Il Cdm vara il nuovo decreto Covid, niente zone gialle fino al 30 aprile

L'Italia resta in zona arancione o rossa fino alla fine di aprile: il consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo decreto anti Covid che sarà in vigore dal 7 al 30 aprile, confermando sostanzialmente l'impianto delle misure già in atto e introducendo due importanti novità: l'obbligo di vaccinarsi per tutto il personale che opera nella sanità, farmacisti compresi, e lo stop alla possibilità per i presidenti di Regione di emanare ordinanze, come hanno fatto in quest’anno di emergenza, per chiudere le scuole nonostante le indicazioni nazionali prevedessero la presenza in classe. Il provvedimento che esce dal Cdm è il frutto della mediazione tra Mario Draghi, l'ala rigorista della maggioranza, che non voleva neanche il riferimento alle possibili deroghe, e le forze politiche aperturiste, Lega in testa, che spingevano per le riaperture: non ci sarà l'allentamento subito dopo Pasqua ma ci sarà la verifica sui dati, che potrebbe portare a riaperture anticipate con una semplice delibera del Cdm. La soluzione è arrivata dopo oltre due ore di riunione e consente a tutti di poter affermare di aver ottenuto quel che volevano. Ma in serata si fa sentire l'ira dei territori: “Per la prima volta i sindaci e i presidenti di Provincia non sono stati consultati né informati sulle misure contenute nel testo”, dice Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell'Anci. “Il decreto mette la tutela della salute al primo posto” afferma dal canto suo il ministro della Salute Roberto Speranza. Subito dopo Pasqua “il Governo valuterà eventuali riaperture” ribadiscono dalla Lega ammettendo che avrebbero preferito “un'apertura maggiore” ma di aver ottenuto comunque il “commissariamento di Speranza e del Cts”. “Non si possono rinchiudere fino a maggio 60 milioni di persone” dice lo stesso Matteo Salvini rinnovando la lealtà della Lega nei confronti di Draghi “per scelta politica, non medica o scientifica, del ministro Speranza”. 

Il decreto è composto da 12 articoli. Due sono dedicati al personale sanitario, per frenare i casi di no vax che rifiutando il vaccino possono contagiare i pazienti delle strutture dove operano, come è già accaduto, ma allo stesso tempo per proteggere dalle eventuali conseguenze penali le migliaia di somministratori senza i quali la campagna vaccinale non può andare avanti. Il Governo ha infatti previsto che non debbano rispondere di omicidio e lesioni personali colpose tutti i vaccinatori che nel somministrare le dosi del siero seguano le regole indicate dalle autorità sanitarie. Per “tutelare la salute pubblica”, inoltre, tutto coloro che operano nelle strutture sanitarie e nelle Rsa pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali, dunque anche i dipendenti amministrativi, “sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita”. L’immunizzazione “costituisce requisito essenziale all'esercizio della professione” tanto che, in caso di rifiuto, scatta lo spostamento a “mansioni anche inferiori” che non comportino la diffusione del contagio e il conseguente taglio di stipendio, che viene invece sospeso qualora non sia possibile il trasferimento. Il provvedimento verrà revocato nel momento in cui i sanitari no vax cambino idea, al completamento del piano vaccinale o comunque entro il 31 dicembre del 2021. 

L'intervento, “condiviso da tutto il Governo, è in linea con l'obiettivo di accelerare il completamento del piano di vaccinazione”, dice il ministro della Giustizia Marta Cartabia. L'altra scelta forte è quella sulla scuola, come aveva ampiamente fatto capire il premier Mario Draghi nell'ultima conferenza stampa: la presenza in classe “è obiettivo primario del Governo” e dunque “le scelte dei governatori dovranno essere riconsiderate” alla luce di questa impostazione. Così il decreto stabilisce non solo le lezioni in presenza fino alla prima media in zona rossa e fino alla terza media in arancione, con le superiori in presenza al 50%, ma anche uno stop al potere delle Regioni sulla scuola, visto che i governatori non potranno apportare variazioni come invece era loro stato consentito finora da tutti i Dpcm precedenti. La scelta, nel giorno in cui il presidente francese Macron chiude tutte le scuole per 3 settimane e manda tutto il paese in zona rossa, conferma la volontà di Draghi di accentrare la gestione dell'emergenza almeno sui temi che ritiene più rilevanti. 

