Recovery Fund: Conte è ottimista sul negoziato con l’Europarlamento

I capi di Stato e di governo riuniti al vertice Ue di Bruxelles hanno parlato anche del difficile negoziato in corso fra gli Stati membri e il Parlamento europeo sul bilancio pluriennale comunitario e sul Recovery Fund, ma non hanno lavorato a una proposta negoziale, lasciando che di questo continui a occuparsi il Governo tedesco della cancelliera Angela Merkel, come presidenza di turno del Consiglio Ue. Lo ha riferito parlando con alcuni giornalisti al rientro in albergo dopo la prima giornata del Consiglio europeo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha mostrato un certo ottimismo sulla possibilità che le trattative in corso si risolvano positivamente: “C'è stato un aggiornamento sul Recovery Fund; come sapete c'è un negoziato che sta conducendo la presidenza di turno tedesca dell'Ue, la cancelliera Merkel, con il Parlamento europeo. E all'inizio della sessione di questo pomeriggio c'è stato il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, che ha riferito anche lui sullo stato del negoziato”.  

È un negoziato, ha sottolineato il premier, che “dobbiamo chiudere al più presto. C'è ancora qualche difficoltà, diciamo di ordine tecnico, rispetto alle richieste del Parlamento nei riguardi della posizione attuale” del Consiglio europeo, cioè “la proposta che è stata deliberata lo scorso luglio. Però le cose non mi sembrano inconciliabili, anche perché, insomma, stiamo parlando di un complessivo ammontare di 1.800 miliardi, di fronte a una richiesta del Parlamento che vuole preservare alcuni programmi a cui tiene molto, come Horizon ed Erasmus”, che sono rispettivamente i programmi Ue di ricerca e di scambi di studenti. “Ma io credo che anche dal punto di vista tecnico si potrà trovare il modo di alimentare questi programmi”. Il presidente del Consiglio ha poi precisato: “Non è che abbiamo messo a punto fra noi una posizione negoziale, una contro-offerta al Parlamento. Lasciamo che il negoziato sia condotto della cancelliera Merkel”. 

De Luca chiude le scuole. Per il ministro Azzolina è un atto gravissimo

Il presidente della Campania Vincenzo De Luca ha firmato una nuova ordinanza con misure più restrittive visto l’aggravarsi dei contagi. La scelta coinvolge anche asili, scuole primarie e secondarie e università, costrette a riattivare la didattica a distanza per la sospensione delle lezioni in presenza fino al 30 ottobre. Un passo che fa letteralmente infuriare la Ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina che definisce il provvedimento “gravissimo, profondamente sbagliato e inopportuno”. L'esponente pentastellata non esclude nemmeno di impugnare l'ordinanza, ma rimanda la decisione alla collegialità del Governo una volta letto il testo. Il j'accuse al governatore, invece, è diretto: “Sembra che ci sia un accanimento contro la scuola da parte del presidente De Luca. Non solo è stato l'ultimo a riaprirle, ma ora è il primo a richiuderle”. La replica arriva poche ore dopo, elencando l'ultimo bollettino dei contagi e quello specifico per il comparto scolastico. In difesa dell'ex sindaco di Salerno, contro gli “attacchi sopra le righe”, si schiera però il segretario del Pd, Nicola Zingaretti: “Vicinanza e solidarietà, sta combattendo per difendere la sua comunità”. De Luca mette nel mirino anche le università, sospendendo lezioni ed esami in presenza, ad eccezione di quelli per gli studenti del primo anno, e non solo, sono vietate le feste, “anche conseguenti a cerimonie, civili o religiose” con invitati estranei al nucleo familiare convivente. Stop anche alle attività di circoli ludici e ricreativi e divieto di vendita con asporto, dalle 21, a tutti gli esercizi di ristorazione, che almeno potranno fare consegne a domicilio senza limiti di orario. 

