Mattarella condanna la strage di Bucha. Minacce di morte a Di Maio

Le foto dei cadaveri, insieme ai primi racconti della strage di civili a Bucha, rischiano di essere uno spartiacque nella guerra in Ucraina e non lasciano indifferente la politica italiana. Il monito più alto arriva, nel messaggio per la giornata internazionale per l'azione contro le mine, da Sergio Mattarella: “Fermare le guerre e le distruzioni è possibile, affermando in ogni dove le ragioni della civiltà umana alle quali non intendiamo derogare”. Il capo dello Stato ricorda le vittime “innocenti a causa delle mine” negli ultimi decenni ed è difficile non pensare al presente. Guarda al massacro anche Luigi Di Maio: “I responsabili dovranno rendere conto di quanto accaduto”. Durissimo fin dall'inizio nella condanna dell'invasione russa, il titolare della Farnesina finisce in un vortice di minacce di morte. Di Maio riceve la solidarietà di Mario Draghi e dei presidenti di Senato Elisabetta Casellati e Camera Roberto Fico

Il PD, tra chiusure e aperture, rilancia sul proporzionale

Nicola Zingaretti rispolvera il tema della riforma della legge elettorale. Andare al voto con il maggioritario “presuppone la volontà di tutte le parti di costruire un'alleanza, un campo, altrimenti è un suicidio politico” e non essendoci le condizioni “la migliore legge elettorale per il Paese è un proporzionale con soglia di sbarramento al 5%. L'ho sempre pensato e lo stesso PD ha lavorato per questo”. Il Nazareno, tuttavia, rilancia, trovando terreno fertile proprio nelle file M5S. Con il supporto di Conte, è il presidente della Commissione Affari Costituzionali Giuseppe Brescia a cogliere la palla al balzo: “Per il M5S la riforma della legge elettorale in senso proporzionale è sempre stata una priorità nell'agenda politica”. Nel centrodestra, l’ipotesi non trova però d’accordo FI e FdI che rimangono convinti del maggioritario, mentre Coraggio Italia apre alla possibilità; non si esprime invece la Lega che prende tempo in attesa di capire se ci siano margini per la federazione con FI. Quel che sembra certo è che bisognerà aspettare l’esito delle amministrative per capire se effettivamente ci sarà o meno un intervento sulla legge elettorale.

Draghi è stato udito dal Copasir sulla guerra in Ucraina e sul ruolo dell’Italia

Mario Draghi è stato ascoltato per la prima volta dal Copasir. Il premier ha affrontato tutti i temi legati al conflitto in Ucraina, non escludendo alcuna ipotesi anche sul tema dell'energia. Non si sarebbe parlato apertamente della possibilità di un embargo energetico ma il Capo dell'esecutivo avrebbe sottolineato che l'Italia si preparerà a ogni evenienza. Il ragionamento insomma è che si farà quello che è necessario, sempre all'interno del perimetro dell'alleanza euro-atlantica. La Commissione Europea ha appena annunciato un nuovo pacchetto di sanzioni nei confronti di Mosca: “l'Italia è pienamente allineata al resto dell'UE e appoggia con convinzione le misure restrittive presentate dalla von der Leyen”. L’espulsione di 30 diplomatici russi è stata annunciata da Luigi Di Maio, “Una decisione presa in accordo con altri partner europei e atlantici”, ha sottolineato poi Mario Draghi. Una linea netta anche sui crimini di guerra commessi in Ucraina negli ultimi giorni; per il premier “Devono essere puniti. Le atrocità commesse a Bucha, Irpin e in altre località liberate dall'esercito ucraino scuotono nel profondo i nostri animi”. 