È partita la volata finale sul Recovery: governance snella e voto finale del Parlamento

Procedure più semplici, governance snella ma con chiare attribuzioni delle responsabilità, a tutti i livelli, e progetti concentrati il più possibile sugli interventi più innovativi e di maggiore impatto: sono le linee su cui è concentrato il Governo per chiudere, nelle prossime quattro settimane, il Recovery Plan che, nella sua versione definitiva, passerà di nuovo dalle Camere prima di essere inviato a Bruxelles. A rassicurare il Parlamento, che continua a reclamare coinvolgimento pieno in tutte le fasi di preparazione e attuazione del Piano italiano di Ripresa e Resilienza, è il ministro dell'Economia Daniele Franco che garantisce “pieno utilizzo” delle indicazioni contenute nelle relazioni di Camera e Senato. I parlamentari, che finora hanno lavorato solo sul progetto del vecchio governo, temono di non avere più voce in capitolo ma, dopo qualche discussione sulla formula da adottare, alla fine la spuntano nuove “comunicazioni alle Camere prima della trasmissione” del Pnrr, che da regolamento prevedono un nuovo voto, in Aula ma non, quindi, un ulteriore passaggio nelle Commissioni. Il Piano guarda “al 2026, al 2030 e possibilmente anche ai decenni successivi”, dice Franco in Aula alla Camera, e bisogna quindi proseguire con “uno sforzo corale” e “un dialogo aperto e costruttivo”. In queste settimane “tutti i Ministeri” sono al lavoro, con il “coordinamento del Mef”, per rivedere i progetti, valutare i finanziamenti, scrivere dettagli e cronoprogramma che superino il vaglio della Commissione europea

Ma anche quelli che saranno scartati perché “non soddisfano alcuni criteri più stringenti” non saranno “necessariamente accantonati”: l'esecutivo sta infatti valutando di “istituire una linea di finanziamento ad hoc, complementare al Pnrr” per non lasciare nel cassetto progetti “pur meritevoli” ma esclusi dai paletti europei. Per il titolare di via XX settembre, saranno “le procedure la sfida più importante” e per questo accanto al Piano si sta preparando un primo pacchetto di norme di semplificazione per “facilitare una efficace e tempestiva attuazione del Pnrr”, cui stanno lavorando non solo il Ministro della P.a. Renato Brunetta, ma anche quello per la transizione digitale ed ecologica (ad esempio sui tempi delle autorizzazioni ambientali) e il Ministero delle Infrastrutture. In tutti i dicasteri, ma anche negli altri livelli delle amministrazioni che saranno in prima linea, ci saranno poi “presidi settoriali” e “strutture di valutazione, sorveglianza e attuazione del piano”, spiega Franco illustrando lo schema della governance che, per garantire “trasparenza” e informazioni tempestive “ al Parlamento e all'opinione pubblica”, prevede anche “una piattaforma digitale pubblica centralizzata” che seguirà passo passo tutti i progetti rendendo via via disponibili i dati e i progressi nella “messa a terra” dei 191,5 miliardi del Recovery. Al centro del Piano ci saranno le tre priorità trasversali: giovani, donne e Sud. 

Letta incontra Mattarella e rilancia azione del PD

Il segretario del Pd Enrico Letta mette in pista il nuovo Pd e rilancia sulle riforme e i provvedimenti bandiera. Intanto, sale al Quirinale per completare il giro d’incontri istituzionali che procedono paralleli a quelli con i leader degli altri partiti e con le associazioni di categoria; il colloquio che avrebbe toccato anche i temi del successore di Mattarella al Colle e della prospettiva del governo Draghi. Il segretario ha già incontrato, in ordine cronologico, i presidenti di Camera e Senato Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati e il faccia a faccia con il capo dello Stato completa il trittico dei colloqui con le alte cariche delo Stato. Il segretario del Pd non ha certo bisogno di farsi conoscere da Mattarella, con cui ha anche seduto in Consiglio dei ministri dal 1998 al 2001 nei governi D'Alema e Amato. Per questo nei Palazzi si parla di un colloquio non formale. Per guidare l'elezione del prossimo presidente della Repubblica, potrebbe essere utile un ritorno di Letta in Parlamento, spiegano riservatamente diversi esponenti Dem, con una candidatura nel seggio di Siena lasciato da Piercarlo Padoan; la decisione sarebbe affidata comunque al Pd senese.  

Significativo anche l'incontro con il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, nuovo tassello del giro di colloqui con le categorie sociali finora avuti (Cgil, Cisl, Confesercenti) per ribadire il ruolo che il suo Pd attribuisce all'ascolto e al protagonismo delle rappresentanze e delle categorie nella ripresa post-Covid.