La situazione è incandescente, perché l'impennata dei contagi ha fatto registrare un nuovo record: 8.804 nuovi positivi nel giro di 24 ore. Da giorni esecutivo ed Enti locali si confrontano sulle misure da adottare per contenere la diffusione del Coronavirus, a partire dal dossier trasporto pubblico locale a quello della scuola, appunto, sempre con il fantasma della chiusura totale sullo sfondo, magari durante le festività natalizie per evitare la creazione di nuovi focolai, soprattutto nell'ambito familiare. Nel Governo la considerano l'ultima opzione, da evitare a ogni costo: “Stiamo intervenendo per evitare di arrivare a una situazione estrema come quando abbiamo dovuto chiudere tutto, perché la nostra economia non se lo può permettere”, spiega infatti il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Sulla stessa linea le Regioni: meglio concentrarsi su altri settori in cui il virus può circolare con molta velocità, come i mezzi pubblici, anche se il Mit conferma che non si scenderà sotto la soglia dell'80% della capienza, una decisione avallata dai governatori. Intanto il premier Giuseppe Conte, lancia un nuovo appello: “Per contenere la seconda ondata dell'epidemia c'è bisogno del contributo di tutti”, scrive su Twitter, invitando al rispetto delle nuove disposizioni contenute nell'ultimo Dpcm: “Facciamo del bene al nostro Paese”.

C’è tensione nel Governo: Pd e IV in pressing su Conte su riforme e manovra

Neanche il tempo di voltare pagina dopo lo scampato pericolo del voto sullo scostamento di bilancio, con l'asticella raggiunta alla Camera e al Senato anche grazie all'apporto del gruppo misto, che la maggioranza torna a fibrillare. Il casus belli è lo slittamento al via libera alla proposta di legge per estendere il voto per il Senato ai diciottenni. Italia viva si mette di traverso provocando lo stop dell’esame dell’aula di Montecitorio. La tesi diffusa è che la tensione sia provocata dalla cattiva gestione da parte del premier Giuseppe Conte del post-Regionali. Da un lato ci sono le troppe assenze dei rappresentanti del M5S che specie in Aula rischiano di mettere in difficoltà la maggioranza: ieri il ministro Federico D'Incà è intervenuto all'assemblea del gruppo M5S dove c’è chi ha invocato le sospensioni degli assenteisti. Dall’altro c’è il Partito Democratico che sarebbe irritato anche nei confronti del presidente del Consiglio perché non eserciterebbe la funzione di garante del Governo e di capo dell'alleanza. Le regionali, anche grazie al risultato dei dem, non hanno provocato scossoni nell'esecutivo ma è da giorni che Matteo Renzi, da una parte, e Nicola Zingaretti, dall'altra, invocano un patto di legislatura; in realtà i dem non condividono il metodo utilizzato da Italia viva: sospettano che miri al rimpasto o alla futura tornata di nomine e lo invitano a rispettare i patti. 

Ma è proprio il premier a finire nel mirino, con Graziano Delrio e Andrea Orlando che lo sollecitano a farsi carico di un chiarimento. E mentre Renzi parla di rischio “sabbie mobili” il Pd è in pressing affinché il Governo funzioni e vada avanti mantenendo le promesse fatte. Per il momento c’è stata la modifica ai decreti sicurezza e ora il Pd sta lavorando per allargare la protezione umanitaria, aprendo anche a chi ha fatto ricorso e non ha avuto l'ok per le regole vigenti con i dl Salvini. Sullo sfondo c’è poi il malessere sulla manovra: i capi delegazione sono chiamati a un nuovo vertice per questa sera, in vista di un Consiglio dei ministri che potrebbe esserci sabato. Al momento le forze di maggioranza hanno rilanciato le proprie richieste ma, al di là dello scontro sui licenziamenti e sulle cartelle esattoriali, soprattutto da Italia viva non si nasconde l'irritazione per i margini stretti. È Maria Elena Boschi a chiedere di ridiscutere tutti i dossier, dal taglio delle tasse alla legge elettorale e ai correttivi dopo la riduzione del taglio dei parlamentari, mentre l'ex premier ci mette il carico del Mes e del tema delle infrastrutture. Il tentativo di rilancio da parte di Iv e del Pd dell'azione di Governo si scontra non solo con la cautela del presidente del Consiglio che non intende ora, con la nuova ondata del coronavirus in corso, aprire una verifica, ma anche con il dibattito interno nel Movimento 5 stelle, alle prese con l'organizzazione degli Stati generali

