Il Governo punta i piedi su premierato e manovra. Critiche le opposizioni

Riforme e legge di Bilancio restano i temi più caldi del dibattito politico: da un lato le tensioni sul disegno di legge costituzionale varato dal Cdm la settimana scorsa, che introduce un premierato all'italiana con l'elezione diretta del presidente del Consiglio, dall'altro la manovra che questa settimana ha cominciato il suo iter in Senato con le audizioni. Su entrambi i fronti la premier Giorgia Meloni, il Governo e la maggioranza sono allineatissimi, anche se fonti parlamentari non negano che ci sia un confronto interno per aprire ad alcune modifiche su premierato e legge di bilancio. Dal canto loro le opposizioni sono pronte all’ostruzionismo il che potrebbe rendere più difficile sia un rapido via libera alla manovra, che Palazzo Chigi vorrebbe approvata entro la metà di dicembre, che una prima lettura della riforma costituzionale entro l'estate 2024. L'obiettivo non dichiarato della premier è arrivare a un referendum confermativo nel 2025, e su questo l'opposizione attacca: “Credo che se si andasse al referendum” e i cittadini bocciassero la riforma “Meloni, nonostante abbia messo le mani avanti, dovrebbe necessariamente trarne le conseguenze” dice Giuseppe Conte

Il premierato partirà dal Senato: ira delle opposizioni

Partirà dal Senato la discussione sulla riforma del premierato. Inizialmente la riforma costituzionale doveva andare alla Camera ma per ragioni di opportunità il Governo ha optato per il cambio: l'iter dovrebbe essere più snello e i tempi di discussione contingentati rispetto alla Camera. Ma soprattutto, si ragiona in ambienti parlamentari, perché Giorgia Meloni può contare su alcuni personaggi chiave a lei molto vicini: al Senato c'è Ignazio La Russa alla presidenza e nella strategica Commissione Affari Costituzionali c’è il fedelissimo Alberto Balboni. Nel frattempo, la ministra Elisabetta Casellati assicura che il disegno di legge sarà inviato a Palazzo Madama la prossima settimana. Nega che la priorità data al Senato sia “una scelta politica” e rassicura che un correttivo sul premio di maggioranza sarà nella legge elettorale, su cui sta lavorando. La mossa scatena l'ira delle opposizioni, pronte a dare battaglia. Ma i dubbi covano pure nella maggioranza: la decisione sull'iter del premierato appare a molti come una fuga in avanti della premier per intestarsi e gestire in prima persona il dossier riforme

Le opposizioni chiedono un nuovo premier time

A distanza di 8 mesi dal premier time è ora che Giorgia Meloni torni in Parlamento. Lo chiede a gran voce l'opposizione tornata alla carica in occasione della conferenza dei capigruppo che si è tenuta a Montecitorio per discutere dell'iter parlamentare del ddl costituzionale sul premierato. Il dossier sulle riforme, d'altronde, è solo uno dei tanti nel mirino: la lista infatti è lunga e comprende anche la legge di bilancio, la crisi in Medio Oriente, la gestione dei flussi migratori col fresco protocollo d'intesa siglato sull'asse Roma-Tirana inviato alla Commissione Ue. Ancora in stand-by, poi, il discorso legato alla ratifica del Mes, i nodi legati al Pnrr, per non parlare del caso della telefonata di Meloni con i due comici russi. Alla capigruppo PdM5S e Avs hanno ribadito al Ministro Luca Ciriani la richiesta di avere Meloni al question time perché “vogliamo risposte su temi”. Davanti al pressing delle opposizioni, l'esecutivo starebbe valutando la possibilità di un nuovo premier time: “Il Ministro per i rapporti con il Parlamento si è impegnato a dare una data nella quale la presidente verrà in Aula”, ha comunicato infatti il vicepresidente di Montecitorio Giorgio Mulè rispondendo al termine della seduta alle opposizioni. Per Avs il tempo è scaduto mentre il M5S chiede “che quest'Aula mantenga la sua dignità e, se il Governo continuerà a non mostrare alcun rispetto, dalla prossima settimana il nostro atteggiamento sarà molto più scomposto”. 

