I Volenterosi si confrontano sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina

Dal vertice di Parigi dei Volenterosi spunta un numero, sconosciuto sinora: 26, ovvero il numero di Paesi disposti a partecipare alle garanzie di sicurezza per l'Ucraina, anche con l'invio di truppe. È stato lo stesso Emmanuel Macron a rivelare i dettagli, con una precisazione: ognuno sceglierà le sue modalità di contributo. Perché, ad esempio, Roma Berlino e Varsavia escludono l’invio di militari (anche se la Germania aspetta gli Usa). Già: Washington, assicura il presidente francese, ci sarà, ma come e dove, ancora, non si sa. Volodymyr Zelensky incassa dunque qualcosa di ben più che “teorico”: “Abbiamo concordato che ci sarà una presenza di truppe. Non sono ancora pronto a rivelare il numero esatto, anche se, a dire il vero, lo stiamo già condividendo tra noi. E la presenza è diversa, sia in cielo, in mare e sulla terraferma”, ha detto durante la conferenza stampa congiunta. 

“Ognuno farà le sue scelte, alcuni inviando soldati, altri mettendo a disposizione le loro basi Nato o rigenerando le forze ucraine: non voglio dare dettagli ma tutti e tre i Paesi sono contributori importanti a queste garanzie”, ha precisato Macron parlando proprio di Italia, Germania e Polonia. Giorgia Meloni, al termine della riunione, cui ha partecipato da remoto, ha detto di aver “nuovamente illustrato la proposta di un meccanismo difensivo collettivoispirato all'articolo 5” della Nato e nel ribadire “l'indisponibilità” a inviare truppe la presidente del Consiglio ha però “confermato l'apertura a “sostenere un eventuale cessate il fuoco” con iniziative “di monitoraggio e formazione al di fuori dei confini ucraini”. A dire il vero la menzione alle garanzie in articolo 5 ora come ora è un po' scomparsa dal dibattito, l'enfasi è su aria, mare e terra: “L'Ucraina ha proposto un formato per la protezione dei nostri cieli che gli Stati Uniti dovranno valutare”, ha sottolineato Zelensky parlando della conversazione che i Volenterosi hanno avuto al termine della loro riunione con Trump. 

Tutti concordano poi che, se Vladimir Putin si sottrarrà al negoziato, servirà “aumentare la pressione” con le sanzioni, per spingerlo a più miti consigli. Donald Trump, sul punto, si sarebbe scagliato contro l'Europa perché acquista ancora “petrolio russo” e dunque deve fare di più. In realtà solo Ungheria e Slovacchia lo comprano ancora. “Putin e Zelensky non sono ancora pronti ma qualcosa accadrà, ce la faremo”, aveva dichiarato Trump alla vigilia del vertice. I Volenterosi ora pendono dalle sue decisioni perché, come ha chiarito il cancelliere tedesco Frederich Merz, molto dipende dai risultati del processo negoziale e da che tipo d'impegno Washington vorrà avere. Mosca, in risposta al vertice, attacca “Le garanzie di sicurezza richieste dall'Ucraina rappresentano una minaccia per il continente europeo e sono assolutamente inaccettabili”, ha tuonato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova

Meloni risponde alla Schlein: il governo tutelerà gli italiani su Flotilla

Il governo garantirà ai cittadini italiani a bordo della Flotilla “tutte le misure adottate in situazioni simili”, come sempre. Giorgia Meloni prende carta e penna e replica alla lettera di Elly Schlein che le chiedeva conto delle tutele per quanti, parlamentari compresi, partecipano alla missione della Global Sumud Flotilla. La risposta non è senza critiche e sottolinea la possibilità di scegliere di avvalersi anche di altri “canali umanitari già attivi” evitando i “rischi” e gli oneri a carico dello Stato per la sicurezza o la definizione di una “finalità di natura simbolica o politica” dell'operazione. È la stessa definizione usata anche dal Ministro degli Esteri Antonio Tajani che assicura che, in ogni caso, “daremo assistenza diplomatica e consolare” agli italiani dell'equipaggio, “come facciamo con tutti i concittadini nel mondo”. Insomma, dal Governo trapela più di qualche irritazione per l'iniziativa, così come nella maggioranza che la definisce “un’operazione di propaganda”. 

Il tutto mentre si moltiplicano le manifestazioni a sostegno della missione in tutta Italia, dagli studenti ai sindacati con centinaia di manifestanti pro Pal che hanno bloccato la circolazione dei treni alla stazione di Pisa staccandosi da un corteo a sostegno della missione umanitaria verso Gaza. Per quanto riguarda la sicurezza della missione la Flotillapotrebbe rientrare nel controllo già operato delle rotte commerciali nel Mediterraneo e non si può escludere che il monitoraggio possa avvalersi di dispositivi elettronici. Ma i pericoli ci sono tutti guardando anche alle affermazioni del Ministro israeliano di estrema destra Itamar Ben Gvir sul trattamento che verrà riservato ai “terroristi” della missione. Proprio su questo, come più in generale sulla tutela della missione, l'opposizione va all'attacco e bolla la risposta dell'esecutivo come “poco chiara” e “coraggiosa”. 

