Governo: si accelera sui nomi. Di Maio tenta di rimanere al Mise 

La partita vera inizia adesso. La squadra di Governo si farà nelle prossime ore e non si escludono sorprese: nonostante il passo di lato di Luigi Di Maio in ambienti M5S c’è chi, fino al fischio finale, non intende considerare chiusa l'ipotesi che Giuseppe Conte venga affiancato da due vicepremier. Ora la partita si sposta sul sottosegretario alla presidenza del Consiglio, figura nodale a Palazzo Chigi. Per quell'incarico il premier punterebbe su un uomo di sua fiducia, come Vincenzo Spadafora o Roberto Chieppa. Ma nel Partito Democratico c’è chi considera scontato che la casella sia destinata ai Dem visto che il premier è indicato dal M5S. Ecco perché' tornano a circolare i nomi di Dario Franceschini o Andrea Orlando, i due dirigenti che Nicola Zingaretti ha incaricato di sedersi al tavolo per formare la squadra. 

E così, anche se i Dem reputano la questione vicepremier archiviata, tra i Cinque stelle c’è chi non dispera rientri come soluzione finale. Ma il tempo stringe e Giuseppe Conte si siede al tavolo intenzionato ad avere piena voce in capitolo sulla composizione del Consiglio dei ministri giallorosso, tanto che ha chiesto non indicazioni secche ma rose di nomi, anche per garantire equilibrio di genere. Per il premier incaricato dovrà essere una squadra “autorevole, con persone di elevata competenza, buona capacità organizzativa, adeguata qualificazione politica”. Conte è consapevole che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è intenzionato a esercitare il suo potere costituzionale di controllo soprattutto su ministeri cruciali come Esteri, Economia, Difesa e Interi

Dunque sembra difficile che quando questa sera o, più probabilmente, domani mattina Conte salirà al Colle con la lista dei ministri, spuntino nuovi casi Savona. Un tassello cruciale è il ministero “di peso” che dovrà essere riservato a Luigi Di Maio: al momento c’è chi parla degli Esteri ma circolano voci anche su Difesa e Viminale. I leader pentastellato però sembrerebbe puntare a una sua conferma al Mise. Per il Viminale in pole sembrerebbe esserci Luciana La Morgese, prefetto di Milano (ma sullo sfondo resta Marco Minniti). Per gli Esteri resta in partita l'ex premier Paolo Gentiloni, che però potrebbe puntare anche al ruolo di Commissario; alla Farnesina circolano nomi più tecnici come Elisabetta Belloni

Quanto all'Economia, fin d'ora si accreditano nomi d'alto profilo: vengono citati da più parti Salvatore Rossi, per l'esperienza in Bankitalia, o Dario Scannapieco, proveniente dalla Banca europea degli investimenti. Continuano a farsi altre ipotesi, come Carlo Cottarelli o Giuseppe Pisauro, ma secondo qualcuno Conte non escluderebbe un politico di area Dem, come Roberto Gualtieri o Antonio Misiani

Gli incastri dovranno tenere conto delle diverse anime di Pd e M5s. Matteo Renzi continua a invocare tre Ministri sul totale della delegazione Dem che dovrebbe essere di sette o otto (quasi alla pari con M5S, dopo lo stop ai vicepremier). E bisogna considerare che anche Liberi e Uguali, nel suo piccolo, invoca un Ministro: al momento girano i nomi di Rossella Muroni, seguita da Pietro Grasso o Roberto Speranza. In casa del Partito Democratico Nicola Zingaretti è determinato a garantire la presenza di donne e si citano, per le diverse aree del partito, Paola De Micheli, Marina Sereni, Debora Serracchiani e Lia Quartapelle. Per i renziani anche Lorenzo Guerini, Ettore Rosato o Teresa Bellanova.

Francesco Boccia viene accreditato per un ministero unificato di Regioni e Sud. Al lavoro potrebbe andare Graziano Delrio. Allo sviluppo economico Stefano Buffagni o, in quota Pd, Maurizio Martina. In casa del Movimento Cinque Stelle si punta alla riconferma di Alfonso Bonafede alla Giustizia, di Riccardo Fraccaro ai rapporti con il Parlamento e Laura Castelli al Mef. Faranno poi parte della squadra anche il Capogruppo al Senato Stefano Patuanelli e forse anche Nicola Morra e Marta Grande.

