Nella giornata di oggi l’Assemblea del Senato e le Commissioni non si riuniranno. Nell'arco di questa settimana, l’aula di Palazzo Madama ha approvato la mozione unitaria sulla sottrazione internazionale di minori che prioritariamente impegna il Governo ad avviare una serie di attività di monitoraggio per contrastare lo sfruttamento dei minori da parte di organizzazioni criminali. Successivamente sono state discusse diverse mozioni sulla stabilizzazione dell'ecobonus. Al temine del confronto sono state approvate tutte le mozioni (riformulate al fine di convergere su un dispositivo unitario e condiviso da tutti i gruppi) che impegna il Governo a stabilizzare per il triennio 2017-2019 l'agevolazione del 65% per la riqualificazione energetica.

Nella giornata di mercoledì sono state discusse e approvate le mozioni sulla privatizzazione parziale di Ferrovie dello Stato Italiane. Il Governo sarà così impegnato a sottoporre all'attenzione del Parlamento tutti i passaggi rilevanti del processo di privatizzazione del gruppo FSI, a promuovere un autorevole piano industriale del gruppo e delle sue controllate, ad accompagnare il piano di cessione di quote pubbliche con un piano d'investimenti per l'alta velocità e il trasporto locale, e a prevedere un autorevole programma pluriennale d'investimenti statali per la modernizzazione dell'infrastruttura ferroviaria e del materiale rotabile. L’Assemblea di Palazzo Madama ha poi approvato in via definitiva il ddl di ratifica ed esecuzione di sei accordi in materia ambientale.

Il Senato ha infine approvato due mozioni relative agli atti di sindacato ispettivo presentati dei parlamentari che di fatto impegnano il Governo ad attivarsi per adottare tutte le misure necessarie affinché ciascun Ministero possa smaltire l’enorme arretrato di atti di sindacato ispettivo cui ancora non è stata data risposta e a fornire chiarimenti sulla singolare circostanza che vede la risposta agli atti presentati alla Camera in percentuale molto più elevata, in alcuni casi più che doppia, rispetto ad atti omologhi presentati al Senato.

Passando all’altro ramo del Parlamento, nella giornata di oggi l’Assemblea della Camera e le Commissioni non si riuniranno. Nell'arco di questa settimana, l’aula di Palazzo Montecitorio, dopo due anni, quattro giorni e 173 sedute, ha approvato definitivamente, con 361 voti favorevoli, 7 contrari e 2 astenuti, la Riforma Costituzionale che modifica il federalismo e trasforma il Senato in una Camera delle Autonomie Locali, composta da Consiglieri regionali e sindaci. La riforma è stata votata dalla sola maggioranza, avendo le opposizioni abbandonato l'Aula per delegittimare il voto. La parola passerà agli elettori, chiamati a pronunciarsi in un referendum confermativo che dovrebbe svolgersi il prossimo ottobre.

Intanto le opposizioni iniziano ad organizzarsi e hanno previsto per la giornata di martedì della settimana prossima l’avvio delle procedure di raccolta delle firme per chiedere il referendum sulle riforme costituzionali. La raccolta sarà aperta a tutti i senatori e deputati e il giorno successivo i rappresentanti di Forza Italia, Movimento Cinque Stelle, Sinistra Italiana e Lega Nord depositeranno le firme presso la Corte di Cassazione.

E sarà quasi una gara a chi arriverà prima, perché anche il Partito Democratico si prepara a raccogliere le firme per il referendum. Il via scatterà non appena il ddl Boschi sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale (fonti della maggioranza parlano già di questa sera). Ma la consultazione non è automatica: deve essere chiesta da un quinto dei membri di una delle due Camere. Dal momento della richiesta dovranno passare sei mesi prima che le urne referendarie possano essere aperte.

Intanto il Presidente del Consiglio e leader del Partito Democratico Matteo Renzi si prepara a schierare un capillare fronte del sì, con un Comitato nazionale guidato da "personalità e studiosi" e comitati dal basso, nei territori, sui luoghi di lavoro, nei luoghi di cultura. Da fonti interne si apprende che sono già stati presi contatti con "personalità e studiosi", a partire da alcuni costituzionalisti che già facevano parte del gruppo dei saggi che al Quirinale lavorarono a una prima proposta e che hanno sostenuto il ddl Boschi.

E poi c’è la fortissima idea di coinvolgere la società civile, mobilitando, magari sul modello Leopolda, non solo chi è militante del Partito Democratico ma tutti coloro che sono disposti a sostenere le ragioni delle riforme. "Ci sarà anche la possibilità - annuncia Renzi - per almeno dieci cittadini, di riunirsi assieme e di fare un Comitato spontaneo sia su base territoriale sia sui luoghi di lavoro o nelle realtà culturali: grande occasione per avvicinarsi alla politica e valorizzare la partecipazione". "La posta in gioco" è alta, ha ricordato Renzi nella sua ultima newsletter: se vince il no cade il governo e il premier è pronto a considerare chiusa la sua carriera politica; perciò gli oppositori riuniti nella "Santa alleanza" del no sono pronti ad alzare al massimo i toni dello scontro contro di lui; ma troveranno risposte "chiare ed efficaci", a partire da "quanto di buono" c’è in un testo che "non sarà perfetto ma è davvero buono" e rappresenta un passaggio "storico".

La minoranza interna al Pd però non intende mollare sulle richieste avanzate subito dopo il voto della Camera: una legge elettorale per il futuro Senato che garantisca l'elezione diretta dei senatori-consiglieri regionali e una revisione dell'Italicum. A quest'ultima, Renzi ha già detto di no.

Domenica sarà il giorno del referendum sulle trivelle. I molti sondaggi che in questi giorni hanno accompagnato l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale ci dicono che il numero di coloro che intendono andar a votare è in aumento ma che il quorum sarebbe ancora molto lontano; le stime sono che si recherà a votare all’incirca un terzo degli elettori, un numero ben lontano da quei 23 milioni di votanti necessari per il superamento della soglia. Fra coloro che voteranno, appare comunque netta la preponderanza dei SI'.

Nella sua e-news Matteo Renzi è tornato sulla questione, ribadendo innanzitutto che "il referendum voluto dai consigli regionali, non dai cittadini, non vieta nuovi impianti: rende solo impossibile continuare a sfruttare quelli che già ci sono, alla scadenza", precisa e puntualizza, passando a denunciare l'esistenza di una vera e propria "bufala". Questa: "Dicono che si voti sulle rinnovabili, su un nuovo modello di sviluppo, sull'alternativa alle energie fossili. In realtà si vogliono chiudere impianti che funzionano, facendo perdere undicimila posti di lavoro e aumentando l'importazione di gas dai paesi arabi o dalla Russia". Quanto poi alle polemiche sull'invito a disertare le urne "Sia chiaro: ogni scelta è legittima. Chi vuole che il referendum passi deve votare sì, chi vuole che il referendum non passi può scegliere tra votare no o non andare a votare". E a questo punto il presidente del Consiglio spende una parola per Giorgio Napolitano, il quale, in un'intervista a Repubblica, ha definito il referendum "pretestuoso". Parole che inevitabilmente hanno scatenato dure risposte politiche di tutte le opposizioni e della minoranza interna al partito.



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