Quella della premier “ci sembra una risposta vaga ed evasiva”, dice il Pd con i capigruppo di Camera e Senato e all'europarlamento, Chiara Braga e Francesco Boccia e Nicola Zingaretti, che puntualizzano anche che “non si tratta di una iniziativa politica ma umanitaria, perché Flotilla cerca di fare quello che dovrebbero fare i Governi europei e che invece non fanno”. “A Meloni dico: un po' più di coraggio - commenta Nicola Fratoianni di Avs - basta fare come Pedro Sanchez. Dica che il Governo garantisce protezione diplomatica. Servono parole semplici e chiare, quando uno non ci arriva, può sempre copiare...”. Quelle di Meloni sono parole “inadeguate” anche per Az con Osvaldo Napoli. “Più che la risposta fredda e scontata di Giorgia Meloni sulla 'sicurezza' da garantire ai partecipanti italiani della Flotilla diretta a Gaza, colpisce il silenzio del Governo italiano sulle parole di Itamar Ben-Gvir”, scrive Davide Faraone, parlamentare di Iv. 

Il Governo punta sulle misure per la famiglia nella prossima manovra

La famiglia resta uno degli assi portanti della politica economica del Governo e lo sarà anche della prossima manovra. Giorgia Meloni ha annunciato, con il Piano casa, nuovi aiuti alle giovani coppie ma in ballo ci sono anche agevolazioni alle mamme lavoratrici e una nuova estensione del congedo parentale, che con la legge di bilancio 2025 è stato portato quest'anno all'80% per tre mesi. Intanto si riaffaccia l'ipotesi di alzare la soglia esentasse dei buoni pasto da 8 a 10 euro e tra i desiderata dei partiti di maggioranza c'è anche il rafforzamento delle detrazioni per i figli, sponsorizzato da Noi Moderati. Forza Italia, che sta predisponendo un documento da presentare al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, insiste sul ceto medio con la riduzione dell'Irpef e sui salari poveri. L'idea è di “eliminare la parte contributiva ai lavoratori che guadagnano dai 7,5 e 9 euro l'ora e lavorare per detassare straordinari e festivi”, ribadisce Antonio Tajani che però tira un po' il freno sulla tempistica vista probabilmente la difficoltà di reperire risorse per tutte le misure ipotizzate finora: “Non so se si potrà fare tutto in una manovra, ma in prospettiva si dovrà lavorare in questa direzione”, spiega. Al Mef, Giancarlo Giorgetti sta portando avanti una serie di incontri che andranno avanti anche nelle prossime settimane per raccogliere le esigenze e le richieste dei ministeri, dei gruppi e degli Enti locali. 

A fare il punto con il ministro sono state ieri le Province. Oltre a rivendicare una maggiore autonomia tributaria e risorse aggiuntive per assunzioni di personale specializzato, l'Upi ha chiesto di prevedere nella legge di bilancio un piano triennale per l'edilizia scolastica, “considerato che con la fine del Pnrr termineranno i fondi destinati alla messa in sicurezza e alla modernizzazione delle oltre cinquemila scuole secondarie superiori gestite dalle Province”. Le disponibilità finanziarie cominceranno a delinearsi a partire da domani quando il dipartimento delle Finanzerenderà noti i dati sulle entrate fiscali aggiornati a luglio. Qualche indicazione più politica potrebbe invece arrivare direttamente dal Ministro, domenica prossima, nell'intervento previsto nel corso del Forum Ambrosetti di Cernobbio. Nell'ultima uscita pubblica a Rimini, Giorgetti aveva parlato di un “pizzicotto” alle banche, dando così adito alle più svariate ipotesi di nuova tassazione sugli istituti di credito, da un prelievo sui buyback a quello sugli extradividendi. 

