Draghi è categorico sui vaccini in Ue: basta inganni o niente export

Far sì che i vaccini prodotti in Europa da aziende inadempienti restino in Europa, in tutto o in parte: Mario Draghi torna a mettere con forza sul tavolo di Bruxelles la questione dello stop all'export. È questo il primo fronte della battaglia che il premier conduce anche sul piano nazionale per uscire dalla pandemia: i vaccini. Per avere successo, confidano a Palazzo Chigi, potrebbe rivelarsi molto importante l'asse con gli Stati Uniti, cui sembra preludere la partecipazione di Joe Biden al tavolo europeo. Intanto, bisogna già porre le basi per la futura ripartenza; ecco perché Draghi nella riunione dei Paesi dell'euro sottolinea la necessità di costruire da subito una politica fiscale comune che eviti di fare errori nella ripresa post pandemia e di rilanciare progetti come quello di un titolo comune europeo. Non si può restare inermi, dice Draghi ai leader europei riuniti al tavolo del Consiglio Ue, non si può stare fermi innanzitutto di fronte a violazioni contrattuali che mettono a serio rischio la campagna vaccinale del vecchio continente: i “cittadini si sentono ingannati” da alcune case farmaceutiche. Non ritiene giusto, chiede Draghi a Von Der Leyen dopo aver ripercorso la vicenda delle dosi ritrovare ad Anagni, far sì che i vaccini localizzati in Belgio o in Olanda restino in Ue, almeno in parte? “Saranno destinate alla Ue”, assicura la presidente della commissione Ue Ursula Von Der Leyen. Draghi, in sintonia con Angela Merkel, lavora anche per verificare quali margini ci siano per costruire un asse con gli Stati Uniti di Joe Biden proprio sui vaccini; il presidente americano si collega al vertice europeo per dare, con la sua presenza, innanzitutto un segnale geopolitico di vicinanza all'Ue. 

Ma è al cambio di passo americano che si guarda a Palazzo Chigi. Due i piani possibili di trattativa, quello della concessione dei brevetti per la produzione in Europa e quello di un aumento dell'export da parte delle aziende Big Pharma americane. Il canale americano di sicuro è aperto: i vaccini sarebbero stati anche tra i temi del colloquio di martedì tra il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e il segretario di Stato americano Tony Blinken. Il premier, che nei giorni scorsi si è detto d'accordo con Merkel anche sull’opportunità di aprire a Sputnik, insiste sulla necessità di fare tutto il possibile per dare risposte ai cittadini e aggiunge che anche su un tema pienamente condiviso come quello del certificato verde digitale la Commissione dovrà dare “tutto l'aiuto” possibile per evitare possibili rischi di discriminazione e per creare piattaforme nazionali fruibili da tutti e renderle interoperabili. Quanto ai temi economici, afferma Draghi, bisogna “disegnare una cornice per la politica fiscale che sia in grado di portarci fuori dalla crisi”: spinta alla ripartenza, spazio ridotto per l'austerity. Anche qui, l'esempio sono gli Stati Uniti: “Negli USA hanno un'unione dei mercati dei capitali, un'unione bancaria completa, e un safe asset”, nota il premier, che ha enfatizzato l'importanza di creare un titolo comune europeo. "Lo so che la strada è lunga, ma dobbiamo cominciare a incamminarci. È importante avere un impegno politico”, afferma. 

Su vaccini le Regioni vedranno il Governo la prossima settimana

I governatori chiedono un chiarimento a Mario Draghi dopo che in Parlamento mercoledì aveva parlato di differenze tra le Regioni nella somministrazione delle dosi “difficili da accettare”, con alcune che “trascurano i loro anziani” in favore di gruppi con potere contrattuale; l'incontro a Palazzo Chigi potrebbe tenersi lunedì. E il Piano prosegue, con l'invio nei territori delle prime task force del Commissario Covid Francesco Figliuolo e l'arrivo di altri 4 milioni e mezzo di dosi entro fine marzo: si tratterebbe del maggiore incremento settimanale finora. All'indomani del nuovo record di somministrazioni, 230mila in un giorno, che sigilla la crescita del trend delle somministrazioni, viene trovata la quadra sulla versione definitiva del documento delle linee di indirizzo organizzativo e strutturale dei punti vaccinali territoriali straordinari dopo il vertice tra Stato e Regioni. Nel documento, che si è delineato a seguito del confronto delle Regioni con i tecnici del Governo e la ministra per le Autonomie Maria Stella Gelmini, è scomparso il riferimento ai minuti necessari per la somministrazione; cancellati anche i punti vaccinali medi, piccoli e mobili, restano solo quelli definiti “di medie/grandi dimensioni”, che saranno in grado di vaccinare 800 persone al giorno; eliminata la voce sugli orari di apertura. Nella nuova versione del documento, inoltre, “vengono espressamente fatte salve le necessità organizzative dei punti vaccinali di minore dimensione (come studi medici e farmacie) che costituiscono l'ossatura di quel sistema di vaccinazione diffuso e capillare che è necessario a garantire il rapido superamento della situazione pandemica”. 

