Firmato l'accordo sul Recovery Fund da 750 miliardi, 209 andranno all’Italia 

Dopo 92 ore di negoziati i leader europei hanno trovato l'intesa sulla risposta comune alla più grande recessione economica della storia dell'Unione. I capi di Stato e di governo hanno approvato un pacchetto da 750 miliardi di euro che dovrà servire alla ricostruzione post-pandemia e che sarà suddiviso in 390 miliardi di sovvenzioni e 360 miliardi di prestiti per i Paesi colpiti dalla crisi. La somma è significativamente inferiore rispetto alle ambizioni del pacchetto da 500 miliardi di euro ispirato dalla proposta di Francia e Germania a maggio e poi avallato dalla Commissione europea, ma porterà comunque in dote all'Italia circa 209 miliardi (28%), 82 di sussidi e 127 di prestiti. E, soprattutto, sdogana per la prima volta il principio secondo cui un’istituzione europea, la Commissione, viene autorizzata a fare debito comune, un tabù che sarebbe stato impensabile solo qualche mese fa. Arrivare al risultato non è stato facile e il vertice di Bruxelles, che per poco non ha battuto il record di durata di quello di Nizza nel 2000 che durò quattro giorni e quattro notti, passerà alla storia per la feroce battaglia condotta dai frugali (Paesi Bassi, Austria, Svezia e Danimarca, col sostegno della Finlandia) contro il resto d'Europa. Il commento dei leader è unanime: di “momento storico per l'Italia e l'Europa” parla Giuseppe Conte, secondo cui l'accordo che esce dal vertice è adeguato a far fronte alla crisi; “abbiamo tutelato la dignità dell'Italia”, “Ora abbiamo una grande responsabilità”, “Abbiamo la possibilità di far ripartire l'Italia con forza, di cambiare volto al nostro Paese. Ora dobbiamo correre, dobbiamo utilizzare questi soldi per investimenti, per riforme strutturali. Dobbiamo intraprendere quel percorso di crescita economica e di sviluppo sostenibile che stiamo perseguendo da anni” senza raggiungerlo con piena efficacia, aggiunge il premier. 

L'accordo Ue divide il centrodestra, Berlusconi incalza sovranisti

L'intesa sul Recovery fund spiazza il centrodestra. L'accordo riporta in superficie le divisioni fin qui faticosamente messe in secondo piano, con Silvio Berlusconi che si toglie la soddisfazione di attaccare i “partiti sovranisti” e Giorgia Meloni e Matteo Salvini che ancora una volta scelgono di recitare copioni diversi. Per il leader della Lega il Recovery fund è “una grossa fregatura”, mentre la Meloni dice che “poteva andare meglio”, ma ammette che “Conte è uscito in piedi”. Silvio Berlusconi festeggia: “È un compromesso, ma positivo, che ha superato resistenze di alcuni Paesi del nord e toglie argomenti ai nemici dell'Europa”. Soprattutto, il leader di Fi avverte: “Certamente questo difficile compromesso deve far riflettere sul futuro, sui pericoli per l'Europa del condizionamento che i partiti sovranisti esercitano”. Se nei mesi scorsi erano sempre di più quelli che scommettevano sull'implosione del governo Conte, la chiusura dell'intesa sui fondi europei cambia lo scenario e Berlusconi dimostra di non essere rassegnato a giocare la parte del comprimario. Comunque sia, tre alleati, tre linee diverse. 

