Il Governo spinge per la terza dose e punta a vaccinare i 5-11enni

Con la curva del virus in risalita e 7 milioni di italiani che continuano a non vaccinarsi, è fondamentale accelerare sulla terza dose. Il Governo spinge la campagna sulla dose booster per evitare un nuovo aumento dei ricoveri e delle terapie intensive, che al momento comunque non si registra, e apre alle vaccinazioni ai più piccoli: le somministrazioni per i bambini tra i 5 e gli 11 anni potrebbero essere autorizzate già a Natale. “Aspetteremo il pronunciamento dell'Ema” conferma Roberto Speranza. A lanciare lo sprint per la terza dose è una circolare del Commissario per l'emergenza Francesco Figliuolo che si rivolge alle Regioni, chiedendo di “rafforzare” l'opera di sensibilizzazione dei cittadini. Il generale cita il ministro della Salute tedesco Jens Spahn che sostiene che l'Europa stia correndo il rischio di ritrovarsi con una “pandemia dei non vaccinati”, anche se l'Italia non è oggi nelle condizioni della Gran Bretagna o della Germania. 

I dati sono chiari: le prime dosi sono praticamente ferme ormai da settimane: erano 345mila quelle somministrate tra il 15 e il 22 ottobre, sono scese a 184mila tra il 22 e il 29 ottobre. Secondo il Gimbe, i nuovi vaccinati sono ormai solo 20mila al giorno, ecco perché è fondamentale spingere la terza dose, quella che anche il presidente Sergio Mattarella ha già fatto. Nelle prossime ore Speranza, Figliuolo e Locatelli faranno a Palazzo Chigi un punto della situazione, voluto dal presidente del Consiglio Mario Draghi, per ribadire le motivazioni scientifiche alla base della scelta di somministrare la terza dose e per rilanciare la campagna vaccinale, anche in vista dell'arrivo della stagione più fredda che si porta dietro malattie respiratorie. Problemi di dosi non ce ne sono: attualmente ne sono disponibili 9 milioni e mezzo e le Regioni conoscono già i numeri di quante persone mensilmente dovranno fare il booster.

È bufera sul reddito di cittadinanza. M5S in trincea a difesa della norma

I 5 stelle respingono gli attacchi al reddito di cittadinanza, difendendo la misura dopo il nuovo caso dei furbetti che percepivano l'assegno pur senza averne i requisiti. Ma il centrodestra non molla la presa e ne chiede, se non proprio l'abolizione, quantomeno una profonda revisione; che sia necessario un intervento sulla misura bandiera dei pentastellati è d'accordo anche il centrosinistra. La norma, confermata dal Governo in legge di bilancio, subirà però delle modifiche, a partire da una stretta sui controlli. E non è affatto escluso che ulteriori revisioni siano introdotte durante l'esame in Parlamento della manovra. 

I controlli dei Carabinieri hanno fatto emergere gravi falle nel sistema e un danno per lo stato di 41,3 milioni di euro, numeri che riaccendono la polemica. Matteo Salvini annuncia emendamenti della Lega in manovra. Per la Ministra azzurra Mariastella Gelmini è giusto l'intervento di modifica inserito nella manovra, perché il reddito di cittadinanza “ha rivelato tutte le sue falle: monitoreremo l'effetto dei cambiamenti introdotti, pronti a nuove strette se continueranno gli abusi”, garantisce. Modifiche sì ma la norma va mantenuta è la linea dem. Rispondendo al question time alla Camera, il Ministro del Lavoro Andrea Orlando spiega: “Sono casi da stigmatizzare” ma allo stesso tempo “occorre riflettere sulla portata di questa misura”. Critica anche Italia Viva: “L'ennesimo capolavoro dei 5 Stelle. E la chiamavano onestà”, scrive sui social Matteo Renzi

