Il centrodestra è ottimista sull’Abruzzo e Meloni mette l’elmetto

Davanti al centrodestra riunito a Pescara per sostenere Marco Marsilio nelle regionali di domenica, Giorgia Meloni allarga le braccia e le richiude sulla testa: “C'ho l'elmetto”, scandisce, mentre parla della sfida delle europee di giugno. La frase scalda una piazza Salotto, cui la premier chiede, prima ancora del voto europeo, di sostenere la conferma del primo presidente di Regione di FdI. Dopo il breve tour abruzzese, Meloni si dice “molto ottimista” sull'esito del voto regionale. “L'effetto Sardegna dobbiamo ancora vederlo, perchè non si è ancora capito com'è finita”, aggiunge in riferimento ai problemi di conteggio dei voti dopo le regionali sarde. “Essendo io stata eletta qui sarebbe brutto se mi cacciate”, scherza riferendosi al suo collegio di elezione alle politiche del 2022 (Camera-uninominale L'Aquila-Teramo). Parlano prima i leader dei partiti piccoli, Cesa e Lupi, poi, in ordine di rappresentanza parlamentare, Tajani, Salvini e Meloni. Tajani ricorda Silvio Berlusconi e il suo “amore per la terra” abruzzese. Poi tocca a Salvini: il segretario riduce il più possibile il suo intervento, parla degli interventi per l'Abruzzo e ribadisce di ripudiare i termini genitore 1 e genitore 2 e la maternità surrogata, oltre al fanatismo islamista che non rispetta i diritti delle donne. La parola passa infine alla premier: “In Italia ci sono due realtà, quella che raccontano i giornali di sinistra” che corrisponde ai loro desideri, “e poi c'è la realtà dei fatti. E i fatti dimostrano che questo Governo procede veloce nelle sue decisioni”, assicura. (Leggi lo speciale di NOMOS sulle elezioni in Abruzzo)

Schlein e Conte vedono rimonta di D’Amico in Abruzzo

La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, nutre la speranza di un effetto domino innescato in Sardegna che possa buttare giù la destra in Abruzzo prima, e nelle altre regioni al voto, Umbria e Basilicata, poi. Stando a quanto riportano fonti parlamentari, la forbice fra Marco Marsilio e Luciano D'Amico sarebbe inferiore al 5%. Che il Pd ci creda sembra confermato anche dal tour de force di Elly Schlein nella regione. La segretaria il 6 e il 7 marzo ha fatto tappa all'Aquila, Sulmona e Lanciano, ritrovando al proprio fianco Pierluigi Bersani e riproponendo il tandem visto in Sardegna. Una scelta anche scaramantica così come l’ha definita Dario Franceschini. Un “vento di cambiamento” è avvertito da Giuseppe Conte, che sta battendo palmo a palmo la regione ormai da diversi giorni, in un tour che gli fa registrare “un grande e crescente entusiasmo intorno a Luciano D'Amico”. Venerdì l'ex presidente del consiglio tornerà in Abruzzo, anche se lo schema rimarrà quello dell'incontro con i cittadini, lontano dai palchi. 

Meloni, Salvini e Tajani fanno quadrato contro il dossieraggio

Dopo il silenzio, Giorgia Meloni prende una posizione durissima contro i “dossieraggi ad personam per passare le notizie ai giornali di De Benedetti”, in particolare su quello che può esserci dietro l'inchiesta di Perugia che ha scoperchiato almeno 800 accessi abusivi a banche dati pubbliche per raccogliere informazioni su personaggi politici ma anche su “normali cittadini”.  Il futuro dell'Abruzzo passa in secondo piano di fronte alle carte dell'inchiesta per cui Meloni ringrazia “Cantone e Melillo”, che saranno sentiti dalla commissione AntimafiaIV vuole chiamare anche Federico Cafiero de Raho, ex procuratore nazionale antimafia fino a febbraio del 2022, che oggi però è anche deputato M5S e vicepresidente della Commissione: l'audizione di un membro della stessa Commissione “non ha precedenti”, spiega Raffaella Paita che ha annunciato l'iniziativa su cui ora dovrà esprimersi la presidente Chiara Colosimo. Proprio il fatto che il Procuratore di Perugia e il Procuratore nazionale Antimafia sono stati auditi dal Copasir ha fatto scattare l'allerta tra i parlamentari, soprattutto di maggioranza, sul fatto che ci possa essere molto altro, e molto più “pericoloso”, di quanto emerso finora. 

