Conte esclude il rimpasto e riunisce i capi delegazione sul 5G

Una prima occasione di confronto, ufficialmente per parlare di 5G, diventa occasione per fare il punto sulle nuove prospettive del Governo dopo il voto su referendum, regionali e amministrative. Al vertice di Palazzo Chigi partecipano i capi delegazione di maggioranza Dario Franceschini, Alfonso Bonafede, Roberto Speranza, Teresa Bellanova, oltre ai Ministri Roberto Gualtieri, Luigi Di Maio, Enzo Amendola, Stefano Patuanelli, Lorenzo Guerini e il sottosegretario Riccardo Fraccaro. Il Pd, rappresentato nell'esecutivo da Franceschini, vorrebbe un segnale forte: al primo Consiglio dei ministri utile, l'approvazione delle modifiche ai decreti sicurezza su cui già è stata siglata un'intesa di massima. Non lontano da Palazzo Chigi, intanto ribolliva la rabbia pentastellata: non tutti vedono bene un cambio di passo sull'immigrazione. Il premier Giuseppe Conte, comunque, si è già detto disponibile a modificare i testi, nonostante i malumori di alcuni pentastellati. Rimane il fatto che non si placa il tam tam su un possibile rimpasto per rispecchiare gli equilibri politici usciti dalle Regionali: “Ho una squadra che sta lavorando con concentrazione ed efficienza e mi ritengo pienamente soddisfatto. E in ogni caso nessuna forza politica me lo ha chiesto”. 

Più che un rimpasto, argomenta il premier, si sta cercando il rilancio. Rilancio che passa forzatamente per il Recovery Plan che sta lentamente prendendo forma nelle interlocuzioni tra Roma e Bruxelles. Guarda a Washington, invece, la riunione sul 5G voluta dei capi delegazione. La settimana prossima, martedì e mercoledì, il segretario di Stato Usa Mike Pompeo sarà a Roma e in Vaticano; il 5G, tecnologia attraverso cui passano conversazioni e informazioni sensibili, non deve cadere in mani cinesi, avverte la Casa Bianca di Donald Trump di cui Pompeo sarà portavoce. Conte vuole che le forze di maggioranza siano compatte sugli orientamenti dell'esecutivo. Il ministro Vincenzo Amendola, spiegando che “i dati sono il nuovo petrolio”, spinge perché non solo l'Italia, ma l'intera Europa, sia molto rigida nei controlli: “Non ho mai messo in discussione i rapporti commerciali e di scambi con la Cina, ma sulla sicurezza non si possono fare compromessi”. Nell'esecutivo però le voci sono diverse e Conte è chiamato, ancora una volta, a mediare. 

Nel M5S si disegna la strada per gli Stati Generali ma la tensione non si placa

Quattro ore di assemblea, una bozza di percorso per gli Stati Generali in cassaforte, una coda di polemiche più che probabile. La riunione congiunta dei parlamentari del Movimento registra l'atteso emergere delle tensioni interne e si conclude con la messa in campo delle tre proposte per il futuro del Movimento illustrate con tanto di slide da Vito Crimi: la votazione subito di un capo politico, la votazione sempre immediata, ma con un cambio di Statuto, di una leadership collegiale e il percorso per gli Stati Generali. Stando agli interventi in assemblea, è la terza ipotesi, quella che include una commissione congressuale ad hoc e gli Stati generali, la scelta cui sembrano tendere i parlamentari. “Nei prossimi giorni”, spiega il capogruppo alla Camera Davide Crippa, i parlamentari daranno il loro contributo via mail, e si vedrà quali delle tre ipotesi, formalmente, prevarrà. Si tratta, spiegano fonti del Movimento, di una consultazione ex art. 7 dello Statuto, non di un voto, e la precisazione è una replica a Massimo Bugani che, nei minuti successivi alla diffusione della notizia della consultazione, su Fb attacca: “Nel M5S, se ancora è M5S, decidono gli iscritti su Rousseau e non i parlamentari su Gmail”, parole che suonano a difesa della piattaforma da parte di uno degli esponenti più vicini a Davide Casaleggio

