Meloni difende le norme sui rave, FI pronta a cambiarle. Critiche da Pd e M5S

Giorgia Meloni rivendica il suo primo decreto sui rave illegali: così “l'Italia non sarà più maglia nera in tema di sicurezza”, dice fiera la premier. Ma assicura che non si tocca la libertà di dire no: “Non negheremo a nessuno di esprimere il dissenso”, garantisce in un lungo post su Facebook. Le fa eco il ministro della Giustizia Carlo Nordio convinto che il decreto “non incida sui sacrosanti diritti della libera riunione, quale che sia il numero dei partecipanti”, anche se apre all'inevitabile vaglio del Parlamento che potrà approvarlo o modificarlo. Non arretrano nemmeno le opposizioni, pronte a dare battaglia al Senato dove la norma approderà a breve. Ma a chiedere correzioni è anche un pezzo della maggioranza: Forza Italia annuncia emendamenti sulla “pena spropositata” e “la genericità” del decreto, come specifica il forzista Giorgio Mulè

Il vicepresidente della Camera difende la legge ma ammette alcune criticità e poi ridimensiona le polemiche: “Non comportano una questione di crisi politica”. Sulla scia delle perplessità espresse nei giorni scorsi dal coordinatore azzurro Antonio Tajani, specie sull'ipotesi di intercettare le chat di chi partecipa a un rave, gli azzurri ora chiedono paletti e modifiche; se ne fa portavoce il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: “Ognuno potrà dire la propria ma bisogna evitare a tutti i costi che questa norma possa essere applicata alla legittima manifestazione di dissenso, da quella sindacale a quella scolastica. Su questo dovremmo essere attenti e fare in modo che questo epilogo non ci sia”. 

Resta insomma alta la tensione sulla prima creatura partorita dal nuovo Governo. Ad alimentarla sono PdM5S e Terzo polo improvvisamente ricompattati dal no al provvedimento. Nel mirino delle critiche finiscono i termini della norma considerati non tassativi, la definizione “troppo generica” di cosa s’intende per raduno e la “discrezionalità larga” che avrebbero le forze di Polizia nell'intervenire contro occupazioni abusive di aree private o pubbliche. Giorgia Meloni ha ribadito che “è giusto perseguire coloro che, spesso arrivati da tutta Europa, partecipano ai rave illegali, per di più, favorendo spaccio e uso di droghe”; quindi ringrazia le forze dell'ordine per lo sgombero a Modena e rimanda al mittente le “strumentalizzazioni” sul diritto a manifestare: “Lasciano il tempo che trovano”. Parole cui si aggiungono le precisazioni del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi: “Trovo offensivo attribuirci la volontà di intervenire in altri contesti, in cui si esercitano diritti costituzionalmente garantiti cui la norma chiaramente non fa alcun riferimento”. 

C’è un tesoretto da 10 mld. Il Governo al lavoro su Nadef e manovra

Si va verso margini di manovra più ampi per il decreto bollette e la legge di bilancio. L'andamento del Pil superiore alle attese dovrebbe infatti tradursi in risorse aggiuntive a disposizione, tanto che secondo il vicepremier Antonio Tajani domani il Governo è pronto a mettere sul piatto tra i 7 e i 10 miliardi per dare priorità “ai sacrifici di famiglie e imprese”. I calcoli e le valutazioni sono ancora in corso e al ministero dell'Economia regna il massimo riserbo, ma dalle ipotesi che circolano il tesoretto da circa 10 miliardi di minor deficit lasciato da Draghi potrebbe aumentare di almeno 5 miliardi; a certificare i numeri sarà la Nadef attesa domani in Cdm, che dovrebbe varare anche la Relazione sull'aggiustamento di bilancio, ovvero il primo passo verso il nuovo pacchetto di aiuti per tutelare famiglie e imprese fino alla fine dell'anno. La stima preliminare sul Pil nel terzo trimestre (+0,5%) cambia il quadro delineato finora e si aggiunge al buon andamento dei conti pubblici, con il continuo miglioramento del fabbisogno (nei primi 10 mesi a 56,5 miliardi) grazie soprattutto al buon andamento dell'Iva