Mattarella chiarisce: non sono un sovrano, promulgo e non firmo

Sergio Mattarella si è evidentemente stancato delle strattonate che investono sempre più spesso il Quirinale ed è costretto a ribattere. Il capo dello Stato sfrutta l'occasione di un'udienza con la Casagit, l'assistenza integrativa dei giornalisti italiani, per una difesa della libertà di stampa, definita “fondamentale” per la tenuta della democrazia, parole non scontate per l'attualità italiana squassata dallo scandalo dossieraggi. Ma non è questo il cuore del messaggio presidenziale, che invece Mattarella dedica a ridefinire il proprio ruolo troppo spesso chiamato indebitamente in causa. Ecco, quindi il “memo” che il Colle recapita alle forze politiche, ove alcuni passaggi del suo ruolo non siano chiari o si siano sbiaditi con il passare degli anni: “Qualche volta ho come l'impressione che qualcuno pensi ancora allo Statuto Albertino in cui veniva affidata la funzione legislativa congiuntamente alle due Camere e al Re. Quando le Camere approvavano la legge, il re prima di promulgarle doveva apporre la sua sanzione, cioè la sua condivisione nel merito, perché aveva anche attribuito il potere legislativo. Fortunatamente non è più così. Il Presidente della Repubblica non è un sovrano, fortunatamente, e quindi non ha questo potere”, attacca deciso. 

Sulla Basilicata Schlein avverte: unità coalizione prima di tutto

Elly Schlein interviene sulla Basilicata, regione in cui il “campo largo” vittorioso in Sardegna rischia di andare subito in frantumi: la leader Pd vuole evitare una spaccatura che renderebbe quasi impossibile la vittoria e incrinerebbe un lavoro di tessitura che ha un significato che va ben oltre la dimensione regionale. La situazione per certi versi somiglia a quella che si era creata nell'isola, ma più difficile: in campo al momento c'è Angelo Chiorazzo, imprenditore delle coop bianche, sostenuto dal Pd lucano e da Roberto Speranza, ma poco o per niente gradito praticamente a tutto il resto del “campo largo”, a cominciare da M5S. Chiorazzo minaccia comunque di correre da solo, anche se il centrosinistra scegliesse un altro candidato, rilanciando: “Io non mi ritiro, stiamo lavorando alle manifestazioni, c'è un numero di persone che non si vedeva da 30 anni. Cinquestelle o no, io rimango ricandidato”. L'imprenditore conta di riuscire a convincere almeno AvsAzionePiù Europa, lasciando così solo M5S a dire no. Schlein ha invitato tutti a tenere unito il fronte, facendo capire che cercherà di individuare la soluzione capace di raccogliere il consenso più largo possibile, per poi provare a convincere chi dovesse ancora minacciare una corsa solitaria; qualcuno ipotizza anche di rilanciare l'idea delle primarie, che il M5S in Sardegna non ha voluto, ma che ha accettato a Bari. 

