Referendum: il SI raggiunge quasi il 70%

Il risultato è inequivocabile: al referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari ha vinto il SI con quasi il 70%. Nella notte sono stati diffusi i risultati definitivi di tutte le 61.622 sezioni: i votanti sono stati 24.993.020, pari al 53,84% dei 46.418.749 degli aventi diritto; il SI ha ottenuto 17.168.498 voti pari al 69,64%, mentre il NO ha totalizzato 7.484.940, pari al 30,36%; le schede nulle sono state 128.397 mentre le bianche 210.862 e le contestate, 323. L'esito del referendum dà il via libera alla modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione, per effetto dei quali il numero dei Deputati passa dagli attuali 630 a 400, mentre quello dei Senatori da 315 a 200, inclusi i parlamentari eletti all'estero (8 Deputati contro gli attuali 12 e 4 Senatori contro i 6 di oggi). A questo punto, sembra improbabile che questo risultato potrà influire sulla tenuta del Governo. Per Luigi Di Maio “Questa è una vittoria di tutto il Paese, al di là dei colori politici, è la vittoria di tutti gli italiani, del popolo che non ci ha mai fatto perdere la speranza di vincere questo referendum. Un risultato che porta l'Italia a guadagnare ulteriore credibilità internazionale”. Vito Crimi aggiunge: “Questa è la dimostrazione che il M5S per l'ennesima volta è riuscito a interpretare l'interesse dei cittadini”. Nel PD c’è soddisfazione; i dubbi, i tentennamenti iniziali, sono stati con il tempo soppiantati da un (quasi) corale sostegno al SI, ribadito ancora una volta da Nicola Zingaretti: “Il Pd ha detto sempre SI per cambiare. Chi ha votato NO va rispettato. Questa prova poteva essere molto lacerante per il Pd. Sono contento di essere segretario di questo partito”. A questo punto la parola d'ordine è riforme istituzionali.  

Alle regionali nessuna spallata: 3 a 3 fra centro destra e centrosinistra

Alla fine è stato un pareggio. Alle regionali, il centrodestra mantiene il Veneto con un vero e proprio plebiscito per il leghista Luca Zaia. Confermato anche Giovanni Toti in Liguria, ma la vera novità per la coalizione di centrodestra viene dalle Marche dove il candidato di Fdi Francesco Acquaroli ha vinto di misura contro il candidato di centrosinistra Maurizio Mangialardi, conquistando una delle ultime regioni rosse. Resiste alla spallata, invece, la Toscana dove il Dem Eugenio Giani batte la sfidante leghista Susanna Ceccardi. In Puglia, contro ogni aspettativa, si conferma Michele Emiliano che distanza di circa 8 punti percentuali Raffaele Fitto mentre in Campania trionfa Vicenzo De Luca che raccoglie il 69,6% mentre Stefano Caldoro raggiunge il 18,1%. 

La Toscana sceglie Giani. La Lega fallisce la spallata

Il candidato del centrosinistra alla Presidenza della regione Toscana Eugenio Giani è stato eletto presidente. Il vantaggio sulla leghista Susanna Ceccardi è risultato alla fine maggiore rispetto alle aspettative pre-voto. Al termine dello scrutinio delle 3.937 sezioni, Giani ha ottenuto il 48,6% contro il 40,5% della sua avversaria di centrodestra, mentre la candidata del M5S Irene Galletti si è fermata al 6,4%. Nulla da fare per le altre liste (Toscana a Sinistra, Partito Comunista, Partito Comunista Italiano e Movimento 3V Libertà di Scelta) che nel complesso hanno raccolto circa il 4,5% dei voti. Nessuna di queste liste ha quindi superato la soglia di sbarramento del 5% non eleggendo nessun rappresentante in consiglio regionale. Al termine delle votazioni l'affluenza alle urne è stata del 62,6%, in crescita di quattordici punti rispetto al 48,3% delle Regionali del 2015. Un esito in netta controtendenza rispetto al passato e frutto di una grande mobilitazione dell’ultimo momento connessa sia alla concomitanza con le elezioni per il referendum costituzionale e le comunali che alla reale possibilità per il centrodestra di conquistare per la prima volta la regione, e quindi dare una spallata decisiva al Governo. La campagna elettorale, infatti, inizialmente era partita con un carattere meno esasperato rispetto a quella delle regionali in Emilia-Romagna di inizio anno, ma è successivamente finita per assumere una rilevanza nazionale visti i sondaggi che davano le due coalizioni molto vicine in termini di percentuali. (Speciale Regionali Toscana)

