Conte positivo sulla trattativa con Bruxelles. Tensione tra M5S e Lega

Conte vedrà il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker martedì sera o mercoledì a Strasburgo; l'incontro sarà probabilmente interlocutorio perché la Commissione chiede al Governo italiano cifre precise, messe nero su bianco e votate dal Parlamento. Due gli step con cui, entro il 19 dicembre, i gialloverdi possono provare a evitare la bocciatura e l’avvio della procedura d’infrazione per debito eccessivo: un nuovo Documento programmatico di bilancio (da votare entro il 13 in Cdm e portare alle Camere) che riveda i saldi della manovra abbassando deficit e debito nel prossimo triennio; un voto del Senato su un super emendamento che cambi i connotati della manovra, siglando l'impegno della maggioranza in Parlamento a rientrare nei binari delle regole europee.

Sui numeri il premier ha scherzato, ma cifre non ne ha fatte: di “saldi finali parlo solo alla fine altrimenti sarebbero saldi intermedi”. Giuseppe Conte punta a convincere Bruxelles che con poco più di 7 miliardi di tagli può portare il deficit dal 2,4% al 2%, ma l'Ue in partenza chiede uno sforzo da 16 miliardi per far calare il deficit strutturale: per un'intesa, secondo alcune fonti, serve di più.

Ed è dal super emendamento che parte il lavoro di Conte. L'inquilino di Palazzo Chigi ha visto a pranzo Giovanni Tria, poi, intorno alle 16, ha incontrato Luigi Di Maio e Matteo Salvini, con Riccardo Fraccaro, Laura Castelli e Stefano Buffagni per il M5s, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia per la Lega. Sul tavolo premier e ministro però non portano ancora la proposta finale perché' l'avallo politico che avrebbe reso subito praticabile l'aggiustamento tecnico non c’è: alla richiesta di far partire a giugno quota 100 e reddito di cittadinanza i leader di M5s e Lega hanno risposto no.

Luigi Di Maio ha assicurato che si riuscirà a tagliare il deficit senza cambiare le due misure, perché' i costi di entrambi sarebbero stati sovrastimati. Matteo Salvini, di pochissimo più morbido, ha ribadito quota 100 a inizio anno in modo che entro il 2019 tutti i 600mila interessati saranno messi in condizione, se vorranno, di lasciare il lavoro. Ma se ciò non bastasse al termine del vertice è arrivata una nuova richiesta della Lega, quella di aprire alla rottamazione definitiva delle cartelle di Equitalia, una misura che il Carroccio avrebbe messo sul tavolo per accettare un rinvio di qualche mese e un’ulteriore riduzione della platea di quota 100.

Il vertice avrebbe dovuto fare chiarezza politica sulle intenzioni del Governo invece le posizioni rimangono ancora distanti. Matteo Salvini punta a raccogliere il massimo da questa discussione con il M5S opponendo una controproposta a ogni misura, come ad esempio a quella dell’ecotassa sulle auto messa sul tavolo dai pentastellati.

Alla Camera il Governo ha messo la fiducia sulla manovra

Intanto ieri sera il Governo ha posto la questione di fiducia sul disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e di bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021. Secondo quanto è stato deciso l’Aula della Camera tornare a riunirsi alle 17.30 per le dichiarazioni di voto e per il voto di fiducia che è atteso interno alle 18.50. La Capigruppo di Montecitorio ha previsto una seduta ad oltranza con notturna fino a mezzanotte per procedere poi alle votazioni degli articoli e dei 297 ordini del giorno. La conclusione e il voto finale sul provvedimento sono dunque previsti prima di sabato.

Poi la manovra passerà al Senato per la seconda lettura in tempi record. A palazzo Madama l’esame sarà molto molto veloce ma soprattutto, salvo che la trattativa con la Commissione Europea salti, sarà ricordato per gli enormi cambiamenti che la manovra dovrà per forza di cose subire.

Alta tensione nel PD. Renzi punta a un nuovo partito?