Il Governo vara il Def, la crescita del Pil per il 2022 scende al 2,9%

Il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il Documento di economia e finanza (Def) 2022 nel quale diminuisce la previsione tendenziale di crescita del Pil per il 2022 dal 4,7% programmatico della Nadef al 2,9%, quella per il 2023 dal 2,8% al 2,3%. Il Def tiene infatti conto del peggioramento del quadro economico determinato da diversi fattori, in particolare l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, l'aumento dei prezzi dell'energia, degli alimentari e delle materie prime, l'andamento dei tassi d'interesse e la minor crescita dei mercati di esportazione dell'Italia: tali fattori sono tutti meno favorevoli delle previsioni del Nadef. Il disavanzo tendenziale della PA è indicato al 5,1% per quest'anno; scende successivamente fino al 2,7% del Pil nel 2025. Gli obiettivi per il disavanzo contenuti nella Nadef sono confermati: il 5,6% nel 2022, in discesa fino al 2,8% nel 2025. Vi è quindi un margine per misure espansive (0,5 punti percentuali di PIL per quest'anno, 0,2 punti nel 2023 e 0,1 punti nel 2024 e nel 2025). La crescita programmatica sarà lievemente più elevata di quella tendenziale, soprattutto nel 2022 e nel 2023 (3,1% e 2,4%), con riflessi positivi sull'andamento dell'occupazione. Il rapporto debito/Pil nello scenario programmatico diminuirà quest'anno al 147,0%, dal 150,8% del 2021, per calare poi progressivamente fino al 141,4% nel 2025. 

Draghi e Franco sono chiari: per ora niente scostamento

La guerra riduce le prospettive di crescita e per il Governo non è il momento di lanciarsi in grandi spese in deficit: presentando il secondo Def dall'avvio del governo, Mario Draghi e Daniele Franco assicurano 5 miliardi di nuovi aiuti subito e invitano i Ministri a restare prudenti. Insomma, per ora niente scostamento, che pure i partiti continuano a chiedere con forza. Bollette e carburantirestano in cima alla lista, anche se bisognerà valutare l'andamento dei prezzi: in prospettiva dovrebbero rimanere alti, a meno che non si verifichi il blocco delle forniture che porterebbe a un tracollo del Pil di due punti. Nell'elenco delle misure c’è anche il caro-materie prime, che zavorra le imprese e rischia di fermare gli appalti, compresi quelli del Pnrr. Lo spazio per queste politiche “espansive”, spiega Franco, viene proprio da una gestione “prudente” dei conti pubblici, forti anche dell’aumento delle entrate: il nuovo decreto, anzi, darà una spinta al Pil dello 0,2%, portando la crescita programmata per il 2022 al 3,1% rispetto al 2,9% tendenziale. Sull’indebitamento, il titolare di Via XX Settembre ha chiarito che non è il caso di alzare il deficit, rimasto fissato al 5,6% nel 2022. Pochi minuti dopo l’approvazione del Def, Giuseppe Conte ha fatto sapere che i 5 miliardi previsti da Draghi e Franco non sono sufficienti e ha chiesto subito un “nuovo scostamento”. 

Il centrodestra si barrica sulla delega fiscale. Draghi: le tasse non aumenteranno

Le tasse non aumentano e non aumenteranno. L’altolà di Mario Draghi arriva dopo l'ennesimo strappo che si consuma sulla delega fiscaleLega e Forza Italia cavalcano temi che toccano le tasche di tanti italiani, il prelievo sugli affitti, le imposte sui risparmi, bloccano l'esame in Commissione e chiedono un incontro al premier: senza intesa non si va avanti, è il messaggio dei partiti del centrodestra di governo. Mario Draghi è reduce da un faccia a faccia con Mark Rutte, che ha cercato di portare dalla sua parte sul tetto al prezzo del gas, e dall'incontro con i sindacati con cui vuole stringere un patto anti-crisi. Ma si ritrova, ancora una volta, a fare i conti con le fibrillazioni della sua maggioranza, che rallentano le riforme in Parlamento: al Senato ancora non si è nemmeno iniziato a votare la legge sulla concorrenza, mentre alla Camera si continua a cercare un’intesa sulla riforma del Csm. Ma è sulle tasse che la faglia tra i partiti si allarga sempre di più: il tentativo d’intesa, dopo settimane di incontri e di rifiniture al Mef, naufraga davanti alle richieste del centrodestra di non toccare le cedolari e di rendere vincolanti i pareri delle Commissioni; la delega è troppo ampia, dicono, così si firma un assegno in bianco al Governo e il rischio di aumenti delle tasse, soprattutto quelle sulle locazioni (ora al 10% e 21%) e sui titoli di Stato (al 12,5%), è concreto. Il problema è tecnico ma rivela tutta la distanza dell'approccio dei due schieramenti, centrodestra e centrosinistra, sul fisco. 