Emiliano viene rieletto in Puglia. Ennesima sconfitta per Fitto

Il candidato del centrosinistra alla Presidenza della regione Puglia Michele Emiliano è stato riconfermato presidente con un distacco importante sul candidato del centrodestra Raffaele Fitto. Al termine dello scrutinio delle 4.026 sezioni, Emiliano ha ottenuto il 46,8% contro il 38,9% del suo avversario di centrodestra, mentre la candidata del M5S Antonella Laricchia si è fermata al 11,1%. Brutto risultato per Italia Viva, il cui candidato, Ivan Scalfarotto non è andato oltre l’1,6% non riuscendo a portare alcun candidato in Consiglio. Nulla da fare nemmeno per le altre liste (Fiamma Tricolore, Lavoro Ambiente e Costituzione, Cittadini e Riconquistare l’Italia) che nel complesso hanno raccolto poco meno del 2% dei voti. Nessuna di queste liste ha evidentemente superato l’alta soglia di sbarramento dell’8% non eleggendo, quindi, nessun rappresentante in consiglio regionale. Al termine delle votazioni l'affluenza alle urne è stata del 56,4%, in crescita di oltre cinque punti rispetto al 51,2% delle Regionali del 2015. L’esito di questa elezione era tutt’altro che scontato, con i due principali contendenti di centrodestra e centrosinistra che erano dati testa a testa fino all’ultimo. Alla fine, Emiliano ne è uscito vincitore anche grazie al voto disgiunto dovuto, in parte, alla popolarità acquisita durante la gestione dell’emergenza pandemica. (Speciale Regionali Puglia)

La Liguria riconferma il centrodestra di Toti

Il candidato del centrodestra alla Presidenza della regione Liguria Giovanni Toti è stato riconfermato presidente. Netto il vantaggio sullo sfidante Ferruccio Sansa. Al termine dello scrutinio delle 1.795 sezioni, Toti ha ottenuto il 56,1% contro il 38,9% del candidato per il centrosinistra, mentre Aristide Massardo di Italia Viva si è fermato al 2,4%. Infine, la dissidente cinquestelle Alice Salvatore, candidata con una sua lista, non è andata oltre lo 0,9%. Nulla da fare nemmeno per le altre liste (CBC, GRAF, Riconquistare l’Italia, Grande Liguria, ORA e Popolo della Famiglia) che nel complesso non hanno raccolto nemmeno il 2% dei voti. Nessuna di queste ha superato la soglia di sbarramento del 3% non eleggendo, quindi, nessun rappresentante in consiglio regionale. Al termine delle votazioni l'affluenza alle urne è stata del 53,4%, in crescita di quasi tre punti rispetto al 50,7% delle Regionali del 2015. L’effetto Covid, come nelle altre regioni, non si è quindi fatto sentire e i cittadini si sono presentati in buon numero alla tornata elettorale. L’esito di questa elezione non è mai stato veramente in discussione, con il centrodestra che gode in Liguria di ampio consenso, la soddisfacente gestione delle emergenze da parte di Toti e il suo stesso partito (Cambiamo) che ha qui la sua roccaforte. (Speciale Regionali Liguria)

Zaia stravince in Veneto, per gli altri solo le briciole

Il candidato del centrodestra alla Presidenza della regione Veneto Luca Zaia è stato riconfermato presidente per la terza volta. Un plebiscito quello che ha permesso al leghista di battere il candidato del PD, Arturo Lorenzoni. Al termine dello scrutinio delle 4.751 sezioni, Zaia ha ottenuto il 76,8% contro il 15,7% dell’avversario di centrosinistra, mentre il candidato del M5S Enrico Cappelletti si è fermato al 3,6%. Le altre liste (Movimento 3 V, Partito dei Veneti, Solidarietà Ambiente Lavoro - Rifondazione Pci, Italia Viva, Veneto Ecologia Solidarietà e Veneto per l’Autonomia) nel complesso hanno raccolto poco più del 4% dei voti. Nessuna di queste, come anche il Movimento 5 Stelle, ha superato la soglia di sbarramento del 3% non eleggendo, quindi, nessun rappresentante in consiglio regionale. Al termine delle votazioni l'affluenza alle urne è stata del 61,2%, in crescita di quasi quattro punti rispetto al 57,3% delle Regionali del 2015. Nonostante l’esito della contesa elettorale non sia mai stato in bilico, Zaia ha superato ogni più rosea aspettativa convincendo più dei tre quarti degli elettori a votarlo. Un risultato mai visto prima e che potrebbe mettere in difficoltà la leadership di Matteo Salvini. (Speciale Regionali Veneto) 