Dopo una giornata di forte tensione nel Partito Democratico, Matteo Renzi in serata ribadisce che “di scissioni ne abbiamo viste già abbastanza, non è all'ordine del giorno e non sto lavorando io a qualcosa di diverso”. Ma resta fortissimo il sospetto che l'ex premier stia pensando a un altro partito, da lanciare all'inizio dell'anno prossimo, prima delle primarie Pd fissate il 3 marzo e delle elezioni europee di fine maggio.

E il Pd è scosso. “Non chiedetemi di fare il burattinaio del congresso”, aveva scritto in mattinata su Fb lo stesso Renzi. E in modo forse rivelatore aveva aggiunto: “Da mesi non mi preoccupo della Ditta Pd, ma del Paese”. Intanto è stato ufficializzato l'addio di Marco Minniti alla corsa per la segreteria dopo la rottura con i renziani che teoricamente lo avrebbero dovuto appoggiare e sostenere.

In Transatlantico, alla Camera, mentre si discute la legge di Bilancio in Aula, l'atmosfera tra i deputati Pd è pensierosa fin dal mattino. Volano battute, gli uni sembrano chiedersi che faranno gli altri in caso di addio del due volte segretario. Qualcuno prova a riproporre ai giornalisti l'ipotesi di Lorenzo Guerini novello candidato renziano al congresso, ma tutti vogliono sapere cosa farà Renzi.

La possibilità della nascita di un nuovo soggetto politico guidato dall’ex premier oscura la gara per la leadership. Maurizio Martina continua a predicare la parola d'ordine “unità contro le divisioni per battere la destra nazionalista che governa”. E Nicola Zingaretti, favorito dalla ritirata di Minniti che lo seguiva nei sondaggi, in caso di vittoria nella corsa alla segreteria pensa a Paolo Gentiloni presidente del partito e Carlo Calenda capolista alle europee, un modo per cercare unità e forse un'apertura a una parte dei renziani. “Se resta nel Pd Renzi deve dare con umiltà una mano alla ricostruzione che abbiamo il dovere di far partire con questo congresso, dice il candidato Francesco Boccia, altrimenti una separazione consensuale per il bene di tutti. Il Pd sopravvivere comunque”.

Il partito di Fitto entra in Fratelli d’Italia

È sempre più una famiglia allargata quella di Fratelli d'Italia, che continua a espandersi accogliendo pezzi di centrodestra con l'obiettivo di creare un movimento conservatore e sovranista. Dopo le adesioni della Destra di Francesco Storace e dell'europarlamentare di Forza Italia Stefano Maullu nelle ultime settimane, è arrivato Raffaele Fitto con il suo movimento “Direzione Italia”; Giorgia Meloni ha annunciato, orgogliosa, che è nato un patto federativo, come prova che “il centrodestra, come idea, è ancora maggioritario tra gli italiani”.

E guardando oltre le elezioni europee di maggio, la presidente del partito si lancia nel sogno di un approdo a Palazzo Chigi con una nuova forza conservatrice. “Chi non vuole il M5S al governo, deve votare Fratelli d'Italia”, sprona. L'alleanza con l'ex governatore della Puglia e ministro per gli affari regionali nel governo Berlusconi quater è stata partorita in pochi mesi: “Fa seguito a un appello che ho lanciato lo scorso settembre partendo dall'esperienza di FdI, allargare quell'esperienza e arrivare alla costituzione dopo le elezioni europee, di un grande movimento conservatore e sovranista che metta al centro la difesa degli interessi nazionali italiani”.

Fitto è stato tra i primi a rispondere sì. Onorato lui, che aggiunge: “Il progetto che portiamo avanti con Giorgia Meloni non guarda solamente al risultato delle elezioni europee, ma ai prossimi anni e sono convinto che lo realizzeremo”. A dare il benvenuto a Fitto anche un altro pezzo storico della destra italiana, Ignazio La Russa: “Con il patto siglato cresce un nuovo e importante soggetto politico distinto e alleato della Lega che sono certo renderà il centrodestra sempre più competitivo”. Per Fratelli d'Italia quindi si tratta di un altro tassello per comporre l'identikit del centrodestra che verrà dopo il governo del cambiamento.



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