Ma non basta. Sul piano politico c’è da scongiurare il rischio di un ennesimo strappo dopo le parole del premier in Parlamento. A mediare con il fronte dei governatori di centrodestra è il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini: il primo passo è una lettera indirizzata a Draghi in cui si chiede “un confronto urgente con il Governo sull'andamento della campagna vaccinale” perché “un cambiamento di passo si deve realizzare, ma devono farlo insieme Governo e Regioni”. E la linea del dialogo costruttivo non si interrompe da entrambe le parti: prima dell’incontro di lunedì le task force del generale Figliuolo saranno già entrate in azione per fornire supporto. Si parte da Molise e Basilicata, dove saranno inviati in queste ore un medico e due infermieri, impegnati in particolare per le vaccinazioni nei paesi e nei luoghi più isolati; il Commissario Covid sarà in Calabria e poi in Sicilia, dove incontrerà tecnici e autorità; ad Avellino in meno di 12 ore l'Esercito ha trasformato un drive through della Difesa in un centro vaccinale mobile. I dati sulle inoculazioni, con l'obiettivo di un'operazione di trasparenza utile, saranno nelle prossime ore on line e saranno consultabili sul sito della presidenza del Consiglio per Regione e categoria. Nei prossimi giorni, con l'avanzare delle somministrazioni e in vista della conclusione delle vaccinazioni di over 80 e fragili, dovrebbero anche essere riviste le percentuali di ripartizione dei vaccini nelle Regioni, che saranno presto calcolate in base alla popolazione residente. 

Franco, Colao e Giorgetti fanno il punto sulla necessità della rete unica

Il Governo fa il punto sul piano per rendere l'Italia davvero digitale. Il ministro Vittorio Colao puntualizza al Consiglio dei ministri le priorità per la transizione digitale della Pubblica Amministrazione e poi nel pomeriggio, in un vertice tutto politico con il Ministro dell'Economia e delle Finanze Daniele Franco e quello dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, affronta il dossier Rete Unica. Già ieri il ministro Giorgetti era tornato sul tema chiarendo di non essere contrario al progetto ma alle inefficienze causate dallo stallo e di sperare di sbloccare il dossier entro Pasqua. La PA sembra essere la “testata d'angolo” del Piano Nazionale di ripresa e resilienza: “La differenza tra un cittadino che si sente sostenuto dal suo Stato e uno trascurato è quella di sapere di poter essere riconosciuto in maniera semplice e sicura e di ottenere senza attrito ciò che gli spetta. Con la piena cittadinanza digitale, cui ambiamo per il 2026, questo sarà possibile per tutti gli italiani e italiane” ha dichiarato Vittorio Colao dopo la relazione al Cdm. L'accelerazione che l'Italia vuole dare alla digitalizzazione sfruttando i fondi europei si realizzerà portando la banda ultra-larga a tutte le famiglie, scuole e presidi sanitari, realizzando un cloud sicuro e flessibile per la Pubblica amministrazione sia a livello locale che centrale. 

La strategia del Ministro, come presentata anche in audizione alle Commissioni riunite di Camera e Senato, punta a fornire un’identità digitale per i principali servizi al cittadino. La sanità oltre alla scuola è al centro del programma e tra le altre cose si mira a istituire un fascicolo sanitario omogeneo nazionale. Fondamentale, ricorda il ministro, è l’interoperabilità dei dati sul principio “once only” e la sfida sarà assicurare elevati standard di sicurezza per dati e informazioni. Sul fronte Rete Unica, ovvero infrastruttura per chiudere il gap nelle aree bianche e grigie ma anche per alzare la qualità della connessione, uno dei nodi è la governance anche se, chiarisce Giorgetti il controllo della futura società non è un tema visto che il settore è ampiamente regolato. All'opposto si schierano 46 senatori del M5S che presentato una mozione che impegni il governo a creare una società a controllo statale con il contributo di asset da parte di Terna, RaiWay, Ei Towers, nonchè dei cavi sottomarini di Sparkle e delle infrastrutture Cloud, e di promuovere una società paneuropea della rete i cui azionisti siano gli Stati membri dell’UE.  

