Nonostante il pressing delle Regioni i 21 parametri non cambiano 

I 21 parametri che attribuiscono alle Regioni la collocazione nella zona gialla, arancione o rossa non cambieranno fino alla scadenza del Dpcm attualmente in vigore: sarà un tavolo tecnico tra le Regioni, l'Istituto superiore di Sanità e il ministero della Salute a valutare eventuali modifiche da inserire in un nuovo provvedimento. Il Governo respinge per il momento il pressing delle Regioni che da giorni chiedono di semplificare i criteri, con la conseguenza che il monitoraggio delle prossime ore seguirà lo schema utilizzato finora e potrebbe determinare il passaggio alla zona rossa di altre Regioni: si parla di Puglia, Basilicata, Sicilia e Abruzzo, con Emilia Romagna e Liguria ancora in bilico. Comunque sia, per i prossimi 15 giorni il sistema resta dunque quello attuale anche se il Governo concede un’apertura ai governatori, un coordinamento politico per il prossimo Dpcm. Il perché non si cambia lo ha spiegato Roberto Speranza: “Non va sottovalutata la serietà della situazione, la pressione sugli ospedali” è ancora “molto alta e non si può assolutamente scambiare qualche primissimo e ancora insufficiente segnale in uno scampato pericolo”. “Il cambiamento dei parametri non è dunque in discussione fino al 3 dicembre” ha aggiunto Francesco Boccia. Giuseppe Conte, difendendo il metodo scelto ha però ammesso la necessità di “fare di più” e “rendere ancora più chiari e trasparenti i parametri”.  

Chiarezza chiesta anche dal presidente dell'Anci Antonio De Caro all'assemblea dei Comuni, da cui la decisione di istituire un tavolo tecnico che entro fine novembre dovrà individuare una soluzione che non metta in discussione la scelta dei parametri e allo stesso tempo semplifichi il processo. Se i criteri restano, non significa che non possano esserci una serie di aggiustamenti a livello territoriale prima del 3 dicembre, innanzitutto per quelle Regioni che per prime sono entrare in zona rossa: in Piemonte e Lombardia, ad esempio, già si registrano valori da zona arancione che, se confermati con il monitoraggio del 27 novembre, potrebbero portarle fuori dalle restrizioni più dure. Le Regioni possono inoltre autonomamente intervenire per allentare le misure in quelle province dove il contagio è meno diffuso, una possibilità, come ha ricordato il premier, già prevista dal Dpcm. L''altra questione della riunione tra Governo e Regioni è stato il nuovo Dpcm, quello che dovrebbe dare le indicazioni per il periodo natalizio. Dal premier ai Ministri fino agli scienziati, tutti continuano a ripetere che non sarà un Natale come gli altri e che, seppur con qualche inevitabile concessione, non sarà certo un liberi tutti: “Dobbiamo predisporci ad un Natale più sobrio: veglioni, festeggiamenti, baci e abbracci non sono possibili” ha ripetuto anche oggi Conte. 

Recovery Fund, restano i veti. Gualtieri: Presto bozza piano in Parlamento

Sul Recovery Fund, almeno per il momento, i nodi restano ancora da sciogliere. Il veto di Budapest e Varsavia non si muove: durante l'ennesima riunione in video-conferenza rimane un sostanziale muro contro muro. Il presidente del Consiglio Ue Charles Michel a fine riunione spiega che ci saranno nuove consultazioni, in diversi formati, in vista della prossima riunione in dicembre. La cancelliera tedesca Angela Merkel, cui spetta guidare il semestre che si sta per chiudere, è incaricata di mediare, con l'appoggio della Commissione Ue. Ma i sovranisti dell'Est, l'ungherese Viktor Orban e il polacco Mateusz Morawiecki, non si smuovono e anzi trovano un alleato nello sloveno Janez Jansa, che però non formalizza un terzo veto. L'Ufficio per la comunicazione internazionale del premier magiaro, su Twitter, fa sapere che “il Governo di Budapest ha posto il veto sul pacchetto di bilancio Ue in linea con la sua posizione comunicata già nel summit di luglio”: le capitali dell'Est non vogliono vedersi negati i fondi perché, a giudizio della Commissione Ue, non rispettano lo stato di diritto. Per cercare di convincere Budapest, Varsavia e Lubiana, la Francia minaccia di chiudere l'accordo a 25, lasciando fuori i due Paesi: anche in questo modo, non avrebbero accesso ai fondi. Ma una spaccatura così plateale, paradossalmente, potrebbe avere conseguenze destabilizzanti per l'intera Unione Europea. 

