Salta l’intesa con l’opposizione, il decreto cura Italia va in aula 

È saltata qualsiasi ipotesi di accordo tra Governo, maggioranza e opposizioni su eventuali modifiche al decreto cura Italia. Tutti gli emendamenti sono stati respinti e si è votato a maggioranza il mandato al relatore, Beatrice Lorenzin. Questa mattina il provvedimento approda nell'Aula di Montecitorio e il Governo porrà, come già annunciato, la fiducia sul testo arrivato dal Senato. Sul tavolo c'era un mini-pacchetto di modifiche su cui si provava a lavorare da giorni ma, nonostante le riunioni che si sono susseguite per metterlo a punto, l'esito ha lasciato insoddisfatti non solo i partiti di opposizione ma anche di maggioranza. Di fatto, nessuno ha potuto toccare palla. L'accordo è “tramontato. Mi dispiace”, avrebbe detto in commissione dopo gli interventi delusi dei deputati il Ministro dei rapporti con il Parlamento Federico D'Incà. Il dem Fabio Mellili ha parlato di “occasione mancata per il Parlamento. Anche se non era facile” per i margini strettissimi “ci abbiamo provato fino alla fine ma il Governo e la maggioranza hanno ritenuto di non poter accogliere alcune proposte dell'opposizione e l'opposizione non si è ritenuta soddisfatta”. Durante il suo intervento Melilli ha auspicato che il lavoro “fatto possa entrare nel decreto aprile”. 

Rammarico anche da parte di Stefano Fassina (Leu): “Si fa fatica a lavorare in questo modo. Ho chiesto un ruolo non formale per questo esame. Mi dispiace”. Massimo Garavaglia della Lega è andato all'attacco: “Manca la consapevolezza della maggioranza che siamo in guerra e non potete trarre vantaggio politico, bisogna pensare al Paese”. “Ci avete preso in giro”, è stato il commento laconico di Fabio Rampelli di Fdi, il quale ha poi rincarato: “In questa situazione di emergenza, come ha sottolineato il presidente della Repubblica Mattarella, occorre condivisione perché stanno saltando tutte le prerogative costituzionali e quindi è obbligatorio condividere le scelte fondamentali che vengono prese. Le nostre proposte sono state respinte oltretutto anche con l'inganno perché su alcune materie prima ci avevano dato un giudizio positivo che poi è venuto meno alle 20:30 di stasera”. “È finita la Commissione. Nulla di fatto. Il testo del cura Italia rimane quello del Senato e andrà in Aula così”, ha scritto su twitter il presidente della commissione Bilancio della Camera Claudio Borghi della Lega.  

Alla Camera

L’Assemblea della Camera tornerà a riunirsi alle 11.00 per l’esame del decreto Cura Italia; come di consueto alle 15.00 saranno svolte le interrogazioni a risposta immediata.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Finanze, assieme alla Attività Produttive, ascolterà i rappresentanti della Guardia di finanza e il Direttore dell'Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini sul cosiddetto decreto liquidità. La Cultura alle 18.00 ascolterà il Ministro dell'università e della ricerca Gaetano Manfredi sulle iniziative di competenza del suo dicastero per fronteggiare l'emergenza epidemiologica in corso e alle 19.00 proseguirà l’audizione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini sulle iniziative di competenza del dicastero nel settore. La Affari Sociali si confronterà sullo schema di decreto legislativo sulle norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti e, con la Lavoro, esaminerà lo schema di decreto legislativo sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni durante il lavoro.

Al Senato

L’assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 9.30 per la discussione delle interrogazioni a risposta immediata.

Per quanto riguarda le Commissioni, la Istruzione svolgerà diverse audizioni sul decreto relativo alle misure urgenti sulla regolare conclusione e l'ordinato avvio dell'anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato. L’Industria si confronterà sullo schema di decreto legislativo sulla prestazione energetica nell'edilizia e sull'efficienza energetica, e sullo schema di decreto legislativo sull’utilizzo dei termini cuoio, pelle e pelliccia e di quelli da essi derivati e la relativa disciplina sanzionatoria. 

La Salute si confronterà sullo schema di decreto legislativo sulle norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti e, con la Lavoro, esaminerà lo schema di decreto legislativo sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni e mutageni durante il lavoro. Infine la Politiche dell’Ue riprenderà il dibattito sulla Legge di delegazione europea 2019 e sulla relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2020.

Conte parla alle Camere e non chiude al Mes

“Rifiutare questa nuova linea di credito significherebbe fare un torto a questi Paesi che ci affiancano nella battaglia”: è solo un breve passaggio del discorso di Giuseppe Conte alla Camera e al Senato che indica una possibile apertura del Governo al Fondo Salva Stati. È una via stretta che però basta per mettere in affanno il Movimento 5 stelle e far esultare il Partito Democratico: “Vittoria su tutta la linea”, spiega un big del Pd, “Conte ha detto chiaramente che l'Italia non rifiuterà il Mes”. In realtà non è emerso un sì netto, anche perché il presidente del Consiglio attende di capire se veramente sarà senza condizionalità. Per ora i pentastellati hanno abbassato la guardia e ribadito a più voci la loro fiducia nel premier; lo stesso Alessandro Di Battista ha usato toni meno forti, pur rimarcando che “la spirale del Pil, del debito e dell'Ue può costringerci a un Mes con fortissime condizionalità”. Conte insomma non chiude la porta ma punta ad altro, a quei Recovery bond che, sommati agli altri strumenti messi a disposizione dall'UE, servirebbero a dare subito fiato all'Italia, perché, questa la linea del presidente del Consiglio, quei fondi potrebbero servire subito, non dal prossimo gennaio. Conte alle Camere ha spiegato che il Consiglio Ue “non sarà risolutivo”, anche se “dovrà dare un indirizzo chiaro”. 

