Nuovo monito di Mattarella: tutti responsabili delle sorti del Paese 

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la cerimonia per la nomina dei Giovani alfieri ha rivolto un nuovo appello alla responsabilità per il bene del Paese, rivolto a tutti ma soprattutto alle forze politiche.

L'esempio da seguire sono proprio i giovani, i nuovi Alfieri della Repubblica nati tra il 1999 e il 2007, cui Mattarella ieri al Quirinale dice più volte grazie per gli atti e i gesti di altruismo, di generosità, di solidarietà, di aiuto verso chi è in difficoltà: così “avete mostrato di essere protagonisti come cittadini, dimostrando di sentire la corresponsabilità per le sorti comuni del nostro Paese e facendo comprendere che occorre essere protagonisti e costruire il futuro, senza chiudersi nelle proprie dimensioni individuali, magari con egoismo”.

Tradotto per il mondo politico: l'obiettivo è il bene dell'Italia e il suo futuro, quindi la strada verso la formazione del nuovo esecutivo deve essere scevra di egoismi e individualismi. In uno scenario politico post elettorale minacciato dall'impossibilità a governare, i segnali dal Colle sono inequivocabili: Mattarella non intende intervenire.

Ecco quindi gli appelli a farsi guidare dal senso di responsabilità lanciati a pochi giorni dall'elezione dei presidenti di Camera e Senato. Il messaggio sembra essere indirizzato non solo alle forze che hanno raccolto il maggior numero di consensi, come Lega e Movimento 5 Stelle, per ora su posizioni attendiste, ma anche al Partito Democratico, impegnato a trovare una via comune dopo il terremoto elettorale.

Il capo dello Stato, nel pieno delle sue prerogative, non deve formare maggioranze e si aspetta di avviare la delicata fase delle consultazioni (che dovrebbero iniziare il 3 aprile) con un’alleanza solida già formata che possa dare il via alla XVIII legislatura, una possibilità che al momento sembra però ancora lontana.

Dopo le dimissioni di Renzi il Pd apre il nuovo ciclo. Nessun accordo gli estremisti e partito all’opposizione

Dalla Direzione Partito Democratico arriva la decisione unanime di stare all'opposizione come “forza di minoranza parlamentare”. L’assemblea ha preso atto della sconfitta elettorale e che i vincitori di queste elezioni sono il Movimento 5 Stelle e la Lega, partiti giudicati estremisti e con i quali il Pd non ha nessuna intenzione di scendere a patti. Quindi no ad alleanze one to one con queste forze politiche ma grande attenzione ad altre ipotesi di unità nazionale prospettate dal nuovo appello del Presidente Sergio Mattarella.

La Direzione, la prima senza Matteo Renzi, si è aperta con la lettura da parte di Matteo Orfini della lettera del segretario dimissionario. “Caro presidente, preso atto dei risultati elettorali, rassegno le mie dimissioni. Ti prego di convocare l'Assemblea, in quella sede ne spiegherò le ragioni”.

Per il momento è Maurizio Martina il traghettatore che guiderà il Pd nell’era post-Renzi fino alla prossima Assemblea nazionale prevista verso metà aprile. Dopo le dimissioni di Renzi, il vicesegretario compatta il partito in una sorta di pax armata ma la conta interna è già cominciata dopo la sconfitta delle elezioni. Nell'orizzonte più immediato, la scelta dei capigruppo e la querelle intorno ai Presidenti delle Camere, strettamente legata a quella del ruolo del partito rispetto a un nuovo governo.

Collegialità e assunzione collettiva di responsabilità sono le due parole d'ordine della riunione Dem. Il documento finale è votato all’unanimità, soltanto 7 gli astenuti legati all'area di Michele Emiliano. Voto a parte quello che è chiaramente emerso dalla Direzione è la necessità che tutte le correnti interne al Pd, renziani, orlandiani, franceschiniani, area Emiliano e Cuperlo, affrontino questa fase di transizione e di appuntamenti istituzionali con la massima coesione e unità.

Maurizio Martina ha assicurato la massima collegialità e il pieno coinvolgimento di tutte le componenti di maggioranza e minoranza. Le tappe sono chiare: entro un mese o poco più l’assemblea Nazionale aprirà la fase costituente che porterà al Congresso: in quella sede potrà essere eletto un segretario per dirigere il tratto di strada che porterà alla fase congressuale.

Tra i papabili segretari, è stato fatto il nome di Graziano Delrio che tuttavia smentisce. Poi quello del governatore del Lazio Nicola Zingaretti e non ha escluso un suo impegno Matteo Richetti. Sergio Chiamparino ha chiarito che sarebbe disposto a fare parte dell'organo collegiale che dirigerà il partito da qui alla nuova fondazione.

Salvini blinda Lega di governo e avverte Berlusconi, no al Pd

In queste ore il centrodestra è alle prese con la necessità di trovare una via d’uscita che possa permettere di arrivare al prossimo Governo. La tensione fra i leader di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia è alle stelle. Questa sera Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni terranno un vertice a palazzo Grazioli per trovare la strategia migliore.

La prima strada è quella caldeggiata da Matteo Salvini, che è disposto ad aprire un confronto diretto coi 5 Stelle sulle presidenze delle Camere, forte del primato nella coalizione, ma senza reclamare il governo a tutti i costi, anche per evitare che un fallimento depotenzi il risultato elettorale.

La seconda, suggerita invece da Silvio Berlusconi, guarda anche al Pd per scongiurare la prospettiva di un ritorno alle urne. Ipotesi bocciata sonoramente dal leader del Carroccio che in un’intervista a La Stampa ha dichiarato: “Gli italiani non ci han votato per riportare Renzi al governo, e neanche Gentiloni”.

Il primo passaggio istituzionale sarà appunto la scelta dei presidenti di Camera e Senato. Salvini ha negato problemi con Forza Italia ma ha già lanciato segnali al Movimento 5 Stelle per dividersi le due massime cariche del Parlamento. Per gli azzurri però una strada potrebbe essere quella di affidare uno dei due rami del Parlamento al PD così da costruire un percorso che conduca alla nascita di un governo di minoranza.



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