Il CdM approva uno scostamento di bilancio da 25 miliardi 

Sale a 25 miliardi l’entità della manovra estiva che il Governo è pronto a varare ad agosto. Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera a una richiesta di deficit aggiuntivo che porterà il livello dell'indebitamento netto dal 10,4% all'11,9% mentre il debito salirà dal 155,7% al 157,6%. Con la Relazione che sarà inviata alle Camere, sentita la Commissione europea, il governo chiederà l'autorizzazione per un ulteriore ricorso all'indebitamento di 25 miliardi di euro per l'anno 2020, 6,1 miliardi nel 2021, 1 miliardo nel 2022, 6,2 miliardi di euro nel 2023, 5 miliardi di euro nel 2024, 3,3 miliardi nel 2025, e 1,7 miliardi dal 2026. Il nuovo sforamento per l'anno in corso, superiore ai 20 miliardi preventivati, si colloca nella scia dell'esito positivo del negoziato europeo sul Recovery fund. La decisione di alzare l'asticella è stata presa nel corso del vertice dei capidelegazione e dei responsabili economici con il premier Giuseppe Conte e il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri che ha preceduto il Cdm di mercoledì. Il via libera del Parlamento alla nuova richiesta di extra deficit, la terza dopo i 20 miliardi del dl Cura Italia e i 55 miliardi del decreto Rilancio, arriverà mercoledì 29, contestualmente al Piano nazionale di riforma, che potrà così essere ufficialmente trasmesso a Bruxelles. Priorità sarà data alla proroga della Cig, ma arriveranno anche i fondi per far ripartire le scuole in sicurezza e una rimodulazione delle tasse sospese e rinviate a settembre per le imprese più colpite. Inoltre, “verrà garantito il necessario sostegno agli enti territoriali”. 

Conte riferirà alle camere sull’ipotesi dello stato d’emergenza al 31 ottobre

Sarà il premier Giuseppe Conte la prossima settimana in Parlamento (martedì in Senato e mercoledì alla Camera) a spiegare perché il governo ha intenzione di prolungare fino al 31 ottobre lo Stato di emergenza legato al Coronavirus. La decisione verrà formalizzata in CdM solo dopo il passaggio del capo del Governo nelle aule parlamentari. Se nella maggioranza non sembrano esserci dubbi circa la necessità di proseguire con le misure in scadenza a fine luglio, l'opposizione non si mostra della stessa opinione e, seppur con sfumature diverse, alza le barricate. Sul piede di guerra è il leader della Lega Matteo Salvini: “Ci restino loro chiusi in Aula, gli italiani hanno bisogno di libertà”. L'ex ministro non usa mezzi termini e bolla come “nemico dell'Italia” chi ha intenzione di voler prolungare lo Stato d'emergenza; non solo, ha una sua personale teoria che lega l'arrivo dei migranti alla volontà di proseguire con le misure restrittive: “Il governo importa infetti forse per una strategia per continuare con lo Stato d'emergenza”. I toni sono diversi, ma di fatto anche Forza Italia nutre dei dubbi: per Anna Maria Bernini si tratta infatti di una “scelta forzata. Se l'intenzione è quella di imporre al Paese lo Stato d'emergenza fino a quando i focolai saranno azzerati, allora il Governo ha il dovere di bloccare subito il flusso dei migranti che sta provocando nuovi, continui focolai danneggiando regioni che erano da settimane Covid free”. 

Al Senato Quagliariello, Berutti e Romani lasciano Forza Italia 

Qualcosa si muove nell'area del centrodestra al Senato. I senatori Gaetano Quagliariello di Idea, Massimo Berutti e Paolo Romani di Cambiamo (il movimento del governatore ligure Giovanni Toti) hanno annunciato la loro iscrizione al gruppo Misto all'interno del quale nasce la componente unica di Idea e Cambiamo, che mira a collocarsi nell'area liberale-conservatrice, in raccordo con le altre forze di centrodestra, all'opposizione della maggioranza di governo targata Pd, M5s, Iv, Leu. L'addio a Forza Italia è tecnicamente inevitabile: il passaggio al Misto per creare il nuovo soggetto richiede le dimissioni dal gruppo azzurro. Se Quagliariello in realtà è stato da sempre un indipendente all'interno di Forza Italia. Romani e Berutti già dagli ultimi mesi del 2019 avevano aderito al progetto di Toti. Nessuna contrapposizione quindi con il partito di Silvio Berlusconi, ma la necessità di dare spazio alle anime liberali che non sentono di avere una collocazione in questo momento. La componente, spiega una nota che ufficializza la novità, è collocata “senza se e senza ma all'opposizione di questo Governo, con l'obiettivo di mettere in campo ogni iniziativa per archiviare un esecutivo drammaticamente inadeguato, in raccordo con le altre forze del centrodestra”.