La Nota di aggiornamento al Def, che il nuovo esecutivo deve aggiornare con il quadro programmatico, a questo punto modificherà anche le previsioni tendenziali e il deficit al 5,1% per il 2022 potrebbe essere rivisto ulteriormente al ribasso (dal 5,6% del Def di aprile), facendo così lievitare il tesoretto: le cifre che circolano indicano una forchetta tra il 4,6% e il 4,8%, il che aprirebbe uno spazio compreso tra circa 15 e 19 miliardi. L'effetto Pil si avrà anche sulla manovra: se buona parte delle risorse sul 2022 serviranno a finanziare il decreto aiuti quater, la parte restante verrà usata per gli anticipi di spesa, lasciando così spazi liberi per la legge di bilancio. Nel complesso la manovra dovrebbe arrivare a mobilitare una cifra intorno ai 40 miliardi, con una dote in deficit che potrebbe essere di circa 21 miliardi. La dimensione del tesoretto sarà nero su bianco nella Relazione con cui si chiede l'autorizzazione al Parlamento all'aggiustamento di bilancio, da approvare a stretto giro per consentire l'utilizzo dei nuovi margini fiscali. Il passo successivo sarà il nuovo pacchetto di aiuti, atteso la prossima settimana, con la proroga fino a fine anno dei crediti d’imposta per le imprese energivore e dello sconto benzina. 

Ancora in fase di studio l'intervento sul bonus sociale o la replica dell'una tantum da 150 euro, oltre all'introduzione di uno scudo di sei mesi per chi non riesce a pagare le bollette. La nuova Nadef fornirà anche un primo quadro di massima della manovra economica, che destinerà i tre quarti delle risorse al pacchetto energia. Per il resto, la legge di bilancio interverrà sul tema pensioni: le ipotesi sono tutte sul tavolo, dal bonus per rimanere al lavoro oltre 63 anni al restyling di quota 102 e al cuneo fiscale con il taglio di due punti tramite un decreto fiscale collegato. Il Governo ha già espresso la volontà di intervenire sulle cartelle esattoriali, nonostante i buoni risultati raggiunti finora con la strategia di compliance. In chiave Pnrr, il Governo dovrà anche sbloccare la spending review rimasta al palo rispetto ai target, ma in vista della manovra sono anche molte altre le misure allo studio: estensione della flat tax, conferma dei fringe benefit, riduzione della tassazione sui premi di produttività, revisione del superbonus e del Reddito di cittadinanza

In Parlamento inizia l’iter per le Commissioni. Comincia il toto presidenze

Con il giuramento dei sottosegretari si apre ufficialmente la partita dei presidenti di commissioni di Camera e Senato. A palazzo Madama, dopo la riforma del regolamento, gli organismi parlamentari permanenti sono scesi a 10, mentre a Montecitorio il numero resta fermo a 14, in tutto 24 caselle da assegnare per la maggioranza. Oggi le conferenze dei capigruppo di Camera e Senato (una alle 15.00 e l'altra alle 12.30) convocheranno le Commissioni, che prima dovranno essere formate tramite la segnalazione dei componenti da parte dei gruppi e poi eleggere il presidente. La data segnata in rosso dovrebbe essere quella di martedì 8 novembre e fino ad allora si lavorerà per far tornare tutti gli incastri. La parte del leone nel risiko delle commissioni la farà Fratelli d'Italia, forte dei suoi 181 parlamentari; al partito di Giorgia Meloni andranno infatti 5 presidenze del Senato e 7 della Camera: a Montecitorio Giulio Tremonti dovrebbe guidare la Bilancio, mentre Nicola Calandrini potrebbe approdare alla Finanze del Senato e Marcello Pera sarebbe il designato per gli Affari costituzionali. A Federico Mollicone, uscito dalla rosa dei sottosegretari, dovrebbe invece andare la Cultura di Montecitorio. 