L’Italia firma un accordo con l’Albania sui migranti

Dalla primavera 2024, i migranti messi in salvo nel Mediterraneo dalle navi italiane saranno trasferiti in Albania. Il protocollo d’intesa siglato da Giorgia Meloni ed Edi Rama a Palazzo Chigi punta a dissuadere le partenze e il traffico di esseri umani, nonché ad alleggerire hotspot come quello di Lampedusa. “Se l'Italia chiama l'Albania c'è”, mette in chiaro Rama. Per il ministro Antonio Tajanil’accordo “rafforza il nostro ruolo da protagonista in Europa” mentre FdI parla di “dottrina Meloni”. Secondo l'accordo, alla conoscenza dell'Ue che in attesa dei dettagli si raccomanda “sia nel pieno rispetto del diritto comunitario e internazionale”, l'Italia userà il porto di Shengjin e l'area di Gjader per realizzare entro primavera, a proprie spese, due strutture: una di ingresso, per le procedure di sbarco e identificazione; e una di accoglienza temporanea degli immigrati salvati in mare, “Non minori, donne in gravidanza e altri soggetti vulnerabili”, ha precisato la Meloni. Il protocollo non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati nel Mediterraneo da navi italiane, come quelle di Marina e Gdf, non quelle delle ong. “Nei due centri” i migranti staranno “il tempo necessario per le procedure. Una volta a regime, ci potrà essere un flusso annuale di 36-39 mila persone”, ha spiegato Meloni, chiarendo che la giurisdizione dei centri sarà italiana, mentre l'Albania collaborerà con le sue forze di polizia per sicurezza e sorveglianza. 

C’è tensione nella maggioranza sull’immigrazione. La Lega punzecchia Meloni

Giorgia Meloni rivendica il protocollo d'intesa con l'Albania sulla gestione dei migranti. Da Palazzo Chigi hanno definito “totalmente fantasiose” le ricostruzioni secondo cui il piano siglato lunedì con il primo ministro albanese Edi Rama “non sarebbe stato condiviso dal Presidente del Consiglio con gli alleati di Governo”. “Fin dall'inizio”, è stato spiegato, c'è stato “il pieno coinvolgimento dei due vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani e l'intesa è stata costruita passo dopo passo con la totale collaborazione dei ministeri coinvolti, a partire da Ministero degli Esteri, Interno e Giustizia”. Una decina d'ore prima la Lega aveva a sua volta smentito il “malumore” del suo segretario nei confronti della premier, definendo l'accordo “utile e positivo”. Il giudizio su questo “ottimo accordo della Meloni con l'Albania” è stato ribadito ieri dal vice di Salvini Andrea Crippa con una postilla: “Però l'Italia deve fare l'Italia. E Salvini quando ha fatto il Ministro dell'Interno ha fermato l'immigrazione clandestina”. 

Il caso Rama scuote il Pd e i Socialisti europei

L'intesa tra l’Italia e l’Albania è un caso politico che va ben oltre i confini italiani. E, soprattutto, si è trasformata in un dossier molto delicato all'interno del Partito Socialista europeo (Pes) alla vigilia del Congresso che lo vedrà riunito a Malaga. L'accordo siglato da Edi Rama e Giorgia Meloni ad una buona parte dei socialdemocratici non è proprio piaciuto. E qualcuno è andato oltre, evocando di fatto una sospensione del Pssh, il partito del leader albanese, che nel Pes siede come osservatore. Rama non sarà in Spagna, in quanto impegnato alla conferenza di Parigi su Gaza, ma ha affidato ai social la sua replica ai malumori dei suoi compagni di partito: l'intesa con l'Italia, ha sottolineato, non è né di sinistra né di destra, è semplicemente “giusta”. In Spagna è previsto l'arrivo di una delegazione guidata dalla segretaria Elly Schlein e composta da Peppe ProvenzanoLia QuartapelleAndrea Orlandoed Enzo Amendola. Con i Dem, in Andalusia ci saranno i principali leader socialisti d'Europa, incluso il cancelliere Olaf Scholz, che negli ha mostrato interesse per la soluzione individuata dalla Meloni. Ma, nel Pes, sulla questione c’è grande dibattito anche perché in molti temono che possa diventare una spina nel fianco per la campagna dei Socialisti per le Europee. 