La Malpezzi è capogruppo Pd al Senato. Alla Camera è corsa Serracchiani-Madia

Il primo passo è fatto. Al Senato il Partito Democratico ha una nuova capogruppo: Simona Malpezzi è stata eletta all'unanimità dai colleghi, davanti al volto sorridente del neo segretario Enrico Letta, che ha chiesto e ottenuto la sostituzione di Andrea Marcucci. E martedì prossimo porterà a casa pure la Camera, anche se si prefigura un ballottaggio tra Debora Serracchiani e Marianna Madia, a meno che una delle due candidate non decida di sfilarsi, esattamente com’è accaduto a Palazzo Madama con Roberta Pinotti. In ogni caso, per dirla con le parole dell'ex premier, “non è un dramma ma una sana competizione”. La transizione non è stata comunque semplice, lo dimostrano le parole proprio di Marcucci, che assicura di non aver avuto “diktat da parte di nessuno”, ma critica comunque il metodo: “Non è un modo corretto di approccio alla parità di genere”. Letta incassa e non replica, ringrazia il presidente uscente dei senatori e augura buon lavoro alla nuova capogruppo. Malpezzi affronta subito il tema più spinoso delle correnti: “Un grande partito ha bisogno di tante aree di pensiero all'interno delle quali ci si possa confrontare”, dice l'ormai ex sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento, ruolo per il quale spera ancora di vedere impegnata una donna. Intanto il segretario ascolta, prende nota e riflette. 

Anche perché il percorso non è finito, prima c'è da portare a casa l'avvicendamento alla Camera. Per il successore di Graziano Delrio, però, si dovrà attendere fino a martedì, quando si aprirà il seggio nella sala Berlinguer di Montecitorio. Al momento il borsino vede in vantaggio Serracchiani, forte di un appoggio più consistente rispetto all'ex ministra della Pa; nel caso in cui fosse eletta capogruppo, ovviamente dovrebbe lasciare la presidenza della Commissione Lavoro, posizione su cui si sono concentrate le mire di Forza Italia. Il passaggio è comunque delicato e infatti Letta sceglie lo stesso approccio avuto in Senato e ascolta con calma i 23 interventi nelle tre ore di riunione. Tutti tematici: dall'agenda del governo Draghi al Next Generation Eu alla parità di genere, tutti, però, hanno un comune denominatore: il riconoscimento e la gratitudine verso Delrio per la scelta di favorire questa transizione. Quando il segretario prende la parola ribadisce: “La questione di genere è la precondizione perché siamo davvero Partito Democratico”. Assicura che sotto la sua guida il Pd “non sarà mai un partito di leadership uniche”, anzi “cercherò di essere soprattutto quello che spinge sull'intelligenza collettiva” ma non rinuncia a combattere il correntismo: “Dobbiamo avere anime e sensibilità diverse, ma non una federazione di partiti”, ammonisce, semmai “un gruppo fatto di personalità forti, tra cui si può scegliere”. 

A Roma si cercano i voti per sfiduciare Virginia Raggi

È iniziata ufficialmente in Campidoglio, sotto traccia, la partita per sfiduciare Virginia Raggi. Una sfida complessa, che si intreccia anche alla situazione nazionale e alle decisioni che potrebbero scaturire dal dialogo avviato dal segretario del Pd Enrico Letta e il leader in pectore del M5S Giuseppe Conte. Per riuscire ad approvare una mozione di sfiducia ai danni della Sindaca in carica le opposizioni dovranno trovare un consigliere disposto a unirsi alla minoranza, meglio ancora se due. Pd e Fdi si stanno muovendo: per ora i tentativi di convincere qualche esponente della maggioranza passano dalle chat riservate su whatsapp ma senza pretesa di segretezza assoluta. I capigruppo di due partiti in Campidoglio, Giulio Pelonzi per i Dem e Andrea De Priamo per i Fratelli d'Italia, giocano infatti a carte scoperte e confermano che “un tentativo è attualmente in corso”. Ma quale potrebbe essere l'identikit del potenziale consigliere disposto a votare la sfiducia a Raggi? In aula c’è un bacino cui le opposizioni stanno tentando di attingere: oltre ai 4 dissidenti, ci sono un paio di consiglieri critici sull'operato dell'amministrazione, cui si aggiunge il presidente dell'Assemblea capitolina Marcello De Vito che ha già mandato sotto la maggioranza sul tema del rinnovo delle licenze per gli ambulanti. Se qualcuno di loro è interessato, però, al momento resta un mistero. La caccia è in corso e non sarà facile. In questa dinamica s’inserisce il dialogo tra Letta e Conte: la Raggi, per ora, gode del pubblico appoggio di Beppe Grillo, ma se la rinsaldata alleanza Pd-M5S passasse per un accordo totale tra le due forze politiche in tutte le città prossime al voto, da Roma a Milano, passando per Napoli e Torino, “e se Conte chiedesse a Raggi un passo indietro”, cosa che al momento la sindaca non intende fare, “potrebbe anche passare la sfiducia”, ragiona una fonte Dem. 



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