Il Ppe candida ufficialmente von der Leyen ma è allarme franchi tiratori

Ursula von der Leyen sarà la candidata del Ppe alla presidenza della Commissione Ue. A favore dell'ex Ministra tedesca, unica in campo nel Ppe, hanno votato 400 delegati: 89 contrari, 10 le schede nulle o non valide, 92 hanno preferito marcare visita. Lo scrutinio segreto ha smascherato lo spettro dei franchi tiratori, rendendo l'investitura di von der Leyen meno sontuosa. Nel suo discorso da candidata, la presidente della Commissione ha elencato i capi di Stato e di Governo in carica che fanno parte del Ppe, sottolineando poi il sostegno all'Ucraina e la fermezza nella protezione dei confini. Ha promesso un'Europa “sicura, prospera e democratica” e assicurato che il nuovo Green Deal sarà “pragmatico” e non “ideologico”, tendendo la mano a destre e agricoltori. Ma von der Leyen è andata oltre, dipingendo una Ue assediata da dittatori, disinformazione, guerre. Ha poi attaccato il Rassemblement Nationale di Marine Le Pen, i tedeschi di Afd, i polacchi di Konfederacia. Il copione, del resto, era stato già scritto da Manfred Weber: arrivare a una maggioranza Ursula allargata alle destre non euroscettiche (Fdi su tutte) e ai nuovi partiti agricoli, con il Ppe come volano e un ridimensionamento dei poteri in mano a socialisti e liberali. 

La presidente della Commissione è stata applaudita dalla platea in piedi, ma lo scrutinio ha raccontato i malumori che si nascondono nelle fila del Ppe: gli 89 voti contrari non hanno un volto, tranne che gli oltre 20 delegati dei Republicains francesi che hanno annunciato il no alla “candidata di Emmanuel Macron”. Anche la delegazione slovena aveva espresso riserve. Ma il gruppo dei franchi tiratori è più ampio e, secondo i rumors interni al Ppe, potrebbe comprendere austriaci, maltesi e spagnoli. Lontano da Bucarest i segnali non sono stati migliori: i socialisti, a poche ore dal voto del Congresso del Ppe, hanno rimarcato di non garantire il sostegno a von der Leyen. In conferenza stampa la candidata ha difeso uno dei punti più contestati nel manifesto del Ppe, l'utilizzo di Paesi terzi sicuri per ospitare chi chiede asilo in Ue e anche chi poi riesce a ottenerlo: “E' in linea con il diritto europeo”, ha rimarcato von der Leyen; tra i suoi più fermi sostenitori c'è FI, con il vicepremier Antonio Tajani.  

Meloni incontra Letta e chiede di assicurare più autonomia all'industria Ue

Cambiare rotta per non restare a rincorrere Stati Uniti e Cina e assicurare all'industria europea l'autonomia nei settori chiave per il futuro, difesa e tech in testa. Gli input del Governo per rilanciare la competitività dell'Europa corrono paralleli tra Roma e Bruxelles. La premier Giorgia Meloni ne ha parlato con il presidente dell'Istituto Jacques Delors, Enrico Letta, che il prossimo 17 aprile presentare ai leader Ue il suo report sul mercato unico. A farle da sponda sulla scena europea è il ministro Adolfo Urso, impegnato a esortare i vertici comunitari a mettere in campo “fondi comuni” per aiutare le capitali e i privati a “reggere la sfida” dei sussidi elargiti da Washington e Pechino a favore delle loro imprese. E, per non restare intrappolata in vincoli troppo rigidi, l'appello all'Europa è anche a “rivedere le priorità” della svolta green, a partire dal regolamento sugli imballaggi, sul quale Roma preannuncia nuova battaglia. Davanti alle sfide geopolitiche ed economiche globali, per la premier è necessario eliminare il divario in termini di crescita e innovazione tra l'Europa e i suoi principali concorrenti, alleggerendo il peso burocratico per le Pmi e dando attenzione a industria e occupazione. Tutti elementi messi in rilievo anche dal ministro Urso durante il confronto con gli omologhi Ue a Bruxelles: unire “mercato interno, competitività e autonomia strategica” per rispondere alla politica avviata da Joe Biden con l'Inflation Reduction Act e dal presidente Xi Jinping con la sua politica economica sempre più assertiva. Per Urso, gli investimenti di cui l'Europa ha bisogno dovranno essere sostenuti dai 27 membri, seguendo quanto fatto con il Recovery fund e il RePowerEu