È morta Jole Santelli, presidente della Regione Calabria

Jole Santelli, presidente della Regione Calabria dal gennaio scorso, prima donna a salire sullo scranno più alto dell'Ente, se ne è andata la notte scorsa nella sua abitazione in via Piave, a Cosenza. Nella giornata di oggi sarà portata nella chiesa di San Nicola, vicino alla sede del Comune di Cosenza, dove nel pomeriggio saranno celebrati i funerali in forma strettamente privata. Sabato, poi, sarà aperta la camera ardente nella Sede della Giunta regionale. Unanime e trasversale il cordoglio della politica: il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dichiarato: “Jole Santelli, prima donna a ricoprire il ruolo di Presidente della Regione Calabria, si è distinta per la tenacia del suo temperamento e per la combattività che sapeva esprimere nell'azione politica e di governo. Ha affrontato con coraggio la malattia, con la quale era costretta a convivere. Non si è arresa, ha voluto fortemente portare il proprio contributo alla vita sociale e anche per questo ha meritato stima e apprezzamento”. Il premier Giuseppe Conte ha parlato di “una perdita dolorosa! La scomparsa di Jole Santelli è una ferita profonda per la Calabria e per le Istituzioni tutte”. 

Commosso il ricordo di Silvio Berlusconi, legato da una profonda amicizia alla Santelli: “Jole lascia davvero un vuoto incolmabile nelle nostre anime”. Ma parole di apprezzamento sono arrivate da tutti gli schieramenti politici per le doti di forza, coraggio, e al tempo stesso di gentilezza, e l'apprezzamento per la determinazione con cui ha combattuto la malattia. La prima conseguenza politica della morte di Jole Santelli è che la Regione Calabria si trova adesso con un presidente espressione della Lega, il vice Nino Spirlì. Sarà comunque una presidenza a termine: a norma di regolamento, infatti, con la morte della presidente si dovrà tornare a votare per l'elezione del nuovo presidente e il rinnovo del Consiglio regionale. Entro 10 giorni il Consiglio regionale dovrà essere convocato per formalizzare lo scioglimento e poi, nei 60 giorni successivi si tornerà alle urne, un termine, tuttavia, che potrebbe essere condizionato dalla pandemia. Nei prossimi giorni, dunque, si riapriranno i giochi nei vari schieramenti per la scelta dei candidati alla successione. Difficile adesso ipotizzare gli scenari che di qui a breve si apriranno. 

Calenda scalda i motori ma il Pd vuole le primarie

Meno di una settimana e Carlo Calenda scioglierà la riserva sulla sua candidatura a sindaco di Roma, una discesa in campo che farà chiarezza nella coalizione del centrosinistra che solo mercoledì sera s’è riunita per la prima volta attorno a un tavolo per iniziare a costruire la candidatura per la successione a Virginia Raggi. Il nodo, almeno in questa fase, sono le primarie: il Pd le vuole, le considera imprescindibili, chi non le vuole però è proprio Azione, il partito di Calenda, che ha trovato l'eventuale appoggio, in caso di discesa in campo, di Italia Viva. Anche i renziani della Capitale hanno spiegato che no, le Primarie non è proprio il caso di farle, anche per evitare assembramenti ad alto rischio Covid. Tra i dem, comunque, si attende soprattutto di capire in che forme e in che modi l'ex ministro comunicherà la sua candidatura. La road map infatti è stata fissata, come del resto è emerso dalla nota diffusa a fine riunione e sottoscritta in realtà anche da Azione: si parte dalla coalizione, poi c’è il programma, e poi c’è il candidato. In sostanza: se Calenda vuole stare in coalizione, questo è il percorso, altrimenti è legittimo per lui candidarsi e cercare il voto dei romani, ma al di fuori della coalizione. Sta di fatto però che un’accelerata di Calenda potrebbe spostare il baricentro della discussione, allargandolo al quadro nazionale dove si cerca una quadra Pd-M5S anche in altre città: a Napoli, per fare un esempio, circola da tempo un'ipotesi Roberto Fico, profilo su cui sarebbe più semplice trovare una convergenza tra gli alleati rispetto a una figura come quella di Calenda, all'opposizione del governo giallorosso. 



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