Salvini incontra e rassicura Draghi sulle riforme

Lunedì Matteo Salvini ha incontrato nuovamente Mario Draghi, cui ha fornito rassicurazioni sulle riforme del fisco e della giustizia: nessuna barricata in nome della flat tax, nessun intralcio al lavoro della Ministra Cartabia con i referendum sul processo. A cementare il patto di governo è l'economia che per Palazzo Chigi è “in ripresa”, con un Pil che dovrebbe spingersi oltre le attese. Su quel tasto il leader leghista, che si mostra entusiasta dell'azione di Draghi, pone l'accento a voler dare corpo alla scelta di stare in maggioranza: “Prima l'Italia, è lo slogan con cui riporterà la Lega in piazza il 19 giugno, a vantare i “successi” dell'esecutivo, inclusa la linea di Draghi sull'immigrazione. Ma sulla battaglia dei referendum, che agitano il dialogo tra partiti sulla riforma della giustizia, non recede. Alla fine dell’incontro il leader del Carroccio non manca di tessere le lodi all'esecutivo: “É andata molto bene, abbiamo perso di vista l'orologio. Un'ora e mezzo di confronto, sostanziale condivisione e soddisfazione per tutto quello che si è fatto in questi tre mesi e per quello che si farà. Stiamo dando agli italiani ottimi risultati”.  

Il Cdm dà il via libera all’Agenzia per la cybersicurezza

Dopo giorni di confronti interni alla maggioranza, il Cdm ha varato su forte spinta del premier Mario Draghi l'Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), una struttura che sarà composta da una super-squadra di 300 esperti, avrà una dotazione di 530 milioni di euro fino al 2027 e sarà guidata da un esperto: il nome attualmente più accreditato è quello di Roberto Baldoni, numero 2 del Dis, con delega proprio alla cyber. Non sarà più il Dis, dunque, il capofila della difesa cyber. Si tratta di una svolta epocale in un settore diventato centrale per la salvaguardia degli interessi nazionali sia pubblici che privati e su cui il Governo ha mostrato una certa consapevolezza: “Abbiamo il 93-95% dei server della Pubblica amministrazione non in condizioni di sicurezza”, è l'allarme lanciato da Vittorio Colao, Ministro per l'Innovazione tecnologica e la Transizione digitale. Anche il sottosegretario con delega all'Intelligence Franco Gabrielli ha riconosciuto che il Paese ha una fragilità “per mancanza di consapevolezza dei rischi, per un deficit di cultura su questi temi: purtroppo siamo molto in ritardo e dobbiamo camminare a passi molto svelti”. 

Draghi punta a un nuovo metodo al Governo: più veloci sulle norme attuative

Nel corso del Cdm di giovedì, Mario Draghi ha sottolineato l’importanza di una più celere adozione dei provvedimenti attuativi ai quali le norme di legge rinviano. Il Presidente ha illustrato un nuovo metodo operativo condiviso con il Sottosegretario Roberto Garofoli e consistente nell’assegnazione a ogni Amministrazione di obiettivi da perseguire, con target specifici di decreti da adottare, a partire dai mesi di giugno e luglio 2021. Roberto Garofoli, poi, ha illustrato alcuni criteri operativi per una più efficace attuazione delle disposizioni normative, come condivisi nella Conferenza dei Capi di Gabinetto del 31 maggio, tra i quali la costituzione di una Rete dell’attuazione del programma di governo coordinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e costituita dai Nuclei per l’attuazione del programma di Governo che ciascun Ministero dovrà istituire all’interno degli Uffici di diretta collaborazione. 

Si cerca intesa sui licenziamenti, Pd rilancia patto

Partiti e sindacati non rinunciano a cercare una mediazione sul blocco dei licenziamenti. Che si parta da posizioni distanti è un dato di fatto, come è altrettanto certo che in Parlamento la maggioranza sarà obbligata a confrontarsi. Sono oltre 4000 gli emendamenti presentanti alla Camera al decreto Sostegni bis. Ci sarà spazio per affrontare una moltitudine di temi, dalle partite Iva al Superbonus, ma sarà il lavoro il capitolo che richiederà lo sforzo principale. A dividere resta la questione della selettività: l'idea piace al Pd che la rilancia e la difende; i Dem a questa proposta affiancano quella di un patto tra imprese e sindacati. I Dem rivendicano, in un dialogo a distanza con la Lega, di essere stati i primi a porsi il problema della proroga in Parlamento. Di proroga tout court a fine ottobre parla invece LeU che sulla selettività ha diverse perplessità; contro questa ipotesi si schiera anche il M5S: per Conte la chiave è invece la riforma degli ammortizzatori sociali. Il tema è “molto delicato, si parla della vita delle persone”, riconosce Ettore Rosato che insieme a FI sono tra i più freddi rispetto all'ipotesi di prorogare il blocco. 