Sul Mes la discussione dovrà avvenire “in modo pubblico, trasparente, in Parlamento, al quale spetterà l'ultima parola”. Ecco la sfida e l'apertura anche a quell'opposizione responsabile che troverà sempre la porta aperta. Si guarda a Forza Italia, a Silvio Berlusconi visto che Matteo Salvini e Giorgia Meloni non hanno risparmiato certamente critiche all'operato dell'esecutivo. Dunque, anche se il premier ha definito il vecchio Mes inaccettabile, non ha affondato il nuovo Mes: “Bisogna però attendere l'elaborazione dei documenti predisposti per erogare questa linea di credito. Solo allora potremo discutere se il relativo regolamento può essere o meno opportuno agli interessi nazionali”. Viene reiterato l'appello alla Ue e all'Eurozona perché “non possono permettersi di ripetere gli errori commessi nella crisi finanziaria del 2008”. Ma il presidente del Consiglio è consapevole che occorre valutare tutte le strade; del resto il pressing è forte non solo tra i renziani ma anche tra i gruppi parlamentari del Pd.

Nicola Zingaretti loda Conte e manda un messaggio a chi pensa di utilizzare la partita europea per piantare bandierine. “Chi indebolisce la maggioranza ne risponderà”, dice il segretario del partito del Nazareno, “un Paese unito è un Paese credibile. Il tema è ricostruire la credibilità dell'Italia”. Per il Commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni “Il Mes è una linea di credito per sostenere la spesa sanitaria e i nostri ospedali e l'unica condizione per questa linea di credito è che siano spese dedicate alla sanità”. I dem sono dunque dell'idea di evitare autogol in Europa. I gruppi parlamentari del Pd, soprattutto quello al Senato, non nascondono un certo malessere sull'atteggiamento dei pentastellati, soprattutto di chi mette a rischio la collocazione euro-atlantica dell'Italia: nel mirino Di Battista ma anche Di Maio, nessuno però mette in discussione Conte. 

Colao ha finito il lavoro per la fase 2: arriva il piano nazionale per le aperture

Un piano omogeneo in tutta Italia, dal 4 maggio, per riaprire le attività produttive e per regolare il trasporto pubblico: è un primo, parziale, allentamento delle regole che hanno tenuto milioni d’italiani dentro casa, fermo restando che bisognerà indossare la mascherina e tenere il distanziamento “finché non ci sarà una cura o un vaccino”. Il premier Giuseppe Conte presenterà entro la fine di questa settimana il programma per la fase 2. A ore la task force guidata da Vittorio Colao e il Comitato tecnico scientifico consegneranno al Governo il risultato del loro lavoro, che sarà la base per ogni decisione. Poi il premier vedrà Enti locali e parti sociali con un'idea di partenza: le linee guida, come chiedono i governatori del Nord, saranno nazionali, ma saranno possibili norme più restrittive a livello locale nelle aree rosse in cui l'indice di contagio metta a rischio la tenuta del sistema sanitario. 

Conte interviene su Facebook poco dopo le sette del mattino, per placare l'impazienza di cittadini, imprenditori e Regioni che premono per riaperture dal 27 aprile: “Piacerebbe anche a me poter dire: riapriamo tutto, subito. Ma sarebbe irresponsabile”, scrive. “Non permetterò mai che si creino divisioni tra Nord, Sud, Centro e Isole”, assicura rivolto a chi, come Luca Zaia, da giorni denuncia un tentativo di isolare le regioni del nord. E anche in Aula al Senato e alla Camera, nel pomeriggio, di fronte a parlamentari leghisti battaglieri, parla di regole omogenee. Ma è vero che si dovrà tenere conto “delle peculiarità territoriali”, perché il sistema di trasporto in Basilicata non è quello della Lombardia e la capacità degli ospedali di reggere l'urto del contagio non è uguale ovunque. Perciò, spiega, si lavora a un piano sanitario su quattro assi: distanziamento sociale e mascherine; potenziamento di servizi di prevenzione e Rsa; Covid Hospital; tamponi e test sierologici; teleassistenza e mappatura dei contagi con un'app che non sarà obbligatoria. 

Fondamentali saranno i dati sulla curva del contagio. Se si supererà la soglia, scatteranno nuove chiusure, anche limitate a singole aree. Non è ancora deciso se le restrizioni per le aree rosse scatteranno in automatico, né se le scelte spetteranno alle Regioni, che se ne assumerebbero la responsabilità, o al Governo. Potrebbero esserci aggiornamenti del piano ogni 15 giorni. Di sicuro più andrà giù il contagio e terrà il sistema sanitario, più ci si avvicinerà alla normalità; più saliranno i contagi più aumenteranno le restrizioni. Le soluzioni in concreto per le riaperture sono affidate agli esperti: entro venerdì dovrebbe riunirsi la cabina di regia con gli enti locali. Dovrebbero restare limiti agli spostamenti tra le Regioni ma l'allentamento per i cittadini potrebbe riguardare la possibilità di recarsi nelle seconde case, di andare al parco e a trovare parenti e a correre da soli anche lontano da casa. Quanto alle attività produttive, ci sarà una forte spinta allo smart working e regole per gli uffici, con l'indicazione di evitare le riunioni e distanziare le postazioni. Ma lo snodo cruciale rimane ancora il trasporto pubblico.



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