Vertice Salvini- Zaia: per il Veneto il candidato sia della Lega

Ieri c’è stato il tanto atteso faccia a faccia tra Matteo Salvini e Luca Zaia sulle regionali. L'incontro, di circa tre quarti d'ora, si è svolto a Venezia. Oltre alle Olimpiadi Milano-Cortina e alle infrastrutture, i due si sono confrontati sul destino del Veneto, per cui serve un candidato leghista in continuità col Doge. Ogni conclusione, però, è stata rimandata a dopo il vertice con i leader del centrodestra atteso per la prossima settimana. In ballo, oltre al nome di chi correrà per Palazzo Balbi, c'è ancora la possibile lista di Zaia (o una sua candidatura con la Lega) e le prospettive del governatore, che non può ricandidarsi per il tetto ai mandati. Per lui circolano numerose ipotesi: da un incarico di governo o in una grande società di Stato, fino a una candidatura a sindaco di Venezia. Le variabili sono tutte incatenate l'una all'altra, ma il primo nodo da sciogliere è proprio dentro l'alleanza: se FdI accetterà di cedere il Veneto ai leghisti o no. Tra i leghisti serpeggia il dubbio che l'ultima parola sul Veneto si avrà solo dopo l'esito delle elezioni nelle Marche, legato a doppio nodo alla vittoria (o alla sconfitta) del meloniano Francesco Acquaroli

La partita, insomma, è ancora aperta: per la Lega il nome principale è di Alberto Stefani, per FdI quelli di Raffaele Speranzon e Luca De Carlo. FI non sta a guardare e, tanto per cominciare, ribadisce un no netto alla lista Zaia. Con gli altri leader del centrodestra “ci incontreremo presto e valuteremo i migliori candidati possibili, che in Campania e Puglia” credo siano “civici di area”, dice il leader Antonio Tajani, che, riguardo al Veneto, taglia corto: “Non si può avere una lista Zaia, è contro qualsiasi principio”. Tajani, poi, tende la mano a Carlo Calenda e lo invita, come ospite principale, alla festa dei giovani di FI che si terrà a metà settembre a San Benedetto del Tronto. L'insofferenza del leader di Azione per gli orientamenti di PdAvs e M5S non è passata inosservata tra gli azzurri, che ora guardano con interesse a intensificare il dialogo con quei con pezzi di centro rimasti più isolati. L'obiettivo dichiarato è allargare e connettere l'area dei moderati, sia in vista dei prossimi appuntamenti elettorali, sia in chiave parlamentare, per trovare convergenze su singoli provvedimenti. 

Il Pd è in pressing su Decaro. Vendola non molla

Per la soluzione del nodo Puglia, il centrosinistra confida nell'appuntamento di oggi alla festa regionale dell'Unità, a Bisceglie: alle 20.00 saliranno sul palco la segretaria del Pd Elly Schlein e l'eurodeputato Antonio Decaro, indicato dalla coalizione come candidato governatore. Lui però non ha ancora sciolto la riserva: per il “sì” chiede che l'ex governatore Nichi Vendola, di Avs, non si candidi per il consiglio regionale. Ma Avs ha già detto chiaro e tondo che Vendola correrà. A partire dalla segretaria Elly Schlein, tutti auspicano che alla fine Decaro accetti l'investitura. Il ragionamento è: si accontenti del passo indietro del governatore Michele Emiliano, anche lui intenzionato a correre per il consiglio regionale e anche lui indigesto a Decaro, ma non pretenda di dettar legge in casa altrui, cioè in Avs. Ma il timore del gran rifiuto è più che un'ombra. 

Nel Pd sono quindi cominciate le riflessioni sull'eventuale piano B. Un sondaggio Yoodata di un mese fa è tornato a circolare sulle scrivanie. Primo: Decaro è il più quotato, ma il centrosinistra parte molto avvantaggiato anche con altri nomi. Secondo: la rilevazione prendeva in considerazione l'ipotesi di sfide con il deputato di Fi Mario D'Attis, inteso come papabile candidato del centrodestra (che ancora non ha scelto). Decaro era dato vincente col 67%. A ruota c'era il capogruppo in Senato del Pd Francesco Boccia, col 60%. Col 56% c'era il vicepresidente della Puglia Raffaele Piemontese, sempre del Pd. In queste ore, si è aggiunto anche un altro nome, quello di Michele Laforgia, sostenuto da M5S e Avs per la corsa a sindaco di Bari: al ballottaggio ha poi sostenuto il candidato del Pd Vito Leccese, che ha vinto le elezioni. Per la verità, nel caso in cui Decaro non corra, viene anche accarezzata la suggestione di puntare proprio su Vendola, che però non pare attratto dalla prospettiva. Per il momento, ad ogni modo De Caro è il candidato e l'appuntamento di Bisceglie per ora resta immaginando che sia il momento per una definitiva incoronazione.

  1. I Volenterosi si confrontano sulle garanzie di sicurezza per l’Ucraina
  2. Meloni risponde alla Schlein: il governo tutelerà gli italiani su Flotilla
  3. Il Governo punta sulle misure per la famiglia nella prossima manovra
  4. Vertice Salvini- Zaia: per il Veneto il candidato sia della Lega
  5. Il Pd è in pressing su Decaro. Vendola non molla