L’ipotesi della federazione in Parlamento tra Lega e Fi porta scompiglio 

A complicare le cose nella maggioranza c’è il progetto di conquistare la golden share in Parlamento unendo le forze con FI. Ma qui la partita si fa più difficile, i malumori tra gli azzurri consigliano prudenza. L’ipotesi di un unico gruppo parlamentare del centrodestra di governo, che sarebbe primo per numeri in Parlamento agita, e non poco, le altre forze della maggioranza. Ma l'operazione dei gruppi unitari appare molto complicata, anche perché rischierebbe di aumentare gli scontenti soprattutto tra le fila di Fi ma anche tra i leghisti, dal momento che unire i gruppi vorrebbe dire anche ridurre il numero degli incarichi; perciò si potrebbe optare per una soluzione soft come quella di due gruppi separati, ma un unico “speaker” per ogni Camera. “Non sarà una fusione”, assicura Salvini incontrando i suoi. Da lì si inizierà a ragionare su un'idea che a Silvio Berlusconi non dispiace, anche perché fu lui a proporla nel 2019. Ma dentro Fi i dubbi sono parecchi. Non nascondo il loro profondo scetticismo Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini.

Il centrodestra trova l’accordo a Roma ma resta ancora il nodo Milano

Dopo settimane tra tensioni e veti incrociati, il centrodestra fa un passo in avanti in vista delle amministrative d’inizio autunno: a correre per il Campidoglio sarà il ticket composto da Enrico Michetti, candidato a sindaco, e Simonetta Matone, per la quale gli alleati scelgono la qualifica di “cosindaco”. Ad annunciare l'accordo è Matteo Salvini. Nella capitale il tridente si dovrebbe completare anche con Vittorio Sgarbi a ricoprire il ruolo di assessore alla Cultura. Il tavolo del centrodestra ufficializza anche la candidatura di Paolo Damilano a Torino. Sostanzialmente raggiunto, poi, anche l'accordo sulla presidenza della regione Calabria, l'annuncio verrà ufficializzato domani, ma Sgarbi anticipa: “Il nome è quello di Roberto Occhiuto”. Mercoledì prossimo, poi, un nuovo vertice servirà a chiudere il cerchio anche su Milano e Bologna. Nel capoluogo lombardo, Gabriele Albertini ha dato la sua disponibilità per la poltrona di vicesindaco, a patto che il primo cittadino non sia un politico (leggi Maurizio Lupi). Restano in campo le candidature di Oscar di Montigny, Maurizio Dallocchio e di Fabio Minoli, sponsorizzato dallo stesso Albertini.  

Scontro tra Pd e centrodestra sui candidati magistrati alle amministrative

Ora che si iniziano a delineare le candidature per le prossime amministrative Enrico Letta parte all'attacco: “Ho visto le candidature a Napoli e il ticket a Roma. Il centrodestra è molto attento alla giustizia. Hanno candidato due magistrati, a Napoli come sindaco e a Roma come vicesindaco, peccato che siano in funzione nel posto dove si candideranno. Hanno preso decisioni delicatissime e hanno accesso a dati sensibili nella terra dove si candidano. La legge italiana ha un buco e non lo impedisce. Per me è un errore”, taglia corto il segretario del Pd. Il riferimento è a Catello Maresca (sin qui Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d'Appello partenopea) in corsa a Napoli e Simonetta Matone (sostituto Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma) che nella Capitale si candida a ricoprire il ruolo di “pro-sindaco”. La replica del centrodestra non si fa attendere “Letta non se n'è accorto quando si sono candidati Emiliano, De Magistris e Ingroia? È il classico due pesi e due misure” tuona Giorgia Meloni. “Se un magistrato si candida con la sinistra va bene e se lo fa con la Lega o con il centrodestra va male?” dice Matteo Salvini