La Fascina torna alla Camera: “È un mio dovere esserci”

Cinque mesi dopo la morte di Silvio BerlusconiMarta Fascina torna in Parlamento. La compagna dell'ex premier non lesina sorrisi a quanti in Aula le vanno incontro per salutarla. Poche parole ed una risposta standard a chi le chiede come sta: “Sto così, ma devo venire. È un mio dovere”. Più di duecento giorni dopo l'ultima presenza alla Camera, si affaccia a Montecitorio per votare la fiducia al Governo di Giorgia Meloni. Non è sola: al suo fianco, a scortarla, forse a proteggerla, il capogruppo Paolo Barelli e l'amico e collega parlamentare Tullio Ferrante. In Aula è seduta in una delle ultime file in alto, tra lo stesso Ferrante e Stefano Benigni, capo dei giovani del partito. Qualche scambio di battute con i vicini di banco, solo Rita Dalla Chiesa va oltre i saluti e si ferma a parlarle stringendole per tutto il tempo la mano. Il via vai di deputati azzurri prosegue per tutto il tempo che Fascina si ferma in Aula, Giorgio MulèPaolo Emilio RussoPatrizia Marrocco solo per citarne alcuni. 

Il Governo valuta di modificare la norma sulle pensioni in manovra

La legge di bilancio è blindata ma forse non del tutto: la norma che taglia le pensioni di medici e statali è tornata sul tavolo del Governo che non esclude un possibile intervento. Non c'è infatti solo da arginare la rabbia dei medici, che non arretrano sullo sciopero ma c'è anche da valutare se sussista un profilo d’incostituzionalità, oltre al timore che la misura possa innescare una fuga dei dipendenti pubblici, con possibili contraccolpi non solo in corsia, ma anche per le pratiche del Pnrr aperte negli Enti locali. Sul dossier è stato deciso un supplemento d’indagine: “Si sta lavorando e sono in corso verifiche ulteriori, per trovare possibili soluzioni. C’'è tutta l'intenzione e l'interesse a cercare di rivedere la norma”, rassicura anche il Ministro della Salute Orazio Schillaci in costante contatto con la Ministra del lavoro Elvira Calderone. Il sottosegretario Claudio Durigon si spinge oltre: il governo, dice, sta lavorando perché la norma venga “espunta dalla manovra”. Il tema è molto spinoso e si intreccia con la tenuta dei conti. Il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti punta anche sulle pensioni per superare la valutazione delle agenzie di rating: dopo le conferme di S&P e Dbrs, domani è atteso il giudizio di Fitch, mentre il 17 toccherà a Moody's

Il ddl lavoro è stato trasmesso al Parlamento e partirà dalla Camera 

Dopo oltre sei mesi arriva in Parlamento il ddl lavoro. Approvato dal Cdm il primo maggio e dopo un lungo passaggio in Rgs, il 7 settembre il provvedimento è tornato in Cdm, che l’ha nuovamente approvato senza modificarne la sostanza ed è arrivato al Quirinale solo la scorsa settimana. Il ddl lavoro, che inizierà alla Camera, conta 23 articoli, dalla sospensione della prestazione di cassa integrazione alla durata del periodo di prova. Il provvedimento potenzia tra l'altro l'attività di accertamento di elusioni e violazioni in ambito contributivo: l'Inps potrà intervenire con accertamenti d'ufficio, mediante la consultazione di banche dati dell'Istituto e anche di altre pubbliche amministrazioni nelle attività di controllo e addebito dei contributi previdenziali non versati. L'Istituto potrà anche invitare i contribuenti a comparire di persona o mediante rappresentanti per fornire dati ed elementi informativi sull'accertamento. E se il contribuente effettua il pagamento integrale entro 40 giorni, le sanzioni civili saranno ridotte nella misura del 50%. Dal primo gennaio 2025, inoltre, per l'Inps e l'Inail il pagamento rateale dei debiti contributivi e premi può essere consentito fino ad un massimo di 60 mesi. Per contrastare il caporalato in agricoltura, poi, arriva il Sistema informativo per dare attuazione al Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo e consentire lo sviluppo della strategia nazionale sul tema.

Le banche dribblano la tassa sugli extraprofitti

I profitti conseguiti dalle banche italiane grazie al rialzo dei tassi di interesse non andranno ad alimentare il bilancio dello Stato. Il sistema bancario ha deciso di destinare a riserva non distribuibile un ammontare pari a 2,5 volte il valore dell'imposta. Le sole grandi banche quotate, IntesaUnicreditBanco BpmMpsBperPopolare di SondrioCredem e Mediobanca, hanno risparmiato circa 1,8 miliardi di imposte rimpolpando con 4,5 miliardi di euro il proprio patrimonio. Il mancato incasso per lo Stato sarà intorno ai 2 miliardi. La tassa sugli extraprofitti era stata annunciata dal Governo ad agosto, con Matteo Salvini che aveva parlato di una norma “di equità sociale” da 2,5-3 miliardi. Difesa inizialmente da Giorgia Meloni, la norma era poi stata rivista, soprattutto per il pressing di FI: era stata ridisegnata la modalità del calcolo del tetto dell'imposta ma soprattutto era stata introdotta la possibilità di destinare a riserva non distribuibile un multiplo pari a 2,5 volte l'imposta, un’opzione che ha aumentare solidità e capacità creditizia degli istituti e che il sistema bancario ha colto al volo. Le prossime settimane ci diranno se il Governo vorrà intervenire nuovamente almeno per garantirsi una parte delle entrate sperate.