Voto Rousseau divide il M5S. Di Maio apre ma non si espone 

Celebrato da Luigi Di Maio, temuto da Palazzo Chigi: il voto sulla piattaforma Rousseau che oggi chiamerà 115.372 iscritti al Movimento a decidere le sorti del governo giallorosso aleggia, come un'ombra cupa, sulla trattativa tra Movimento e Pd. Anche perché mai come in quest'occasione la consultazione divide eletti e vertici 5 Stelle, con due linee a fronteggiarsi: quella composta da Giuseppe Conte, Roberto Fico e Beppe Grillo, tessitori della trattativa con i Dem, e quella, più scettica, di Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Ma Di Maio si distingue leggermente aprendo di fatto, con il suo video serale, all'accordo con il Pd pur senza esporsi con un’indicazione di voto netta. Nel corso della giornata a schierarsi sono i parlamentari ortodossi, da Giuseppe Brescia a Marta Grande, Carla Ruocco e Roberta Lombardi, con edorsement pubblici o semi-pubblici. 

Ma il vero influencer pro-accordo si palesa solo in serata: è lo stesso Giuseppe Conte che in un video si fa portavoce di un vero e proprio appello a favore del Sì. Un video seguito, non casualmente, pochi minuti dopo dal discorso di Di Maio. Il leader del M5S, arriva in diretta facebook dopo una frenetica giornata di contatti e riunioni. Alla fine il leader politico del Movimento si dice pronto a rinunciare alla carica divicepremier e tenta così di ricompattare il M5S direzionandolo verso il nuovo accordo. Al dibattito si accompagna il giallo della scheda virtuale del voto: in un primo momento, fra le opzioni da cliccare, compare prima il no e poi il Sì, al contrario di quanto accaduto nel voto per il governo giallo-verde. Poi, dopo qualche ora, l'ordine viene invertito. La votazione è prevista dalle 9 alle 18 di oggi. In serata avremo quindi un risultato e il M5S potrà o meno dare il via libera all’accordo per la nascita del cosiddetto Governo Conte Bis

Si lavora sul programma: stop aumento Iva e riforma della legge elettorale

Pd e M5S lavorano a un Governo che guardi lontano, quasi quattro anni, quelli che mancano alla fine della legislatura, ma il test sulla ragion d'essere del Conte bis (o Conte due) ci sarà subito. Il compito principale del nuovo esecutivo sarà trovare 23 miliardi per scongiurare l'aumento dell'Iva che, altrimenti, dal primo gennaio 2020 passerà dal 10% al 13% e dal 22% al 25,2%. I due possibili alleati vanno d'accordo sulla necessità di una svolta green e di un taglio del cuneo fiscale accompagnato da una più decisa lotta all'evasione. Queste sono le fondamenta, il resto verrà costruito sopra. “Ho registrato una consonanza tra M5S, Pd e altre forze di centrosinistra sugli obiettivi da raggiungere” ha detto Conte in un videomessaggio, prima di elencare i punti della manovra economica, come il salario minimo orario, una politica di incentivazione delle nascite, la riduzione delle tasse

Il nuovo Governo si muoverà nel perimetro delle regole Ue, ma “saremo in prima fila per contribuire ad adeguare il Patto di stabilità e di crescita al nuovo ciclo economico”, ha ribadito Conte. Il premier vuole anche “una giustizia più efficiente, il rispetto delle istituzioni e della legalità”. Il confronto fra dem e pentastellati era partito da elenchi di diversa forma e lunghezza: cinque gli obiettivi indicati dal Pd, dieci poi diventati venti quelli del M5s; alla fine, una prima sintesi è stata raggiunta. Il responsabile economia del Pd Antonio Misiani ha individuato alcuni punti di sicura convergenza, come il taglio delle tasse ai lavoratori dipendenti, l'impegno a “incentivare l'investimento delle famiglie nell'istruzione dei figli” e un cambio nelle politiche sull'immigrazione.  

Per adesso, più che di punti dettagliati, si tratta di macro-obiettivi che non sempre le due forze coniugano allo stesso modo. In tema immigrazione, Pd e M5S sembrano concordare su una rivisitazione dei decreti sicurezza per recepire le osservazioni del Colle, ma i dem andrebbero anche più in là, con la cancellazione delle norme firmate da Salvini e una nuova legge sull'immigrazione, mentre i Cinque Stelle sono cauti. Le due forze politiche sono d'accordo anche sulla necessità di ragionare di taglio dei parlamentari, ma se il M5S vorrebbe approvare subito in quarta e definitiva lettura la legge che prevede 345 seggi in meno, il Pd chiede più tempo per accompagnare la riforma con una revisione della Legge elettorale. Anche sulla svolta green, punto fermo del nascituro Governo, le visioni non sono sempre univoche: il M5S dice basta a nuovi inceneritori e stop a nuove concessioni sulle trivelle, i dem parlano di un fondo da 50 miliardi per investimenti verdi e propongono di premiare le imprese che promuovono una riconversione. 



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