Il centrodestra conquista le Marche dopo 25 anni

Il candidato del centrodestra alla Presidenza della regione Marche Francesco Acquaroli è stato eletto presidente. Piuttosto netto il vantaggio sul candidato del centrosinistra Maurizio Mangialardi. Al termine dello scrutinio delle 1.576 sezioni, Acquaroli ha ottenuto il 49,1% contro il 37,3% del suo avversario, mentre il candidato del M5S Gian-Mario Mercorelli si è fermato all’8,6%. Nulla da fare per le altre liste (Dipende da Noi, Comunista!, VOX, Movimento 3V-Libertà di scelta e Riconquistare l’Italia) che nel complesso hanno raccolto circa il 5% dei voti. Nessuna di queste liste ha superato la soglia di sbarramento del 3% non eleggendo, quindi, nessun rappresentante in consiglio regionale. Al termine delle votazioni l'affluenza alle urne è stata del 59,8%, in crescita di dieci punti rispetto al 49,8% delle Regionali del 2015. Un esito, quindi, in controtendenza rispetto al passato e frutto di una mobilitazione che ha portato al risultato storico della vittoria del centrodestra in quella che è stata una regione governata ininterrottamente dal centrosinistra negli ultimi 25 anni. (Speciale Regionali Marche)

De Luca stravince in Campania, male il centrodestra

Il candidato del centrosinistra alla Presidenza della regione Campania Vincenzo De Luca è stato riconfermato presidente. Schiacciante il vantaggio sul candidato del centrodestra Stefano Caldoro. Al termine dello scrutinio delle 5.827 sezioni, De Luca ha ottenuto il 69,5% contro il 18,1% del suo avversario di centrodestra, mentre la candidata del M5S Valeria Ciarambino non è andata oltre il 9,9%. Nulla da fare per le altre liste (Potere al Popolo, Terra, Terzo Polo e Partito delle Buone Maniere) che nel complesso hanno raccolto circa il 2,6% dei voti. Nessuna di queste liste ha quindi superato la soglia di sbarramento del 3% non eleggendo nessun rappresentante in consiglio regionale. Al termine delle votazioni l'affluenza alle urne è stata del 55,5%, in crescita di quasi quattro punti rispetto al 51,9% delle Regionali del 2015. L’esito di questa votazione non ha riservato, come d’altronde ci si aspettava, particolari sorprese. La vittoria di De Luca non è mai stata veramente in discussione e forse l’unico elemento da notare è la portata di tale trionfo, una forchetta così ampia tra i due contendenti principali non era infatti prevedibile, andando a stabilire un record per la Regione Campania. (Speciale Regionali Campania) 

Il centrodestra governa 14 regioni, il centrosinistra in 5

Al termine di quest’ultima tornata elettorale, il centrodestra ha strappato al centrosinistra la regione Marche e aumenta il divario per quanto riguarda i territori amministrati. Oggi il centrodestra governa in 14 regioni: Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna. Il centrosinistra governa in 5: Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Puglia. Questa mattina comincerà lo spoglio delle Regionali in Valle d'Aosta, dove finora il Presidente è stato dell'Union Valdotaine. Sempre stamattina lo spoglio per le elezioni comunali. In ballo ci sono tra l'altro 3 capoluoghi di regione (Venezia, Trento, Aosta) e 15 capoluoghi di provincia (Chieti, Matera, Crotone, Reggio Calabria, Fermo, Macerata, Andria, Trani, Agrigento, Enna, Arezzo, Bolzano, Nuoro, Mantova e Lecco).

Zingaretti rilancia le riforme, tensione nel M5S e nel centro destra Salvini traballa