Centrodestra e M5S in pressing sul Governo su misure per imprese e famiglie

Lega e Forza Italia non intendono mollare sulla delega fiscale. Matteo Salvini e Antonio Tajani dovrebbero vedersi prima di incontrare il premier Mario Draghi la prossima settimana. La Lega tira dritto, “non vogliamo rompere ma per noi la legge delega così è invotabile”, il refrain. FI vuole evitare una crisi ma ha già lanciato un avvertimento all'esecutivo: il partito sulla battaglia sulla casa non cederà e sarà lo stesso Silvio Berlusconi a ribadirlo durante la kermesse azzurra che si aprirà oggi a Roma. Il convincimento è che siano troppi i nodi aperti. Nemmeno ventiquattro ore dopo il via libera del Cdm al Def, con tanto di appello di Mario Draghi ai partiti affinché siano responsabili e puntino all’unità d'intenti, la tensione non diminuisce e con l'ipotesi in campo di un embargo del gas russo aumenta la preoccupazione delle forze politiche che continuano a chiedere uno scostamento di bilancio. Da Chigi trapela che l'esecutivo potrebbe anticipare in estate alcune misure della legge di bilancio ma ha già fatto sapere che si muoverà nel perimetro dell'UE. Ma non è solo il centrodestra ad andare in pressing sul premier, anche il M5S chiede con insistenza di agire al più presto. 

Si dialoga sulla riforma del Csm, ma restano i paletti di IV e Lega

La lunga riunione tra maggioranza e Governo sulla riforma del Csm fa registrare alcuni passi avanti sui nodi che hanno diviso le forze che sostengono l'esecutivo. Tra i punti in cui si è registrato un avvicinamento ci sono il tema della separazione delle funzioni e quello delle cosiddette porte girevoli, mentre la questione del sistema elettorale del Csm fa registrare ancora alcune distanze. IVnon è intenzionata a cedere, FI avrebbe mostrato aperture mentre la Lega sarebbe stata meno conciliante, PD M5S si dicono disponibili a ritirare i loro emendamenti considerati divisivi purché tutte le forze di maggioranza compiano un passo in avanti e “ragionino secondo una logica di accordo e di maggioranza”. Il PD, con la responsabile giustizia Anna Rossomando, Walter Verini e Alfredo Bazoli, è cautamente ottimista sulla possibilità che nella nuova riunione che si è tenuta venerdì mattina “i nodi fondamentali verranno risolti. Abbiamo chiesto il ritiro degli emendamenti divisivi, sui quali non c’è accordo nella maggioranza e c’è il no del Governo”. Insomma, no a maggioranze variabili a seconda degli emendamenti posti in votazione. Dello stesso avviso i 5 Stelle, spiegano Eugenio Saitta e Giulia Sarti. D'altra parte Mario Draghi ha detto che non porrà la questione di fiducia ma ha anche ribadito che serve responsabilità e condivisione. 

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWGFratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma primo partito italiano con il 21,6%, sopravanzando di un’incollatura il Partito Democratico (21,4%)Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 5,8 punti. 

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Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,4%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,3% e al 2,8%. Nell’area centrista, l’alleanza tra Azione e +Europa rimane stabile (5,3%) mentre Italia Viva perde terreno (2,2%). Rimane stabile il consenso del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte che si attesta al 13,3%. Nell’area del centrodestra, la Leganon fa registrare grosse variazioni (15,8%) così come Forza Italia (7,7%). Italexit di Gianluigi Paragone, infine, si attesta al 2,1% in leggera risalita rispetto alle ultime rilevazioni.

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 70,9%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 37,5%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 45,1%; infine il rassemblement dei partiti di centro(Azione Più Europa e IV) si attesta al 7,5% dei consensi.



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