Letta ha inoltre incontrato le due capogruppo Malpezzi e Serracchiani, che rappresentano il primo passo della rivoluzione imposta al partito e con cui ha discusso sia su come portare avanti la “campagna parlamentare” con le istanze del Pd (ius soli, giovani, donne), sia su come contemperare le richieste delle varie correnti. Le correnti non scompaiono, e anzi sia Andrea Marcucci che Luca Lotti di Base Riformista hanno ribadito il loro ruolo per fare del Pd un partito dal profilo largo. Serracchiani sta ora dialogando con le diverse aree per comporre l'ufficio di presidenza, per il quale viene data sicura la presenza come vice vicario di Piero De Luca, di Base riformista, finora capogruppo in Commissione per le politiche Ue, dove si è fatto apprezzare dai colleghi. L'idea di Serracchiani è un approccio inclusivo con ruoli anche alle componenti (area Orlando e i giovani Turchi di Orfini) che hanno sostenuto la candidatura di Marianna Madia, che è stata lanciata da alcune colleghe per il Campidoglio ma lei stessa ha detto immediatamente di non essere disponibile. Con le capogruppo Letta ha parlato su come far passare, attraverso le iniziative parlamentari, le istanze del Pd, che guardano soprattutto ai giovani e alle donne. Nel Recovery Plan queste due istanze sono state spinte dai parlamentari Dem, e il segretario ha voluto informarsi su altri provvedimenti, come lo ius soli, anche se appare evidente, come dimostra l'ostruzionismo della Lega sulla legge contro l'omofobia, che sarà difficile “portare avanti” certe proposte di legge.  

Oggi Conte parlerà al M5S anche se i nodi restano

C'è fermento nel M5S in attesa che Giuseppe Conte torni a parlare. Questa sera il leader in pectore del Movimento 5 Stelle sarà la guest star dell'assemblea congiunta inizialmente riservata a deputati e senatori, poi allargata anche a europarlamentari, consiglieri regionali e consiglieri comunali, e non arrivano conferme o smentite alla possibilità di un possibile blitz di Beppe Grillo. Una platea ampia, dunque, proprio perché Conte possa far sentire la sua voce dopo settimane di pressing abbastanza costante dei portavoce, un po' stufi di non avere informazioni sul progetto cui sta lavorando e, soprattutto, risposte ai quesiti ricorrenti, innanzitutto sul tetto ai due mandati, dopo la bomba sganciata da Beppe Grillo. Dalle informazioni che circolano negli ambienti parlamentari, però, è molto probabile che oggi non ci siano passi in avanti concreti: sono in pochi, infatti, a credere che oggi l'ex premier sciolga uno dei nodi più controversi della sua nuova avventura politica. Il riferimento è ai due blocchi che in questi giorni si sono delineati, che qualcuno ha chiamato con ironia “Mozione primo e secondo mandato”, per distinguere quelli alla prima legislatura, che spingono ovviamente per la linea Grillo, in netta contrapposizione con i “veterani” che vedrebbero interrompere il proprio percorso: “Proprio ora che abbiamo acquisito un bagaglio di conoscenze fondamentali per stare tra questi palazzi”, lamenta un esponente di governo nelle pause dei lavori alla Camera.

Il Know-how politico potrebbe fare gola ad altri partiti. La grana toccherà sempre a Conte risolverla, perché non è affatto escluso che da qui a fine legislatura, senza nessuna prospettiva di rimettersi in gioco, deputati e senatori non decidano di fare le valigie e traslocare altrove. Sarebbe un doppio danno: in termini numerici per il peso specifico dei gruppi nelle decisioni, ma soprattutto in termini economici, perché un partito costa e i contributi degli eletti sono fondamentali per organizzare eventi e campagne elettorali e potrebbe non bastare l'apertura al 2 per mille per coprire le spese. Non è da scartare l'ipotesi che l'ex premier, svelando una parte del progetto, possa toccare anche l'argomento fondi: nei corridoi dei palazzi romani la cifra di cui si sente parlare di più è 3mila euro al mese, da versare sul nuovo conto del Movimento; al momento non ci sono conferme, ma non appare improbabile, soprattutto se con Rousseau si andrà alle carte bollate. A proposito della piattaforma, che smentisce ci sia stata consultazione degli iscritti, sempre da Conte si attendono novità sul negoziato: molti parlamentari al primo mandato, in maggioranza favorevoli a proseguire con l'Associazione di Davide Casaleggio, sperano in un accordo e in una nuova ripartenza, la vecchia guardia invece non vede l'ora di chiudere questo rapporto. 

Al Senato

L’Assemblea del Senato tornerà a riunirsi alle 9.30 per il confronto sulla relazione delle Commissioni Bilancio e Politiche UE sulla proposta di Piano nazionale di ripresa e resilienza. 

Per quanto riguarda le Commissioni, la Affari Costituzionali svolgerà diverse audizioni sull’equilibrio di genere nelle cariche pubbliche. La Istruzione, con la Sanità, svolgerà delle audizioni sull’ impatto della didattica digitale integrata (DDI) sui processi di apprendimento e sul benessere psicofisico degli studenti. La Agricoltura riprenderà il ciclo di audizioni sulla disciplina del settore florovivaistico e sulle problematiche inerenti alla crisi delle filiere agricole causate dall’emergenza da COVID-19.

 

Alla Camera

L’Aula della Camera tornerà a riunirsi alle 9-00 per l’esame della legge europea 2019-2020. La maggior parte delle Commissioni nella giornata di oggi non si riuniranno.

 



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