Ma replicano Gabriele Lanzi e Michela Montevechhi: “I territori contano, Bugani la smetta con le polemiche”. Rousseau anche nel caso prevalga la terza ipotesi di Crimi avrà comunque un ruolo perché sulla piattaforma che avranno luogo le votazioni finali. “Altri strumenti non ne vedo”, spiega il capo politico al termine dell'assemblea, facendo notare ai gruppi come “dalla volontà degli iscritti non si può prescindere”. E Crimi aggiunge che la commissione congressuale sarà composta da parlamentari, eurodeputati, consiglieri regionali e comunali; il come verranno scelti resta ancora da definire. L'assemblea dei veleni alla fine, si conferma tale: diversi gli interventi critici nei confronti di Rousseau o contro la gestione del Movimento caduto precipitosamente alle Regionali, mentre c’è chi, come Luca Migliorino, se la prende con lo scarso spazio, anche sui media, dato agli eletti al primo mandato. Tra le file dei dissidenti mancava, invece, la senatrice Barbara Lezzi, tra gli esponenti più vicini ad Alessandro Di Battista. Ignazio Corrao, altro big vicino all'ex deputato, mentre era in corso l'assemblea lanciava la sua proposta, fatta di 11 articoli: un percorso che dalle assemblee provinciali arrivi, selezionando via via i delegati, agli Stati Generali da indire tra il 31 ottobre e il primo novembre. 

La Scuola riparte in tutte le regioni. Azzolina: distribuite 135mln mascherine

Finalmente, la campanella suona per tutti, anche per gli studenti di quelle Regioni (Sardegna, Puglia, Campania, Abruzzo, Basilicata, Calabria) che avevano deciso di far slittare la riapertura delle scuole dal 14 settembre al post elezioni del 20 e 21 settembre. Tra le tante chiusure a singhiozzo per i focolai, il Ministero dell'Istruzione e il commissario straordinario Domenico Arcuri continuano a lavorare per cercare di far proseguire le lezioni il più a lungo possibile, per il numero più alto possibile di alunni. Le mascherine distribuite da Nord a Sud, a oggi, sono già 135 milioni: il dato lo dà la Ministra Lucia Azzolina, che da Facebook invita scuole e famiglie a verificare, su un sito dedicato, Istituto per Istituto; “L'Italia è l'unico Paese a fornire mascherine e gel gratuitamente al personale scolastico, agli studenti e alle studentesse”, rivendica. 

A chi polemizza sulla chiusura degli stadi a fronte della riapertura delle scuole, il ministro della Salute Roberto Speranza risponde senza mezzi termini: “Non credo, lo dico con tutto il rispetto e da grande tifoso, che gli stadi abbiano la stessa priorità” della scuola. Allora, c'è da ristabilire un ordine: “In questo momento la priorità assoluta è la scuola. Serve tempo per capire la reazione che c'è stata nel paese da un punto di vista epidemiologico con la riapertura. La misureremo e poi valuteremo passo dopo passo”. Ora, da Viale Trastevere, l'attenzione è soprattutto alle (cospicue) risorse del Recovery Fund, quei 209 miliardi che dalla fine del primo semestre 2021 dovranno trovare una collocazione. Per il Movimento 5 Stelle, l'auspicio è che “rappresentino il trampolino di lancio per una scuola ancora migliore”, soprattutto dopo l'enorme sforzo collettivo che ha consentito di dare continuità alla didattica durante il lockdown e poi di rientrare a settembre. Per farlo, Azzolina ha individuato le principali linee d’intervento, che Camera e Senato sono chiamati ad arricchire: il capitolo più importante è sicuramente quello dell'edilizia, un piano che punti sull'efficientamento energetico, sull'adeguamento strutturale degli edifici e che contempli anche nuove costruzioni; poi ci sarà da pensare alla transizione al digitale