È caos sulla legge elettorale. Tutto rinviato. Tensione tra Pd e IV

La maggioranza non c'è sulla legge elettorale. Il Pd, dopo lo stop and go di questi giorni, è tornato all'attacco in Commissione Affari costituzionali e ha chiesto tempi certi sull'iter del Brescellum, raccogliendo ancora un nulla di fatto. Il tutto si è consumato nella sala Mappamondo di Montecitorio, con Italia viva che, insieme alle opposizioni, ha posto il suo veto sulla richiesta del capogruppo Dem Stefano Ceccanti di votare il testo base lunedì 27 luglio. La motivazione è squisitamente tecnica: la riunione della Conferenza dei capigruppo, svoltasi prima dell'Ufficio di presidenza, non ha infatti trattato il tema, cancellando dal calendario dei lavori di Aula, almeno per luglio, la proposta di cambiamento del sistema elettorale. Dal Pd si alza un coro di accuse contro i renziani, rei di aver “tradito il patto” con gli alleati di Governo: “Mi dispiace ma Iv ha tradito un patto. Per noi e il Governo non cambia nulla ma i confini della maggioranza per questo testo di legge non esistono più, discuteremo con tutti perché dobbiamo cambiare una pessima legge” tuona Nicola Zingaretti. Da Italia Viva la replica alle accuse è sempre la stessa: “Noi vogliamo pensare alle cittadine e ai cittadini che sono in affanno, spiace invece che di fronte a una crisi senza precedenti ci sia chi pensa ai seggi e arrivi a mettere in discussione Governo e maggioranza in nome d’indecifrabili alchimie politiche”, dice Roberto Giachetti. Ora si attende la nuova riunione della Capigruppo fissata per martedì alle 20.30, nella quale, stilando il calendario di agosto, si deciderà di calendarizzare anche la legge elettorale

Le regionali agitano il M5S, ipotesi voto Rousseau sulle alleanze

I prossimi giorni saranno decisivi per i pentastellati per sciogliere il nodo sulle Regionali. Probabile che il dossier sia tra i temi sul tavolo del Villaggio Rousseau che Davide Casaleggio riporta in auge questo weekend. Ma, al momento, un'intesa tra M5S e Pd appare praticabile solo nelle Marche, visto che In Puglia l'accordo sul nome di Michele Emiliano resta al limite dell'impossibile. Nicola Zingaretti rinnova il suo appello al M5S: “Non lasci solo il Pd contro le destre”. La miccia è stata accesa anche dalle perplessità che Luigi Di Maio nei giorni scorsi ha avanzato su Ferruccio Sansa come candidato Pd-M5S in Liguria. Ma se in Liguria l'intesa è ormai assodata, in Puglia i giochi sembrano quasi fatti. Da Giuseppe Brescia a Barbara Lezzi in tanti, con diverse sfumature, hanno già espresso la loro contrarietà a Emiliano, governatore che, sul territorio, il M5S combatte di fatto da 5 anni. La Puglia è Regione strategica per il Pd nella campagna di settembre ed è molto in bilico, anche perché, senza Iv e senza M5S, i Dem si trovano da soli ad affrontare Raffaele Fitto. La Puglia è anche la Regione di Giuseppe Conte e non è un particolare da poco. Nelle restanti 3 Regioni, Veneto, Toscana e Campania, M5S e Pd correranno divisi salvo svolte dell'ultima ora. 

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini rimane pressoché ferma al 26,5%. Discorso simile per il Movimento 5 Stelle. Il partito guidato da Vito Crimi viene stimato al 15,6%, in sostanziale pareggio rispetto alla scorsa settimana. La Lega resta il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (PD) di 7,2 punti percentuali, mentre il gap rispetto al M5S si attesta a 10,9 punti percentuali.

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Nell’area delle sinistre, non si muovono i Verdi (1,9%), così come l’alleanza tra Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno ferma al 3,6%. Nell’area centrista, +Europa non fa registrare grosse variazioni (2,4%), Italia Viva rimane al 3% mentre Azione si attesta al 3,3%. Il Partito Democratico, invece, perde qualche decimale (19,3%). Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia si conferma stabilmente come la seconda forza della coalizione (14,2%), Forza Italia è in leggero affanno (6%) mentre Cambiamo!, il partito di Giovanni Toti, non fa registrare variazioni (1,2%).

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Ad oggi, l’area di Governo raccoglie il 41,5% delle preferenze di voto. La coalizione di centrodestra il 47,9%, quella di centrosinistra il 28,3%. Il Movimento 5 Stelle è dato al 15,6%.



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