La partita delle nomine frena i lavori del Parlamento: critiche le opposizioni

Governo, partecipate e ora anche Commissioni parlamentari: il dossier nomine del governo di Giuseppe Conte inizia a diventare bollente. L'opposizione scalpita e dal Partito Democratico e da Forza Italia si grida allo scandalo per i ritardi nelle designazioni delle presidenze che bloccano il lavoro delle Commissioni parlamentari; anche il presidente della Camera, il pentastellato Roberto Fico, è costretto alla sua prima tirata d'orecchie ai deputati della maggioranza.

Nei prossimi giorni invierà ai Capigruppo di Montecitorio una lettera per sollecitare le designazione dei componenti delle permanenti. Il Partito Democratico s’indigna: “Non si può restare ancora fermi perché Lega e Movimento 5 Stelle si devono occupare delle poltrone: questo non è porre in cima gli interessi degli italiani ma quelli dei due partiti” ha attaccato il capogruppo a Montecitorio Graziano Delrio.

Anche Simone Baldelli, vice presidente del gruppo di Forza Italia, si è lamentato del fatto che a tre mesi dalle elezioni il Parlamento non sia ancora in condizione di lavorare: “Al di là degli impegni del presidente Conte, forse dietro al ritardo c’è un problema di natura politica. Il Governo si muova”. Il problema è proprio di natura politica ed è strettamente legato innanzitutto alla complessa architettura del completamento della squadra di governo con la nomina dei sottosegretari che, ha spiegato il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, dovrebbe definirsi entro la prossima settimana.

Il fatto è confermato da Matteo Salvini che ieri ha presieduto il suo primo Consiglio dei Ministri in qualità di “vicepremier anziano” sostituendo Giuseppe Conte in volo per partecipare al G7 in Canada. Proprio in Cdm Salvini ha proceduto alla nomina del suo capo di gabinetto: la scelta è caduta sul prefetto di Bologna Matteo Piantedosi.

La partita delle nomine è connessa anche a quella della sostituzione dei questori dopo che, per la nomina a ministri, Lorenzo Fontana e Riccardo Fraccaro si sono dimessi da vicepresidente e questore della Camera, complicando ancora di più l'incrocio d’incarichi tra ministri, viceministri e sottosegretari che vede M5S e Lega in forte affanno anche per la ripartizione delle deleghe.

Il rompicapo delle nomine agita M5S e Lega

A palazzo Chigi, per quella all'editoria, sono in corsa i due M5S Emilio Carelli e Primo di Nicola che potrebbe però essere destinato al ministero dei Beni culturali dove è in pole anche la collega Michela Montevecchi. Per i servizi è in pista il 5 stelle Vito Crimi, nella scorsa legislatura componente del Copasir. Commissione ora conteso tra il Pd e Fdi. Quanto alle altre bicamerali, alla Vigilanza Rai, concorrono tre azzurri, Paolo Romani, Maurizio Gasparri e Renato Schifani e all'Antimafia il pentastellato Nicola Morra.

Sulla delega alle Tlc, che Luigi Di Maio vorrebbe tenere per sè, è braccio di ferro tra M5S e Lega, mentre il trasferimento della delega al Turismo dal ministero della Cultura a quello dell'Agricoltura sarebbe cosa fatta. Tra i nomi in pole figurano, con buona certezza, Laura Castelli e Stefano Buffagni, rispettivamente vice ministra e sottosegretario al Ministero dell’Economia, anche se il secondo stando alle ultime indiscrezioni potrebbe finire al Mise.

Questa partita è essenziale anche per il rinnovo del Cda di Cassa depostiti e prestiti dove si è acceso il confronto tra i sostenitori di Flavio Valeri e quelli di Massimo Sarmi, proposto dalla Lega e sul quale il Movimento potrebbe farsi convincere. Se al Mise dovesse spuntarla Castelli come viceministro potrebbe essere affiancata da un sottosegretario della Lega ma di peso come l'economista Alberto Bagnai.

Per gli Esteri il nome che circola con insistenza è quello della pentastellata Manuela Del Re. Ai Trasporti a fare da vice a Danilo Toninelli dovrebbe essere il leghista Edoardo Rixi. Stefano Candiani e Nicola Molteni, altri due big del Carroccio, sono in piena corsa, direzione Ministero dell’Interno e Giustizia.

Salvini e Di Maio avranno l’ufficio a fianco a quello di Conte

Sulla squadra del Presidente del Consiglio ancora non ci sono certezze e tante le caselle che ancora mancano. Il Premier Conte dovrà anche decidere se alloggerà o meno nell’appartamento di palazzo Chigi: finora ha occupato gli uffici al primo piano dove c’è la stanza anche del sottosegretario alla presidenza Giancarlo Giorgetti, ma rumours di palazzo Chigi riferiscono che al primo piano vorrebbero trasferirsi anche Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Secondo alcuni, è prassi che i vicepresidenti del Consiglio abbiano gli uffici al terzo piano (è accaduto così per esempio con Gianfranco Fini e Marco Follini quando a guidare il governo era Berlusconi) ma i due vicepremier, sottolineano le stesse fonti, avrebbero chiesto di poter lavorare nelle stanze attigue al presidente del Consiglio Conte. Un fatto, che se confermato, andrà ad alimentare quelle già forti critiche provenienti dalle opposizioni sull’effettiva indipendenza politica e decisionale del nuovo premier

Conte al G7 ma da Roma Salvini detta linea sui dazi

Non sarà un esordio internazionale semplice quello che da oggi attende il premier Giuseppe Conte al G7 di Charlevoix, in Canada. Catapultato in una sola settimana dalle aule dell’Università di Firenze al tavolo dei leader mondiali, il Presidente del Consiglio avrà gli occhi puntati su di lui in ragione dell'etichetta di premier di un governo euro-scettico, “populista” e aperturista verso la Russia di Vladimir Putin.

Il neo presidente del consiglio, che avrà bilaterali con Angela Merkel, Donald Trump, Emmanuel Macron, Angela May e Justin Trudeau, non si mostra affatto intimorito, anzi è determinato a farsi subito “portavoce degli interessi dei cittadini italiani” e si dice convinto che “la prima posizione dell'Italia sarà farsi conoscere, la seconda farsi rispettare”. Ma le aspettative sono altissime.

Intanto da Roma Matteo Salvini ha dettato la linea e smarca l'Italia dall'Ue sulla contrarietà totale ai dazi imposti da Donald Trump: “Le politiche commerciali - secondo il vicepremier - vanno ristudiate. L'Italia è una potenza che esporta e quindi va protetto il Made in Italy e credo che le politiche di Trump siano soprattutto per arginare la prepotenza tedesca. L'Italia non deve subire né l'una né l'altra manovra”.



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