Mattarella incontra Macron e rilancia sull’immigrazione

Sergio Mattarella ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron rinsaldando l'asse tra Italia e Francia su cui si basa lo “slancio per una nuova UE e ha spronato a un cambio di passo. Durante la pandemia Commissione, Parlamento e Consiglio a Bruxelles hanno dimostrato un coraggio che però su altri fronti è mancato, a cominciare dalla politica migratoria, inadeguata alla sfida, un vero e proprio vulnus per la coscienza europea”. Accolto con i massimi onori, definito “un amico per cui provo stima e affetto” da Macron, il Presidente della Repubblica ha chiesto il “coraggio di fare passi avanti”: a Bruxelles deve essere chiaro che “dobbiamo provvederci di una strategia dell'accoglienza”. Dunque “la gestione delle migrazioni deve divenire parte integrante dell'azione esterna dell'Unione. Sotto ogni profilo e su più versanti non è da soli che possiamo pensare di arrestare l’instabilità che ha ormai raggiunto praticamente l'intero arco dei confini europei!”. La visita di Mattarella a Parigi rafforza il fronte degli europeisti, una linea condivisa ovviamente dal governo di Draghi, e prepara il terreno per la firma del trattato di cooperazione rafforzata tra Italia e Francia e, negli auspici di chi vuole una Ue più solidale e coesa, getta le basi per un nocciolo duro di Paesi che divengano traino per una maggiore integrazione. 

Il Cdm approva all’unanimità gli emendamenti sul processo penale

Il Consiglio dei ministri ha dato via libera ieri sera alla riforma del processo penale presentata dalla Ministra della Giustizia Marta Cartabia, ma la seduta non è stata semplice e ha richiesto tutta la capacità di mediazione e il peso politico di Mario Draghi per sbloccare una situazione di stallo. Gli emendamenti al ddl delega per la riforma del sistema penale, infatti, non erano graditi al Movimento 5 stelle che, dopo una serie di riunioni, aveva fatto filtrare la decisione di astenersi. Per questo prima dell'inizio della seduta Draghi e Cartabia hanno incontrato i ministri pentastellati per cercare una mediazione: alla fine sono stati inseriti reati contro la P.A., come la corruzione e la concussione, tra quelli con tempi di prescrizione allungati, ottenendo quindi anche il voto a favore del M5S. Quando la seduta è ripresa Draghi è intervenuto nella discussione, chiedendo se tutte le forze politiche di maggioranza sostengano le norme e se sarà così anche in Parlamento, una richiesta cui nessuno ha risposto negativamente. Gli emendamenti sono stati quindi approvati all'unanimità

L’Italia sulla giustizia è il fanalino di coda dell’UE 

Processi lumaca, scarsa indipendenza dei giudici e poche risorse umane: è un quadro d'insieme del sistema giudiziario italiano in fortissima difficoltà quello che emerge dal rapporto Ue sulla giustizia presentata dal Commissario Didier Reynders. Da quanto si legge, il caso italiano ha lasciato trasparire quanto sia vivo l'interesse in Europa sulla partita: “La riduzione degli arretrati nei casi civili e commerciali è un segnale positivo importante”, ha spiegato il belga tabelle alla mano, ma i tempi stimati “per i procedimenti civili e giudiziari restano molto lunghi rispetto alla media Ue”. I dati riferiti al 2019 vedono infatti un'Italia che resta inchiodata alle ultime posizioni delle graduatorie europee: circa tredici mesi per la soluzione in primo grado di cause civili, commerciali e amministrative, col dato che va oltre i 500 giorni se si guarda alle sole controversie civili e commerciali, e che conquista la maglia nera assoluta per le decisioni di terzo grado, con oltre 1300 giorni. Sulla percezione di una scarsissima indipendenza di tribunali e giudici il belga ha preferito non commentare ma secondo il sondaggio di Eurobarometro (di aprile, e incorporato nella relazione) è legato alle interferenze della politica, col Paese scivolato ultimo nella graduatoria Ue, accanto a Polonia e Ungheria. 

Draghi prova lo sprint sulle nomine Rai ma è tensione nei partiti di maggioranza

Sulla Rai il piano è chiaro: indicare il nuovo amministratore delegato e il nuovo presidente già il 12 luglio, prima del voto del Parlamento sul Cda. È questa la mossa che il presidente Mario Draghi potrebbe mettere in campo. La decisione verso cui il premier sarebbe orientato non abbassa la tensione in maggioranza e i partiti non avrebbero gradito l'accelerazione. Il Governo a questo punto vuole consegnare al più presto una guida forte al servizio pubblico. Per il profilo di Ad due i nomi in pole: quello di Matteo Maggiore, direttore della Comunicazione della Bei (da dove proviene l'attuale numero uno di Cdp, Dario Scannapieco) e quello di Giorgio Stock, ex presidente di Warner Media. Sul fronte presidenza per Draghi punta alla parità di genere anche se il successore di Foa va votato dalla Commissione di vigilanza e serve quindi un accordo politico. I nomi che circolano al momento sono quelli di Patrizia Grieco (presidente Mps), di Beatrice Colletti (sponsorizzata dal M5S) e di Simona Agnes (gradita al centrodestra). 