Meloni attacca sul caso dossieraggio. Conte difende De Raho

Sul caso dei presunti dossieraggi a danno di politici, imprenditori e vip s'infiamma il dibattito politico. La premier Giorgia Meloni parla di situazione “molto brutta” e “gravissima”: “Non basta sapere chi era il funzionario che violava una banca dati riservata, bisogna capire anche quali erano i mandanti” con “nome e cognome. Quello che m’indigna più del fatto in sé è che qualcuno provi a difendere quello che è accaduto trincerandosi dietro la libertà di stampa. Intanto, da FI ad Azione e Iv continua ad essere forte il pressing su Federico Cafiero De Raho, deputato del M5S, vicepresidente della commissione Antimafia ed ex capo della Dna. Il leader di Italia viva Matteo Renzi non le manda a dire: “Quello che sta emergendo dallo scandalo dossieraggio è solo la punta dell'iceberg”. La Lega con una nota attacca: “Lo scandalo spioni conferma che si tratta di un vero e proprio attacco alla democrazia”. Il leader di Azione Carlo Calenda si rivolge direttamente all'esecutivo: “Chiediamo che il Governo riferisca in Parlamento”. Poi aggiunge: “Altra cosa che non si può fare è che i procuratori antimafia finiscano in Parlamento e nella Commissione che ha il compito di verificare. De Raho era a capo della struttura che non ha funzionato e oggi dovrebbe verificare in Commissione come è andata”. Tra gli spiati “ci sono anche esponenti non del centrodestra. Io penso che sarebbe matura una maggiore unità delle forze politiche”. Da Forza Italia il capogruppo a Palazzo Madama Maurizio Gasparri chiede che “Cafiero De Raho lasci con immediatezza la Commissione Antimafia”. 

Meloni rilancia Marsilio in Abruzzo e attacca il campo largo

A pochi giorni dal voto, Giorgia Meloni torna a parlare di Abruzzo e dichiara che il principale merito che Marco Marsilio è quello di aver tolto l'Abruzzo dall'isolamento. Ospite di Dritto e Rovescio, la presidente del Consiglio risponde alla prima domanda di Paolo Del Debbio con il sorriso, ribadendo il concetto dell'elmetto in testa di cui ha parlato nell'ultimo comizio a Pescara: “Ci dormo anche, perché si sta vedendo un po' di tutto”. I suoi avversari, dice, hanno perso scommettendo sul fallimento dell'esecutivo e ora “sta uscendo la loro natura risentita, un po' livorosa che mi fa immaginare che accadrà un po' di tutto da qui alle Europee. Ma l'unica cosa che mi preoccupa è il consenso dei cittadini”. La prossima prova sarà appunto in Abruzzo e allora Meloni difende l'operato del suo fedelissimo Marsilio: “Ha lavorato sulle infrastrutture, ha costruito nuovi ospedali, si è occupato di problemi reali. La sinistra lo sa e per questo lo accusa anche di non essere abruzzese perché è cresciuto a Roma. Ma lui è abruzzese da sette generazioni, si è dimesso da parlamentare per andare in Abruzzo”. In attesa della prova sulla tenuta della sua coalizione, la leader di FdI definisce “bizzarro” il campo largo che ha preso forma in Abruzzo, sottolineando che la “diverte” vedere Giuseppe Conte e Matteo Renzi negare di essere alleati mentre lo sono. 