È di nuovo stallo sulla legge elettorale. Il M5S rilancia sulle preferenze 

Il nodo della composizione delle liste divide la maggioranza. In assenza di una intesa all'interno della maggioranza il cammino della riforma elettorale subisce un nuovo stop, ed è stallo. In commissione Affari costituzionali si tornerà ad affrontare la questione tempi solo la prossima settimana, quando dovrebbe riunirsi l'ufficio di presidenza per fissare il termine per la presentazione degli emendamenti. Ma già nella maggioranza si fa strada una nuova tabella di marcia, con tempi meno serrati: in Aula non prima di fine anno, se non dopo la sessione di bilancio a gennaio andando invece avanti con le altre riforme, è l'ipotesi più accreditata nelle ultime ore. Non solo: nella maggioranza c’è chi non esclude che si possa rimettere tutto in discussione, a partire dall'accordo siglato lo scorso autunno su un sistema proporzionale, anche se nel Pd viene esclusa questa eventualità. Pesano, tuttavia, le criticità più volte ribadite da Iv, contraria a qualsiasi accelerazione, e i no netti di Romano Prodi e Walter Veltroni, così come non è da sottovalutare la contrarietà totale di Lega e FdI, il cui ostruzionismo sta già rallentando l'iter della riforma Fornaro sui delegati regionali per l'elezione del capo dello Stato e la base elettiva del Senato (800 gli emendamenti presentati, poi ridotti dalle inammissibilità a circa la metà). Il Pd, però, non ci sta e il segretario dem Nicola Zingaretti, che a ridosso del voto referendario aveva posto la legge elettorale come questione dirimente, torna a spingere sull'acceleratore, mettendo in guardia gli alleati: il testo del Brescellum non si cambia. “Nel Pd abbiamo discusso sei mesi per cambiare una pessima legge elettorale maggioritaria e c’è un punto di approdo. Il testo è stato adottato, un proporzionale con una soglia al 5%. Non possiamo ripartire da zero ogni mattina, bisogna andare avanti e la legge adottata è ottima”, scandisce. Sembra far da sponda ai dem il premier Giuseppe Conte che, in un'intervista, osserva: “Tutti, nessuno escluso, hanno evidenziato la necessità di un progetto riformatore ampio che includa anche la riforma della legge elettorale. Questa esigenza non è venuta meno, anzi. Ora dobbiamo accelerare sull'iter già avviato in Parlamento”.  

Il testo base, tuttavia, non affronta alcune delle questioni più delicate, ovvero la composizione delle liste: lunghe o corte? Listini bloccati? O si inseriranno le preferenze, come chiedono con insistenza i 5 stelle? A complicare il cammino della riforma arriva l'appello di dieci costituzionalisti contro le liste bloccate e una soglia di sbarramento eccessivamente alta, che i 5stelle colgono al volo rilanciando con forza le preferenze: “Basta candidati calati dall'alto e catapultati in cima a listini bloccati in collegi sicuri”, sostiene la capogruppo pentastellata in commissione Affari costituzionali della Camera Vittoria Baldino, che si rivolge ad alleati e opposizioni “affinché si lavori all’elaborazione del sistema migliore per rendere effettivo il sacrosanto diritto di scelta”. La proposta, finora accolta molto tiepidamente dal Nazareno, fa discutere nel Pd: “Restituiamo la parola ai cittadini attraverso le preferenze o i collegi”, dice ad esempio Gianni Pittella. Il ritorno alle preferenze non convince Leu, che punta ad abbassare la soglia di sbarramento almeno al 4%, punto su cui non dovrebbero sorgere grossi problemi tra gli alleati di Governo. Le preferenze piacciono invece a FdI, da tempo schierato per una loro reintroduzione, come ricorda Giorgia Meloni. Se la Lega al momento si tiene fuori dal dibattito, la legge elettorale rischia invece di creare fibrillazioni tra gli azzurri. 



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