Passa la linea Pd-M5S-LeU sul ddl Zan: si voterà in Aula il 13 luglio

Il disegno di legge Zan contro l'omotransfobia sarà discusso dall’aula del Senato il 13 luglio, ma la tensione all'interno della maggioranza resta altissima: Pd, M5S e Leu, anche grazie ai voti di IV, vincono il primo round del braccio di ferro in corso da giorni, portando a casa la calendarizzazione del testo per la prossima settimana. Le posizioni dei partiti sono ormai congelate e, salvo imprevisti, così resteranno fino a martedì prossimo, quando, prima della riunione dell'aula, il presidente della Commissione Giustizia Andrea Ostellari, relatore del provvedimento, ha convocato un nuovo tavolo politico, un tentativo, last minute ma assai poco quotato, di trovare un'intesa sulla legge contro la transfobia. In assenza di novità politiche di rilievo, saranno i numeri a farla da padrone. Martedì, quando il testo approderà in aula, il primo esame da superare sarà quello delle pregiudiziali di costituzionalità e poi i voti. Superato questo primo scoglio, inizierà la discussione generale che dovrebbe andare avanti anche nella giornata di mercoledì. Sarà poi la presidenza di palazzo Madama, di concerto con la Conferenza dei capigruppo, a stabilire il termine di presentazione degli emendamenti. Dal numero delle proposte di modifica presentate dipenderà l'iter del provvedimento. Poi si passerà ai voti con il rischio di parecchi voti segreti e maggioranze inedite

Il Comitato interno al M5S è al lavoro per un’intesa, ma i tempi si allungano

La partita non si chiuderà nei tempi brevi chiesti da Beppe Grillo. Al Comitato dei sette servirà più tempo per limare le differenze su nuovo Statuto, Carta dei valori e Codice etico del M5S. Nella camera di compensazione, infatti, ci sono i due ministri Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, il presidente della Camera, Roberto Fico, i capigruppo di Camera e Senato Davide Crippa ed Ettore Licheri, la capodelegazione al Parlamento europeo Tiziana Beghin e il senatore Vito Crimi. Dunque, facendo due calcoli, considerata la mole di punti divergenti da sistemare, il timing si dilata; per Stefano Patuanelli: “Cercheremo di essere brevi, ma ovviamente il tempo necessario ce lo prenderemo tutto”. Al di là dei proclami, nelle truppe pentastellate continua l'attesa per capire cosa accadrà. I parlamentari, pur tirando un sospiro di sollievo per la soluzione-ponte che blocca (per ora) il voto sul Comitato direttivo e la conseguente scissione, restano alla finestra in attesa di ricevere finalmente le carte e valutare, per poi dopo incontrare separatamente Beppe Grillo e Giuseppe Conte

Nel centrodestra è partito lo sprint per la federazione

Le prove generali della federazione del centrodestra iniziano in casa NcI. All'assemblea nazionale del partito di Maurizio Lupi prendono parte sia Matteo Salvini sia, attraverso una lettera aperta, Silvio Berlusconi. Il primo auspica di poter federare i gruppi parlamentari entro l'estate, il secondo guarda al 2023 sostenendo che ci si unirà per forza di cose, malgrado i dubbi e le contrarietà. Con i dovuti distinguo, anche tra gli azzurri è convinzione comune che la federazione si farà: è solo questione di tempi (e modi). Nel grande puzzle delle future convergenze, e dell'assemblea nazionale di Noi con l'Italia, spicca l'assenza di Giorgia Meloni che in giornata torna a bocciare il partito unico, ma apre a una eventuale candidatura del leader forzista al Quirinale: “Se ci fosse in campo Berlusconi non sarei io a dire di no, Draghi non l'ho ancora inquadrato”. All'iniziativa di NcI Lupi smorza le polemiche sulla mancata partecipazione di Meloni: “Abbiamo invitato anche lei, ma oggi è in Piemonte e non riusciva nemmeno a collegarsi, nessuna dietrologia. Ha fatto un'altra scelta sul Governo, ma continuiamo a lavorare insieme”. Poi avverte: “Senza il centro, il centrodestra non governerà l'Italia”. 

Lontana geograficamente da Roma, resta vicina alla Capitale nei dossier sul tavolo della coalizione Bologna, l'unica candidatura, tra le cinque principali città al voto, ancora da definire. In ballo ci sono due nomi, in particolare Andrea Cangini e Fabio Battistini, che sembra il favorito. Intanto, da Milano, con al fianco Salvini, il candidato unitario Luca Bernardo lancia la sua sfida: “Corriamo per vincere, non per partecipare”. I referendum sulla giustizia, negli ultimi tempi, sono diventati non solo il principale cavallo di battaglia leghista, ma anche il terreno in cui si sperimenta l'abbraccio tra Carroccio e Forza Italia. “La federazione nasce dal basso, dai territori e dai fatti, nei gazebo in cui si raccolgono le firme. Nei fatti c’è già”, dice Salvini. E il coordinatore forzista Antonio Tajani promette: “Sosterremo i referendum, ma in Parlamento dobbiamo approvare la riforma Cartabia”.

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, la Lega di Matteo Salvini torna ad essere il primo partito italiano. La crescita di qualche decimale (20,6%) spedisce al secondo posto Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni (20,5%). La Lega sopravanza la terza forza politica nazionale (PD) di 1,9 punti. 

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Nell’area delle sinistre, i Verdi crescono (1,8%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,4% e al 2,7%. Nell’area centrista, +Europa riprende fiato (2,1%), così come Italia Viva (2,5%) e Azione che si attesta al 4%. Sostanzialmente stabile il Partito Democratico al 18,7% mentre il Movimento 5 Stelle sconta i dissapori tra Grillo e Conte e perde due punti (14,6%). Nell’area del centrodestra, Forza Italia rimane al 7% così come Coraggio Italia, il nuovo partito di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro, che si attesta all’1%.

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 75% nelle intenzioni di voto, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 36%. La coalizione del centrodestra unito, invece, il 49,1%, mentre il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta al 8,6% dei consensi.

 

 



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