In Abruzzo Pd ed M5S rilanciano il salario minimo

A poche ore dalla chiusura della campagna elettorale in Abruzzo, la disputa tra i due schieramenti in corsa diventa incandescente. Per il centrodestra scendono in campo i Ministri e la stessa Giorgia Meloni mentre nel centrosinistra è il momento della partita unitaria con i due pesi massimi del Pd sul palco di Pescara a suonare la carica. “Uniti si vince” è lo slogan della segretaria Elly Schlein e del presidente Stefano Bonaccini, di nuovo insieme in un evento pubblico: “E quando il Pd è unito è più forte anche il centrosinistra”, rilancia il presidente dell'Emilia-Romagna. Ed è proprio il cosiddetto “campo largo” che decide di calare l'asso a poche ore dal voto. Mentre si incrociano comizi e traiettorie elettorali tra le quattro province della Regione, da Roma arriva l'affondo: le opposizioni lanciano “insieme una legge di iniziativa popolare per riproporre il Salario minimo in Parlamento”. A firmare la nota sono i leader di PdM5SAvsAzione+Europa e Psi, che lanciano la sfida al Governo: Vediamo se avrà il coraggio di affossare anche una legge firmata da centinaia di migliaia di cittadine e cittadini”. 

All'iniziativa comune manca solo Italia Viva, che tuttavia è in corsa nel campo larghissimo in versione abruzzese. Schlein, dal palco di Pescara, parla con soddisfazione di un “fatto importante”: “Abbiamo deciso di rilanciare la nostra battaglia unitaria”, un concetto sostenuto da Giuseppe Conte che afferma “non molliamo”. La parola unità è il fil rouge che ha attraversato tutta la campagna elettorale del centrosinistra a sostegno di D'Amico e viene rilanciata con forza dai due vertici del Pd che posano accanto al candidato che in Abruzzo è riuscito a mettere insieme tutte le forze di una coalizione che al livello nazionale non c'è. A ribadirlo è il leader di Azione Carlo Calenda: “Non credo che queste coalizioni riescano a governare l'Italia”; per l'ex Ministro, “non esiste il campo largo”, ma solo la convergenza su un “candidato ottimo”. Il leader del M5S, però, sembra aprire: “Stiamo costruendo un'alternativa di governo, andremo al governo con il Pd”. Anche per Schlein, il voto in Regione “è degli abruzzesi per gli abruzzesi”. Tuttavia, la leader democratica non rinuncia a gettare lo sguardo più in là: “Noi continueremo a essere testardamente unitari”. 

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 4 marzo, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 27,3%, davanti al PD (20%). Più di 12 punti percentuali in meno per il Movimento 5 Stelle al 15,6%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 7,3 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 4,2%, mentre Unione Popolare all’1,3%. Nell’area centrista, Azione è data al 4,3%, mentre Italia Viva al 3,1%. Nella coalizione del centrodestra, Lega scende all’8%, Forza Italia sale a 7,6%. Per l’Italia rimane invariato all’1,7%

Partiti-8-3-24.png

La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) rimane invariato al 42,9%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, scende al 26,6%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, scende al 7,4%; fuori da ogni alleanza, il M5S sale al 15,8%.

Coalizioni-8-4-24.png

 

  1. Il centrodestra è ottimista sull’Abruzzo e Meloni mette l’elmetto
  2. Schlein e Conte vedono rimonta di D’Amico in Abruzzo
  3. Meloni, Salvini e Tajani fanno quadrato contro il dossieraggio
  4. Mattarella chiarisce: non sono un sovrano, promulgo e non firmo
  5. Sulla Basilicata Schlein avverte: unità coalizione prima di tutto
  6. Il Ppe candida ufficialmente von der Leyen ma è allarme franchi tiratori
  7. Meloni incontra Letta e chiede di assicurare più autonomia all'industria Ue
  8. Meloni attacca sul caso dossieraggio. Conte difende De Raho
  9. Meloni rilancia Marsilio in Abruzzo e attacca il campo largo
  10. In Abruzzo Pd ed M5S rilanciano il salario minimo
  11. I sondaggi della settimana