Conte rilancia il dialogo con il Pd e la lealtà verso Draghi

Dialogo costante con il Pd ma senza dimenticare di guardare ai moderati e nessuna intenzione di staccare la spina al Governo di unità nazionale guidato da Mario Draghi. L'ex premier Giuseppe Conte e leader in pectore del M5S, ora più vicino al traguardo dopo l'accordo con Casaleggio, va in tv e assicura che il M5S 2.0 “vi sorprenderà”. Nessuna data ancora per la convention in cui illustrerà il programma, ma una certezza: il Movimento resterà movimento e non diventerà un partito. Quindi, l'annuncio: un tavolo fra leader per rafforzare il sistema costituzionale e allontanare l'Italia dalla politica dei personalismi. Sulle prospettive, indica: “Rimangono i vecchi valori non negoziabili, la legalità, le lotte alle mafie, l'etica pubblica. C’è uno spazio per la responsabilità politica che va distinta da quella giuridica”. Con il Pd “ci sono delle differenze perché noi abbiamo una chiara identità. Ci saranno punti d'incontro e punti di divergenza, ma avremo sicuramente la possibilità di dialogare costantemente e ritrovarci a costruire un cammino che speriamo di intensificare in direzione comune”. Ma “noi parleremo anche all'elettorato moderato”, dice ancora. 

Conte al lavoro per una exit strategy sul terzo mandato, ma la strada è stretta

Giuseppe Conte non ha ancora assunto (ufficialmente) il suo ruolo di leader ma le varie anime del Movimento 5 Stelle sono già in pressing per capire cosa accadrà nel processo di rifondazione, a partire da Beppe Grillo, che gli ha ribadito ancora una volta di non voler assolutamente toccare il tetto dei due mandati. L'ex premier si trova già a recuperare le vesti del mediatore: confermando la regola si assicurerebbe la benevolenza del garante ma rischierebbe seriamente di scontentare la vecchia guardia, se invece decidesse di abrogarla, a prenderla male sarebbe il blocco di parlamentari al primo mandato. Anche la classica via di mezzo potrebbe rivelarsi un boomerang, perché una deroga selettiva solo per alcune figure di primo piano farebbe saltare la mosca a chiunque, innanzitutto agli esclusi. Da quello che deciderà di fare dipenderà l'approccio iniziale della sua leadership, almeno per quel che riguarda l'influenza sui gruppi parlamentari: non è poca cosa, se uno degli obiettivi sarà quello di far sentire il fiato dei Cinque Stelle sul collo di Mario Draghi

I sondaggi della settimana  

Negli ultimi sondaggi realizzati dall'Istituto SWG, il consenso della Lega di Matteo Salvini registra una frenata (21,4%). Discorso diverso per il Movimento 5 Stelle. Il consenso del partito guidato da Giuseppe Conte rimane stabile al 15,9%. La Lega resta il primo partito del Paese con una distanza dal secondo (FdI) di 1,3 punti, mentre il gap rispetto al PD si attesta a 2,2 punti.

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Nell’area delle sinistre, i Verdi rimangono stabili (1,8%) mentre Sinistra Italiana e MDP Articolo Uno si attestano rispettivamente al 2,6% e al 2,1%. Nell’area centrista, +Europa rimane all’1,8%, così come Italia Viva (2,1%). Stabile anche Azione che si attesta al 3,4%. Non fa registrare grosse variazioni il Partito Democratico che si ferma al 19,2%. Nell’area del centrodestra, Fratelli d’Italia si attesta al 20,1% mentre Forza Italia torna a crescere di mezzo punto al 6,9%. Coraggio Italia, il nuovo partito di Giovanni Toti e Luigi Brugnaro si attesta all’1%.

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Negli ultimi sondaggi, i partiti che appoggiano il Governo Draghi raccolgono il 75,6% nelle intenzioni di voto, mentre il centrosinistra formato da PD, M5S e MDP raggiunge il 37,2%. La coalizione del centrodestra unito, invece, il 49,4%, mentre il rassemblement dei partiti di centro (Azione, IV e +Europa) si attesta al 7,3% dei consensi.

 

 



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