Per la Lega, dovrebbero essere 3 al Senato e 4 alla Camera. A palazzo Madama ci sarebbe Giulia Bongiorno per la Giustizia, Roberto Marti o Massimo Garavaglia alle Attività produttive, mentre è ancora da indicare il nome per la Commissione Agricoltura. A Montecitorio dovrebbe avere la Difesa, con Paolo Formentini o Eugenio Zoffili; per Igor Iezzi invece si aprirebbero le porte della Commissione Affari Costituzionali e per Alberto Gusmeroli quella della Finanze. Per Forza Italia invece i giochi sembrano ancora in fase iniziale: al partito di Silvio Berlusconi dovrebbero andare 2 presidenze in Senato e 3 alla Camera; nel caso in cui Meloni rinunciasse alla Bilancio di Montecitorio ci sarebbe Roberto Pella, mentre per l'Agricoltura gli azzurri indicherebbero l'ex sottosegretario Francesco Battistoni. A palazzo Madama due caselle che potrebbe vedere la riconferma di Stefania Craxi agli Esteri e prendersi gli Affari sociali e Sanità. 

Bisognerà aspettare invece per le bicamerali che saranno convocate per fine novembre. Alle opposizioni spettano il Copasir per legge e per prassi le due Giunte per le Autorizzazioni (una alla Camera e una al Senato) e la Vigilanza Rai. Per il Comitato per la Sicurezza della Repubblica il candidato è Lorenzo Guerini, seguito da Enrico Borghi; una delle due Giunte dovrebbe andare al Terzo polo, l'altra ad Alleanza Verdi. È tuttavia la Vigilanza Rai a poter riservare le maggiori sorprese: M5S la rivendica per Stefano Patuanelli, ma Italia Viva è tentata nel fare lo sgambetto e mettere, con l'ausilio di qualche componente del centrodestra, Maria Elena Boschi.

In regione Lombardia la Moratti si dimette e attacca Fontana

Terremoto politico in Lombardia: Letizia Moratti si dimette da assessore al Welfare e vicepresidente della Regione, e al suo posto Attilio Fontana richiama Guido Bertolaso. Scambio di accuse tra il governatore e la sua vice, che fanno da preludio a una sempre più probabile sfida alle prossime elezioni regionali. Le parole al veleno dell’ex sindaca di Milano scatenano la replica piccata del presidente, che corre subito ai ripari e chiama al Welfare Bertolaso, già coordinatore della campagna vaccinale lombarda, arrivato a Palazzo Lombardia a gennaio 2021 insieme a Moratti nel pieno della tempesta Covid. I nodi vengono al pettine nel centrodestra, con il dualismo Fontana-Moratti esploso, come prevedibile, dopo la formazione del nuovo Governo. L’ormai ex vicepresidente in una nota netta annuncia di rimettere le deleghe per una serie di motivi, di cui il primo è il “venir meno del rapporto di fiducia con il presidente. Un forte segnale rispetto alle lentezze e alle difficoltà nell’azione di questa amministrazione, che a mio avviso non risponde più all’interesse dei cittadini lombardi”. Ma poi Moratti si scaglia contro le ultime scelte sulla pandemia: “Registro con preoccupazione la scelta di anticipare il reintegro dei medici e degli altri professionisti della sanità non vaccinati, il condono sulle multe ai no vax e la diversa sensibilità sull’importanza dei vaccini”. 

Moratti promette “un ordinato passaggio di consegne”. Pronta la risposta di Fontana: “È chiaro che guarda verso sinistra e non da oggi. È sorprendente che l’assessore al Welfare dichiari oggi che l’azione della Giunta non sia sufficiente. Ne fa parte da un anno e mezzo e non mi pare che abbia sollevato mai problemi”. Il governatore, ieri a Roma per l’incontro sull’autonomia con il ministro Roberto Calderoli, lancia quindi il guanto di sfida: “Se la troverò come sfidante in Lombardia? Possibile, vedo toni entusiastici anche da Calenda. Faremo una bella battaglia”. Fra i primi a commentare la mossa di Moratti è stato il leader del Terzo polo Carlo Calenda con parole che hanno fatto pensare a una possibile investitura: “Letizia Moratti è stata coraggiosa nel rassegnare le dimissioni dal pessimo governo di Attilio Fontana. Sono certo che in futuro potrà dare un contributo positivo nella politica regionale o nazionale”. Ma ambienti di Azione chiariscono che il “pubblico apprezzamento per la decisione” della Moratti “non prelude a un sostegno elettorale”; l’ormai ex assessora al Welfare sarebbe pronta a correre con una lista civica che potrebbe chiamarsi Lombardia Migliore.



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