Braccio di ferro sulla manovra. Conte e Gualtieri chiedono spirito di squadra

Un vertice a Palazzo Chigi per sminare il percorso della maggioranza sulla legge di bilancio, in giornate già complicate dal dossier delicato dell'ex Ilva, ma la fumata è nera. Sulla manovra Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri, con il sorriso, spiegano che il dialogo sarà massimo ma serve unità: il testo non può essere stravolto. Se Pd e Leu sembrano meno bellicosi, M5S e Italia Viva sembrano essere pronti a salire sulle barricate per ottenere delle modifiche. È sera inoltrata quando circa sessanta persone, tra rappresentanti dei partiti e tecnici, siedono al tavolo di Palazzo Chigi; Conte invoca il lavoro di squadra sulla legge di bilancio e il decreto fiscale, Gualtieri invita alla moderazione negli emendamenti. 

I toni sono distesi, non si litiga. Ma a dimostrare che i nodi sono pronti a venire tutti al pettine ci sono le dichiarazioni che rimbalzano da fuori, di Matteo Renzi e Luigi Di Maio. Il leader di Iv annuncia la sua proposta shock: investimenti da 120 miliardi in tre anni. In ambienti Pd la definiscono una boutade: Paola De Micheli ha già annunciato di essere “al lavoro su 50 miliardi di opere da sbloccare”. Se qualcosa si deve fare, rilancia il vicesegretario Pd Andrea Orlando, è aumentare le risorse per il taglio del cuneo fiscale. Ma Renzi insiste: “Non basta”. E i suoi ribadiscono che Iv presenterà tutti i suoi emendamenti no tax, da quelli per abolire Sugartax e Plastictax fino a quelli per fermare la stretta sul carcere agli evasori

In questo clima, Roberto Gualtieri può contare sul sostegno del Partito Democratico: riunisce i senatori Dem al Senato e spiega loro che di risorse per cambiare o aggiungere interventi ce ne sono poche, per il 95% la manovra dovrebbe essere confermata, mentre si sta lavorando per modificare la plastictax e la tassa sulle auto aziendali; non molto altro. Lo dice col sorriso anche al vertice serale sulla manovra, al quale tra capi delegazione, capigruppo, relatori e capigruppo in commissione partecipano una sessantina di persone. Spazio al lavoro del Parlamento, è il messaggio di Giuseppe Conte e del ministro dell’Economia, ma con spirito di squadra, senza le uscite in solitaria e i distinguo che hanno finora agitato le acque. Per ogni proposta si indichino le coperture, è l'auspicio. Anche perché, spiega il Ministro Federico D'Incà con tanto di slides, ci sono da approvare manovra economica e decreto fiscale mentre si convertono cinque decreti: di tempo ce n’è poco. 

È scontro sulla riforma della giustizia. Asse Pd-Iv-Leu su prescrizione

Nessun passo avanti all'interno della maggioranza per quel che riguarda la riforma della Giustizia. Anzi, la distanza più che diminuire sembra aumentare. Il nodo rimane quello del blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, che, secondo quanto stabilito dal disegno di legge Spazzacorrotti, entrerà in vigore il primo gennaio 2020. Pd e Italia viva sono contrari e continuano a chiedere al Guardasigilli di intervenire per modificare i termini dello stop. Per i dem al tavolo ci sono il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis e i deputati Michele Bordo e Alfredo Bazoli, che presentano per iscritto le loro proposte, ma Alfonso Bonafede non ci sta. Per il Ministro sono un passo indietro rispetto a quanto concordato negli incontri precedenti. Le proposte di Italia viva arriveranno nei prossimi giorni, ma alcune voci raccontano di un acceso botta e risposta tra Maria Elena Boschi (all'incontro insieme a Lucia Annibali e Giuseppe Cucca) e il Guardasigilli. 

