato che anticipa la fine dell'obbligo vaccinale per il personale sanitario dal 31 dicembre all'1° novembre. Anche qui, al netto degli emendamenti del Pd, occorrerà vedere come si porrà FI. Lunedì, dopo le parole del sottosegretario Marcello Gemmato che ha messo in dubbio l'efficacia del siero, i capigruppo Licia Ronzulli e Alessandro Cattaneo hanno chiesto che il Governo non abbia “posizioni ambigue” su tale punto.



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