Torna l’ipotesi del Governo politico M5S - Lega

Al termine dell’ottantasettesimo giorno dalle elezioni del 4 marzo, il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio ha offerto l'ultima chance a Matteo Salvini per far partire il governo del cambiamento. Il cerino adesso è nelle mani del leader della Lega, mentre il Colle fa sapere che questa ipotesi viene valutata “con grande attenzione”.

Ieri è stato un giorno di viavai al Quirinale. Il leader pentastellato ha incontrato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: al di là degli aspetti emotivi legati alle fortissime tensioni dei giorni scorsi, il faccia a faccia è servito a dare corpo all'estremo tentativo concesso a Lega e Movimento Cinque stelle di formare un governo politico. Il Presidente ha dovuto superare in nome della realpolitik e della governabilità lo strappo consumato, e velocissimamente ritirato, dai Cinque Stelle con la clamorosa richiesta d’impeachment.

Comunque sia l’incontro informale ha avuto un esito positivo e appena uscito Di Maio in diretta Facebook ha lanciato un appello al Paese. Ma, in realtà, rivolgendosi solo a Salvini, ha dichiarato: “Troviamo una persona della stessa caratura dell'eccellente professor Paolo Savona; lui resta nella squadra di governo in un'altra posizione”. Pronta la riposta di Matteo Salvini che, senza dire né sì né no, ma apre uno spiraglio: “Vedremo nelle prossime ore, per carità. Ci ragioniamo, valuteremo”.

Il Governo Cottarelli rimane in stand by in attesa delle evoluzioni politiche

Intanto Carlo Cottarelli rimane “incaricato con riserva” ancora per qualche ora o qualche giorno, perché non vuole “forzare sui tempi per eventuale governo politico”. Mister spending review viene messo quindi in stand by perché qualcosa si sta muovendo. Nell'ennesima giornata di confusione, Cottarelli è salito due volte al Colle, sempre per un colloquio informale con Sergio Mattarella, dando il cambio a Luigi Di Maio.

La sua lista dei ministri è pronta ma essendo tramontata l'ipotesi di un’astensione non ci sono i numeri per ottenere la fiducia alle Camere, l'unica via d'uscita poteva essere che la maggioranza non si esprimesse, con la disponibilità di volontari a votare a favore (come Partito Democratico e perché no anche almeno una parte del M5S). L'ipotesi però s’infrange contro la realtà: il Movimento 5 Stelle ha confermato il no alla fiducia, portandosi dietro anche Lega e Fratelli d'Italia. La strada non è percorribile, insomma, ma nella sala dei Busti di Montecitorio, come del resto al Quirinale, si lavora a un’alternativa: le diplomazie si sono messe in moto, Cottarelli ha visto diversi esponenti politici, tra i quali anche uomini di fiducia del leader del Carroccio.

Matteo Salvini è impegnato nella campagna elettorale per le elezioni amministrative del prossimo 10 giugno prima in Toscana, poi in Liguria, mentre Giancarlo Giorgetti è alla Camera. Nel pomeriggio si diffonde la notizia, successivamente smentita, che il capogruppo leghista sarebbe salito al Colle; comunque fonti parlamentari riferiscono che si sia già visto con Cottarelli. Com’è noto la nascita di un governo politico è sicuramente la prima scelta del Presidente Sergio Mattarella e ora gli occhi sono tutti puntati su Matteo Salvini. Le prossime ora ci diranno se prevarrà l’istinto di andare a votare o quello di dare vita al prossimo esecutivo

Al via l’ultimo braccio di ferro tra Lega, M5S e Quirinale

Al momento nel caso che quest’ultimo braccio di ferro tra Lega, M5S e Quirinale non abbia un’evoluzione positiva, gli scenari che si aprirebbero sono sostanzialmente due: la rinuncia di Carlo Cottarelli, con l'immediato scioglimento delle Camera e il conseguente voto balneare alla fine di luglio, oppure lo scioglimento della riserva con presentazione della lista dei ministri e giuramento.

A questo punto il Governo Cottarelli dovrebbe andare davanti alle assemblee di Camera e Senato per la fiducia, che a oggi sembra molto difficile da ottenere. Una non fiducia certamente potrebbe avere l’effetto di portare comunque il Paese al voto e l’ipotesi più accreditata sarebbe settembre, ma si potrebbe votare il 9 settembre solamente se le Camere venissero sciolte nei primi giorni di luglio.

Berlusconi rilancia la necessità di un centrodestra unito

Ieri Silvio Berlusconi ha riunito lo stato maggiore di Forza Italia, presenti tra gli atri anche Gianni Letta e Niccolò Ghedini. La linea non cambia: alle prese con un partito confuso e preoccupato dall'opa della Lega in atto sul territorio e dal rischio di salvinizzazione, l’ex Cav avrebbe invitato alla cautela e insistito sulla coabitazione forzosa con il suo principale alleato, Matteo Salvini, per convenienza politica e tattica in attesa delle decisioni del Colle.

“Il nostro rapporto con Salvini non è certo in discussione”, assicura Deborah Bergamini. L'unità del centrodestra resta la nostra stella polare, va ripetendo in queste ore il leader azzurro, convinto che alle prossime politiche la coalizione Fi-Fdi-Lega possa superare il 40% dei consensi e tornare a palazzo Chigi. Per l’unità della coalizione in queste ore Forza Italia ha assicurato che non sosterà un eventuale Governo Cottarelli ma la ripresa delle trattative tra Salvini e Di Maio preoccupa e non poco. Ma non piace nemmeno la possibilità del voto in piena estate.

Il Partito Democratico rilancia: diamo vita al fronte repubblicano

Il Partito Democratico, rinsaldato dall'emergenza politica, resta fermo in attesa degli sviluppi, convinto di aver fatto bene, come hanno dichiarato Matteo Renzi e molti altri esponenti, a non indossare da solo “la maglia” dell'esecutivo neutrale di Carlo Cottarelli. Soprattutto se si andrà a breve a votare.

Su come arrivare al voto, già si profilano però le prime divergenze: tutti d'accordo sull'idea di un “Fronte repubblicano”lanciato da Carlo Calenda e quasi tutti d'accordo su Paolo Gentiloni candidato premier. Anche perché le prossime elezioni, come sottolinea Romano Prodi in un editoriale sul Messaggero, saranno un “referendum sull'Europa e l'euro”. Molte più perplessità, invece, sull'idea di Calenda di presentare il Fronte con un listone unico senza simbolo del Pd.

I renziani sarebbero più favorevoli, anche considerata la dinamica del Rosatellum, a uno schema simile a quello del 4 marzo, anche se più largo, con il Pd affiancato da due liste, una di centro (magari guidata da Calenda) e una di sinistra. In questo schema potrebbe rientrare anche un pezzo di Liberi e Uguali, ma da LeU, che pure si prepara a lanciare un’iniziativa unitaria, emergono diverse perplessità.



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