Al via le Commissioni permanenti di Camera e Senato

Questa sarà la settimana della nascita delle Commissioni parlamentari: oggi le Conferenze dei capigruppo di Camera e Senato ne convocheranno la prima riunione ed entro giovedì esse si saranno insediate e avranno eletto i loro rispettivi Uffici di presidenza e quindi i propri Presidenti. Questa è la time line fissata dai partiti di maggioranza.

Rimangono i nodi Copasir e Vigilanza Rai

Poi sarà la volta delle commissioni bicamerali, Vigilanza Rai e Copasir in testa. Dopo non poche polemiche e tensioni politiche il Partito Democratico dovrebbe averla spuntata e ottenere la presidenza del Comitato per la sicurezza (COPASIR) con Lorenzo Guerini mentre a Forza Italia spetterebbe la Commissione sul servizio pubblico televisivo con Maurizio Gasparri.

L’intesa però ancora non c’è. Per questo oggi si terrà comunque una nuova riunione delle opposizioni, questa volta allargata anche a Liberi e Uguali e Fratelli d’Italia che insiste nel reclamare per sé il vertice del Copasir, di cui componente Dem potrebbe essere Matteo Renzi: Giorgia Meloni infatti rivendica il “diritto di avanzare i propri candidati per la presidenza delle Commissioni di garanzia” e si dice “molto preoccupata da una certa aggressività con la quale il Partito Democratico afferma di voler presiedere la Commissione di controllo sui servizi segreti”. Ma la leader di Fratelli d'Italia se la prende anche con le “massime cariche istituzionali” che, dice, si sono mobilitate in favore dei Dem.

Mentre si chiudono i giochi sulle presidenze delle Commissioni di garanzia sta montando la possibilità di dare vita a una nuova Commissione d’inchiesta sulle banche, un’ipotesi lanciata da diversi esponenti del Movimento 5 Stelle e che per il momento non vede ancora pienamente convinta la Lega. L’ipotesi comunque avrebbe tempi lunghi dato che per farla nascere è necessario approvare una legge.

M5S e Lega cercano un accordo sulle presidenze delle Commissioni

Tornando alle 28 commissioni permanenti di Camera e Senato, il principio guida è quello dell'alternanza fra i due partiti di maggioranza: e così quelle economiche sarebbero condotte al Senato dal pentastellato Daniele Pesco e alla Camera dal leghista Claudio Borghi per la Bilancio, mentre alla Finanze la guida toccherebbe a Carla Ruocco (M5S) a Montecitorio e ad Alberto Bagnai (Lega) a Palazzo Madama; la Commissione Lavoro del Senato potrebbe invece essere guidata dalla pentastellata Nunzia Catalfo mentre alla Camera toccherebbe al leghista Andrea Giaccone o a Barbara Saltamartini.

In pole per la Commissione Affari Costituzioni vi sarebbe alla Camera Fabiana Dadone (M5S) mentre nell’altro ramo del Parlamento Stefano Borghesi (Lega). Il M5S, che ha già al Governo un proprio esponente come Guardasigilli, dovrebbe incassare poi una doppietta nelle commissioni Giustizia: al Senato dovrebbe spuntarla Mario Giarrusso mentre alla Camera i nomi possibili sono quelli di Giulia Sarti, Francesca Businarolo e Andrea Colletti.

Sugli altri nomi ancora c’è grande incertezza soprattutto sul versante della Lega. Dal canto suo il Movimento 5 Stelle ha proposto per la Commissione Esteri Marta Grande alla Camera e Vito Petrocelli al Senato. A palazzo Madama i nomi che circolano sono il chirurgo Pierpaolo Sileri alla Sanità, Michela Montevecchi alla Commissione Istruzione, all’Agricoltura Elena Fattori e alla Ambiente Vilma Moronese. Infine l’Antimafia potrebbe invece essere presieduta dal cinquestelle Nicola Morra.

Riprendono i lavori di Camera e Senato

Per quanto riguarda il Senato, l’aula di palazzo Madama tornerà a riunirsi alle 11 per esaminare il Documento di economia e finanza 2018 (DEF). La Commissione speciale proseguirà l’esame del decreto legge sulle ulteriori misure urgenti per gli eventi sismici dell’agosto 2016. A seguire si confronterà sullo schema di decreto legislativo sul trattamento dei dati personali e sullo schema di decreto ministeriale di approvazione del programma pluriennale dello Stato Maggiore della Difesa. Anche l’Assemblea di Montecitorio, a partire dalle 9.30, esaminerà le risoluzioni sul Documento di economia e finanza 2018 (DEF). La Commissione Speciale della Camera si confronterà sullo schema di decreto legislativo sul trattamento dei dati personali.

Al via la discussione sul DEF

Il Documento di Economia e Finanza arriva nelle aule di Camera e Senato. Approvato dal governo Gentiloni lo scorso 26 aprile, ora il DEF in versione light, volutamente contiene solo la parte di aggiornamento del quadro tendenziale ma non quella di programmazione di politica economica, passerà al vaglio del Parlamento a maggioranza gialloverde. Il primo obiettivo, dichiarato da Lega e Movimento 5 Stelle alle Camere così come dal Governo, è quello di disinnescare le clausole di salvaguardia che valgono 12,4 miliardi di euro per il solo 2019: senza quei soldi, gli aumenti di Iva e benzina scatterebbero automaticamente il prossimo anno.

Il secondo obiettivo è quello del rispetto degli impegni europei ma con l'obiettivo di avviare il negoziato con Bruxelles per rimodulare il percorso di riduzione del rapporto deficit/Pil nel triennio 2019-2021 e rinviare il pareggio di bilancio strutturale oggi previsto nel 2020 dal quadro tendenziale. In buona sostanza, questo passaggio sarebbe lo strumento che impegnerebbe il Governo a contrattare nuovi margini di flessibilità.

Il terzo punto invece impegna il Governo a individuare gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche indicate dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte nelle sue comunicazioni alle Camere in occasione della fiducia e dunque sul contratto di Governo M5s-Lega “sottoponendo tempestivamente tali nuovi indirizzi all’approvazione parlamentare e presentando quindi al Consiglio europeo e alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma”.

Sarà questo, sostanzialmente, l'impianto della risoluzione di maggioranza sul Def, ancora suscettibile di modifiche, che sarà al centro della discussione oggi alla Camera e al Senato: un testo snello che non dovrebbe contenere indicazioni dettagliate sugli interventi di cui al contratto di governo da mettere in campo.



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