Il Ministro pentastellato insiste sull'impossibilità di fare passi indietro sullo stop alla prescrizione: è un tratto identitario, un punto irrinunciabile della loro azione politica. La capogruppo renziana, però, non vuole sentire ragioni e ricorda il taglio dei parlamentari, votato da tutta la maggioranza pur non essendo pienamente condiviso: “Anche voi dovete mediare”, avverte. A rappresentare LeU ci sono Pietro Grasso e Federico Conte: l’ex presidente del Senato è favorevole allo stop alle lancette dei processi, ma mette in guardia Conte sui rischi che vengono dalla previsione di sanzioni disciplinari per i magistrati nella situazione attuale del sistema giustizia. Grasso prospetta al premier anche la sua idea per l'elezione dei componenti del Csm: invece del sorteggio un doppio turno con la previsione di grandi elettori. La riforma, tuttavia, rischia di rimanere bloccata. La questione prescrizione viene definita "pregiudiziale". 

Lasciando Palazzo Chigi, Pd, Iv e Leu raccontano comunque di un “confronto costruttivo, all'insegna del dialogo e dell'armonia” e descrivono Bonafede come aperto alla possibilità di cambiare in corsa. Il Guardasigilli non gradisce e mette le cose in chiaro: “Sono stati fatti passi avanti con spirito collaborativo ma rimangono ancora distanze sulla prescrizione che entrerà in vigore a gennaio. Ci aggiorneremo alla prossima settimana, continuiamo a lavorare con determinazione, ma ho chiarito che dal mio punto di vista abbiamo aspettato troppo tempo e bisogna accelerare”. Il prossimo incontro è fissato per martedì alle 21.

Alt di Di Maio a processi interni, fuori dal Movimento chi rema contro

Luigi Di Maio rompe gli indugi e, dopo giorni d’indiscrezioni sui malumori della truppa parlamentare e sui dubbi che avrebbero maturato anche esponenti del Governo a lui più vicini, decide di intervenire con il pugno duro. Se non bastano le smentite alla stampa sia avvertito anche chi, all'interno del Movimento, alimenta queste tensioni. “Chi di fronte alle vittime di Venezia e al dramma dell'Ilva preferisce guardarsi gli affari suoi, conosce la strada. Il movimento non lo piangerà” è l'avvertimento del capo politico ai riottosi che siedono in Parlamento, soprattutto a quanti raccontano il loro disagio alla stampa. Il M5s lavora “per cambiare il Paese e a testa bassa, non alimentando retroscena su qualche giornale compiacente” afferma Di Maio che assicura: “Sapevamo bene che sarebbe potuto succedere che qualcuno di noi pensasse più ai suoi interessi ma chi è interessato a fare il gioco degli altri e del sistema può accomodarsi in un altro partito”. 

Il leader M5s, in ogni caso, nonostante le critiche che ormai sono sempre più aperte non teme gli attacchi né contraccolpi nel Movimento: “Non vedo pericoli di scissione”. Ma la critica verso chi “alimenta discussioni sui giornali anziché nelle sedi appropriate” è un tema che rilancia prima in un post e poi in alcune dichiarazioni da Washington. Soprattutto, è il suo ragionamento, “chi si presta a strumentalizzazione non fa che indebolire il Governo e la stabilità della maggioranza”. È un tema questo su cui convergono molti parlamentari, anche quelli più critici: il timore che a tirare troppo la corda, ad esempio con l'ostruzionismo per l'elezione di un nuovo capogruppo a Montecitorio, si rischi di fare il gioco del nemico, indebolendo il Governo e aprendo la strada a nuove elezioni. Ed è il ragionamento di chi, pur con molti dubbi sulla gestione del Movimento, sa bene che “Di Maio è l'unico in grado di svolgere questo ruolo”. 

Nonostante le forti critiche interne, in tanti, invece, fanno quadrato attorno al capo politico. “Ha sempre avuto il nostro appoggio. Di Maio non si tocca”, sottolinea il questore alla Camera Francesco D'Uva. “Il Movimento è forte perché è unito, monolitico, e questo grazie alla guida autorevole di Luigi Di Maio" dice anche la sottosegretaria Laura Agea. “Ogni mattina è un tiro al bersaglio, un accanimento mediatico davvero maniacale contro Di Maio”, incalza il viceministro al Mef Laura Castelli. “Siamo in una fase di discussione costruttiva, non di polemica contro qualcuno”, osserva Michele Gubitosa. Anche il ministro Stefano Patuanelli nega spaccature tra lui e Di Maio. “Siamo di fronte ad una campagna stampa sistematica, tesa a fomentare divisioni e a delegittimare il leader per indebolirci” sostiene il senatore Ettore Licheri

 



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