Il premier Giuseppe Conte, a fine riunione, si limita ad uno stringato messaggio: “Governi e Commissione Europea lavorano in stretto coordinamento per superare la nuova ondata”. L'Italia, che di fondi ha disperato bisogno, continua a ostentare ottimismo: “C'è una prospettiva concreta di arrivare a una sintesi, e dunque all'adozione del regolamento che disciplina le modalità di funzionamento della Recovery and Resilience Facility, in prima lettura, nella sessione plenaria del Parlamento europeo del 14-17 dicembre”, dice il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri. L'esecutivo di Roma, prosegue Gualtieri, “sta lavorando in modo intenso al piano di rilancio dell'Italia, in coordinamento con l'Unione europea”. A breve si riunirà nuovamente l'apposito Comitato che deve preparare la bozza del piano nazionale (in gergo tecnico, Pnrr), che sarà inviato al Parlamento “prima della fine di novembre”, assicura il ministro in audizione in Senato. Giuseppe Conte spiega di essere in costante contatto con la Commissione Europea e che “fino alle undici di ieri sera abbiamo lavorato sulla struttura normativa”. Quindi, riferendosi ai giornali che parlano di ritardi italiani, tuona contro “una fake news che viene da Bruxelles, inventata di sana pianta”. 

Il Governo è pronto a varare altri tre decreti per far fronte all’emergenza

Un decreto Ristori ter da 1,3 miliardi, un nuovo scostamento di bilancio per finanziare con altri 7 miliardi un decreto Ristori quater e la richiesta a gennaio di autorizzare altri 20 miliardi di deficit, per finanziare un decreto 2021: cresce di ora in ora il costo della crisi Covid. Mentre la manovra da 38 miliardi deve ancora iniziare il suo percorso in Parlamento, il Governo si prepara a stanziarne quasi altrettanti, da qui ai primi mesi del prossimo anno, per far fronte alle difficoltà delle aziende e delle famiglie costrette a fermarsi per bloccare la curva del contagio. Il Governo, ribadisce Giuseppe Conte ai sindaci, farà “tutto quel che serve” per dar fiato all'economia. Ma sulle misure economiche, come sul piano di rilancio, col passare dei giorni aumentano le tensioni in maggioranza e un vertice notturno viene convocato dal premier, con Roberto Gualtieri, per dirimere la matassa delle prossime misure per tamponare la crisi più grave dal dopoguerra. Le ipotesi di lavoro sono più d'una, in vista del Consiglio dei ministri convocato per questa mattina, ma col passare delle ore si fa largo l'idea di riempire il salvadanaio delle misure, che si svuota molto più in fretta di quanto preventivato, un po' per volta. 

Ecco perché nel giro di un mese potrebbero arrivare altri tre decreti, che si aggiungono ai due Ristori approvati il 27 ottobre e il 7 novembre, a meno che non si riesca a finanziare l'ulteriore deficit da 7 miliardi necessario da qui a fine anno senza ricorrere a un nuovo scostamento di bilancio (e al conseguente, sempre rischioso, voto a maggioranza assoluta in Parlamento). Se sarà fattibile, potrebbe arrivare subito un decreto Ristori ter da oltre 8 miliardi, altrimenti servirà un intervento in due step: subito un primo decreto da 1,3 miliardi (risorse non spese nel corso dell'anno) e a fine novembre, dopo il voto del Parlamento sullo scostamento, un decreto Ristori quater. Tecnicismi, ma la sostanza è che si aiuteranno le attività commerciali di tutte le zone diventate rosse o arancioni nel corso di questo mese. E che già si prepara per gennaio una nuova richiesta di deficit per mettere in campo altre 20 miliardi di misure. Conte all'assemblea dell'Anci risponde alle richieste dei Sindaci di fare da subito di più: arriverà, promette, una norma, per permettere ai Comuni di anticipare aiuti alimentari alle famiglie più bisognose per vedersi restituire le risorse nel 2021. E poi c’è la promessa di congelare anche il prossimo anno la Tosap, la tassa per l'occupazione di suolo pubblico, che grava su bar e ristoranti. 