Conte rassicura sul non voto anticipato post Quirinale

Il tema Quirinale resta al centro del dibattito interno al M5S. Le parole di Giuseppe Conte, che esclude un ritorno alle urne anche nel caso in cui fosse Mario Draghi il successore di Sergio Mattarella, non convincono del tutto i parlamentari pentastellati. Ecco perché l'ex premier ribadisce: “Se l'obiettivo è mettere in protezione il Paese e avviare efficacemente il Pnrr, vanno salvaguardati”, dunque andare a votare “un attimo dopo” aver eletto il nuovo presidente della Repubblica “è per me una soluzione improvvida e non prudente”. Conte, però, garantisce che il M5S si impegnerà affinché al Colle ci sia “una figura di alto profilo, che possa essere una garanzia per l'unità nazionale”. Quindi, “perché escludere Draghi? Non ci sono preclusioni”, è il suo ragionamento, al quale stavolta aggiunge una postilla: “Ovviamente, bisogna verificare che ci siano tutte le condizioni”, ad esempio quella di confermare la stessa maggioranza larga nel caso in cui si rendesse necessario trovare un nuovo Premier. Luigi Di Maio, invece, si chiama fuori: “Io sono un grande estimatore del presidente Draghi e lavoriamo convintamente ogni giorno, però non mi presto adesso al totonomi, è troppo presto. Se andassimo al voto anticipato a febbraio, un governo non lo avremmo prima di giugno o luglio; cioè, quando dovremo iniziare a spendere i 230 miliardi di euro dei fondi europei, non avremmo un governo nel pieno dei suoi poteri”. 

Licheri fa passo indietro, la Capogruppo del M5S al Senato è Mariolina Castellone

La partita sul capogruppo al Senato dei 5 Stelle sembrava rinviata alla prossima settimana, ma il leader Giuseppe Conte, dopo una lunga mediazione, trova la quadra che consente ai pentastellati di trovare un po’ d’armonia: Ettore Licheri fa un passo indietro che consente di dare il via libera a Mariolina Castellone come prossima capogruppo al Senato. Conte prima parla di sana dialettica, rifiutando la tesi della spaccatura, poi avvia la delicata mediazione alla Camera arrivando al risultato che placa, almeno al momento, le forti tensioni che attraversano il Movimento.  “Abbiamo avuto un incontro di grande armonia e riflettuto insieme” spiega a cose fatte l'ex premier, “C’è stata la disponibilità di Ettore Licheri a lasciare spazio a Mariolina Castellone e, preso atto di questa disponibilità, abbiamo deciso insieme che conviene dare subito spazio a Mariolina con la piena fiducia di tutti. Questa è l'occasione, con i fatti, per dimostrare che chi ci vuole divisi e scrive fandonie quotidianamente sul Movimento non coglie mai nel segno” aggiunge Conte.  

Giorgetti agita la Lega: Mattarella per un anno o Draghi a guidare convoglio

Squadra che vince non si cambia e, se il binomio Mattarella-Draghi è difficile da mantenere, Mister whatever it takes “potrebbe guidare il convoglio anche dal Quirinale”. Parola di Giancarlo Giorgetti, che come ormai suo solito, irrompe nella giostra dell'elezione del presidente della Repubblica e mette un punto: Draghi deve rimanere dove è. Parlando con Bruno Vespa afferma: “Già nell’autunno del 2020 le dissi che la soluzione sarebbe stata confermare Mattarella ancora per un anno. Se questo non è possibile, va bene Draghi” che “potrebbe guidare il convoglio anche da fuori. Sarebbe un semipresidenzialismo de facto”, uno scenario, già evocato qualche mese fa da Renato Brunetta dalle pagine del Foglio, tuttavia non previsto dalla nostra Costituzione e che quindi difficilmente realizzabile. Giorgetti ne è consapevole, ecco perché le sue parole a Porta a porta suonano come una provocazione dal forte sapore interno. Il titolare del Mise, dunque, esce allo scoperto e si colloca tra quelli che Draghi vorrebbero tenerlo alla guida del governo, per ora fino al 2023, quando il Paese sarà chiamato a rinnovare la legislatura. Sul Quirinale l’ipotesi favorita rimane quella di Mattarella. 