Con questi risultati festeggia il segretario del Pd Nicola Zingaretti: “Siamo vincitori, non sono vincitore. Ha vinto la squadra, la comunità, la passione che ci abbiamo messo tutti”, ha detto commentando i dati. Zingaretti non parla di rimpasto, ma forte del voto è deciso a spingere Giuseppe Conte a cambiare marcia e a inserire nell'agenda del governo temi cari ai Dem, a partire dall'accettazione del Mes fino alla necessità di cambiare i decreti sicurezza. Il Movimento 5 Stelle esce dalla tornata elettorale in grande difficoltà e tanti esponenti parlano di un disastro. Il viceministro Stefano Buffagni ammette: “Scelte sbagliate, dobbiamo rivedere tante cose”. Da subito, nei “prossimi giorni”, ha assicurato il capo politico reggente Vito Crimi, partiranno gli Stati generali, assemblea che “ci porterà a determinare nuovi e più ambiziosi obiettivi”. Nella maggioranza è deludente il risultato di Italia viva, al primo test elettorale: “Abbiamo buttato un seme e abbiamo fatto un grande lavoro - sottolinea il presidente Ettore Rosato -  Italia viva c'è fino in fondo, con il progetto che Matteo Renzi ha lanciato un anno fa”. Nel centrodestra, Matteo Salvini manca per la seconda volta la “spallata”, dopo quella fallita in Emilia-Romagna, ma rivendica il risultato: “Se i dati verranno confermati, compresi gli exit sulla Val D'Aosta che avrà lo spoglio domattina, il totale delle 20 regioni italiane dovrebbe essere 15 a 5; fino ad oggi, dato meramente numerico, era 13 a 7. Ci si avvicina passo passo, aggiungendo due mattoncini nella nostra visione di Paese”. Festeggia Giorgia Meloni, che chiede le elezioni: “In una Nazione normale domani si tornerebbe al voto e si consentirebbe agli italiani di scegliere anche in base alle proposte dei partiti sulle riforme”. In difficoltà Forza Italia; Silvio Berlusconi ha seguito lo spoglio in isolamento e la prima reazione è stata affidata ad Antonio Tajani: “Forse le cose potevano andare meglio. Sarebbe stato meglio vincere, ma a conti fatti la sinistra ha perso una Regione e il centrodestra ne ha guadagnata una”. 

Nel M5S si disegna la strada per gli Stati Generali ma la tensione non si placa

Dopo il risultato disastroso delle Regionali non si placano le polemiche all’interno del Movimento. Giovedì nella riunione dei parlamentari sono state poste le basi per avviare il percorso verso gli Stati Generali. La riunione congiunta dei parlamentari del Movimento registra l'atteso emergere delle tensioni interne e si conclude con la messa in campo delle tre proposte per il futuro del Movimento illustrate con tanto di slide da Vito Crimi: la votazione subito di un capo politico, la votazione sempre immediata, ma con un cambio di Statuto, di una leadership collegiale e il percorso per gli Stati Generali. Stando agli interventi, è la terza ipotesi, quella che include una commissione congressuale ad hoc e gli Stati generali, la scelta cui sembrano tendere i parlamentari. “Nei prossimi giorni”, spiega Davide Crippa, i parlamentari daranno il loro contributo via mail, e si vedrà quali delle tre ipotesi, formalmente, prevarrà. Crimi aggiunge che la commissione congressuale sarà composta da parlamentari, eurodeputati, consiglieri regionali e comunali; il come verranno scelti resta ancora da definire. L'assemblea dei veleni alla fine, si conferma tale: diversi gli interventi critici nei confronti di Rousseau o contro la gestione del Movimento caduto precipitosamente alle Regionali. Tra i dissidenti mancava Barbara Lezzi, tra gli esponenti più vicini a Di Battista

È di nuovo stallo sulla legge elettorale. Il M5S rilancia sulle preferenze 

Il nodo della composizione delle liste divide la maggioranza. In assenza di una intesa all'interno della maggioranza il cammino della riforma elettorale subisce un nuovo stop, ed è stallo. In commissione Affari costituzionali si tornerà ad affrontare la questione tempi solo la prossima settimana, quando dovrebbe riunirsi l'ufficio di presidenza per fissare il termine per la presentazione degli emendamenti. Ma già nella maggioranza si fa strada una nuova tabella di marcia, con tempi meno serrati: in Aula non prima di fine anno, se non dopo la sessione di bilancio a gennaio andando invece avanti con le altre riforme, è l'ipotesi più accreditata nelle ultime ore. Non solo: nella maggioranza c’è chi non esclude che si possa rimettere tutto in discussione, a partire dall'accordo siglato lo scorso autunno su un sistema proporzionale, anche se nel Pd viene esclusa questa eventualità. Pesano, tuttavia, le criticità più volte ribadite da Iv, contraria a qualsiasi accelerazione, e i no netti di Romano Prodi e Walter Veltroni, così come non è da sottovalutare la contrarietà totale di Lega e FdI, il cui ostruzionismo sta già rallentando l'iter della riforma Fornaro. Il testo base, tuttavia, non affronta alcune delle questioni più delicate, ovvero la composizione delle liste: lunghe o corte? Listini bloccati? O si inseriranno le preferenze, come chiedono con insistenza i 5 stelle? A complicare il cammino della riforma arriva l'appello di dieci costituzionalisti contro le liste bloccate e una soglia di sbarramento eccessivamente alta, che i 5stelle colgono al volo rilanciando con forza le preferenze.



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