Centrodestra nel caos, tre di Fi passano alla Lega

Centrodestra nel caos, in un giorno segnato dallo scontro frontale tra Lega e Forza Italia: Matteo Salvini accusa gli azzurri di fare inciuci con il nemico e di pensare ai rimpasti, Silvio Berlusconi, in serata, cerca di gettare acqua sul fuoco, ma invano. Prima parla di “presunte divergenze con forze alleate”, poi però picchia duro ricordando alla coalizione che senza il suo partito in Italia ci sarebbe “una destra isolata e perdente” come il Front National francese. Quindi ribadisce che nessuno intende andare al governo con forze “incompatibili” ma al contempo ammonisce che “discutere del teatrino della politica” è “offensivo” verso il “Paese che soffre”. Giorgia Meloni sceglie la linea della cautela, preferendo accusare il Governo di puntare sul “divide et impera”, ma si dice anche certa che il Cavaliere “non ci casca”. Nel centrodestra, il clima è di rissa, tanto che arrivano anche clamorosi cambi di casacca: Laura Ravetto, ex sottosegretario del governo Berlusconi, Federica Zanella e Maurizio Carrara passano dal gruppo Fi a quello della Lega. Contro di loro l'anatema del Cavaliere; chi gli ha parlato riferisce che non si aspettava l'abbandono di Laura Ravetto visti i ruoli che ha svolto e la lunga militanza in Forza Italia. Poi ha ricordato ai suoi interlocutori che “chi ha lasciato FI non ha mai avuto fortuna altrove”. “Meglio così”, aggiunge ancora in serata parlando dei transfughi. Chi non conosce la “lealtà è meglio che lasci a energie nuove”. Insomma, la disponibilità dell'ex premier a interloquire con il Governo, accogliendo positivamente l'appello del Quirinale all’unità, invece di far fibrillare l'alleanza giallorossa, in affanno di fronte alla crisi sanitaria, provoca un terremoto politico e parlamentare all'interno dell'opposizione. 

Dopo giorni di distinguo e la clamorosa rottura la settimana scorsa al Senato su una norma salva-Mediaset, la tensione esplode di prima mattina, quando Matteo Salvini ai microfoni di Rtl 102,5 accende le polveri. Prima fa i complimenti al giudice Nicola Gratteri che poche ore prima aveva messo ai domiciliari il Presidente del Consiglio regionale calabrese, l'azzurro Domenico Tallini. Quindi, alla domanda su come siano i suoi rapporti con Forza Italia, replica che a lui “interessano i rapporti con gli italiani”. Poi è un torrente in piena, contro il disgelo azzurro nei confronti del Conte 2: Salvini arriva ad accusare di ambiguità direttamente Silvio Berlusconi. Quindi taccia la condotta azzurra di essere fuori linea rispetto a quella dell'opposizione: “La gente chiede al centrodestra di collaborare, di proporre taglio delle tasse. Come centrodestra di questo vorremmo parlare, non di legge elettorale, di rimpasti”. Ma l'ex ministro dell'Interno va oltre, riaprendo la ferita con Forza Italia per quanto riguarda il futuro di Mediaset. Già mercoledì, a freddo, il capogruppo leghista a Montecitorio Riccardo Molinari aveva depositato una pregiudiziale di costituzionalità contro il decreto Covid, in via di approvazione definitiva in Aula. L'obiettivo è bloccare in extremis un testo che già contiene la norma a tutela di Mediaset, mossa che ha provocato la rabbia dei vertici azzurri. 

 



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