Salvini ricompatta la Lega. Giorgetti si scusa, ma le distanze rimangono

Due giorni dopo le frasi di critica di Giancarlo Giorgetti contenute nelle anticipazioni del libro di Bruno Vespa, va in scena, a porte chiuse, il confronto tra Matteo Salvini e il suo vice. Durante una riunione di oltre tre ore del Consiglio federale della Lega, Matteo Salvini fa un discorso a tutto campo per poco meno di un'ora: il capo della Lega è molto arrabbiato con il ministro dello Sviluppo economico e, senza riferimenti specifici, è durissimo nel chiedere ai suoi, ancora una volta, di evitare le polemiche. Dopodiché, interviene Giorgetti che si sarebbe mostrato dispiaciuto e avrebbe fatto una sorta di mea culpa per l'incidente dell'intervista, ribadendo la sua “fiducia” nel segretario. Le posizioni dei due restano però distanti in merito alla collocazione europea del partito: Giancarlo Giorgetti è convinto, e lo dice da tempo anche pubblicamente, che la Lega debba aprire un dialogo con i Popolari europei, mentre Salvini, nel suo intervento di 50 minuti ha chiuso nuovamente le porte a questa ipotesi. Sulla prospettiva europea Salvini è tranchant: “Il Ppe non è mai stato così debole, è impensabile entrare nel Partito popolare anche perché è subalterno alla sinistra. E noi siamo alternativi alla sinistra”. Insomma, per il momento le tensioni interne sembrano essere state frenate ma è indubbio che la frizione fra la componente governista rappresentata da Giancarlo Giorgetti e l’ala maggioritaria su posizioni sovraniste siano destinate a scontarsi nuovamente in vista dei grandi appuntamenti della legislatura come l’elezione del Presidente della Repubblica.

I senatori del PD confermano la Malpezzi Capogruppo

Il gruppo del Partito Democratico al Senato rinnova la fiducia a Simona Malpezzi: è stata la stessa presidente dei senatori dem a mettere sul tavolo il suo incarico dopo l'affossamento del disegno di legge Zan contro l'omotransfobia. Il “chiarimento” era stato chiesto soprattutto dal gruppo di senatori “critico” nei confronti della gestione della partita sul ddl e capeggiato dall'ex capogruppo Andrea Marcucci. Stando a quanto viene riferito, la riunione si è aperta con la relazione della capogruppo che ha ripercorso le tappe che hanno portato al voto di mercoledì 27 ottobre e in cui è stata rivendicata la coerenza e la correttezza delle scelte fatte e condivise con la Segreteria nazionale e con il gruppo in ogni passaggio. Simona Malpezzi, in conclusione del suo intervento, ha chiesto di confermare il rapporto di fiducia tra lei e il gruppo e un lungo applauso ha accolto la fine della relazione. Enrico Letta ha più volte sottolineato che, al di là dell'importanza del Pd e del consenso che gli viene attribuito dai sondaggi, il partito resta piccolo in Parlamento, potendo contare solo sul 12% degli eletti a causa della sconfitta patita alle politiche del 2018 e alle successive scissioni, fra cui quella che ha portato Renzi a creare Italia Viva. Se così è, la conferma e la fiducia del gruppo alla Malpezzi rappresentano anche il pieno supporto alla linea indicata dal segretario dem. 

I sondaggi della settimana 

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma primo partito italiano pur fermandosi al 20,3% dei consensi, in vantaggio di un paio di decimali sul Partito Democratico di Enrico Letta che sale al 20,1%. Inoltre, il distacco tra FdI e la terza forza politica nazionale (Lega) è di 1,3 punti. 

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Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (2,1%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,3% e al 2,5%. Nell’area centrista, +Europa rimane stabile (1,8%), mentre Italia Viva rallenta (1,7%) e Azione rimane stabile al 4,1%. In leggero calo anche il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte (16,3%). Nell’area del centrodestra, infine, la Lega perde la seconda piazza indietreggiando fino al 19% mentre Forza Italia torna a crescere di quasi mezzo punto fino al 7,2%. 

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 74,8%, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 38,9%. La coalizione del centrodestra unito raggiunge il 46,5%; invece il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta al 7,6% dei consensi.

 



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