Il Parlamento Ue apre alla maternità surrogata, ira di FdI

Un semplice parere della Commissione Affari Giuridici all'Eurocamera riapre lo scontro in Europa sulla maternità surrogata. La commissione Juri, in vista dell'approdo in Plenaria della direttiva sul riconoscimento della genitorialità, ha innescato numerose polemiche. Nel parere, votato con 14 voti favorevoli, 4 contrari e zero astensioni, gli eurodeputati hanno messo per iscritto che, se da un lato la genitorialità continua a essere stabilita a livello nazionale, dall'altro gli Stati dovrebbero riconoscerla come tale in tutti i Paesi dell'Ue “indipendentemente da come il bambino è stato concepito o è nato”. La direttiva sul riconoscimento transnazionale della genitorialità presentata dalla Commissione Ue lo scorso aprile da un punto di vista legislativo non ha nulla a che vedere con la maternità surrogata, che resta proibita nei Paesi dove è vietata per le legge, Italia inclusa. La direttiva, tuttavia, una volta recepita da un Paese membro aprirebbe le porte al riconoscimento dei figli di coppie omosessuali concepiti in un Paese dove ciò è permesso. La relazione approvata dalla commissione Affari Giuridici, nel giorno in cui la premier ha “benedetto” il patto tra imprese e istituzioni contro la denatalità, non ha fatto che accrescere le preoccupazioni di FdI e Lega. 

Cgil e Uil annunciano lo sciopero contro manovra e salari bassi

Alzare i salari, estendere i diritti, cambiare la manovra e le politiche economiche e sociali: sono le ragioni della manifestazione collegata allo sciopero indetto da Cgil e Uil a Roma e nel Lazio per il prossimo 17 novembre che si svolgerà a piazza del Popolo, nel centro storico della Capitale. L'iniziativa è stata presentata al Centro Congressi Frentani alla presenza dei delegati di Cgil e Uil e del segretario generale della Cgil Maurizio Landini e del segretario organizzativo della Uil Emanuele Ronzoni. “La riforma del fisco insiste a tassare il lavoro dipendente e i pensionati” e “alle organizzazioni sindacali, che rappresentano milioni di persone, viene negato il diritto di negoziare le riforme che sono necessarie in questo Paese. Viene quindi messo in discussione il diritto degli iscritti ai sindacati di essere rappresentati”, ha spiegato Landini. Lo sciopero del prossimo 17 novembre a Roma e nel Lazio anticiperà quelli che nelle altre regioni d'Italia, ha spiegato il segretario generale della Uil Lazio, Alberto Civica. “Il 20 novembre toccherà alla Sicilia, il 24 novembre al nord, il 27 novembre alla Sardegna e il prossimo primo dicembre al sud”.

I sondaggi della settimana

Negli ultimi sondaggi realizzati dall’Istituto SWG il 6 novembre, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni si conferma il primo partito italiano, con il 29,2%, davanti al PD (20,0%). Tre punti percentuali in più per il Movimento 5 Stelle al 16,4%. Da sottolineare come il distacco tra FdI e la seconda forza politica nazionale (PD) sia pari a 9,2 punti percentuali. Nell’area delle sinistre, la lista rosso-verde Alleanza Verdi e Sinistra è stimata al 3,6%, mentre Unione Popolare all’1,3%. Nell’area centrista, Azione è data al 4,0%, mentre Italia Viva al 2,8%. Nella coalizione del centrodestra, Lega scende al 9,8% Forza Italia passa al 6,4%. Italexit di Paragone scende all’1,6%.

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La stima di voto per la coalizione di centrodestra (Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia) è stabile al 45,2%, mentre il centrosinistra, formato da PD, +Europa e Alleanza Verdi-Sinistra, sale al 25,9%. Il Polo di centro, composto da Azione e Italia Viva, sale al 6,9%;fuori da ogni alleanza, il M5S sale al 16,4%. 

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